MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 497



CDXCVII. Un'ora di sconforto di Simon Pietro.

   20 settembre 1946.

   497.1Non so dove sono. Certo non più nella valle del Giordano, ma già sui monti che la costeggiano, perché vedo la valle verde e il bel fiume azzurro giù in basso, mentre vette di monti ben alti emergono sul vasto acrocoro che si stende ad oriente del Giordano.
   Vedo Pietro che, solitario su una piccola elevazione, guarda fisso a nord-est e sospira, molto triste. Della legna è ai suoi piedi, certo colta nei boschi che coprono questo colle. Un piccolo paese si annida fra il verde. Pietro è proprio molto accasciato. Finisce col sedersi sul suo fastello e a prendersi la testa fra le mani, tutto raggomitolato. Sta così immemore del tempo e di ogni cosa, così assorto che non lo scuotono neppure il passare di alcuni fanciulli dietro ad alcune caprette ghiribizzose. I fanciulli lo osservano e poi corrono via dietro le capre verso il paesello. Il sole cala lentamente e Pietro non si muove.

   497.2Per il viottolo che sale dal paesello al poggio si avanza Gesù. Va piano, evitando di far rumore. Raggiunge così il luogo dove è Pietro. E lo chiama stando ritto davanti a lui: «Simo­ne!».
   «Maestro!», Pietro ha un sobbalzo e alza un viso turbato dicendo quella parola.
   «Che facevi, Simone? I tuoi compagni sono tutti ritornati. Tu solo non facevi ritorno ed eravamo in pensiero. Tanto che tuo fratello e i figli di Zebedeo insieme a Toma e a Giuda si sono sparsi sui monti, mentre i miei fratelli con Isacco e Marziam sono scesi verso il piano».
   «Mi spiace… Mi spiace di aver dato pena e fatica…».
   «Ti vogliono bene i tuoi compagni… È stato proprio Giuda che si è impensierito per il primo e ha rimproverato Marziam per averti lasciato andar solo».
   «Uhm!…».
   «Simone, che hai?».
   «Nulla, Maestro».
   «Che facevi qui, su questo balzo, solo, mentre la sera scende?».
   «Guardavo…».
   «Avrai guardato, Simone. Ma ora non guardavi… Ti sono passati vicino dei fanciulli e hanno avuto quasi paura che tu fossi morto, tanto eri curvo su te stesso. Sono corsi all’ovile che ci ha ospitati e me lo hanno detto. Sono venuto… Cosa guardavi, Simone?».
   «Guardavo… Guardavo verso Ramot Galaad, verso Gerasa, Bosra, Arbela… il nostro viaggio dello scorso anno, così bello, così… La Madre con noi! Le discepole… Giovanni di Endor… Il mercante… Persino lui era buono e serviva a far buono il viaggio… Quante cose cambiate! Quanta diversità… e quanto dolore!… Ecco cosa guardavo: il passato».
   «E l’avvenire, o mio Simone». Gesù si siede sul fastello a fianco di Pietro e gli passa un braccio sulle spalle parlandogli: «Guardavi l’orizzonte… e la tristezza te lo ha offuscato. Il presente come un turbine ha alzato nuvole paurose e ti ha celato il sereno ricordo pieno di promesse e di speranze, e ti ha impaurito. Simone, tu soggiaci ad una di quelle ore di tristezza e di tedio che la nostra natura umana incontra sul suo cammino. Nessuno ne è esente. Perché queste ore le suscita chi odia l’uomo. E tanto più l’uomo serve Dio, e più Satana cerca di impaurirlo e stancarlo per staccarlo dal suo ministero. Tu anche soggiaci ad un’ora di stanchezza… Il continuo martellare della persecuzione sul tuo Maestro ti affatica. E infine — e non sai che non sei tu, ma che è il Tentatore — tu ascolti una voce che ti sussurra: “E domani? Che sarà domani?…”».

