MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 467



CDLXVII. Parabola della distribuzione delle acque. Perdono condizionato per il contadino Giacobbe. Avvertimenti agli apostoli mentre vanno a Corozim.

   5 agosto 1946.

   467.1Certo si è diffusa la notizia che c’è il Maestro e che parlerà avanti sera, e i dintorni della casa sono formicolanti di gente che bisbiglia, perché sa che il Maestro riposa e non lo vuole destare. Aspettano pazienti sotto le piante, difesi dal sole ma non dal calore, che è forte ancora. Non ci sono malati, almeno così mi pare, ma, come sempre, ci sono bambini, e Anna per tenerli quieti fa distribuire delle frutta.
   Ma Gesù non ha sonno lungo, ed è ancor alto il sole quando appare scostando la tenda e sorridendo alla folla. È solo. Gli apostoli probabilmente continuano a dormire. Gesù si avvia verso la gente, andando a mettersi verso la sponda bassa di un pozzo che certo serve ad irrigare le piante di questo frutteto, perché canaletti di irrigazione partono a raggiera dal pozzo allungandosi poi fra tronco e tronco. Si siede sull’orlo basso e inizia subito a parlare.

   467.2«Udite questa parabola.
   Un ricco signore aveva molti dipendenti sparsi in molti luoghi dei suoi possedimenti, i quali non erano tutti ricchi di acque e di terre feconde. C’erano anche dei luoghi che pativano per mancanza d’acque, e più dei luoghi pativano le persone, perché, se il terreno era coltivato con piante che resistevano all’asciuttore, la gente soffriva molto per le acque scarse. Il ricco signore aveva invece, proprio nel luogo dove lui abitava, un lago ricco d’acque, che vi sgorgavano da sotterranee sorgenti.
   Un giorno il signore volle fare un viaggio per tutti i suoi possedimenti e vide che alcuni, i più vicini al lago, erano ricchi di acque; gli altri, lontani, ne erano privi: solo quella poca che Dio mandava con le piogge. E vide anche che quelli che avevano acque abbondanti non erano buoni coi fratelli privi d’acque e lesinavano anche una secchia d’acqua con la scusa di temere di rimanere privi di acque. Il signore pensò. E decise così: “Farò deviare le acque del mio lago a quelli più vicini, dando loro l’ordine di non rifiutare più l’acqua ai miei servi lontani e che sono sofferenti per la siccità del suolo”.
   E intraprese i lavori subito, facendo scavare canali che portavano l’acqua buona del lago ai possessi più vicini, dove fece scavare grandi cisterne, di modo che l’acqua si adunasse abbondante, aumentando la ricchezza d’acque che già era nel luogo, e da queste fece partire canali minori per alimentare altre cisterne più lontane. E poi chiamò coloro che vivevano in questi luoghi e disse: “Ricordatevi che ciò che ho fatto non l’ho fatto per dare a voi il superfluo, ma per favorire attraverso voi quelli che mancano anche del necessario. Siate perciò misericordiosi come io lo sono”, e li congedò.

