MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 500



D. Riflessioni di Bartolomeo e Giovanni dopo un ritiro sul monte Nebo.

   23 settembre 1946.

   500.1«Rimpiangerò sempre questo monte e questo riposo nel Signore», dice Pietro mentre si apprestano a scendere, da una costa molto selvaggia, a valle.
   Sono in una catena di monti ben alti. A oriente, oltre la valle, altri monti, e monti a sud, e monti ancor più alti a nord. A nord-ovest la verde valle del Giordano che sfocia nel mar Morto. A ovest prima il cupo mare e poi, oltre, il petroso aridume desertico, interrotto solo dall’oasi splendida di Engaddi, e poi i monti giudei. Un panorama imponente, vasto. L’occhio si può spingere dove vuole. E dimenticare, in tanta visione di vita vegetale, che si suppone o si sa abitata, la tetra vista del lago Asfaltide privo di vele, di vita, cupo sempre anche sotto il sole, mesto anche nella bassa e protesa penisola che dal lato orientale, quasi a metà lago, si protende in esso. Ma che sentieri per scendere a valle! Solo gli animali selvaggi si possono trovare a loro agio su quei sentieri. Se non potessero afferrarsi a fusti e cespugli, non sarebbe possibile scendere dalla vetta, il che fa motteggiare l’Iscariota.
   «Eppure vorrei tornarci ancora», ribatte Pietro.
   «Hai gusti singolari. Qui è peggio ancora del primo luogo e del secondo».
   «Ma non peggio del luogo dove il nostro Maestro si preparò alla predicazione», obbietta Giovanni.
   «Eh! per te è sempre bello tutto…».
   «Sì. Tutto ciò che è intorno al mio Maestro è bello e buono e lo amo».
   «Bada che in questo tutto ci sono anche io,… e sovente ci sono i farisei, sadducei, scribi, erodiani… Ami anche questi?».
   «Egli li ama».
   «E tu, ah! ah!, fai come fa Lui, eh? Ma Lui è Lui, e tu sei tu. Non so se potrai sempre amare, tu che impallidisci quando senti parlare di tradimento e morte, o vedi chi ha voglia di queste cose».
   «Segno è che non sono che molto imperfetto, se mi turbo per tema per Lui e per sdegno verso i colpevoli».
   «Ah! ti turbi anche di sdegno? Non credevo… Allora se tu, per un caso, vedessi un giorno uno che nuocesse realmente al Maestro, che faresti?».
   «Io?! Me lo chiedi? La Legge dice: “Occhio per occhio, dente per dente”. Le mie mani diverrebbero tenaglie intorno alla sua gola».
   «Oh! oh! Egli dice che si deve perdonare! Così bene ti ha fatto il meditare?».
   «Lasciami, turbatore! Perché mi tenti e disturbi? Cosa hai nel cuore tu? Vorrei potervi leggere…».

   500.2«A chi scruta le acque del mar Morto non appare il mistero del fondo. Sono, quelle acque, pietra di sepolcro sulla putredine che hanno accolto», dice alle loro spalle Bartolomeo, rimasto indietro a tutti. Gli altri, bene o male, sono avanti e non hanno sentito. Ma Bartolomeo sì. E si intromette nella conversazione dei due, e il suo occhio è ammonitore.
   «Oh! il saggio Tolmai! Ma non vorrai certo dire che io sono come il mar Salato!».
   «Non parlavo a te, ma a Giovanni. Vieni con me, figlio di Zebedeo. Io non ti turberò», e prende per un braccio Giovanni come per cercare sostegno, lui anziano, sull’agile e giovane compagno.
   Giuda rimane ultimo e fa alle loro spalle un atto brutto d’ira. Pare giuri a se stesso qualche cosa, o minacci…
   «Che voleva dire Giuda? E tu che volevi dire?», chiede Giovanni al vecchiotto Natanaele.
   «Non ci pensare, amico.

