MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 496



CDXCVI. Turbamento improvviso di Giuda Iscariota durante una sosta nella casetta di Salomon.

   18 settembre 1946.

   496.1Per non essere visti dalla gente, entrano nel villaggio dove è la casetta di Salomon risalendo l’argine del fiume. Precauzione direi inutile, perché cala la precoce sera novembrina o di fine ottobre e la gente è già nelle case. La strada è vuota, assolutamente vuota e, se non fosse qualche belato, si direbbe un luogo deserto.
   Scuotono il cancelletto. È chiuso. Ben chiuso sull’orticello, che nella penombra appare tutto ordinato.
   «Chiamate! È nella cucina. Un filo di luce trapela dalle imposte», dice Gesù.
   Tommaso, dalla voce potente, si incarica di chiamare il vecchio, che subito apre la porta guardando verso la via. È incerto per la poca luce esterna, lui che viene dalla cucina dove splende il fuoco e vi è un lume acceso. Ma quando Gesù dice: «Siamo noi», il vecchio riconosce subito la voce e grida: «Il Maestro!», e scende il rustico gradino correndo ad aprire.
   «Il mio Signore! Entra, entra nella tua casa, e che sia benedetto questo giorno che termina con la tua venuta!», dice armeggiando intorno alle chiusure del cancello, e spiega: «Sono solo e chiudo per bene… Capaci di tutto i ladroni. Ce ne sono alcuni che fanno danno or qua or là, venendo a valle dai monti di Galaad. Non che tema per la mia vita. Ma avevo preparato per Te e… Ecco, Maestro. Vieni. È umida la sera. I tuoi capelli sono bagnati dalla guazza[136]…».
   «E tu sei più solerte della sposa del Cantico, padre. Non ti pesa scomodarti per accogliere il Pellegrino», dice Gesù sorridendo.
   «Scomodarmi? Come era lungo questo tempo! Un giorno dopo l’altro, uno dopo l’altro. Avevo seminato i vostri semi e vedevo crescere bene le verdure. Dicevo: “Se Egli venisse, certo questo gli piacerebbe”. Ma sono venute a maturazione e non sei venuto… E vedevo colorire i frutti sulle piante e con dolore ne mangiavo, perché Tu non ne mangiavi. Quella pecora mi ha dato un agnello, tutto bianco. Lo serbai per tanto, per mangiarlo con Te. Speravo vederti prima dei Tabernacoli. Poi… un agnello tutto per me… Troppo! L’ho cambiato con una pecorina e furono buoni con me non volendo differenza. Ma delle frutta e dei formaggi ne ho serbati più che ho potuto per Te, e pesce secco e legumi e ancora ho qualche melone. E un poco di vino… io non ne bevo, ma l’ho preparato per Te, per l’inver­no».

