MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 448



CDXLVIII. Raduno di barche sul lago e parabola provocata da Pietro, che subisce un giudizio.

   24 giugno 1946.

   448.1«Dove, Maestro?», chiede Pietro che ha ultimato le manovre e i preparativi della navigazione ed è, con la sua barca, in testa alla piccola flottiglia di barche che, cariche di gente, sono disposte a seguire il Maestro.
   «A Magdala. L’ho promesso a Maria di Lazzaro».
   «Va bene», risponde Pietro e muove il timone in modo da prendere la direzione giusta, bordeggiando.
   Giovanna, che è nella barca col Maestro, Maria Ss. e Maria Cleofe, più Marziam, Matteo, Giacomo d’Alfeo e uno che non conosco, dice, accennando alle molte barche che sono sul lago nella quieta sera estiva, che smorza i fuochi del tramonto in cascate di veli violacei, quasi che dal cielo piovessero cascate d’ametiste o di grappoli di glicine in fiore: «Forse fra quelle sono anche le barche delle romane. È uno dei loro svaghi preferiti fingere una pesca in queste sere placide».
   «Saranno più a mezzogiorno, però», osserva l’uomo che non conosco.
   «Oh! no, Beniamino. Hanno barche veloci ed esperti barcaiuoli. Vengono fino quassù».
   «Per quello che hanno da fare…», brontola Pietro e prosegue fra la barba, nella sua intransigenza di pescatore che vede la navigazione e la pesca come una professione, non come uno spasso, quasi come una religione tutta regolata da leggi severe e utili, e gli sembra una profanazione questo usarla maldestramente: «Con i loro incensi e fiori e profumi e altre demoniche cose corrompono le acque; coi loro suoni, strida e linguaggi disturbano i pesci; coi loro lumi fumosi li spaventano; con le loro reti maledette gettate senza riguardo sciupano i fondali e le figliature… Dovrebbe essere proibito. Il mar di Galilea è dei galilei, e pescatori per giunta, non delle prostitute e dei loro compari… Fossi io il padrone! Vi farei vedere, fetide barche pagane, sentine galleggianti di vizio, alcove naviganti per portare anche qui, su queste acque di Dio, del nostro Dio ai suoi figli, i vostri… Oh! ma guardate! Puntano proprio verso noi! Ma si può vedere!… Ma si può permettere… Ma…».

   448.2Gesù interrompe questa orazione accusatoria, in cui Pietro sfoga tutto il suo spirito di israelita e di pescatore diventandoci rosso, soffocato dallo sdegno, ansante come lottasse contro forze d’inferno, e dice, con un pacato sorriso: «Ma è bene che tu non sia il padrone. Fortunatamente non lo sei! Per loro e per te. Perché a loro impediresti di seguire un buon impulso, e perciò un impulso impresso al loro spirito — pagano, lo convengo, ma naturalmente buono — impresso al loro spirito dalla Misericordia eterna che guarda queste creature, non colpevoli d’essere nate nella nazione romana anziché in quella ebraica, con occhio di pietà appunto perché le vede tendenti a ciò che è buono. E faresti del male a te, perché commetteresti un atto contro la carità e un altro contro l’umiltà…».
   «Umiltà? Non vedo… Essendo padrone del lago mi sarebbe lecito disporne a mio piacere».
   «No, Simone di Giona. No. Tu sbagli. Anche le cose che ci appartengono, ci appartengono perché Dio ce le concede. Dunque, anche possedendole in un tempo limitato, occorre sempre pensare che Uno solo è Colui che possiede tutto e senza limitazione né nel tempo né nella misura. Uno solo è il Padrone. Gli uomini… Oh! essi non sono che gli amministratori di briciole della grande Creazione. Ma il Padrone è Lui, il Padre mio e tuo e di tutti i viventi. Inoltre Egli è Dio, perfettissimo perciò in ogni suo pensiero e azione. Ora, se Dio guarda benigno al moto di questi cuori pagani verso la Verità, e non solo guarda, ma favorisce questo moto, imprimendogli un movimento sempre più forte verso il Bene, non ti pare che tu, uomo, volendolo loro impedire, in fondo vuoi impedire a Dio un’azione? E quando si impedisce una cosa? Quando la si reputa non buona. Tu, perciò, penseresti questo del tuo Dio: che fa un’azione non buona. Ora, se giudicare i fratelli non è cosa buona, perché ogni uomo ha i suoi difetti ed ha una facoltà di conoscere e giudicare così limitata che sette volte su dieci sbaglia il giudizio, assolutamente malvagio sarà giudicare Dio nelle sue azioni. Simone, Simone! Lucifero volle giudicare Iddio in un suo pensiero e lo definì errato e volle sostituirsi a Dio, credendosi più giusto di Lui. Tu sai, Simone, a che riuscì Lucifero. E tu sai che tutto il dolore di cui soffriamo è venuto per quella superbia…».

