MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 490



CDXC. Al campo dei Galilei con i cugini apostoli. Dubbi sull'Iscariota e conversione del levita Zaccaria.

   10 settembre 1946.

   490.1«Giuda e Giacomo, venite con Me».
   I due figli di Alfeo non se lo fanno dire due volte. Si alzano subito, uscendo con Gesù da una casetta di un sobborgo a sud di Gerusalemme, dove sono accolti oggi.
   «Dove andiamo, Gesù?», chiede Giacomo.
   «A salutare i galilei sull’Uliveto».
   Vanno per qualche tempo verso Gerusalemme, poi rasentano dei piccoli colli dove sono delle case fra il verde, certo case padronali, tagliano la strada per Betania e Gerico, la più a sud che va a finire fra Tofet e Siloan, girano dietro ad un altro colle che è già una propaggine dell’Uliveto, tagliano l’altra via che va direttamente a Betania dall’Uliveto, e per una stradetta secondaria fra gli ulivi salgono al campo dei Galilei, dove già le tende si sono molto diradate e restano, a ricordo dell’affollamento, frasche ormai avvizzite gettate al suolo, resti di focolari rudimentali che hanno bruciacchiato l’erba, ceneri, tizzi, ciarpame, come sempre rimane dove fu un accampamento. La stagione fredda e precocemente piovosa ha accelerato la partenza dei pellegrini. Carovane di donne e bambini sono in partenza anche ora. Gli uomini, specie quelli validi, sono rimasti ancora per terminare la festa.

   490.2I galilei che credono nel Signore devono essere stati avvertiti forse da qualche discepolo, perché li vedo tutti e di ogni paese che mi è più noto. Nazaret coi due discepoli, Alfeo, quello che Gesù ha perdonato dopo la morte di sua madre, e qualche altro. Non vedo però né Giuseppe né Simone d’Alfeo. Ma non mancano in compenso altri, fra cui il sinagogo, che appare visibilmente imbarazzato a salutare con deferenza Gesù dopo averlo tanto ostacolato. Però si aiuta dicendo che i parenti di Gesù sono alloggiati da «quell’amico che sai», per via dei bambini che soffrivano del vento della notte. E Cana è presente con lo sposo di Susanna, suo padre e altri, e così Naim col suo risuscitato e altri, e Betlemme di Galilea con molti cittadini, e le città occidentali del lago con i loro abitanti…
   «La pace a voi! La pace a voi!», saluta Gesù passando fra essi, carezzando i bambini ancora presenti, i suoi piccoli amici dei luoghi galilei, ascoltando Giairo che gli dice come gli spiacque non esserci l’ultima volta.
   Gesù si informa se la vedova di Afec si è stabilita a Cafarnao e se ha accettato l’orfano di Giscala. «Non so, Maestro. Forse ero già partito…», dice Giairo.
   «Sì, sì, è venuta una donna che dà tanto miele e carezze ai bambini. E ci fa le focacce. E ci vanno sempre a mangiare quei bambini che venivano da Te. E l’ultimo giorno ci ha fatto vedere un bambino piccino piccino. Ha comperato due capre per il latte. E ci ha detto che è il figlio del Cielo e del Signore. E non è venuta alla festa come voleva, perché non poteva portarsi dietro un bambino così piccino. E ci ha detto, a noi, di dirti che lo amerà con giustizia e ti benedice».
   I bambini di Cafarnao fanno un cinguettio di passerotti intorno a Gesù, orgogliosi di sapere, loro, ciò che neppure il sinagogo sa, e di avere, loro, a far da ambasciatori presso il Maestro buono, che li ascolta con l’attenzione con cui ascolterebbe degli adulti e che risponde: «E voi le direte che Io pure la benedico e che ami i fanciulli per Me. E voi vogliatele bene, non ve ne approfittate perché è buona, non amatela soltanto per il miele e le focacce, ma perché è buona. Buona tanto da avere compreso che chi ama in mio nome un fanciullo mi fa felice. E imitatela tutti, piccini o adulti che siate, pensando sempre che colui che accoglie un fanciullo in mio nome ha il suo posto segnato nel Cielo. Perché la misericordia è sempre premiata, anche se è un sol calice d’acqua dato in mio nome, ma la misericordia usata ai fanciulli, salvandoli non soltanto dalla fame, sete, freddo, ma dalla corruzione del mondo, è infinitamente premiata…