   467.3Passò del tempo e il ricco signore volle fare un nuovo viaggio per tutti i suoi possessi. Vide che quelli più prossimi si erano abbelliti e non solo erano ricchi di piante utili, ma anche di piante ornamentali, di vasche e piscine e fontane, messe per ogni dove delle case e presso le case.
   “Avete fatto di queste dimore delle case di ricchi”, osservò il signore. “Neppure io ho tante bellezze superflue”; e chiese ancora: “Ma gli altri vengono? Avete dato a loro con abbondanza? I canali minori sono nutriti?”.
   “Sì. Quanto hanno chiesto hanno avuto. E sono anche esigenti, non sono mai contenti, non hanno prudenza e misura, vengono a tutte le ore a chiedere, come se noi fossimo i loro servi, e ci dobbiamo difendere per tutelare le cose nostre. Non si contentavano più dei canali e delle piccole cisterne. Venivano fino alle grandi”.
   “È per questo che avete cintato i luoghi e messo in ognuno questi cani feroci?”.
   “Per questo, signore. Entravano senza riguardo e pretendevano levarci tutto e sciupavano…”.
   “Ma voi avete realmente dato? Lo sapete che per essi ho fatto questo, e voi vi ho fatti intermediari fra il lago e le loro terre aride. Non capisco… Avevo fatto prendere dal lago tanto da averne per tutti, ma senza sciupio”.
   “Eppure, credi che noi non abbiamo mai negato l’acqua”.
   Il signore si diresse ai possessi più lontani. Le alte piante adatte al suolo arido erano verdi e fronzute. “Hanno detto il vero”, disse il signore vedendole fremere al vento da lontano. Ma, come si avvicinò ad esse e poi si inoltrò sotto di esse, vide il terreno arso, morte quasi le erbe che brucavano a fatica pecore anelanti, sabbiose le ortaglie presso le case, e poi vide i primi coltivatori, patiti, l’occhio febbrile e avviliti… Lo guardavano e abbassavano il capo ritirandosi come per paura.
   Egli, stupito di quel contegno, li chiamò a sé. Si accostarono tremanti. “Di che temete? Non sono più il vostro signore buono che ha avuto cura di voi e con provvidente lavoro vi ha sollevato dalla miseria d’acque? Perché quei volti di malati? Perché queste terre aride? Perché i greggi sono così sparuti? E voi perché sembrate paurosi di me? Parlate senza timore. Dite al vostro signore ciò che vi fa soffrire”.
   Un uomo parlò per tutti. “Signore, noi abbiamo avuto una grande delusione e molta pena. Tu ci avevi promesso soccorso e noi abbiamo perduto anche quello che avevamo prima e abbiamo perduto la speranza in te”.
   “Come? Perché? Non ho fatto venire l’acqua abbondante ai più vicini dando ordine che l’abbondanza fosse per voi?”.
   “Così hai detto? Proprio?”.
   “Così. Certamente. Non potevo, per ragioni di suolo, far giungere sin qui l’acqua direttamente. Ma con buona volontà potevate andare ai piccoli canali delle cisterne, andarvi con otri e asini a prenderne quanta volevate. Non vi bastavano gli asini e gli otri? E io non c’ero per darveli?”.
   “Ecco! Io lo avevo detto! Ho detto: ‘Non può essere il signore che ha dato l’ordine di negarci l’acqua’. Se eravamo andati!”.
   “Abbiamo avuto paura. Ci dicevano che l’acqua era un premio per loro e noi eravamo castigati”.
   E raccontarono al buon padrone che i conduttori dei possessi beneficati avevano detto loro che il signore, per punire i servi delle terre aride che non sapevano produrre di più, aveva dato l’ordine di misurare non solo l’acqua delle cisterne ma quella dei primitivi pozzi, di modo che, se prima ne avevano anche duecento bati[67] al giorno per loro e le terre, presi con gran fatica di strada e di peso, ora più neppur cinquanta ne avevano, e per averne tanto per gli uomini e gli animali dovevano andare nei rigagnoli di confine ai luoghi benedetti, là dove traboccavano le acque dei giardini e dei bagni, e prendere quel­l’acqua motosa, e morivano. Morivano di malattia e di sete, e morivano gli ortaggi e le pecore…
   “Oh! questo è troppo! E deve finire. Prendete le vostre masserizie e i vostri animali e seguitemi. Faticherete un poco, esausti come siete, ma poi sarà la pace. Io andrò piano per permettere alla vostra debolezza di seguirmi. Io sono un padrone buono, un padre per voi, e ai miei figli provvedo”. E si pose in cammino lentamente, seguito dalla triste turba dei suoi servi e degli animali, che però già giubilavano per il ristoro dell’amore del buon padrone.