   448.3«Hai ragione, Maestro! Io sono un grande disgraziato! Perdonami, Maestro!».
   E Pietro, sempre impulsivo, lascia la barra del timone per precipitarsi ai piedi di Gesù, mentre la barca, subitamente lasciata a se stessa, e proprio su un filo di corrente, devia e sbanda paurosamente, fra gli strilli di Maria Cleofe e Giovanna e i gridi di quelli della leggera barca gemella, che si vedono venire addosso quella pesante di Pietro. Per fortuna Matteo è pronto a riprendere il timone, e la barca si riprende dopo beccheggi paurosi, anche perché, per allontanarla, gli altri hanno usato i remi imprimendo scosse brusche e agitando le acque.
   «Ohè! Simone! Una volta hai insolentito[25] i romani come navigatori da burla perché ci venivano addosso. Ma ora la brutta figura la fai tu… E proprio al loro cospetto. Guarda come sono tutti in piedi sulle barche, a vedere…», punge l’Iscariota accennando alle barche romane ormai tanto prossime, nello specchio d’acqua di fronte a Magdala, da permettere di vedere nonostante che i veli violacei della sera si siano fatti sempre più cupi smorzando la luce.
   «Hai perduto anche una corba e un secchiello, Simone. Vuoi che cerchiamo di ripescarli coi raffi?», dice Giacomo di Zebedeo da un’altra barca ormai prossima, perché, dopo l’incidente, tutti si sono affollati intorno alla barca di Pietro.
   «Ma come hai fatto? Non ti succede mai!», dice ed esclama Andrea da un’altra barca ancora.
   Pietro risponde a tutti, uno dopo l’altro, mentre gli altri hanno parlato quasi insieme. «Mi hanno visto? Non importa! Così avessero visto anche il mio cuore e… Bene, questo non dirlo, Pietro… Però, tu sappi che non mi fai male. Non è una malamanovra, e accaduta per causa buona, quella che mi può mortificare… Non affannarti, Giacomo! Vecchiumi andati al fondo… Magari potessi gettar dietro essi anche il vecchio uomo che resiste in me! Vorrei perdere tutto, anche la barca, ma essere proprio come il Maestro vuole… Come ho fatto? Eh! Ho mostrato a me stesso, alla mia superbia che vuole insegnare anche a Dio nelle cose dello spirito, che sono un bestione anche per le cose della barca… Mi sta bene. Mi sono fatto una parabola da me a me… Maestro, non è vero?».
   Gesù sorride annuendo… Seduto a poppa, al suo solito posto, bianco contro l’aria che annotta, placido, i capelli che lievemente ondeggiano al vento della sera, spicca sul crepuscolo come un angelo di pace luminosa.

