MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 447



CDXLVII. Discorso sulla misericordia nella sinagoga di Cafarnao. Un affronto di Eli il fariseo, minacciato dal centurione.

   22 giugno 1946.

   447.1È sabato. Così la penso io, perché vedo la gente riunita nella sinagoga. Ma potrebbe essere anche che si fosse riunita lì per sfuggire al sole, o per essere più sicura nella casa di Giairo. E la gente si pigia, attenta, nonostante il calore, che neppure le porte e finestre aperte per stabilire correnti d’aria riescono a mitigare. Chi non ha potuto entrare nella sinagoga, per non essere arrostito dal sole sulla via, si è rifugiato nell’ombroso giardino che è dietro alla sinagoga, il giardino di Giairo dalle folte pergole e dai fronzuti alberi da frutto. E Gesù parla presso la porta che dà nel giardino, per essere sentito anche da questi ascoltatori come da quelli che sono nella sinagoga. Giairo è al suo fianco, attento. Gli apostoli sono in gruppo vicino alla porta che dà nel giardino. Le discepole, con Maria al centro, sono sedute sotto una pergola che quasi tocca la casa. Miriam di Giairo e le due figlie di Filippo sono sedute ai piedi di Maria.
   Dalle parole che sento, intuisco che ci sia stato qualche incidente fra i soliti farisei e Gesù, e che il popolo sia inquieto per questo. Perché Gesù esorta alla pace e al perdono, dicendo che in cuori turbati non può penetrare con frutto la parola di Dio.
   «Non possiamo tollerare che Tu venga insultato», grida qualcuno fra la folla.
   «Lasciate fare al Padre mio e vostro, e voi imitate Me. Tollerate, perdonate. Non è con l’insulto risposto all’insulto che si persuadono i nemici».
   «Non è neppure con la mitezza continua, però. Ti fai calpestare», urla l’Iscariota.
   «Tu, apostolo mio, non essere di scandalo dando esempio d’ira e di critica».
   «Egli ha ragione, però, il tuo apostolo. Le sue parole sono giuste».
   «Non è giusto il cuore che le formula e quello che le ascolta. Chi vuole essere mio discepolo deve imitarmi. Io tollero e perdono. Io sono mite, umile e pacifico. I figli dell’ira non possono stare con Me, perché sono figli del secolo e delle loro passioni.
   Non ricordate il libro quarto dei Re? È detto ad un punto[21] che Isaia parlò contro Sennacherib, che credeva poter tutto osare, e gli profetizza che nulla lo salverà dal castigo di Dio. Lo paragona ad un animale al quale si mette un anello alle nari e un freno alle labbra per domarne il reo furore. Voi sapete come Sennacherib perì per mano dei suoi stessi figli. Perché, in verità, il crudele perisce per la sua stessa crudeltà. Perisce e nella carne e nello spirito. Io non amo[22] i crudeli. Non amo i superbi. Non amo gli iracondi, gli avidi, i lussuriosi. Io non vi ho dato parola ed esempio di queste cose, ma sempre vi ho insegnato, anzi, le virtù opposte a queste male passioni.

   447.2Come è bella la preghiera di Davide, re nostro, quando, risantificato dal sincero pentimento delle colpe passate e da anni di saggia condotta, lodò il Signore, mite e rassegnato al decreto di non poter esser lui l’erettore del nuovo Tempio! Diciamola insieme, dando lode al Signore Altissimo…».
   E Gesù intona — mentre chi è seduto si alza, chi è appoggiato alle pareti prende posa di rispetto lasciando l’appoggio — la preghiera di David[23]. E poi Gesù riprende col suo tono abituale:
   «Sempre bisogna ricordarsi che ogni cosa è nelle mani di Dio, ogni impresa, ogni vittoria. Magnificenza, potenza, gloria e vittoria sono del Signore. Egli all’uomo concede questa o quella cosa, se giudica esser l’ora di concederla per un bene sicuro. Ma non può l’uomo pretenderla. A Davide, perdonato, ma ancor bisognoso di vittoria su se stesso dopo i passati errori, Dio non concede di erigere il Tempio: “Tu hai sparso molto sangue e fatto troppe guerre; tu non potrai perciò innalzare una casa al mio Nome avendo sparso tanto sangue dinanzi a Me. Ti nascerà un figlio che sarà uomo di pace… per questo sarà detto il Pacifico… egli edificherà la casa al mio Nome”. Così disse l’Altissimo al suo servo Davide. Così Io vi dico. Volete voi, per essere iracondi, non meritare di erigere nei vostri cuori la casa al Signore Dio vostro? Lungi dunque da voi ogni sentimento che non sia di amore. Abbiate un cuore perfetto, così come Davide lo invocava per suo figlio, costruttore del Tempio, affinché, custodendo i miei comandamenti ed eseguendo ogni cosa secondo ciò che vi ho insegnato, voi giungiate a edificare in voi la dimora del vostro Dio, in attesa di andare voi nella sua, eterna e gaudiosa.

