MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME VII CAPITOLO 436



CDXXXVI. Svelato il costo della Redenzione ad apostoli e discepole nell’orto di Nazareth.

   14 maggio 1946.

   436.1E il sabato dura, nel vero sabato. Nella splendida mattina, mentre ancora l’aria non è pesante di calore, è bello stare seduti in fraterna, pacifica accolta, sotto la pergola ombrosa, o là dove il melo attiguo al fico e al mandorlo fanno chiazze di ombra, prolungando quella della pergola sulla quale matura l’uva. E bello è passeggiare avanti e indietro per i sentieri fra le aiuole, andando dall’alveare alla colombaia, da questa alla piccola grotta, e poi, passando dietro le donne — Maria, Maria Cleofe, la nuora della stessa: Salome di Simone, Aurea — andare verso i pochi ulivi che dal balzo si protendono sull’orto quieto. E questo fanno Gesù e i suoi, Maria e le altre donne. E Gesù ammaestra anche senza volere. E Maria ammaestra anche senza volere. E i discepoli del primo, così come le discepole della seconda, stanno attenti alle parole dei due Maestri.
   Aurea, seduta sul suo solito sgabelletto ai piedi di Maria, quasi accoccolata, sta con le mani allacciate intorno ai ginocchi, il volto alzato, con gli occhi sgranati fissi sul volto di Maria. Pare una bambina che ascolti una splendida favola. Ma non è una favola. È una bella verità. Maria racconta le antiche storie di Israele alla piccola paganella di ieri, e le altre, benché conscie delle patrie storie, ascoltano con attenzione. Perché è ben dolce sentire la storia di Rachele, quella della figlia di Jefte[6], quella d’Anna d’Elcana, fluire da quelle labbra!

   436.2Giuda d’Alfeo si accosta lentamente e ascolta sorridendo. È alle spalle di Maria, che perciò non lo vede. Ma lo sguardo sorridente di Maria Cleofe al suo Giuda avverte Maria che qualcuno le è alle spalle e si volge: «Oh! Giuda! Hai lasciato Gesù per sentire me, povera donna?».
   «Sì. Ho lasciato te per andare a Gesù, perché la prima maestra mia fosti tu. Ma mi è dolce qualche volta lasciare Lui per venire a te, a farmi fanciullo come quando ti ero scolaro[7]. Continua, te ne prego…».
   «Aurea vuole il suo premio ogni sabato. E il premio è narrarle ciò che più l’ha colpita della nostra Storia, che le spiego un po’ per giorno mentre lavoriamo».
   Anche gli altri si sono accostati… Il Taddeo dice: «E che ti piace, fanciulla?».
   «Tanto, tutto potrei dire… Ma tanto tanto Rachele, e Anna d’Elcana, poi Rut… e poi… ah! bello! Tobia e Tobiolo con l’angelo, e poi la sposa che prega per essere liberata…».
   «E Mosè no?».
   «Mi fa paura… Troppo grande… E nei profeti mi piace Daniele che difende Susanna». Si guarda intorno e poi mormora: «… anche io sono stata difesa dal mio Daniele», e guarda Gesù.
   «Ma anche i libri di Mosè sono belli!».
   «Sì. Dove insegnano a non fare ciò che è brutto. E là dove parlano[8] di quella Stella che nascerà da Giacobbe. Io ne so il nome, adesso. Prima non sapevo nulla. E sono più fortunata di quel profeta, perché io la vedo e da vicino. Ella mi ha detto tutto e so anche io», termina con un che di trionfale.
   «E la Pasqua non ti piace?».
   «Sì… ma… anche i figli degli altri sono figli di mamma. Perché ucciderli? Io preferisco il Dio che salva a quello che uccide…».
   «Hai ragione…