   448.4Le barche romane li hanno raggiunti.
   «Hanno ottime navicelle e vele perfette… e dei marinai, poi! Vanno veloci come alcioni! Sfruttano ogni filo di vento, ogni vena di corrente…».
   «Sono quasi tutti schiavi cretesi o nilotici i rematori», spiega Giovanna.
   «I marinai del delta sono espertissimi, e così quelli di Creta. Però molto buoni anche quelli d’Italia… Superano Scilla e Cariddi… e basta ciò a dirli ottimi», conferma lo sconosciuto chiamato Beniamino.
   «Dove andiamo, Signore? In Magdala, oppure… Guarda! Quelli di Magdala vengono a noi…».
   Infatti tutte le barchette di questo luogo si affrettano a lasciare il greto e il porticciuolo, cariche, sovraccariche di gente in modo pauroso, tanto che quasi sono col bordo a pelo d’acqua, e si dirigono a fatica verso le barche di Cafarnao.
   «No. Sostiamo al largo qui, di fronte alla città. Parlerò dalla barca…».
   «È che… Quegli imprudenti si vogliono affogare. Ma guarda, Maestro! Vero è che il lago è quieto come una lastra d’argento… ma l’acqua è sempre acqua… e il peso è peso… e lì… sembra credano di essere sulla terra, non sull’acqua… Da’ ordine che vadano indietro… Affogheranno…».
   «Uomo di poca fede! E non ti ricordi che, finché credesti nel mio invito, tu camminasti[26] sull’acqua come su solido terreno? Essi hanno fede. E perciò, contro le leggi di equilibrio fra peso e densità, le acque sorreggeranno quelle barche stracolme».
   «Se ciò avviene… è proprio sera di grande miracolo…», mormora Pietro stringendosi nelle spalle, mentre cala la piccola àncora per fermare la barca, che resta così al centro di una raggiera di barche, parte di Cafarnao, parte di Magdala e parte di Tiberiade, e queste sono quelle delle romane che, prudentemente, si mettono dietro a quelle di Cafarnao, verso il centro del lago.
   Gesù volge loro le spalle. Egli guarda verso quelli di Magdala, verso il vasto e ombroso giardino di Maria di Lazzaro, verso le casette biancheggianti nella notte stese sulla riva.

   448.5Il lago, non più rotto dalle prore e dai remi, si ricompone in pace: una vasta lastra di cristallo marezzata d’argento per un primo splendere di luna e seminata di scaglie di topazi o rubini, là dove i fuochi dei fanali o le fiamme delle fiaccole, messe ad ogni prua, si specchiano nel lago.
   I volti sembrano strani nel contrasto di luci rosso-gialle o di raggi di luna; in parte appaiono nettissimi, in parte appena si vedono quali sono, altri sembrano spezzati in due, o per lungo o per largo, con la sola fronte o il solo mento in luce, oppure con una sola guancia, un mezzo viso che si stacca in tagliente profilo, quasi che dall’altra parte non ci fosse viso. Gli occhi di alcuni brillano, altri paiono occhiaie vuote, e così le bocche, di cui si scorge in alcune il sorriso aperto sui denti forti, oppure sembrano annullate nelle facce in ombra.
   Ma, perché ognuno veda Gesù, ecco che dalle barche di Cafarnao e Magdala vengono passati fanali e fanali, e messi ai piedi di Gesù, sulle banchette, appesi ai remi inoperosi, collocati sul legno della poppa e della prua e persino messi a grappoli all’albero al quale è stata ammainata la vela. La barca dove è Gesù splende così fra un cerchio di barche rimaste senza lumi, e Gesù è ora ben visibile, investito dalla luce da ogni parte. Solo le barche romane rosseggiano ancora per le loro fiaccole rosse, che piegano appena la fiamma alla brezza leggerissima.