   467.4Giunsero alle terre ricchissime d’acque. Ai confini di esse.
   Il padrone prese qualcuno fra i più forti e disse: “Andate in mio nome a chiedere ristoro”.
   “E se ci lanciano contro i cani?”.
   “Io sono dietro voi. Non temete. Andate dicendo che io vi mando e che non chiudano il cuore alla giustizia, perché le acque sono di Dio e tutti gli uomini sono fratelli. Che aprano subito i canali”.
   Andarono. E il padrone dietro. Si presentarono ad un cancello. E il padrone rimase nascosto dietro il muro di cinta. Chiamarono. Accorsero i conduttori.
   “Che volete?”.
   “Abbiate misericordia di noi. Moriamo. Ci manda il padrone coll’ordine di prendere le acque che ha fatto venire per noi. Dice che le acque a lui le ha date Dio ed egli a voi per noi, perché siamo fratelli, e di aprire subito i canali”.
   “Ah! Ah!”, risero i crudeli. “Fratelli questa turba di cenciosi? Morite? Tanto meglio. Prenderemo i vostri luoghi, vi porteremo là le acque. Allora sì che le porteremo! E faremo quei luoghi buoni. Le acque per voi? Stolti siete! Le acque sono nostre”.
   “Pietà. Moriamo. Aprite. Lo ordina il padrone”.
   I cattivi conduttori si consultarono fra loro, poi dissero: “Attendete un momento”, e corsero via. Poi tornarono e aprirono. Ma avevano i cani e pesanti randelli… I poveri ebbero paura. “Entrate, entrate… Non entrate ora che vi abbiamo aperto? Poi direte che non fummo generosi…”. Un incauto entrò e una grandine di bastonate gli piovve addosso mentre i cani, levati di catena, si avventavano sugli altri.
   Il padrone uscì da dietro al muro. “Cosa fate, crudeli? Ora vi conosco, voi e i vostri animali, e vi colpisco”, e con le frecce frecciò i cani ed entrò poi, severo e irato. “Così è che eseguite i miei ordini? Per questo vi ho dato queste ricchezze? Chiamate tutti i vostri. Vi voglio parlare. E voi”, disse rivolto ai servi assetati, “entrate con le vostre donne e bambini, pecore e asini, colombi e ogni animale, e bevete, e rinfrescatevi, e cogliete queste frutta succose, e voi, piccoli innocenti, correte fra i fiori. Godete. Giustizia è nel cuore del buon padrone e giustizia sarà per tutti”. E mentre gli assetati correvano alle cisterne, si tuffavano nelle piscine, e il bestiame alle vasche, e tutto era tripudio per essi, gli altri accorrevano da ogni parte paurosi.

   467.5Il padrone salì sull’orlo di una cisterna e disse: “Avevo fatto questi lavori e vi avevo fatto depositari del mio comando e di questo tesoro perché vi avevo eletti a miei ministri. Nella prova avete fallito. Parevate buoni. Dovevate esserlo, perché il benessere dovrebbe rendere buoni, riconoscenti verso il benefattore, ed io vi avevo sempre beneficato dandovi la conduzione di queste terre irrigue. L’abbondanza e l’elezione vi ha fatti duri di cuore, aridi più delle terre che avete reso del tutto aride, malati più di questi arsi di sete. Perché essi con l’acqua possono guarire, mentre voi con l’egoismo avete arso il vostro spirito e difficilmente guarirà e con molta fatica tornerà in voi l’acqua della carità. Ora io vi punisco. Andate nelle terre di questi e soffrite ciò che essi soffrirono”.
   “Pietà, signore! Pietà di noi! Ci vuoi dunque far perire? Meno pietoso tu per noi uomini che noi per gli animali?”.
   “E questi che sono? Non sono uomini vostri fratelli? Che pietà aveste? Vi chiedevano acqua, deste colpi di bastone e sarcasmo. Vi chiedevano ciò che è mio e che io avevo dato, e voi lo negaste dicendolo ‘vostro’. Di chi le acque? Neppur io dico che l’acqua del lago è mia se anche mio è il lago. L’acqua è di Dio. Chi di voi ha creato una sola goccia di rugiada? Andate!… E a voi dico, a voi che avete sofferto: siate buoni. Fate loro ciò che avreste voluto a voi fatto. Aprite i canali che essi hanno chiuso e fate defluire le acque ad essi, non appena potrete. Vi faccio i miei distributori a questi colpevoli fratelli, ai quali lascio il modo e il tempo di redimersi. E il Signore altissimo più di me vi affida la ricchezza delle sue acque, perché voi diveniate la provvidenza di chi ne è privo. Se saprete far questo con amore e giustizia, accontentandovi del necessario, dando il superfluo ai miseri, essendo giusti, non dicendo vostro ciò che è dono avuto, e più che dono deposito, grande sarà la vostra pace, e l’amore di Dio e il mio saranno sempre con voi”.