   436.3Maria, non gli hai raccontato ancora nulla della sua Nascita?», dice Giacomo additando il Signore che ascolta e tace.
   «Non ancora. Voglio che conosca bene il passato prima del presente. Per capirlo questo presente, che ha la sua ragione di essere nel passato. Quando lo conoscerà, vedrà che il Dio che le fa paura, il Dio del Sinai, non è che un Dio di severo amore, ma sempre d’amore».
   «Oh! Madre! Dimmelo ora! Farò invece meno fatica a capire il passato quando saprò il presente, che, per quel che ne so, è tanto bello e fa amare Dio senza paura. Ho bisogno di non aver paura, io!».
   «La fanciulla ha ragione. Ricordatevi sempre tutti questa verità quando evangelizzerete. Le anime hanno bisogno di non aver paura per andare a Dio con tutta fiducia. È ciò che Io mi sforzo di fare, e tanto più fare quanto, o per ignoranza o per colpe, sono soggetti a temere molto Dio. Ma Dio, anche il Dio che ha percosso gli egiziani e che ti fa paura, o Aurea, è sempre buono. Vedi: quando ha ucciso i figli degli egizi crudeli ha usato pietà ai figli che, non crescendo, non sono divenuti peccatori come i padri loro, e ha dato tempo ai genitori loro di pentirsi del male fatto. Dunque fu severa bontà. Bisogna saper distin-
   guere la vera bontà da ciò che è solo mollezza di educazione.

   436.4Anche quando Io ero piccolo infante vennero uccisi molti piccini sul seno stesso delle madri. E il mondo gridò di orrore. Ma quando il Tempo non sarà più per i singoli o per l’Umanità tutta, una e una volta comprenderete che fortunati, benedetti in Israele, nella Israele dei tempi di Cristo, furono coloro che per essere stati sterminati nell’infanzia ebbero la preservazione dal più grande peccato, quello di essere complici della morte del Salvatore».
   «Gesù!», grida Maria d’Alfeo sorgendo in piedi spaventata, guardandosi intorno come se temesse veder sorgere i deicidi da dietro le siepi e i tronchi dell’orto. «Gesù!», ripete guardandolo con pena.
   «E che? Non conosci forse più le Scritture, che tanto ti stupisci di questo che dico?», le chiede Gesù.
   «Ma… Ma… Non è possibile… Non lo devi permettere… Tua Madre…».
   «È Salvatrice come Me, e sa. Guardala. E imitala».
   Maria è infatti austera, regale nel suo pallore che è profondo. E immobile. Le mani in grembo strette come in preghiera, il capo alto con lo sguardo fisso nel vuoto…

   436.5Maria d’Alfeo la guarda. Poi si rivolge di nuovo a Gesù: «Ma non lo devi dire lo stesso questo orrendo futuro! Tu infiggi una spada nel suo cuore».
   «È trentadue anni che vi è questa spada».
   «Noooh! Non è possibile! Maria… sempre così serena… Maria…».
   «Chiedilo a Lei, se non credi a ciò che dico».
   «Sì che lo chiedo! È vero, Maria? Tu sai?…».
   E Maria, con voce bianca ma ferma, dice: «È vero. Egli aveva quaranta giorni e mi fu detto da un santo… Ma anche prima… Oh! quando l’Angelo mi disse che, rimanendo la Vergine, avrei concepito un Figlio che per il suo concepimento divino Figlio di Dio sarebbe stato detto, e tale è realmente, quando questo mi fu detto, e che nel seno di Elisabetta sterile era formato un frutto per miracolo dell’Eterno, non ho stentato a ricordare le parole di Isaia: “Ecco, la Vergine partorirà un figlio che sarà detto l’Emmanuele”… Tutto, tutto Isaia! E là dove parla del Precursore… E là dove parla dell’Uomo dei dolori, rosso, rosso di sangue, irriconoscibile… un lebbroso… per i nostri peccati… La spada è in cuore da allora, e tutto ha servito a conficcarla di più: e il cantico degli angeli, e le parole di Simeone, e la venuta dei Re d’Oriente, e tutto, tutto…».
   «Ma quale altro tutto, Maria mia? Gesù trionfa, Gesù fa prodigi, Gesù è seguito da turbe sempre più numerose… Non è forse vero?», dice Maria d’Alfeo.
   E Maria, sempre in quella postura, dice ad ogni domanda: «Sì, sì, sì», senza affanno, senza gioia, soltanto un assentire pacato, perché così è…
   «E allora? Quale altro tutto ti conficca la spada in cuore?».
   «Oh!… Tutto…».