   497.3«Signore, è vero. Tu leggi il mio cuore. Ma Tu anche vedi che, se chiedo così, non è per paura per me. È perché… No. Non potrei mai vederti tormentato… Tu parli sovente di delitto, di tradimento. Io… Oh! non sono solo io! Quanti, specie fra i vecchi, non ti hanno chiesto di morire prima di vedere offeso il loro Re? E io!… Io, Tu sai, Tu sei tutto per me. Niente più che non sia Tu mi interessa. Non è, come dice Giuda, nostalgia della mia barca e della mia donna… Guarda, Tu vedi se dico il vero. Io ho tanto insistito per avere Marziam. La mia umanità voleva almeno un figlio adottivo al posto dei figli che la donna non mi ha dato, mortificando la mia virilità che voleva perpetuarsi. Ma ora, ma oggi io… Lo amo, sì. Ma se Tu me lo togliessi non reagirei. Solo ti direi… ma no! Non direi nulla!».
   «Solo mi diresti? Termina».
   «È inutile, Maestro».
   «Di’!».
   «Direi: “Dàllo a chi più di me lo faccia crescere da giusto”. Non di più! Ossia… e questo te lo dico, piangendo, per lui, per me, per il mio fratello, e anche per Giovanni e Giacomo… e anche per gli altri, ma noi… noi siamo i tuoi primi…». Pietro scivola in ginocchio appoggiandosi ai ginocchi di Gesù, le mani alte, a palme in su, supplici, delle lacrime sulle gote a sperdersi nella barba… «…Lo dico per noi: facci morire, portaci via prima che noi… Oh! io pensavo, penso sempre, da mesi — e Tu vedi se è pensiero che mi rode e mi invecchia, è un continuo timore che non mi lascia libero neppure il sonno — io penso che, se proprio sarà come Tu dici, potrei essere io pure il traditore, o esserlo Andrea, o Giovanni, o Giacomo, o Marziam… E se non si arriva a questo, essere uno di quelli che Tu dicevi anche tre sere fa da Anania, uno di quelli che giungono a volere levato il tuo Sangue, uno, anche uno di quelli che non sanno per viltà opporsi a questo e acconsentono al male per paura del male… Io… se dovessi anche solo acconsentire col non reagire, per paura… Maestro, oh! Maestro mio, io mi ucciderei per punirmi o… ucciderei, se li incontrassi, i tuoi uccisori. Io… se non vuoi questo, fammi morire prima, subito, qui… La vita è nulla, ma mancare all’amore per Te… Essere uno di quelli… essere… vedere e non…». È così agitato che gli mancano persino le parole. Si curva col viso sui ginocchi di Gesù piangendo di un pianto aspro di uomo rude, anziano, poco uso al pianto, e sconvolto da troppi sentimenti.

   497.4Gesù gli posa le mani sul capo, come per calmare quel dolore e fugare i pensieri turbatori, e parla: «Amico mio, e credi tu che, se anche tu avessi a… non essere perfetto in quell’ora, il Signore, che è giusto, non peserebbe il tuo errore col peso del tuo amare e volere presenti? E temi che questo aureo amare e volere possa esser meno pesante della tua momentanea imperfezione e insufficente ad ottenerti indulgenza da Dio, e con l’indulgenza tutti i soccorsi per tornare te, il mio Simone diletto?».
   «Fammi morire! Salvami! Ho paura!».
   «Tu sei la mia Pietra, Simone. Posso Io sbriciolare la Pietra su cui fonderò Colei che mi deve perpetuare sulla Terra?».
   «Ne sono indegno. Lo sento. Sono un povero uomo, ignorante, peccatore. Tutte le male tendenze sono in me. Non sono degno, non sono degno! Diverrò perverso. Omicida. Tutto il peggio… Fammi morire. Capisci che, se io dovessi scoprire chi ti odia…».
   «È tutto un mondo che mi odia, Simone. Bisogna perdonare…».
   «Parlo del principale colpevole. Uno che sia il principale ci sarà e…».
   «Vi saranno tanti uno, e tutti avranno la loro mansione prin­cipale…».
   «Quale mansione? Quella di… Oh! non me lo far dire! Ma io…».
   «Ma tu devi perdonare, come Me e con Me. Perché ti turbi così, Simone, pensando ciò che potresti fare per punire? Lascia al Signore questo compito. Tu ama e perdona, compatisci e perdona. Essi, tutti quelli che saranno colpevoli verso il tuo Gesù, hanno tanto bisogno di essere aiutati ad avere perdono!».
   «Non c’è perdono per essi».
   «Oh! come sei severo coi fratelli, Simone! Sì, che c’è perdono anche per loro, se essi si ravvedono. Guai se tutti i miei offensori non avessero ad essere perdonati!