   496.2Parla mentre ripulisce il tavolo e vi appoggia sopra le stoviglie e attizza il fuoco, aumenta l’acqua nel paiuolo e si dà da fare, felice. Non sembra più il povero vecchio di pochi mesi prima.
   Esce, torna con del latte, si scusa: «È poco perché una è la pecora che dà latte. Ma fra poco saranno due. Per Te però basta».
   È paterno, devoto e paterno insieme. Ha preso i mantelli umidi, i sandali motosi e li ha portati altrove. È tornato con delle mele e delle melagrane e uva e ancor qualche fico per metà seccato, e spiega: «Li ho asciugati così, tanto per farteli sentire. Pensavo… pensavo che il mio Anania li amava tanto preparati così!…». La voce, prima serena, si abbassa in tono di mestizia mentre dice queste parole, e termina: «e… pensavo ti avessero a piacere e mi pareva, preparandoli, di… di prepararli ancora per il figlio di mio figlio». Scuote il capo, si sforza a sorridere con un luccicore di pianto negli occhi.
   Gesù, che si era seduto alla tavola, si alza e gli passa un braccio sulla spalla, attirando a Sé il vecchietto: «Molto mi piacciono. Una cosa che mi ricorda la mia infanzia… E mio padre. Ma non dovevi privarti di tante cose per Me. Ai vecchi fanno bene. Devi stare sano e forte, per accogliermi così sempre. È così dolce trovare una casa così, con un padre che ci attende. Non è vero, voi, amici miei?».
   «Certo che è vero! Ed è tanto bello che ci si impigrisce senza aiutare Anania», dice Pietro e si alza dicendo: «Su, andiamo a preparare i nostri letti mentre Gesù parla con l’uomo».
   «Oh! non occorre! Sono sempre pronti. E tutto vi è pulito… Solo che… Non bastano. Siete più di dodici. Ma io andrò sul fieno e…».
   «Questo no, padre. Ci andrò io, allora», dice Giovanni.
   «No, io», dicono Andrea e altri.
   «Non è necessario. Io me la dormo qui su questa tavola. Non è certo più dura del fondo della mia barca, e Marziam…», dice Pietro.
   «Dorme con Me», lo interrompe Gesù.
   «O con me, se lo vuoi… come faceva il piccolo Anania», dice il vecchio e il suo occhio prega.
   «Sì, Maestro. Tu mi hai ancora. Egli… Vado con lui», dice Marziam.
   Gesù lo accarezza, comprendendo il suo atto.

   496.3«Sono venuti più volte a cercarti dopo la Pentecoste. Poi non sono più venuti», dice il vecchietto poi.
   «Chi lo cercava?».
   «Farisei, eh! E altri come loro. Volevano interrogarti. Ma io ho detto: “Andate al suo paese. Non è qui, né so quando ver­rà…”. Era vero. E si sono stancati di venire. E cercavano un altro, un certo Giovanni, che dicevano che era con Te e che forse pensavano nascosto qui. Io ho detto: “Ma è il suo apostolo ed è con Lui”. Hanno detto: “È forse guercio il suo apostolo? Vecchio, malato, morente?”. Ho capito che non eri tu, e ho risposto: “Io conosco solo l’apostolo Giovanni, un giovane buono più di un pargolo e sano di cuore e di carne”. Mi hanno minacciato. Ma che potevo dire di diverso? Questa è verità…».
   «Sì. Questa è verità. E sii sempre veritiero; anche se mi dovessi nuocere, non mentire mai, padre».
   «Signore, i miei capelli si sono imbianchiti cercando io sempre di ubbidire il Signore. E fra le ubbidienze è anche quella di non dire false cose. Ma… perché ti cercano così, Signore? Io ero cieco. A Gerusalemme non andavo perciò. Ci sono tornato ora… Per il puro rito. Perché volevo esser qui ad attenderti… E ho sentito odio e amore intorno a Te… E ho giudicato che c’è più odio che amore fra i capi del popolo. Ero nel Tempio quella mattina che ti volevano offendere… e sono fuggito desolato ad attenderti e piangere qui. Perché l’uomo è tanto cattivo?».
   «Perché ha ucciso il suo spirito. E con lo spirito la sua capacità di sentire il rimorso di essere ingiusto».
   «È vero!… E ti cercano per farti del male?».
   «Sì».
   «Sì!! Israele vuole nuocere al suo Re? Orrore! Israele si condanna ai castighi profetici!… Oh! sono contento, ora, che mio figlio sia morto… e vorrei morire anche io per non vedere il peccato d’Israele…».