   447.3Dammi un rotolo, Giairo. Spiegherò loro ciò che Dio vuole».
   Giairo va dove sono accatastati i rotoli e ne prende a caso uno al centro del mucchio e, spolveratolo, lo porge a Gesù, che lo svolge e legge: «Geremia capo 5. “Girate per le vie di Gerusalemme, guardate, osservate, cercate per le sue piazze se vi trovate un uomo che pratichi la giustizia e cerchi di essere fedele, ed Io le userò misericordia”». (Mi dice il Signore: «Non continuare. Dico tutto il capitolo»).
   Gesù, dopo averlo letto tutto, rende il rotolo a Giairo e parla.
   «Figli miei. Voi avete sentito quali tremendi castighi sono serbati a Gerusalemme, all’Israele che non è giusto. Ma non ne gioite. È la nostra Patria. Non gioitene pensando: “Noi non ci saremo forse più”. Essa è sempre piena di fratelli vostri. Non dite: “Ben le sta, perché è crudele al Signore”. Le sventure della Patria, i dolori dei concittadini, devono sempre affliggere coloro che sono dei giusti. Non misurate come gli altri misurano, ma come Dio misura, ossia con misericordia.
   Cosa dovete fare allora verso questa Patria, verso questi compatrioti, sia che per Patria e patrioti si intendano la grande Patria e i suoi abitanti, tutta la Palestina, o questa piccola che è Cafarnao, città vostra, sia che si intendano tutti gli ebrei, o questi pochi, ostili a Me, in questa piccola città di Galilea? Dovete fare opere di amore. Vedere di salvare Patria e i compatrioti. Come? Forse colla violenza? Con lo sprezzo? No. Con l’amore, con il paziente amore per convertirli a Dio.
   Avete sentito. “Se Io troverò un uomo che pratichi giustizia, le userò misericordia”. Lavorate, dunque, perché i cuori vengano alla giustizia e si facciano giusti. Veramente, nella loro ingiustizia, essi dicono di Me: “Non è Lui”, e perciò credono che, perseguitandomi, non verrà loro del male. Veramente essi dicono: “Queste cose non avverranno mai. I profeti hanno parlato a caso”. E cercheranno di portare voi pure a dire come loro.
   Voi qui presenti siete fedeli. Ma dove è Cafarnao? È questa tutta Cafarnao? Dove sono quelli che le altre volte Io vedevo affollarsi intorno a Me? Dunque il lievito, fermentato l’ultima volta che qui fui, ha operato rovine in molti cuori? Dove è Alfeo? Dove Giosuè coi suoi tre figli? Dove Aggeo di Malachia? Dove Giuseppe e Noemi? Dove Levi, Abele, Saul e Zaccaria? Dimenticato il palese beneficio avuto, perché delle bugiarde parole lo hanno soverchiato? Ma possono le parole distruggere i fatti?
   Voi vedete! Non è che un piccolo luogo. In questo luogo, dove i beneficati sono i più numerosi, ha potuto il livore devastare la fede in Me. Solo i perfetti nella fede Io li vedo qui uniti. E potreste pretendere che dei fatti lontani, delle lontane parole, possano mantenere fedeli a Dio tutto Israele? Ciò dovrebbe essere, perché la fede deve esser tale anche senza sostegno di fatti. Ma ciò non è. E più grande è la scienza e più bassa è la fede, perché i dotti si credono esenti dalla fede semplice e schietta, che crede per forza d’amore e non per ausilio di scienza.
   È l’amore che bisogna tramandare e accendere. E, per farlo, bisogna ardere. Essere convinti, eroicamente convinti per convincere. In luogo degli sgarbi, in risposta agli insulti, umiltà e amore. E con questi andare, ricordando le parole del Signore a chi più non le ricorda: “Temiamo il Signore che ci dà la pioggia della prima e dell’ultima stagione”».
   «Non ci comprenderebbero! Anzi, ci offenderebbero dicendo che siamo dei sacrileghi insegnando senza averne il diritto. Tu non ignori chi sono scribi e farisei!…».
   «No. Non lo ignoro. Anche l’avessi ignorato, ora lo saprei. Ma non importa ciò che essi sono. Importa ciò che noi siamo. Se essi e i sacerdoti battono le mani ai falsi profeti che profetizzano ciò che dà loro dell’utile, dimenticando che solo alle opere buone che il Decalogo comanda vanno battute le mani, non per questo i miei fedeli devono imitarli, e neppure sconfortarsi e porsi a guardare come degli sconfitti.