   500.3Pensiamo invece a tutto quanto ci ha spiegato il Maestro in questi giorni. Come si è compreso Israele!».
   «È vero. Io non capisco come il mondo non lo comprenda!».
   «Neppur noi lo comprendiamo completamente, Giovanni. Non lo vogliamo comprendere. Vedi che ostacolo abbiamo ad accettare la sua idea messianica?».
   «Sì. In tutto gli crediamo ciecamente, ma non in questo. Tu che sei dotto, me ne sai dire il perché? Noi che troviamo ottusi i rabbi rispetto al Cristo, perché allora noi pure non giungiamo all’idea perfetta di una regalità spirituale del Messia?».
   «Me lo sono chiesto molte volte. Perché vorrei giungere a ciò che tu chiami idea perfetta. E credo di potermi dare pace dicendo a me stesso che ciò che combatte in noi, volonterosi di seguirlo non solo materialmente e dottrinalmente, ma anche spiritualmente, contro questa accettazione, sono tutti i secoli che ci sono dietro… e che ci sono dentro. Dentro a noi. Vedi? Guarda a oriente, mezzogiorno e occidente. Ogni pietra ha un ricordo e un nome. Ogni pietra, ogni fonte, ogni sentiero, ogni villaggio o castello, ogni città, ogni fiume, ogni monte, cosa ci ricorda? Cosa ci grida? La promessa di un Salvatore. Le misericordie di Dio al suo popolo. Come goccia d’olio da un otre forato, il piccolo gruppo iniziale, il nucleo del futuro popolo d’Israele, si espanse con Abramo per il mondo sino al lontano Egitto e poi, sempre più numeroso, tornò con Mosè alle terre del padre Abramo, ricco di sempre più vaste promesse e più sicure e dei segni della paternità di Dio, costituito vero Popolo perché munito di una Legge che più santa non vi è. Ma che è accaduto poi? Ciò che è avvenuto a quella cima che sol poco fa raggiava nel sole. Guardala ora. È avvolta di nuvole che ne cambiano l’aspetto. Se non si sapesse che è dessa e la dovessimo riconoscere per dirigerci su sicura via, lo potremmo, così come è alterata da coltri di nuvole spesse che sembrano dossi e gioghi? In noi è successo così. Il Messia è ciò che Dio ha detto ai padri nostri, ai patriarchi e profeti. Immutabile. Ma ciò che noi vi abbiamo messo di nostro, per… spiegarcelo, secondo la povera sapienza umana, ecco che ci ha creato un Messia, una figura morale del Messia così falsa, che noi il vero Messia non lo riconosciamo più. E noi, coi secoli e con le generazioni che sono dietro a noi, crediamo al Messia che ci siamo ideati noi, al Vendicatore, al Re umano, molto umano, e non riusciamo, benché diciamo che sì, che ci crediamo, a concepire il Messia e Re quale è realmente, così pensato e voluto da Dio. Così è, amico!».

   500.4«Ma non riusciremo allora mai, noi, almeno noi, a vedere, a credere, a volere il Messia reale?».
   «Ci riusciremo. Se non dovessimo riuscirvi, Egli non ci avrebbe eletti. E se l’Umanità non avesse mai a dovere giungere a beneficiare del Messia, l’Altissimo non lo avrebbe manda­to».
   «Ma Egli redimerà la Colpa anche senza l’aiuto dell’Umanità! Per suo solo merito».
   «Amico mio, sarebbe una grande redenzione quella dalla Colpa d’origine. Ma non completa. In noi ci sono altre colpe individuali, oltre quella di origine. Ed esse, per essere lavate, hanno bisogno del Redentore e della fede di chi ricorre a Lui come a sua Salute. Io penso che la Redenzione sia in atto sino alla fine dei secoli. Il Cristo non sarà inattivo un attimo da quando sarà Redentore e darà all’Umanità la Vita che è in Lui, così come una sorgente si dà continuamente a chi ha sete, un dì dopo l’altro, una luna dopo l’altra, un anno dopo l’altro, un secolo dopo l’altro. L’Umanità sarà sempre bisognosa di Vita. Egli non può cessare di darla a chi spera e crede in Lui con sapienza e giustizia».
   «Tu sei dotto, Natanaele. Io sono un povero ignorante».
   «Tu fai per istinto spirituale ciò che io compio penosamente per riflessione mentale: la nostra trasformazione da israeliti in cristiani. Ma tu giungerai più presto al termine, perché sai amare più che pensare. L’amore ti trasporta e ti trasforma».
   «Tu sei buono, Natanaele. Fossimo tutti come te!». Giovanni sospira forte.
   «Non ci pensare, Giovanni! Preghiamo per Giuda», gli dice l’anziano apostolo che ha compreso il sospiro di Giovanni…

   500.5«Oh! siete qui voi pure! Vi guardavamo venire. Cosa avevate da parlare tanto?», chiede sorridendo Tommaso.
   «Parlavamo dell’antico Israele. Dove è il Maestro?».
   «È andato, con i fratelli e Isacco, avanti, da un pastore malato. Ci ha detto di andare avanti per la via sino a quella che sale alla cima».
   «Andiamo, allora».
   Scendono ora per un sentiero meno rompicollo sino ad una vera via mulattiera che sale sul Nebo. Una manciata di case è fra il bosco. Più in basso, quasi a valle, un paese vero e proprio biancheggia sulle pendici ormai quasi pianeggianti. Dalla stradetta dove sono, vedono gente entrare nel paese.
   «Lo attendiamo là quel di Petra?», chiede Pietro.
   «Sì. Quello è il paese. Speriamo sia giunto. In quel caso domani riprenderemo il cammino verso il Giordano. Non so. Non mi sento per niente tranquillo qui», dice Matteo.
   «Il Maestro aveva detto di andare molto più avanti», dice l’Iscariota.
   «Sì. Ma spero che si convinca al contrario».
   «Ma di che hai paura? Di Erode? Dei suoi sgherri?».
   «Gli sgherri non sono soltanto presso Erode. Oh! ecco il Maestro! I pastori sono numerosi e felici. Questi sono conquistati. Sono nomadi. Andranno spargendo la buona novella che il Messia è nella sua terra», dice ancora Matteo.
   Gesù li raggiunge con un seguito di pastori e greggi.
   «Andiamo. Facciamo appena a tempo a giungere al paese. Costoro ci ospiteranno. Sono conosciuti». Gesù è contento di essere fra i semplici che sanno credere nel Signore.