   448.6«La pace sia con voi!», inizia Gesù alzandosi in piedi, sicuro nonostante il lieve beccheggio della barca e aprendo le braccia a benedire. Poi prosegue, parlando lentamente per essere ben udito da tutti, e la voce si sparge, sul lago silenzioso, potente e armoniosa.
   «Poco fa un mio apostolo mi ha proposto una parabola, ed ora Io ve la propongo perché può essere utile a tutti, dato che tutti la potete intendere. Sentitela.
   Un uomo, navigando sul lago in una sera placida come questa e sentendosi sicuro di se stesso, presunse di essere senza difetti. Era un uomo espertissimo delle manovre e perciò si sentiva superiore agli altri che incontrava sull’acque, dei quali molti venivano su esse per diletto e perciò senza quell’esperienza che dà il lavoro usuale e fatto per guadagnarsi la vita. Inoltre era un buon israelita e perciò si credeva possessore di tutte le virtù. Infine era realmente un buon uomo.
   Or dunque, una sera che andava navigando sicuro, si permise di esprimere dei giudizi sul prossimo suo. Un prossimo, secondo lui, tanto lontano da non essere considerato prossimo. Nessun legame di nazionalità, né di mestiere, né di fede lo univa a quel prossimo, e perciò egli, senza nessun freno di solidarietà nazionale, religiosa o professionale, lo derideva tranquillamente, anzi severamente, e si lamentava di non essere padrone del luogo, perché, se lo fosse stato, avrebbe cacciato quel prossimo da esso luogo, e nella sua fede intransigente quasi rimproverava l’Altissimo di concedere a questi, diversi da lui, di fare e di vivere quello e dove egli faceva e viveva.
   Sulla sua barca era un suo amico, un suo buon amico, il quale lo amava con giustizia e perciò lo voleva saggio e, quando occorreva farlo, ne correggeva le idee sbagliate. Quella sera, dunque, questo amico disse all’uomo barcaiuolo: “Perché questi pensieri? Non è uno il Padre degli uomini? Non è Egli il Signore dell’universo? Il suo sole non scende forse su tutti gli uomini a scaldarli, e le sue nuvole non bagnano forse i campi dei gentili come quelli degli ebrei? E, se questo fa per i bisogni materiali dell’uomo, non avrà le stesse provvidenze per i loro bisogni spirituali? E vorresti tu suggerire a Dio ciò che deve fare? Chi come Dio?”.
   L’uomo era buono. Nella sua intransigenza era molta ignoranza, molte idee errate, ma non era mala volontà, non era intenzione di offendere Dio, anzi era intenzione di difenderne gli interessi. Sentendo quelle parole, si gettò ai piedi del saggio e gli chiese perdono di aver parlato da stolto. Tanto impetuosamente lo chiese che per poco non produsse una catastrofe facendo perire la barca e chi era su essa, perché nella foga di chiedere perdono non si curò più né del timone, né della vela, né delle correnti. Perciò, dopo il primo sbaglio di mal giudizio, commise un secondo sbaglio di mala manovra, e provò a se stesso che non solo era un debole giudice, ma anche un maldestro marinaio.
   Questa è la parabola. Ora sentite. Secondo voi quell’uomo sarà stato perdonato da Dio o non perdonato? Ricordate: aveva peccato contro Dio e il prossimo giudicando le azioni di entrambi, e per poco era stato omicida dei compagni. Meditate e rispondete…».
   E Gesù incrocia le braccia e gira lo sguardo su tutte le barche, fino alle più lontane, a quelle romane che mostrano una fila di volti attenti, di patrizie e di rematori, sporgenti dalle sponde…

   448.7La gente parlotta e si consiglia… Un sussurro appena sensibile di voci, che si fonde con lo sciabordio appena sensibile dell’acqua contro gli scafi. Il giudizio è difficile. I più però opinano che l’uomo non sarà stato perdonato perché aveva peccato. No, almeno per il primo peccato, non sarà stato perdonato…
   Gesù sente crescere il sussurrio in tal senso e sorride con lo sguardo dei suoi bellissimi occhi, luminosi anche nella notte come due zaffiri sotto al raggio della luna, che sempre più è bella e splendente, tanto che molti pensano di spegnere fiaccole e fanali rimanendo con la sola fosforica luce lunare per lume.
   «Spegni anche queste, Simone. Sono misere come scintille rispetto alle stelle sotto questo cielo pieno d’astri e pianeti», dice Gesù a Pietro, che è sospeso a sentire il giudizio della folla. E Gesù lo carezza, il suo apostolo, mentre questo si stende per staccare le lanterne, e gli chiede sottovoce: «Perché quegli occhi turbati?».
   «Perché questa volta mi fai giudicare dal popolo…».
   «Oh! Perché lo temi?».
   «Perché… esso è come me… ingiusto…».
   «Ma è Dio che giudica, Simone!».
   «Sì. Ma Tu non mi hai ancora perdonato ed ora attendi il loro giudizio per farlo… Hai ragione, Maestro… Io sono incorreggibile… Ma… perché al tuo povero Simone questo giudizio di Dio?…».
   Gesù gli pone la mano sulla spalla, e lo fa agevolmente perché Pietro è giù nella barca e Gesù ritto in piedi sul legno della poppa, perciò altissimo rispetto a Pietro. E sorride… ma non gli risponde. Chiede invece alla gente: «Ebbene? Dite forte. Barca per barca».
   Ahimé! Povero Pietro! Se Dio l’avesse giudicato secondo il parere dei presenti, lo avrebbe condannato. Meno tre barche, tutte le altre, comprese quelle apostoliche, lo condannano. Le romane non si pronunciano e non sono interrogate, ma è visibile che anche esse giudicano condannabile l’uomo, perché dall’una all’altra barca — sono tre — si fanno il cenno del pollice verso.
   Pietro alza i suoi occhi bovini, sgomenti, al viso di Gesù, e incontra uno sguardo ancor più dolce fluente dagli occhi di zaffiro come una pace, e vede curvarsi un volto splendente d’amore e si sente attirare contro il fianco di Gesù, di modo che la sua testa brizzolata è contro il costato di Gesù, mentre il braccio del Maestro se lo serra contro abbracciandolo alle spalle.