   490.3Sono venuto a benedirvi prima che partiate. Porterete la mia benedizione alle vostre donne, alle vostre case…».
   «Ma non torni da noi, Maestro?».
   «Tornerò… Ma non ora. Dopo Pasqua…».
   «Oh! se Tu stai tanto, certo ti dimenticherai della promessa…».
   «Non temete. Prima potrà cessare di splendere il sole che Gesù si dimentichi di chi spera in Lui».
   «Sarà lungo il tempo!…».
   «E triste!».
   «Se ci ammaliamo…».
   «Se abbiamo delle pene…».
   «Se nelle nostre case scende la morte…».
   «Chi ci aiuterà?», dicono in diversi di diversi luoghi.
   «Iddio. Egli è con voi, se voi rimanete in Me con la vostra volontà».
   «E noi? Noi da poco crediamo in Te. Lo confessiamo. Non avremo conforto allora? Eppure ora, dopo che ti abbiamo visto fare miracoli e sentito parlare nel Tempio, oh! ti crediamo…».
   «E ne ho grande gaudio perché, che i miei concittadini siano sulla via della Salute, è il mio più ardente desiderio».
   «Ci ami così? Ma noi per tanto tempo ti abbiamo offeso e deriso!…».
   «È il passato. Non è più. Siate fedeli per l’avvenire e in verità vi dico che in Terra come in Cielo è cancellato il vostro passato».
   «Ti fermi con noi? Divideremo il pane come tante volte a Nazaret, quando eravamo tutti uguali e nei sabati ci riposavamo negli uliveti, oppure come quando Tu eri soltanto Gesù e venivi con noi e come noi a Gerusalemme per le feste…». C’è un rimpianto e un desiderio dei tempi passati nella voce dei nazareni che si sono persuasi.
   «Volevo andare da Giuseppe e Simone. Ma vi andrò dopo. Mi siete tutti fratelli in Dio, e per Me ha più valore lo spirito e la fede che la carne e il sangue, perché questi ultimi periscono mentre gli altri sono immortali».

   490.4E, mentre alcuni si affrettano ad allestire i fuochi per arrostire le carni, a nettare dei pezzi di uliveto per renderli atti alle mense, i più anziani e alti di grado, di ogni luogo di Galilea, si stringono in cerchio intorno a Gesù, domandandogli come mai quella mattina e il dì avanti non era al Tempio e se ci tornerà domani, ultimo giorno della festa.
   «Ero altrove… Ma domani certo ci sarò».
   «E parlerai?».
   «Se potrò…».
   Alfeo di Sara abbassa la voce e, guardandosi intorno, sussurra al Maestro: «I tuoi fratelli sono andati per assicurarti aiuti in città… Quel tale sa molte cose essendo parente per via di donne con uno del Tempio… Giuseppe si preoccupa di Te, sai? In fondo… è buono».
   «Lo so. E sarà sempre più buono quando sarà spiritualmente buono».
   Giungono altri galilei dalla città. Il numero di quelli intorno a Gesù si aumenta, con grande dispiacere dei bambini respinti dagli adulti e che non riescono a farsi strada sino a Gesù, fintanto che Egli nota lo stuolo innocente e imbronciato e dice sorridendo: «Lasciate venire a Me i miei fanciulli».
   Oh! che allora, mentre il cerchio si rompe, allegri di nuovo come uno stormo di uccelli, essi corrono a Gesù, che se li carezza mentre continua a parlare con gli adulti. E la sua mano, lunga e brunetta ancora dal molto sole preso in estate, passa e ripassa sulle testoline nere e castane, con qualche capino d’oro sperduto fra le teste brune che gli stanno più che possono contro, col visetto nascosto fra le sue vesti, sotto al manto, allacciati ai ginocchi, ai fianchi, golosi della sua carezza, beati di averla.

   490.5Mangiano in cerchio dopo che Gesù ha benedetto il cibo e lo ha spartito, con una serena e amichevole unione di cuori. Gli altri, che non sono seguaci di Gesù, guardano da lontano, derisori e increduli. Ma nessuno si cura di essi…
   Il pasto ha termine. Gesù si alza per il primo e chiama Giairo, Alfeo, Daniele di Naim, Elia di Corozim, Samuele (l’ex storpio di non so dove), poi un certo Uria, uno dei tanti Giovanni, uno dei tanti Simone, un Levi, un Isacco, Abele di Betlemme ecc. ecc., uno per paese, insomma, e aiutato dai cugini fa tante parti uguali di due borse ben piene e ne dà una parte ad ogni chiamato perché la usi per i poveri dei singoli paesi.
   Poi, rimasto senza un picciolo, benedice tutti e si accomiata. E si vorrebbe accomiatare dirigendosi verso il Getsemani per rientrare in città dalla porta delle Pecore. Ma quasi tutti lo seguono, specie i bambini che non gli lasciano andare la veste e i lembi del mantello, e certo gli danno noia, ma Egli li lascia fare…

