MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME VIII CAPITOLO 502



DII. Altro sconforto di Pietro e lezione sulle possessioni, sia divine che diaboliche.

   25 settembre 1946.

   502.1Il guado di Betabara è appena superato. Al di là del[2] fiume azzurro e abbastanza pieno di acque per essersi nutrito degli affluenti colmati dalle piogge di autunno, si vede l’altra sponda, quella orientale, con molte persone gesticolanti. Sulla sponda occidentale, invece, qui dove sono Gesù coi suoi, non c’è che un pastore e un gregge brucante l’erba verde della sponda.
   Pietro si getta a sedere su un avanzo di muretto che si trova lì, senza neppure asciugarsi le gambe umide per il guado. Perché di questa stagione usano le barche, è vero, ma, per non arenarle in questo luogo di basso fondo, le usano nella parte più fonda, fermandosi a deporre i traghettati là dove la chiglia struscia già sulle erbe sommerse. Cosicché per qualche passo chi traghetta deve camminare nell’acqua.
   «Cosa hai? Ti senti male?», gli chiedono.
   «No. Ma non ne posso più. Sul Nebo quella violenza, e prima a Esebon, e prima a Gerusalemme, e prima a Cafarnao, e dopo il Nebo a Calliroe, e ora a Betabara… Oh!…», curva il capo fra le mani e piange…
   «Non ti accasciare, Simone. Non farmi povero anche del tuo, del vostro coraggio!», gli dice Gesù andandogli vicino e posando una mano sulla pesante veste grigia che copre l’apostolo.
   «Non posso, non posso vedere! Non posso vederti malmenato così! Se mi lasciassi reagire… forse potrei. Ma così… dovermi contenere… e assistere ai loro insulti, alle tue sofferenze, come un pargolo impotente… oh! mi si spezza tutto di dentro e divento uno straccio… Ma guardate se è possibile vederlo così! Pare un malato, uno che muore di febbri… Pare un colpevole inseguito che non trova dove sostare a prendere un boccone, a bere un sorso, a cercarsi una pietra per posarvi il capo! Quella iena del Nebo! Quei serpenti di Calliroe! Quel forsennato che ancora è là! (e indica l’altra sponda). Meno demonio quello di Calliroe, per quanto sia il secondo soltanto che Tu dici dominato da Belzebù!

   502.2Io ho paura degli indemoniati, penso che se li ha presi così Satana devono essere stati cattivi molto. Ma… l’uomo può cadere senza assoluta volontà di farlo. Invece quelli che senza essere ossessi fanno così come fanno, con tutta la loro ragione libera!… Oh! non li vincerai mai, posto che non li vuoi castigare? Ed essi… ti vinceranno…». E il pianto del fedele apostolo, che si era un poco inaridito sotto il fuoco dello sdegno, riprende forte…
   «Pietro mio, e credi che essi non siano ossessi? Credi che per esserlo occorra essere come quello di Calliroe e altri che abbiamo incontrato? Credi che l’ossessione si manifesti soltanto con le grida incomposte, i balzi, le furie, la mania di vivere nelle tane, i mutismi, le membra impedite, la ragione intorpidita, di modo che l’ossesso dice e fa incoscientemente? No. Vi sono anche le ossessioni, anzi le possessioni più sottili e potenti, le più pericolose, perché non ostacolano e indeboliscono la ragione perché non faccia cose buone, ma la sviluppano, anzi, la aumentano perché sia potente nel servire colui che la possiede. Dio, quando possiede un intelletto e lo usa perché lo serva, trasfonde nello stesso, e nelle ore in cui lo stesso è al servizio di Dio, una intelligenza soprannaturale che aumenta di molto l’intelligenza naturale del soggetto. Credete ad esempio che Isaia, Ezechiele, Daniele e gli altri profeti, se avessero dovuto leggere e spiegare quelle profezie come scritte da altri, non avrebbero trovato le oscurità indecifrabili che vi trovano i contemporanei? Eppure, Io ve lo dico, mentre le ricevevano, essi le comprendevano perfettamente. Guarda, Simone. Prendiamo questo fiore nato qui ai tuoi piedi. Che vedi tu nell’ombra che avvolge il calice? Nulla. Vedi un calice profondo e una piccola bocca e nulla più. Ora guardalo mentre lo colgo e lo porto qui sotto quest’occhio di sole. Che vedi?».
   «Vedo dei pistilli, vedo del polline, e una coroncina di peluzzi che paiono ciglia intorno ai pistilli, e una strisciolina tutta cigliata minutamente che orna il petalo largo e i due più piccoletti… e vedo una gocciolina di rugiada nel fondo del calice… e… oh! ecco! Un moscerino è sceso dentro, a bere, e si è invischiato nel peluzzo cigliato e non si libera più… Ma allora! Fammi vedere meglio. Oh! Il peluzzo è come mielato, appiccica… Ho capito! Dio glielo ha fatto così o perché la pianta si nutra, o si nutrano gli uccellini venendo a beccare le mosche, o si pulisca l’aria di esse… Che meraviglia!».
   «Senza la forte luce del sole non avresti visto nulla, però».
   «Eh! no!».
   «Ugualmente avviene nella possessione divina. La creatura, che di suo mette unicamente la buona volontà di amare totalmente il suo Dio, l’abbandono ai suoi voleri, la pratica delle virtù e il dominio delle passioni, viene assorbita in Dio e nella Luce che è Dio, nella Sapienza che è Dio, tutto vede e comprende. Dopo, cessata l’azione assoluta, subentra nella creatura lo stato in cui il ricevuto si trasforma in norma di vita e di santificazione, ma torna oscuro, meglio, crepuscolare ciò che prima sembrava tanto chiaro. Il demonio, perpetuo scimmiottatore di Dio, produce un effetto analogo negli ossessi della mente, sebbene limitato perché soltanto Dio è infinito, nei suoi posseduti che spontaneamente gli si sono dati per trionfare, e comunica loro intelligenza superiore ma unicamente volta al male, a nuocere, a offendere Dio e l’uomo. Però l’azione satanica, trovando nell’anima consensi, è continua, portando perciò per gradi alla totale scienza del Male. Sono queste le peggiori possessioni. Nulla ne appare all’esterno, e perciò non sono sfuggiti questi ossessi. Ma esse sono. Come ho più volte detto, il Figlio dell’uomo sarà colpito da quelli posseduti in tale maniera».
   «Ma Dio non potrebbe colpire l’Inferno?», chiede Filippo.
   «Potrebbe. È il più forte».
   «E perché non lo fa per difenderti?».
   «Le ragioni di Dio saranno note in Cielo. Su, andiamo. E non vi accasciate».