   467.6La parabola è finita e ognuno la può capire. Vi dico solo che chi è ricco è il depositario di questa ricchezza che Dio gli concede con l’ordine di essere distributore di essa a chi soffre. Pensate quale onore vi fa Dio chiamandovi a soci nell’opera della Provvidenza in favore dei poveri, malati, vedove, orfani. Dio potrebbe far piovere denaro, vesti, cibi sui passi del povero. Ma allora leverebbe all’uomo ricco dei grandi meriti: quelli della carità ai fratelli. Non tutti i ricchi possono essere dotti, ma tutti possono essere buoni. Non tutti i ricchi possono curare i malati, seppellire i morti, visitare gli infermi e i carcerati. Ma tutti i ricchi, o anche semplicemente chi non è povero, può dare un pane, un sorso d’acqua, una veste smessa, accogliere presso la fiamma chi trema, sotto il tetto chi non ha casa ed è nella pioggia o nel solleone. Il povero è chi manca del necessario per vivere. Gli altri non sono poveri, sono di mezzi ristretti, ma sempre ricchi rispetto a chi muore di fame, di stenti, di freddo.
   Io me ne vado. Io non posso più beneficare i poveri di questi luoghi. E il mio cuore soffre pensando che essi perdono un amico… Ebbene, Io che vi parlo, e voi sapete chi sono, vi chiedo di essere la provvidenza dei poveri che restano senza il loro Ami­co misericordioso. Fate elemosina e amateli in mio Nome, per mio ricordo… Siate i miei continuatori. Sollevate il mio cuore accasciato con questa promessa: che nei poveri vedrete sempre Me e che li accoglierete come i più veri rappresentanti di Cristo, che è povero, che volle essere povero per amore dei più infelici della Terra e per espiare con le sue ristrettezze e col suo struggente amore le prodigalità ingiuste e gli egoismi degli uomini.
   Ricordate! La carità, la misericordia è premiata in eterno. Ricordate! La carità, la misericordia è assoluzione dalle colpe. Dio molto perdona a chi ama. E l’amore agli indigenti che non possono ricambiare è l’amore più meritorio agli occhi di Dio. Ricordate queste mie parole sino all’estremo della vita, e sarete salvi e beati nel Regno di Dio.
   La mia benedizione scenda su chi accetta la parola del Signore e la fa azione».

   467.7Gli apostoli e Marziam coi discepoli sono usciti pian piano di casa mentre Egli parlava e sono in un mucchio compatto dietro alla gente. Ma si fanno avanti quando Gesù ha finito di parlare, raccogliendo nel passare l’obolo che molti offrono. E portano questi denari a Gesù.
   Dietro a loro si insinua un uomo patito e di ben povero aspetto. Procede così a capo chino che non posso vederlo in viso. Va ai piedi di Gesù e, battendosi il petto, geme: «Io ho peccato, Signore, e Tu mi hai punito. L’ho meritato. Ma almeno dàmmi il tuo perdono prima di partire. Abbi pietà di Giacobbe peccatore!». Alza il viso e riconosco, più perché si nomina che per l’aspetto distrutto, il contadino beneficato[68] una volta, punito un’altra per la sua durezza verso i due orfanelli.
   «Il mio perdono! Tu volevi guarigione da questo, un tempo. E ti crucciavi perché i grani erano sciupati. Questi seminarono per te. Sei forse senza pane?».
   «Ho il sufficiente».
   «E non è forse perdono?». Gesù è molto severo.
   «No. Vorrei morire di fame ma sentire che l’animo è in pace. Ho cercato nel mio poco di riparare… Ho pregato e pianto… Ma Tu solo puoi perdonare e dare pace al mio spirito. Signore, non ti chiedo che perdono…».
   Gesù lo guarda fissamente… Gli fa alzare il volto che l’uomo ha reclinato e lo trivella con i suoi occhi splendenti, stando un poco curvo su di lui… Poi dice: «Va’. Avrai o non avrai il perdono a seconda di come vivrai nel tempo che ti resta».
   «Oh! Signor mio! Non così! Hai perdonato a colpe più gran­di…».
   «Non erano persone beneficate come tu eri stato e non avevano peccato contro gli innocenti. Sempre sacro il povero, ma sacri più di tutti l’orfano e le vedove. Non conosci la Legge?…».
   L’uomo piange. Voleva un subito perdono.
   Gesù resiste: «Sei sceso due volte e non hai avuto fretta di risalire… Ricorda. Ciò che ti sei permesso, tu, uomo, può permettersi Dio. E sempre molto buono è Dio se ti dice che non ti nega il perdono assolutamente, ma lo condiziona al tuo modo di vivere sino alla morte. Va’».
   «Benedicimi almeno… Perché io abbia più forza di esser giusto».
   «Ho benedetto già».
   «No, così no. A me in particolare. Vedi il mio cuore…».
   Gesù gli posa la mano sul capo e dice: «Ho detto. Ma questa carezza ti persuada che, se sono severo, non ti odio. Il mio amore severo è per salvarti, è per trattarti da amico infelice, non perché sei povero, ma perché fosti cattivo. Ricorda che ti ho amato, che ho avuto compassione del tuo spirito, e questo ricordo ti faccia voglioso di avermi amico non più severo».
   «Quando, Signore? Dove ti troverò se Tu dici che vai via?».
   «Nel mio Regno».
   «Quale? Dove lo fondi? Io ci verrò…».
   «Il mio Regno sarà nel tuo cuore se lo farai buono, e poi sarà in Cielo. Addio. Devo partire perché cala la sera e devo benedire chi lascio», e Gesù lo congeda rivolgendosi poi ai discepoli e ai padroni di casa, che benedice uno a uno.