   448.8«Così giudica l’uomo. Ma così non giudica Dio, o figli miei! Voi dite: “Non sarà stato perdonato”. Io dico: “Il Signore non vide neppure in lui materia di perdono”. Perché perdono presume colpa. Ma qui non c’era colpa.
   No, non mormorate crollando il capo. Ripeto: qui non c’era colpa. La colpa, quando è che si forma? Quando c’è la volontà di peccare, la conoscenza di peccare e la persistenza a voler peccare anche dopo che si è conosciuto che quell’azione è peccato. Tutto è nella volontà con cui uno compie un atto. Sia esso virtuoso o peccaminoso. Quando anche uno fa un atto apparentemente buono, ma non sa di fare atto buono e anzi crede di fare atto cattivo, fa colpa come se facesse un atto cattivo, e viceversa.
   Pensate ad esempio. Uno ha un nemico e lo sa malato. Sa che per ordine medico non deve bere acqua fredda, anzi nessun liquido. Lo va a trovare fingendo amore. Lo sente gemere: “Ho sete! Ho sete!”, e fingendo pietà si premura di dargli da bere acqua gelida di pozzo dicendo: “Bevi, amico. Io ti amo e non posso vederti soffrire così per l’arsione. Guarda. Ti ho portato apposta quest’acqua così fresca. Bevi, bevi, ché grande ricompensa è data a chi assiste gli infermi e dà da bere agli assetati”, e dandogli da bere ne produce la morte. Credete voi che quell’atto, buono in sé perché fatto di due opere di misericordia, sia buono ora che è fatto con scopo malvagio? Non lo è.
   E ancora: un figlio che abbia un padre ubbriacone e che, per salvarlo dalla morte per il continuo bere, chiuda la cantina, levi il denaro al padre e si imponga anche severamente perché non esca per il paese a bere e a rovinarsi, vi pare che manchi al quarto comandamento solo perché rimprovera il padre e fa lui da capo famiglia al padre stesso? In apparenza egli fa soffrire il padre e pare colpevole. In realtà è un buon figlio, perché la sua volontà è buona, è di salvare da morte il padre suo. È sempre la volontà che dà valore all’atto.
   E ancora: il soldato che in guerra uccide è omicida? No, se il suo spirito non consente alla strage e combatte perché vi è costretto, ma lo fa con quel minimo di umanità che la dura legge della guerra e dell’esser sottoposto impone.
   Perciò quell’uomo della barca, che per una volontà buona di credente, patriota e pescatore, non sopportava quelli che, secondo lui, erano dei profanatori, non faceva peccato contro l’amore di prossimo, ma aveva soltanto un errato concetto dell’amore di prossimo. E non faceva peccato verso il rispetto a Dio, perché il suo risentimento verso Dio veniva dal suo buono ma non equilibrato e luminoso spirito di credente. E non faceva omicidio, perché provocava lo sbandamento per una buona volontà di chiedere perdono. Sappiate sempre distinguere.