   490.6E quel bambino di Magdala, Beniamino, che un giorno disse[123] chiaro il suo giudizio a Giuda di Keriot, lo tira per la veste finché Gesù si china ad ascoltarlo particolarmente. «Ce lo hai più con Te quel cattivo?».
   «Quale cattivo? Con Me non ce ne sono…», dice Gesù sorridendogli.
   «Sì che ce ne sono! Quell’uomo alto e nero che rideva… sai, quello che gli ho detto che era bello di fuori e brutto di dentro… quello è cattivo».
   «Parla di Giuda», dice il Taddeo che è dietro a Gesù e sente.
   «Lo so», gli risponde Gesù voltandosi, e poi al bambino: «Certo che è con Me quell’uomo. È un mio apostolo. Ma ora è molto buono… Perché scuoti la testa? Non si deve pensare male del prossimo, specie di quello che non si conosce».
   Il bambino china il capo e tace.
   «Non mi rispondi?».
   «Tu non vuoi che io dica le menzogne… e io ti ho promesso di non dirle e l’ho fatto. Ma se ora ti dico che sì, che credo che è buono, dico cosa non vera, perché penso che è cattivo. Posso tenere chiusa la bocca per farti piacere, ma non posso tenere chiusa la testa per non pensare».
   L’uscita è così impetuosa e logica, nella sua semplicità ancora fanciullesca, che quelli che la sentono ridono tutti. Tutti meno Gesù che sospira e dice: «Ebbene, tu devi fare una cosa. Pregare perché diventi buono, se proprio ti sembra cattivo. Devi essere il suo angelo. Lo farai? Se diventa più buono Io ne avrò più gioia. Dunque tu, pregando per questo, preghi perché Io sia felice».
   «Lo farò. Ma se lui è cattivo e non diventa buono con Te, che io preghi non farà nulla».
   Gesù tronca la discussione fermandosi e chinandosi a baciare i fanciulli. Poi ordina a tutti di tornare indietro…

   490.7Quando sono soli Gesù e i due cugini, Giuda d’Alfeo, dopo un po’ di silenzio, come se avesse prima ragionato in se stesso, dice, concludendo: «Ha ragione! In tutto ha ragione! Io la penso come lui».
   «Ma di chi parli?», gli chiede suo fratello Giacomo, che procedeva assorto un poco avanti sul sentierino che permette il passo a una sola persona per volta.
   «Di Beniamino, parlo. E di ciò che ha detto. E… ma Tu non lo vuoi sentire, e ti dico anche io che Giuda è… Non è un vero apostolo… Non è sincero, non ti ama, non…».
   «Giuda! Giuda! Perché darmi dolore?».
   «Fratello mio, perché ti amo. E ho paura dell’Iscariota, paura più di lui che di un serpente…».
   «Sei ingiusto. Senza di lui forse Io sarei stato già cattu­rato».
   «Gesù ha ragione. Giuda ha molto fatto. Si è attirato odi e beffe senza risparmio, ma ha lavorato e lavora per Gesù», dice Giacomo.
   «Io non posso pensare che Tu sia stolto, che Tu sia mentitore… E mi chiedo perché allora Tu sostieni Giuda. Non parlo per gelosia, non per odio. Parlo perché sento dentro che egli è cattivo, che egli è insincero… Tutto quello che per tuo amore posso ammettere è che sia pazzo. Un povero pazzo che oggi delira in un senso, domani in un altro. Ma buono no, non è. Diffida, Gesù! Diffida… Nessuno di noi è buono. Ma guardaci bene. Il nostro occhio è limpido. Osservaci bene. La nostra condotta è uguale. Ma non ti dice nulla il fatto che le beffe fatte ai farisei non gli vengano fatte scontare da essi? Nulla che quelli del Tempio non reagiscano alle sue parole? Nulla che lui abbia sempre amici proprio fra quelli che apparentemente offende? Nulla che abbia sempre denaro? Non dico noi due, ma anche Natanaele, che è ricco, anche Tommaso, al quale non mancano i mezzi, non hanno che il necessario. Egli… Oh!…».
   Gesù tace…
   Giacomo osserva: «In parte mio fratello ha ragione. Certo è che Giuda trova sempre il modo di… star solo, di andare da solo… di… Ma non voglio mormorare e giudicare. Tu sai…».
   «Sì. Io so. E per questo dico che non voglio giudizi. Quando sarete nel mondo a sostituirmi, avvicinerete creature ben più strane di Giuda. Che apostoli sareste se li eliminaste perché sono strani? Anzi, appunto perché lo sono, li dovrete amare con paziente amore per renderli agnelli del Signore.