   467.8Poi riprende il cammino dopo aver dato a Giuda i denari… Il verde della campagna lo inghiotte, mentre cammina verso sud-ovest in direzione di Cafarnao…
   «Cammini troppo, Maestro!», esclama Pietro. «Noi siamo stanchi. Tanti stadi abbiamo già fatto…».
   «Sii buono, Simone. Presto saremo alle viste di Corozim. Voi ci entrerete andando in quelle poche case che ci sono amiche e specialmente nella casa della vedova. E direte al piccolo Giuseppe che lo voglio salutare all’alba. Me lo condurrete sulla via che sale verso Giscala…».
   «Ma Tu non vieni in Corozim?».
   «No. Vado a pregare sul monte».
   «Sei sfinito. Sei pallido. Perché ti trascuri? E perché non vieni con noi? Perché non entri in città?». Lo subissano di domande. Il loro affetto è talora pesante.
   Ma Gesù è paziente… e pazientemente risponde: «Voi lo sapete! Per Me l’orazione è riposo. Fatica è stare fra la gente quando non vi sto per guarire o per evangelizzare. Andrò dunque sul monte. Là dove altre volte sono andato. Voi sapete il luogo».
   «Sul sentiero che va da Gioacchino?».
   «Sì. Sapete dove trovarmi. All’alba vi verrò incontro…».
   «E… andremo verso Giscala?».
   «È la via giusta per andare verso i confini siro-fenici. Ho detto ad Afec che vi sarei andato. Vi andrò».
   «È perché… Non ricordi l’altra volta?».
   «Non temere, Simone. Hanno cambiato modi. Al momento mi onorano…».
   «Oh! Ti amano allora?».
   «No. Mi odiano più di prima. Ma, non potendo abbattermi con le loro forze, cercano di farlo coi loro inganni. Tentano sedurre l’Uomo… E per sedurre si usano gli onori, anche se falsi.
   Anzi…

   467.9Venite tutti qui vicino», dice poi agli altri, che procedevano in gruppo vedendo che Gesù parlava con Pietro in privato.
   Si riuniscono. Gesù dice: «Dicevo a Simone — e lo dico a tutti, perché non ho segreti per i miei amici — dicevo a Simone che coloro che mi sono nemici hanno mutato maniera per nuocermi, ma non hanno mutato il loro pensiero verso di Me. Perciò, come prima usavano l’insulto e la minaccia, ora usano gli onori. Per Me, e certo anche per voi. Siate forti e sapienti. Non vi lasciate ingannare dalle parole bugiarde, non dai doni, e non dalle seduzioni. Ricordate ciò che dice[69] il Deuteronomio: “I donativi accecano gli occhi dei savi ed alterano le parole dei giusti”. Ricordate Sansone. Era nazareo di Dio sino dalla nascita, sin dal seno della madre, che lo concepì e formò in astinenza per ordine dell’angelo, onde fosse un giusto giudice di Israele. Ma tanto bene dove finì? E come? E per chi? E non altre volte, con onori e monete, e con donne prezzolate, fu abbattuta la virtù per fare il giuoco dei nemici? Ora voi siate accorti e vigilate per non essere presi d’inganno e servire i nemici anche inconsciamente. Sappiate tenervi liberi come gli uccelli, che preferiscono il cibo parco e la frasca per il riposo alle dorate gabbie, dove il cibo è molto, e comodo è il giaciglio, ma dove sono prigionieri del capriccio degli uomini. Pensate che voi siete i miei apostoli, servi perciò solo a Dio, così come Io sono servo solo alla volontà del Padre. Cercheranno di sedurvi, forse lo hanno già fatto, prendendovi ognuno per il punto più debole, perché i servi del Male sono astuti essendo istruiti dal Maligno. Non credete alle loro parole. Non sono sincere. Se lo fossero, Io vi direi per il primo: “Salutiamo costoro come nostri buoni fratelli”. Invece bisogna diffidare delle loro azioni e pregare per loro, perché buoni diventino. Io lo faccio. Prego per voi, che non siate tratti in inganno dalla nuova guerra, e per essi. Perché cessino di ordire inganni al Figlio dell’uomo e offese a Dio suo Padre. E voi imitatemi. Pregate molto lo Spirito Santo. Egli vi dia luci per vedere. E siate puri se volete averlo amico. Io, prima di lasciarvi, vi voglio fortificare. Vi assolvo se avete fin qui peccato. Di tutto vi assolvo. Siate buoni in avvenire. Buoni, sapienti, casti, umili e fedeli. La grazia della mia assoluzione vi fortifichi…