   436.6«E così calma sei? Così serena? Sempre uguale a quando giungesti qui sposa, trentatrè anni fa, e mi par ieri tanto ricordo… Ma come puoi?… Io… io sarei come pazza… io farei… non so che farei… Io… Ma no! Non è possibile che una madre sappia questo e stia calma!».
   «Prima di esser Madre, sono figlia e serva di Dio… La mia calma dove la trovo? Nel fare la volontà di Dio. La mia serenità da che mi viene? Dal fare questa volontà. Se dovessi fare la volontà di un uomo potrei essere turbata, perché un uomo, anche il più saggio, può sempre imporre volontà errate. Ma quella di Dio! Se Egli mi ha voluta per Madre del suo Cristo, devo forse pensare che ciò è crudele, e in questo pensiero perdere la mia serenità? Il pensiero che ciò che sarà la Redenzione per Lui, e per me, anche per me, deve turbarmi col pensiero di come farò a superare quell’ora? Oh! sarà tremenda…», e Maria ha un involontario sussulto, come un brivido improvviso, e serra le mani come per impedir loro di tremare, come per orare più ardentemente, mentre il volto le si fa ancor più bianco e le palpebre lievi si abbassano con uno sbattimento d’angoscia sui dolci occhi cerulei. Ma Ella rafferma la voce dopo un profondo sospiro di affanno e termina: «Ma Egli, Colui che mi ha imposto la sua volontà e che io servo con amore fiducioso, mi darà gli aiuti per quell’ora. A me, a Lui… Perché non può il Padre dare volontà troppo forti per le forze dell’uomo… e soccorre… sempre… E ci soccorrerà, Figlio mio… ci soccorrerà… Egli ci soccorrerà… e non ci potrà essere che Lui, infinito nei mezzi, a soccorrerci…».
   «Sì, Madre. L’Amore ci soccorrerà, e nell’amore ci soccorreremo a vicenda. E nell’amore redimeremo…».
   Gesù si è messo a lato di sua Madre e le posa la mano sulla spalla; e Lei alza il viso a guardarlo, il suo bello e sano Gesù destinato ad essere sfigurato dalle torture, ucciso con mille ferite, e dice: «Nell’amore e nel dolore… Sì. E insieme…».

   436.7Nessuno parla più… In cerchio, intorno ai due Protagonisti principali della futura tragedia del Golgota, apostoli e discepole sembrano statue pensose…
   Aurea è pietrificata sul suo sgabelletto… Ma si riscuote per prima e, senza alzarsi in piedi, scivola in ginocchio e si trova perciò proprio contro a Maria. Le abbraccia le ginocchia e le curva la testa sul grembo[9] dicendo: «Anche per me tutto questo!… Quanto costo e quanto vi amo per ciò che vi costo! Oh! Madre del mio Dio, benedicimi perché io non vi costi senza frutto…».
   «Sì, figlia mia. Non temere. Dio aiuterà anche te, se tu accetterai sempre la sua volontà». La carezza sui capelli e sulle gote, e le sente molli di pianto. «Non piangere! Del Cristo hai conosciuto per prima cosa la sorte di dolore, la fine della sua missione d’Uomo. Non è giusto che, avendo conosciuto questo, tu ignori la prima ora della sua vita nel mondo. Ascolta… Piacerà a tutti uscire dalla contemplazione amara, tenebrosa, rievocando la dolce ora, tutta luce, tutta canto, tutta osanna, della sua Nascita… Senti…»; e Maria, spiegando la ragione del viaggio a Betlem di Giuda, città predetta a città natale del Salvatore, dolcemente racconta la notte del Natale di Cristo.

[6] della figlia di Jeftesi narra in: Giudici 11, 29-40; della sposa che pregain: Tobia 3, 7-17; di Susannain: Daniele 13. Per gli altri personaggi qui menzionati si possono vedere le note richiamate nell’indice tematico alla fine del volume.
[7] quando ti ero scolaro, come in 38.8/9.
[8] parlano, in: Numeri 24, 17. La Stella di Giacobbeè figura profetica di Gesù, più volte ricordata nell’opera (una sua spiegazione in 41.4 e in 73.6), e fa parte delle profezie messianiche dei libri di Mosè, come quella di 225.11. Ad essa associamo la definizione di “Stella del mattino” (in 364.7, 483.3, 629.8) che testualmente si trova solo nel Nuovo Testamento: 2 Pietro 1, 19; Apocalisse 2, 28; 22, 16. “Stella del mattino” è detta anche Maria Ss., per esempio in 318.7 e in 615.12.
[9] sul grembo, invece di sui ginocchi, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.