   490.8Ora andiamo da Giuseppe e Simone. Avete sentito, non è vero? Essi lavorano in segreto per Me. Direte: amore di famiglia. Sì. È vero. Ma è sempre amore. Vi siete lasciati male l’ultima volta. Rappacificatevi ora. Loro e voi avete torto e ragione. Ognuno riconosca il suo torto e non alzi la voce sulla sua parte di ragione».
   «Egli mi ha offeso molto offendendo moltissimo Te», dice Giacomo.
   «Tu assomigli molto a Giuseppe mio padre. E Giuseppe tuo fratello assomiglia ad Alfeo tuo padre. Ebbene, Giuseppe fu sovente criticato dal fratello maggiore, ma egli lo compatì e perdonò sempre. Perché era un grande giusto il padre mio! Siilo altrettanto tu».
   «E se mi rimprovera come fossi ancora un pargolo? Tu sai che quando è inquieto non intende ragione…».
   «Tu taci. L’unica medicina per calmare le ire. Taci con umiltà e pazienza e, se senti che non puoi più tacere senza sgarbi, te ne vai. Saper tacere! Saper fuggire! Non per viltà, non per mancanza di parole, ma per virtù, per prudenza, per carità, per umiltà. Nelle dispute è così difficile conservare la giustizia! E la pace dello spirito. Qualcosa scende sempre ad alterare nel profondo, a intorbidare, a fare del frastuono. E l’immagine di Dio che si riflette in ogni spirito buono viene offuscata, svanisce, né più si possono sentire le sue parole. Pace! Pace tra fratelli. Pace anche coi nemici. Se essi sono nemici nostri, sono amici di Satana. Ma vorremmo divenire noi pure amici di Satana, odiando chi ci odia? Come potremmo portarli all’amore se fossimo noi fuori dell’amore? Voi mi direte: “Gesù, Tu lo hai detto già molte volte e lo fai, ma sempre sei odiato”. Lo dirò sempre. Quando non sarò più con voi, ve lo ispirerò dal Cielo. E vi dico anche di non contare le sconfitte, ma le vittorie. Lodiamone il Signore! Non passa luna che non segni qualche conquista. Questo deve notare l’operaio di Dio, giubilandone nel Signore, senza il rovello che quelli del mondo hanno quando perdono una delle loro povere vittorie. Se farete così…».

   490.9«La pace a Te, Maestro. Non mi conosci?», dice un giovane che risaliva dalla città verso il Getsemani.
   «Tu?… Tu sei il levita che lo scorso anno fosti con noi[124] insieme al sacerdote».
   «Sono io. Come mi hai riconosciuto, Tu che vedi tutto un mondo intorno a Te?».
   «Non dimentico i volti e gli spiriti nelle loro caratteristi­che».
   «Che caratteristica ha il mio spirito?».
   «Buona. E insoddisfatta. Stanco sei di ciò che ti circonda. Il tuo spirito tende a cose migliori. Senti che ci sono. Senti che è l’ora di decidere per un Bene eterno. Senti che oltre le caligini c’è un Sole, la Luce. Tu vuoi la Luce».
   Il giovane si getta in ginocchio: «Maestro, Tu lo hai detto! È vero. Io ho questo nel cuore. E non sapevo decidermi. Il vecchio sacerdote Gionata ha creduto, poi è morto. Era vecchio. Io sono giovane. Ma ti ho sentito parlare nel Tempio… Non mi respingere, Signore, perché non tutti ti odiano là, ed io sono di quelli che ti amano. Dimmi che devo fare, essendo levita…».
   «Il tuo dovere sino al tempo nuovo. Riflettere, perché tu non vai incontro alla gloria terrena col venire a Me, ma al dolore. Se persevererai, avrai gloria in Cielo. Istruirti nella mia dottrina. Confermarti in essa…».
   «Con che?».
   «Il Cielo stesso ti confermerà coi suoi segni. Riconfermarti con l’aiuto dei miei discepoli e sempre più conoscere e praticare ciò che Io ho insegnato. Fa’ questo e avrai la vita eterna».
   «Lo farò, Signore. Ma… posso servire ancora nel Tempio?».
   «Te l’ho detto: sino al tempo nuovo».
   «Benedicimi, Maestro. Sarà la mia nuova consacrazione».
   Gesù lo benedice e lo bacia. Si separano.

   490.10«Vedete? Così è la vita degli operai del Signore. Un anno fa in quel cuore è caduto il seme. E non parve vittoria, perché non venne subito a noi. Dopo un anno, a confermare le mie parole di poco prima, ecco che egli viene. Una vittoria. E non rende, questa, bella la giornata per noi?».
   «Hai sempre ragione, Gesù mio… Ma sta’ attento a Giuda! Sono stolto a dirlo. Lo so. Tu sai… Ma nel cuore c’è questo tormento… e non lo dico agli altri, ma c’è… e sono certo che anche gli altri lo hanno».
   Gesù non ribatte. Dice: «Sono contento che Giuseppe e Nicodemo mi abbiano dato quel denaro. Posso così mandare un aiuto ai miei poverelli di Galilea…».
   Sono giunti alla porta e vi entrano confondendosi fra la folla.

[123] disse, in 184.7.
[124] fosti con noi, in 281.11 e 281.14/16.