   467.10Perché piangi, Andrea? E tu perché ti turbi, fratello mio?».
   «Perché questo mi sembra un addio…», dice Andrea.
   «E credi che con così poche parole vi saluterei? Non è che un consiglio per questi tempi. Vedo che siete tutti turbati. Ciò non vi deve accadere. Il turbamento turba la pace. La pace deve essere sempre in voi. Voi siete a servizio della Pace, ed Essa vi ama tanto che vi ha eletti come primi suoi servi. Vi ama. Dovete perciò pensare che vi aiuterà sempre, anche quando sarete rimasti soli. La Pace è Dio. Se voi sarete fedeli a Dio, Egli sarà in voi. E con Lui in voi, di che avete a temere? E chi potrà separarvi da Dio se voi non vi mettete in condizioni di perderlo? Solo il peccato separa da Dio. Ma il resto: tentazioni, persecuzioni, morte, neppur la morte, separano da Dio. Ma anzi a Lui più uniscono, perché ogni tentazione vinta alza di un gradino verso il Cielo, perché le persecuzioni vi ottengono un raddoppiato amore protettivo di Dio, e la morte del santo o del martire non è che fusione con il Signore Iddio. In verità vi dico[70] che, meno i figli della perdizione, nessuno dei miei grandi discepoli morrà più prima che Io abbia aperto le porte dei Cieli. Perciò nessuno dei miei discepoli fedeli dovrà attendere l’abbraccio di Dio dopo esser trapassato da questo esilio caliginoso alle luci dell’altra vita. Non vi direi questo se non fosse vero. Voi vedete. Anche oggi avete visto uno che, dopo un traviamento, è tornato nelle vie della giustizia. Non bisognerebbe peccare. Ma Dio è misericordioso e perdona a chi si pente. E chi si pente può superare anche chi non ha peccato, se il suo pentimento è assoluto ed è eroica la sua virtù susseguente al pentimento. Sarà così dolce trovarci lassù! Vedervi salire a Me, e corrervi Io incontro ad abbracciarvi, portandovi dal Padre mio dicendo: “Ecco un mio diletto. Egli mi ha sempre amato e perciò ti ha sempre amato da quando Io gli ho detto di Te. Ora è venuto. Benedicilo, Padre mio, e la tua benedizione sia la sua corona splendente”. Amici miei… Amici qui e amici in Cielo. Non vi pare che ogni sacrificio sia leggero per ottenere questa eterna gioia?

   467.11Siete rasserenati, ormai. Dividiamoci qui. Io salgo lassù e voi siate buoni… Diamoci un bacio…». E li bacia uno per uno.
   Giuda piange nel baciarlo. Ha atteso di essere l’ultimo, lui che cerca sempre di essere il primo, e sta avviticchiato a Gesù, baciandolo più volte e sussurrandogli fra i capelli, presso l’orecchio: «Prega, prega, prega per me…». Si separano, andando Gesù verso il colle e gli altri proseguendo verso Corozim, che già biancheggia fra il verde degli alberi.

   467.12Dice Gesù: «Qui metterete la visione del 23 settembre 1944: Non ho riposo migliore che dire: “Ho salvato uno che periva”, e il dettato che segue».

[67] bati sta per bat, misura di capacità per i liquidi (menzionata, ad esempio, in 1 Re 7, 26.38 ) che poteva corrispondere a 36,44 litri. Altra misura è log, vista in 382.6.
[68] beneficato, in 110.5/6; punito, in 298.2/6 e 338.1; da questo, cioè dal perdono .
[69] dice, in: Deuteronomio 16, 19 .
[70] vi dico, come già in 346.10.