   447.4Voi dovete lavorare per quanto il Male lavora…».
   «Noi non siamo il Male», grida dalla soglia sulla via la voce chioccia di Eli il fariseo, che cerca di entrare sempre urlando: «Non siamo il Male noi, o sobillatore».
   «Uomo, tu ecciti. Esci!», dice pronto il centurione, che doveva essere attento lì, presso la sinagoga, tanto il suo intervento è rapido.
   «Tu, tu, pagano, osi imporre a me…».
   «Io romano, sì. Esci! Il Rabbi non disturba te, e tu disturbi Lui. Non puoi».
   «Rabbi siamo noi, non il falegname galileo», strilla il vecchio, più simile ad una ortolana che a un maestro.
   «Uno più, uno meno… Ne avete a centinaia, e tutti di mala dottrina. L’unico virtuoso, eccolo. Ti ordino di uscire».
   «Virtuoso, eh?! Virtuoso colui che mercanteggia con Roma la sua incolumità! Sacrilego! Immondo!».
   Il centurione dà un grido e il passo pesante di alcuni armati si mescola allo stridulo insultare di Eli. «Prendete quell’uomo e cacciatelo fuori!», ordina il centurione.
   «Io? Le mani dei pagani su di me? I piedi dei pagani in una nostra sinagoga! Anatema! Aiuto! Mi profanano! Mi…».
   «Ve ne prego, o militi. Lasciatelo andare! Non entrate. Rispettate questo luogo e la sua canizie», dice Gesù dal suo posto.
   «Come Tu vuoi, o Rabbi».
   «Ah! Ah! Trescatore! Ma lo saprà il Sinedrio. Ho la prova! Ho la prova! Ora credo alle parole che ci sono state dette. Ho la prova. E anatema è su Te!».
   «E il gladio su te, se dici ancora una parola. Roma difende il diritto. Non tresca, vecchia iena, con nessuno. Il Sinedrio saprà le tue menzogne. Il Proconsole il mio rapporto. Lo vado a stendere. Va’ a casa e stacci a disposizione di Roma», e il centurione, fatto un dietro front perfetto, se ne va seguito dai quattro militi, lasciando in asso l’allibito e tremante, vilmente tremante Eli…

   447.5Gesù riprende a parlare come nulla lo avesse interrotto: «Voi dovete lavorare, per quanto il Male lavora, per edificare in voi e intorno a voi la casa del Signore, come vi dicevo in principio. Fare, con una grande santità, che Dio possa ancora scendere nei cuori e sulla nostra cara Patria natia, che tanto già è punita e che non sa quale nembo di sciagura gonfi per essa nel settentrione, nella nazione forte che già ci domina e che sempre più ci dominerà, perché le azioni dei cittadini sono tali da disgustare il Buonissimo ed eccitare il forte. E col corruccio di Dio e del dominatore volete forse aver pace e bene? Siate, siate buoni, o figli di Dio. Fate che non uno, ma cento e cento siano i buoni in Israele, a stornare i tremendi castighi del Cielo. Vi ho detto all’inizio che dove non è pace non può essere parola di Dio che, pacificamente sentita, dia frutti nei cuori. E vedete che quest’adunanza non fu tranquilla né sarà fruttuosa. Troppa agitazione nei cuori… Andate. Avremo ancora delle ore da stare uniti. E pregate, come Io prego, perché chi ci conturba si ravveda… Andiamo, o Madre», e fendendo la folla esce sulla via.

   447.6Eli è ancora lì e, terreo come un morto, si getta ai piedi di Gesù. «Pietà! Mi hai salvato una volta il nipote. Salva me, perché io abbia tempo che mi ravveda. Ho peccato! Lo confesso. Ma Tu sei buono. Roma… Oh! che mi farà Roma?».
   «Ti spolvererà la polvere dell’estate con delle robuste fustigazioni», urla uno, e la gente ride mentre Eli ha un grido di spasimo come già sentisse i flagelli, e geme: «Sono vecchio… Malato di dolori… Ohimè!».
   «La cura te li farà passare, vecchio sciacallo!».
   «Tornerai giovane e ballerai…».
   «Silenzio!», impone Gesù ai derisori. E al fariseo: «Alzati. Sii dignitoso. Tu lo sai che Io non complotto con Roma. Che vuoi dunque che Io ti faccia?».
   «È vero. Sì. È vero. Tu non complotti. Anzi sdegni i romani, li odii, li m…».
   «Nulla di questo. Non mentire col lodarmi come prima col­l’accusarmi. E sappi che non sarebbe lode dire di Me che odio questo o quello, o maledico questo o quello. Io sono il Salvatore di ogni spirito, e non vi è razza agli occhi miei, non volti, ma spiriti».
   «È vero! È vero! Ma Tu sei giusto, e Roma lo sa e ti difende per questo. Tu tieni calme le turbe, insegni il rispetto alle leggi e…».
   «È forse colpa ai tuoi occhi?».
   «Oh! no! No! È giustizia! Tu sai fare ciò che tutti dovremmo, perché sei giusto, perché…».
   La gente sogghigna e mormora. Non pochi epiteti di: «Mentitore! Vigliacco! Solo stamane diceva diverso!», ecc., si sentono, benché detti in sordina.
   «Ebbene? Che devo fare?».
   «Andare! Andare dal centurione. Presto! Prima che parta il corriere. Vedi? Preparano già i cavalli! Oh! pietà!».

