MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 488



CDLXXXVIII. Al Tempio per la festa dei Tabernacoli. Partenza segreta per Nobe dopo la preghiera.

   5 settembre 1946.

   488.1Senza preoccuparsi affatto del malanimo altrui, Gesù torna al Tempio per la terza giornata. Non deve però aver dormito in Gerusalemme, perché i suoi sandali mostrano di essere per bene impolverati. Forse ha passato la notte sui colli che sono intorno alla città. E con Lui devono essere stati i suoi fratelli Giacomo e Giuda insieme a Giuseppe (pastore) e a Salomon. Si incontra con gli altri apostoli e discepoli presso la muraglia orientale del Tempio.
   «Sono venuti, sai? Tanto da noi, come dai discepoli più noti. Bene è stato che Tu non ci fossi!».
   «Dobbiamo sempre fare così».
   «Sta bene. Ma ne parleremo dopo. Andiamo».
   «Una gran turba ti ha e ci ha preceduti esaltando i tuoi miracoli. Quanti si sono persuasi e credono in Te! Avevano ragione i tuoi fratelli, in questo», dice Giovanni apostolo.
   «Sono andati a cercarti persino da Annalia, sai?».
   «E al palazzo di Giovanna. Ma non hanno trovato altro che Cusa… e con un umore! Li ha cacciati come cani, dicendo che in casa sua non vuole spie e che ne ha avuto basta[121] di loro. Ce lo ha detto Gionata, che è qui col padrone», dice Daniele (pastore).
   «Sai? Gli scribi volevano disperdere quelli che ti attendevano col persuaderli che Tu non sei il Cristo. Ma essi hanno risposto: “Il Cristo non è? E chi volete allora che sia? Potrà mai un altro uomo fare i miracoli che fa Lui? Li hanno forse fatti gli altri che si dicevano il Cristo? No, no. Potranno sorgere cento e mille impostori, magari creati da voi, e che dicano di essere il Cristo. Ma nessuno che possa venire farà mai più miracoli come quelli che Egli fa e tanti quanti Lui ne fa”. E perché scribi e farisei sostenevano che li fai perché sei un Belzebù, essi hanno risposto: “Oh! allora voi ne dovreste fare di strepitosi, perché certo che sì che voi siete dei Belzebù rispetto al Santo”», racconta Pietro, e ride, e ridono tutti ricordando l’usci­ta della folla e lo scandalo degli scribi e farisei che se ne erano andati sdegnati.

   488.2Sono ormai dentro al Tempio e vengono subito circondati dalla folla ancor più numerosa che non fosse gli scorsi giorni.
   «Pace a Te, Signore! Pace! Pace!», gridano gli israeliti.
   «Salve, Maestro!», salutano i gentili.
   «La pace e la luce vengano a voi», risponde Gesù con un unico saluto.
   «Temevamo che ti avessero preso, o che non venissi per prudenza e per disgusto. E ci saremmo sparsi a cercarti per ogni luogo», dicono molti.
   Gesù ha un pallido sorriso e domanda: «Allora non mi volete perdere?».
   «E se ti perdiamo, Maestro, chi ci darà più le lezioni e le grazie che Tu ci dai?».
   «Le mie lezioni resteranno in voi e ancor più le capirete quando Io me ne sarò andato… E per la mia assenza di fra mezzo agli uomini non cesseranno le grazie di scendere su coloro che pregheranno con fede».
   «Oh! Maestro! Ma te ne vuoi proprio andare? Di’ dove vai e noi ti verremo dietro. Abbiamo tanto bisogno di Te!».
   «Il Maestro lo dice per sentire se lo amiamo. Ma dove volete che vada il Rabbi d’Israele se non in Israele, qui?».
   «In verità vi dico che ancora per poco tempo Io sono con voi e vado da quelli ai quali il Padre mi ha mandato. Dopo mi cercherete e non mi troverete. E dove Io sono voi non potrete venire.