   502.3Il pastore, che ha ascoltato pur non facendone mostra, chiede: «Hai dove andare? Sei atteso?».
   «No, uomo. Dovrei andare oltre Gerico. Ma non sono atteso».
   «E sei molto stanco, Rabbi?».
   «Stanco, sì. Non ci hanno concesso alloggio né soste dal Nebo».
   «Allora… Ti volevo dire… Io sono di presso a Betagla l’antica… Ho il padre cieco e non posso andare lontano per non lasciarlo per delle lune. Ma ne soffre il cuore e il gregge. Se Tu volessi… Ti darei alloggio. Non è lontano. Il vecchio crede tanto in Te. Giuseppe, figlio di Giuseppe, tuo discepolo, lo sa».
   «Andiamo».
   L’uomo non se lo fa dire due volte. Raduna il gregge e lo avvia verso il paese, che deve essere a nord ovest del luogo dove sono ora. Gesù si pone dietro al gregge coi suoi.

   502.4«Maestro», dice l’Iscariota dopo qualche tempo, «Betagla non offre certo chi può acquistare i doni di quell’uomo…».
   «Quando andremo a Gerico per andare da Niche li venderemo».
   «È che… l’uomo, questo, è povero e bisognerà compensarlo. Non ho più un picciolo».
   «Viveri ne abbiamo, e molti. Anche per qualche mendico. Non occorre di più per ora».
   «Come vuoi Tu. Ma era meglio che Tu mi mandassi avanti. Avrei potuto…».
   «Non occorre».
   «Maestro, ciò è sfiducia! Perché non ci mandi più come prima, due a due?».
   «Perché vi amo e penso al bene vostro».
   «Non è bene tenerci così ignoti. Penseranno che… siamo indegni, incapaci… Una volta ci lasciavi andare, predicavamo, facevamo miracoli, eravamo conosciuti…».
   «Te ne rammarichi di non farlo più? Ti faceva bene andare senza di Me? Sei il solo che se ne lamenta di non andare da solo… Giuda!…».
   «Maestro, Tu lo sai se ti amo!», dice sicuro Giuda.
   «Lo so. E perché il tuo spirito non si corrompa ti tengo con Me. Sei già quello che raccoglie e distribuisce, che vende o permuta per i poverelli. Basta così. Ed è già troppo. Osserva i tuoi compagni. Non uno chiede ciò che tu chiedi».
   «Ma ai discepoli lo hai concesso… È una ingiustizia questa differenza».
   «Giuda, sei l’unico a dirmi ingiusto… Ma ti perdono. Va’ avanti. E mandami Andrea».
   E Gesù rallenta per attendere Andrea e parlargli in disparte. Non so cosa gli dice. So che Andrea sorride col suo mite sorriso e si china a baciare le mani del Maestro e poi torna avanti. Gesù resta solo, in coda a tutti… e molto a testa china procede asciugandosi il volto col lembo del suo manto come se sudasse. Ma sono lacrime e non stille di sudore, quelle che scorrono sulle sue guance scarne e pallide.

   502.5Dice Gesù: «Qui metterete la visione del 3 ottobre 1944: “La moglie del sadduceo negromante”».

[2] Al di là del, invece di Attraverso al, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.