   447.7Gesù lo guarda: piccolo, tremante, livido di paura, miserabile… Lo considera. E con compassione. Non sono che quattro le pupille che lo guardano con compassione: quelle del Figlio e della Madre. Ogni altra è o ironica, o severa, o inquieta… Anche Giovanni, anche Andrea hanno l’occhio duro di severità sdegnosa.
   «Ho pietà. Ma Io dal centurione non vado…».
   «Ti è amico…».
   «No».
   «Ti è grato, volevo dire per… per via del servo che gli hai gua­rito[24]».
   «Anche a te ho guarito il nipote. E non mi sei grato, nonostante tu sia israelita come Me. Il beneficio non crea obbligo».
   «Sì che lo crea. Guai a chi non è riconoscente a…». Eli capisce di condannare se stesso e tace impappinandosi. La folla schernisce.
   «Presto, o Rabbi. Grande Rabbi! Santo Rabbi! Egli dà ordini, lo vedi?! Stanno per partire! Mi vuoi schernito! Morto mi vuoi!».
   «No. Io non vado a ricordare un beneficio. Va’ tu e digli: “Il Maestro ti dice di usare pietà”. Va’!».
   Eli trotta via e Gesù si dirige in senso opposto verso la sua casa.
   Il centurione deve aver aderito, perché si vedono i soldati già in sella smontare, rendere una tavoletta cerata al centurione e condurre via i cavalli.

   447.8«Peccato! Ci stava proprio bene!», esclama Pietro, e Matteo gli risponde: «Sì. Doveva lasciarlo punire, il Maestro! Tanti colpi per quanti insulti ha per noi. Vecchio odioso!».
   «E così è pronto a ricominciare!», esclama Tommaso.
   Gesù si volge severo: «Ho dei seguaci, o ho dei demoni? Andate, voi dal cuore senza misericordia! Mi è penosa la vostra presenza».
   I tre restano dove sono, pietrificati dal rimprovero.
   «Figlio mio! Hai già tanto dolore! Ed io ho già tanta pena! Non unirvi questa… Guardali!…», implora Maria.
   E Gesù si volge a guardare i tre… Tre volti desolati, con tutta la speranza e il dolore negli occhi. «Venite!», ordina Gesù. Oh! le rondini sono meno veloci dei tre! «E sia l’ultima volta che vi sento dire parole uguali a quelle. Tu, Matteo, non ne hai il diritto. Tu, Tommaso, non sei morto ancora per giudicare chi è imperfetto credendoti salvo. Tu, poi, Simone di Giona, hai fatto come un masso portato faticosamente in cima e rotolato a valle. Intendimi per ciò che voglio dire… E ora sentite. Qui, nella sinagoga e in città, è inutile parlare. Parlerò dalle barche, sul lago, or qua, or là. Preparerete le barche, tante quante ne occorrono, e andremo nelle sere placide o nelle albe fresche…».

[21] È detto ad un punto, cioè in: 2 Re 19, 20-37 secondo la neo-volgata.
[22] Io non amo deve interpretarsi in riferimento non alle persone dei peccatori ma, come è detto nelle righe seguenti, a queste cose e, più precisamente, alle male passioni . Lo stesso si può dire di certe espressioni sull’ odio di Dio che sono nella Bibbia (come in: Sapienza 14, 9; Siracide 12, 6; Malachia 1, 3 ) e nell’opera valtortiana (come in 70.5: “Odio le spie e i traditori”, e in 523.9). Più sotto, in 447.6, Gesù dirà: “… non sarebbe lode dire di Me che odio questo o quello…”.
[23] la preghiera di David, che è in: 1 Cronache 29, 10-19; la citazione che segue è tratta da: 1 Cronache 22, 7-10 .
[24] hai guarito, in 177.2/3; ho guarito, in 161.2/4.