   497.5Su, alzati, Simone. Certo l’affanno dei tuoi compagni si è aumentato vedendo che anche Io non sono più all’ovile. Ma, anche a costo di farli soffrire qualche tempo ancora, prima di andare da loro preghiamo. Preghiamo insieme. Non c’è altro da fare per riacquistare pace, forza spirituale, amore, compatimento… anche verso noi stessi. La preghiera fuga i fantasmi di Satana, ci fa sentire vicino Dio. E con Dio vicino, tutto si può affrontare e sopportare con giustizia e merito. Preghiamo così, Io e te insieme, qui, da questo monte dal quale si dispiega tanta parte della nostra Patria, come a Mosè dal Nebo si dispiegò la vista della Terra Promessa. Noi, più fortunati di lui, a questa Terra che sarà del Cristo portiamo la Parola e la Salute. Io per primo, e poi tu. Guarda! Nelle ultime luci si vedono ancora i monti giudei. Ma oltre c’è la pianura, il mare, poi altre terre, il mondo… Esse, esso, ti attendono, Pietro. Attendono te per sapere che c’è un Dio vero. Un Dio che darà la vera luce alle anime che brancolano nel buio del gentilesimo e dell’idolatria. Guarda, la luce terrena si offusca. Come potrebbero i viandanti non perdere la direzione in una notte senza luce? Ma ecco là la stella della Polare. Essa sorge già per guidare i viandanti. La mia Religione sarà la stella che guiderà i viandanti spirituali sulla via del Cielo. E tu sarai tanto unito ad essa da essere una sola luce con Me e con la mia Dottrina, o mio Pietro, o mia Pietra benedetta. Preghiamo per quell’ora in cui gli uomini si salveranno per il mio Nome. “Padre nostro che sei nei Cieli…”».
   Dice lentamente il Pater tenendo per mano Pietro, e pare lo presenti al Padre alzando così le braccia e le mani, nella cui destra è la sinistra dell’apostolo.

   497.6«E ora scendiamo. E lasciamo qui le tristezze inutili e gli inutili crucci sul domani. Insieme al pane quotidiano il Padre ci darà domani, ogni domani, i suoi aiuti. Ne sei persuaso, Simone?».
   «Sì, Maestro, lo credo», dice con fermezza Pietro che ha un volto non più turbato, ma austero come da pochi mesi ha sempre, e che lo fa apparire tanto trasformato dal pescatore rozzo e ridanciano che era nei primi due anni.
   Scendono, Gesù davanti, dietro Pietro col suo fastello, e quasi alla prima casa del paese trovano gli apostoli agitati.
   «Ma dove eri andato?», gridano a Pietro.
   «Saremmo qui da molto, ma mi sono fermato con lui a parlare guardando verso Gerasa…», risponde per lui Gesù.
   Piegano a destra, ad una rovina di ovile semidiroccato. Entro una staccionata, per metà caduta e per il resto muffosa e traballante, è una tettoia di mura grezze, mal coperta, mal chiusa da muraglie per tre lati, da tavole nel quarto. Dentro nulla, fuorché un po’ di paglia al suolo e un focolare primitivo in un angolo. Penso che nel paese non li abbiano accolti e che si siano rifugiati lì…