   488.3Ma ora lasciatemi andare. Oggi Io non parlerò qui dentro.
   Ho dei poveri che mi attendono altrove e non possono venire perché molto ammalati. Dopo la preghiera Io andrò da essi».
   E con l’aiuto dei suoi discepoli si fa largo andando verso il cortile degli Israeliti. Quelli che restano si guardano fra loro.
   «Dove mai andrà?».
   «Dal suo amico Lazzaro certo. È molto malato».
   «Io dicevo: dove andrà, non oggi, ma quando ci lascerà per sempre. Non avete sentito che ha detto che noi non potremo trovarlo?».
   «Forse andrà a radunare Israele, evangelizzando i dispersi di noi fra le nazioni. La Diaspora spera come noi nel Messia».
   «Oppure andrà a insegnare ai pagani per attirarli al suo Regno».
   «No. Non deve essere così. Sempre potremmo trovarlo, anche fosse nell’Asia lontana, o nel centro dell’Africa, o in Roma, in Gallia, in Iberia, o in Tracia o fra i Sarmati. Se Egli dice che non lo troveremmo anche cercandolo, segno è che non sarà in nessuno di questi luoghi».
   «Ma già! Che vorrà dire questo suo dire: “Mi cercherete e non mi troverete, e dove Io sono voi non potrete venire”? Io sono… Non: Io sarò… Dove è dunque? Non è qui fra noi?».
   «Io te lo dico, Giuda! Egli pare uomo, ma è uno spirito!».
   «Ma no! Fra i discepoli vi sono quelli che lo hanno visto neonato. Anzi, più ancora! Hanno visto la Madre gravida di Lui poche ore prima che nascesse».
   «Ma sarà poi proprio quel fanciullino, ora divenuto uomo? Chi ci assicura che non sia un altro essere?».
   «Eh! no. Egli potrebbe essere un altro e i pastori sbagliarsi. Ma la Madre! Ma i fratelli! Ma tutto un paese!».
   «I pastori hanno riconosciuto la Madre?».
   «Certo che sì…».
   «Allora… Ma perché allora dice: “Dove Io sono voi non potrete venire”? Per noi c’è il futuro: potrete. Per Lui resta il presente: sono. Non ha dunque futuro questo Uomo?».
   «Non so che ti dire. È così».
   «Io ve lo dico. È un pazzo».
   «Lo sarai tu, spia del Sinedrio».
   «Io spia? Io sono un giudeo che lo ammira. E avete detto che va da Lazzaro?».
   «Nulla abbiamo detto, vecchio spione. Non sappiamo nulla. E se sapessimo non te lo diremmo. Va’ a dire a chi ti manda che lo cerchino di loro. Spia! Spia! Pagato!…».
   L’uomo vede la mal parata e se la svigna.
   «Ma noi stiamo qui! Fossimo usciti, lo avremmo visto. Corri di là! Corri di qua!… Diteci che via ha preso. Ditegli che non vada da Lazzaro».
   Quelli di gambe leste galoppano via… E tornano… «Non c’è più… Nella folla si è mescolato e nessuno sa dire…».
   Delusa, la folla si scioglie lentamente…

   488.4…Ma Gesù è molto più vicino di quanto essi non credano. Uscito da qualche porta, ha girato intorno all’Antonia ed è uscito dalla città per la porta del Gregge, scendendo nella valle del Cedron, che ha pochissima acqua al centro del letto. Gesù lo passa saltando sulle pietre che emergono dall’acqua e si avvia per il monte degli Ulivi, che in quel punto sono folti e mescolati ancora ai macchioni che fanno tetra, direi funebre, questa parte di Gerusalemme, stretta fra le fosche muraglie del Tempio che domina da quel lato con tutto il suo monte, e il monte Uliveto dall’altro. Più a sud la valle si schiarisce e si allarga, ma qui è proprio stretta, una unghiata di gigantesco artiglio che ha scavato un solco profondo fra i due monti Moria e Uliveto.
   Gesù non va verso il Getsemani, anzi va tutto in senso opposto, verso nord, sempre camminando sul monte che poi si allarga in una valle selvaggia dove, più addossato ad un altro giro di colli bassi e pure selvaggi e sassosi, scorre il torrente che fa un arco al nord della città. Agli ulivi subentrano là alberelli sterili, spinosi, contorti, scapigliati, mescolati a rovi che gettano i loro tentacoli da ogni lato. Un luogo molto triste, molto solitario. Ha qualche cosa di luogo infernale, apocalittico. Qualche sepolcro, e nulla più. Neppure dei lebbrosi. Ed è strana questa solitudine contrastante con la folla della città, così vicina e così piena di gente e di rumore. Qui, tolto il gorgoglio dell’acqua sui sassi e il fruscio del vento fra le piante nate fra le pietre, non si sente nessun rumore. Manca persino la nota allegra degli uccelli, così numerosi fra gli ulivi del Getsemani e dell’Uliveto. Il vento piuttosto forte che viene da nord-est, sollevando piccoli mulinelli di polvere, respinge il rumore della città, e il silenzio, un silenzio da luogo di morte, regna nel luogo, opprimente, quasi pauroso.