   448.9Dio è Misericordia più che intransigenza. Dio è buono. Dio è Padre. Dio è Amore. Il vero Dio questo è. E il vero Dio apre il cuore a tutti, a tutti dicendo: “Venite”, a tutti indicando il suo Regno. Ed è libero di farlo, perché è Egli il Signore unico, universale, creatore, eterno.
   Ve ne prego, voi di Israele. Siate giusti. Ricordate queste cose. Non fate che le comprendano quelli che per voi sono immondezza, mentre restano incomprensibili a voi. Anche l’eccessivo e disordinato amore di religione e di patria è peccato, perché diviene egoismo. E l’egoismo è sempre ragione e cagione di peccato.
   Sì. L’egoismo è peccato perché semina nel cuore una mala volontà che fa ribelli a Dio e ai suoi comandi. La mente dell’egoista non vede più Dio nettamente né le sue verità. La superbia fuma nell’egoista e offusca le verità. Nella caligine la mente, che non vede più la luce schietta della verità come vedeva prima di divenire superba, inizia il processo dei perché, e dai perché passa al dubbio, dal dubbio al distacco, non solo dall’amore e dalla fiducia in Dio e nella sua giustizia, ma anche dal timore di Dio e del suo castigo. E perciò ecco la facilità a peccare, e dalla facilità al peccare ecco la solitudine dell’anima che si allontana da Dio, che non avendo più la volontà di Dio a guidarla cade nella legge della sua volontà di peccatore.
   Oh! una ben brutta catena la volontà del peccatore, della quale un estremo è in mano a Satana e l’altro estremo tiene ai piedi dell’uomo una palla pesante per tenerlo lì, schiavo nel fango, curvo, nelle tenebre. Può mai allora l’uomo non fare colpe mortali? Può non farle se non ha più che mala volontà in sé? Allora, solo allora, Dio non perdona. Ma, quando l’uomo ha della volontà buona e compie anche atti spontanei di virtù, certo finisce a possedere la Verità, perché la buona volontà conduce a Dio, e Dio, il Padre Ss., si curva amoroso, pietoso, indulgente ad aiutare, a benedire, a perdonare i suoi figli che hanno buona volontà.
   Perciò l’uomo di quella barca fu ampiamente amato perché, non volendo fare il peccato, non aveva peccato.
   Andate in pace, adesso, alle vostre case. Le stelle hanno preso tutto il cielo e la luna veste di purezza il mondo. Andate ubbidienti come le stelle e fatevi puri come la luna. Perché Dio ama gli ubbidienti e i puri di spirito, e benedice quelli che mettono in ogni loro azione la buona volontà di amare Dio ed i fratelli e di lavorare a sua gloria e a loro utilità. La pace sia con voi!».
   E Gesù riapre le braccia benedicendo, mentre il cerchio delle barche si allontana, si scioglie e ognuno riprende la propria direzione.

   448.10Pietro è tanto felice che non pensa a muoversi.
   Lo scuote Matteo: «Non provvedi, o Simone? Io sono poco capace…».
   «È vero… Oh! Maestro mio! Non mi avevi allora condannato?! Ed io temevo tanto…».
   «Non temere, Simone di Giona. Io ti ho preso per salvarti, non per perderti. Io ti ho preso per la tua buona volontà… Su. Prendi il timone e guarda la Polare e va’ sicuro, Simone di Giona. Sempre sicuro… In tutte le navigazioni… Dio, il tuo Gesù, sarà sempre ritto al tuo fianco sulla prua della tua barca spirituale. E ti comprenderà sempre, Simone di Giona. Capisci? Sempre. E non avrà da perdonarti, perché potrai cadere anche, come un debole bambino, ma non avrai mai la mala volontà di cadere… Sii contento, Simone di Giona».
   E Pietro assente, assente, troppo commosso per parlare, soffocato dall’amore, e la mano gli trema un poco sul timone, ma il viso splende di pace, di sicurezza, d’amore, mentre guarda il suo Maestro che gli è ritto al fianco, là, sul limite della navicella, come un candido arcangelo.

[25] hai insolentito, in 98.2.
[26] camminasti, in 274.3/4.