   496.4Si fa un gran silenzio. Solo le legna hanno voce sul focolare.
   «Ma parliamo d’altro! Sempre voci di morte! di odio! di tradimento! Basta! Basta! Non le posso sentire!», dice l’Iscariota stravolto, torvo, agitato e agitantesi per la cucina con le gambe, con le braccia, con tutto se stesso.
   «Giuda ha ragione», dicono in molti.
   «Ma non voler sentire non giova. Giova il non acconsentire», dice Gesù col suo atto rassegnato di aprire le mani, a palme volte in su, sulla rustica tavola.
   «Che vuoi dire? Acconsentire! Chi acconsente a questo?». Giuda gli agita le mani quasi sul viso, stando curvo, quasi gettato attraverso la tavola per avvicinarsi al Maestro.
   «Chi? Tutti quelli che già sognano di vedermi perire nel mio sangue. Sangue! Sangue del tuo Messia! Sangue su te, Terra che non vuoi il tuo Signore! Sangue splendente più di quelle fiamme! Sangue, fuoco nel gelo e nelle tenebre di un mondo di delitto! Sperano di uccidere la Luce levandole il sangue. Ma Luce è lo spirito; sangue è ancor materia. La materia appesantisce lo spirito. Il sangue gettato su una lastra di mica fa più debole la luce, non è forse vero? Ebbene, in verità, in verità vi dico che, come quella legna non luceva sinché non divenne fiamma e le sue resine accendendosi si sono mutate in splendore, e ora è un incandescente bagliore, così, quando il tutto sarà compiuto e il sangue e la carne saranno stati consumati dal sacrificio, ecco, come quel fuoco là, che ora ha tutto mutato in luce, lo spirito mio più che mai fiammeggerà sul mondo, e Luce più che mai sarò. Una tal Luce che abbacinerà per sempre gli odiatori della Luce, i suoi uccisori. Una tal Luce che si fonderanno le auree porte dei Cieli chiuse all’Umanità da tanti secoli e il Cielo si aprirà ai giusti. Una tal Luce che perforerà i macigni che sono volta all’Abisso, e l’atroce fuoco dell’Inferno diverrà atrocissimo sotto le folgori dei miei raggi. E guai, guai, guai a quelli che avranno insidiato la Luce! Sangue e Luce! Queste due cose saranno davanti a loro sino a farli folli e disperati. Demoni!».
   Gesù, che si era alzato in piedi quando diceva «in verità», e aveva fatto paura tanto era imponente nella bassa cucina, dalle pareti scure, aureolato dalle fiamme del focolare, si siede e tace.

   496.5Tutti si guardano fra loro. Tutti meno Giuda, che pare ipnotizzato a guardare le legna ardenti… Ipnotizzato e spaventato. Uno spavento che gli dà una maschera atroce, di un pallore livido verdastro, su cui il bruciare delle legna mette ditate rossastre. Mi ricorda la sua spaventosa faccia del venerdì santo. Poi si volta di scatto e grida: «Ma taci! Taci! Perché ci tormenti?!», ed esce sbattendo violentemente la porta…
   «A suo modo. È vero. Ma egli ti ama molto… e soffre di sentire certe parole», dice Tommaso. E termina: «Fanno così male anche a noi! Ma noi siamo meno… strani, diciamo: strani…».
   Nessun altro parla. Lo stesso Gesù tace…
   «Le verdure sono cotte, caldo è il latte…», dice piano il vecchietto, rimasto intimidito, e quasi non osa dire queste comuni parole dopo tale incidente…
   «Chiamate Giuda e ceniamo», ordina Gesù.
   Giovanni esce a chiamare il compagno. Rientrano… Giuda ha un viso tormentato. Ma un tormentato senza pace… Si siede però a tavola e si alza con gli altri quando Gesù offre e benedice, e lo sogguarda quando Gesù fa le parti serbando per Sé l’ul­tima.
   Tutti vorrebbero rompere la tristezza che regna nel luogo. Nessuno ci riesce, finché Gesù stesso si rivolge al vecchietto chiedendogli se il paesello e i luoghi vicini hanno accolto la parola del Signore.
   «Sì, sì, Maestro. E molto, molto bene. Direi meglio qui che nell’altra sponda. Sai… è molto viva qui la memoria del Battista, e i suoi discepoli, che ora sono tuoi, la tengono desta, e sulle parole di lui illustrano Te. E poi… qui… Pochi sono in Perea e nella Decapoli i farisei, e perciò…».

[138] bagnati dalla guazza, come i capelli dello sposo in: Cantico dei cantici 5, 2 .