   488.5«Ma si va proprio per di qui?», chiede Pietro a Isacco.
   «Sì, sì. Ci si va anche da altre strade, uscendo dalla porta di Erode, e meglio da quella di Damasco. Ma è bene che voi conosciate i sentieri meno noti. Noi abbiamo girato tutti i dintorni per conoscerli e per insegnarveli. Potrete andare così dove volete, nelle vicinanze, senza passare per le vie solite».
   «E… c’è da fidarsi di quei di Nobe?», dice ancora Pietro.
   «Come della tua casa stessa. Tommaso lo scorso inverno, Nicodemo sempre, il sacerdote Giovanni suo discepolo e altri hanno fatto del piccolo paese un luogo suo».
   «E tu hai fatto più di tutti», dice Beniamino (pastore).
   «Oh! io!! Allora tutti si è fatto, se io ho fatto. Ma credi, Maestro, che ora tutto intorno alla città hai dei luoghi sicuri…».
   «Anche Rama…», dice Tommaso che ci tiene alla sua città. «Mio padre e mio cognato hanno pensato a Te con Nicodemo».
   «Allora anche Emmaus», dice un uomo che non mi è nuovo, ma non so dire di preciso chi è, anche perché di Emmaus ne ho trovate più di una in Giudea, senza parlare di quel luogo presso Tarichea.
   «È lontana per andare e venire come faccio ora. Ma non mancherò di venirci qualche volta».
   «E a casa mia», dice Salomon.
   «Là certamente almeno una volta per salutare il vecchio».
   «C’è anche Bétèr».
   «E Betsur».
   «Non andrò in casa delle discepole, ma quando sarà necessario le chiamerò a Me».
   «Io ho un amico sincero presso En Rogel. La sua casa ti è aperta. E nessuno penserà, di quelli che ti odiano, che Tu sei così vicino a loro», dice Stefano.
   «Il giardiniere dei Giardini reali ti può ospitare. È tutt’uno con Mannaen, che gli ha ottenuto quel posto… e poi… Tu lo hai guarito un giorno…».
   «Io? Non lo conosco…».
   «Era, a Pasqua, fra i poveri che Tu guaristi da Cusa[122]. Un colpo di falce sporca di letame gli faceva marcire una gamba, e il suo primo padrone lo aveva cacciato per questo. Mendicava per i suoi figli. E Tu lo hai guarito. Mannaen lo ha poi messo ai Giardini, ottenendogli il posto in un momento buono dell’Antipa. Ora quell’uomo fa tutto ciò che Mannaen dice. E per Te poi…», dice Mattia (pastore).

   488.6«Non ho mai visto Mannaen con voi…», dice Gesù fissando molto Mattia, che cambia colore e si turba. «Vieni avanti con Me». Il discepolo lo segue. «Parla!».
   «Signore… Mannaen ha sbagliato… e soffre molto, e con lui Timoneo e qualche altro ancora. Non hanno pace perché Tu…».
   «Non crederanno che ho odio per loro…».
   «Noooh! Ma… Hanno paura delle tue parole e del tuo volto».
   «Oh! che errore! Proprio perché hanno sbagliato devono venire alla Medicina. Sai dove sono?».
   «Sì, Maestro».
   «Allora va’ da essi e di’ loro che li aspetto a Nobe».
   Mattia se ne va senza perdere tempo.
   Il sentiero sul monte si alza di modo che è visibile tutta Gerusalemme vista da nord… Gesù con i suoi le volge le spalle, andando proprio in senso opposto alla città.

[121] basta sta per abbastanza . Simile espressione, tipica dell’ambiente della scrittrice – vissuta soprattutto in Toscana: a Firenze per circa un decennio e a Viareggio negli ultimi 37 anni della sua non lunga vita – è stata già sulla bocca di Pietro in 196.6: “Ne ho basta dei miei” e la ritroviamo, per esempio, in 357.8: “Roma ne ha basta di falsi dèi”, e in 628.6: “deve averne basta di avvilirsi”. Altri toscanismi sono: ingrazionirsi per ingraziarsi (in 263.2), peso per pesante (in 273.4 e altre volte), ruggini per rugginosi (in 530.2), se ne tiene per farsene un vanto (in 600.12 e 630.11) e, con molta frequenza, forme verbali impersonali. Queste ultime (sul tipo di noi si va invece di noi andiamo ) sono usuali e di immediata comprensione, tranne qualcuna da interpretare nel contesto (come in 302.1: se ne potrebbe partire col bambino, che significa: potremmo partircene col bambino ).
[122] da Cusa, in 370.24.