MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VIII CAPITOLO 504



DIV. Marziam preparato al distacco. Ritorno al villaggio di Salomon e morte di Anania.

   26 settembre 1946.

   504.1«Alzatevi e partiamo. Andiamo di nuovo al fiume e cerchiamo una barca. Va’ tu, Pietro, con Giacomo. Che ci porti sin presso Betabara. Sosteremo un giorno da Salomon e poi…».
   «Ma non si andava a Nazaret?».
   «No. Nella notte ho deciso. Mi spiace per voi. Ma devo tornare indietro».
   «Io sono felice!», esclama Marziam. «Starò ancora con Te!».
   «Sì, per quanto, povero fanciullo, tu vedi ben tristi giorni al mio fianco!».
   «È bene perciò che amo restare con Te. Per darti amore. Questo solo io voglio. Non chiedo di più».
   Gesù lo bacia sulla fronte.
   «E ripassiamo da Betabara?», chiede Matteo.
   «No. Traversiamo il fiume con la barca di qualche pescatore».

   504.2Torna Pietro con Giacomo. «Nessuna barca, Maestro, sino a sera… E… lo devo dire?».
   «Dillo».
   «E sono passati di qui alcuni… Devono avere pagato bene o minacciato forte… Non credo che a sera troverai barca ugualmente… Sono spietati…». Pietro sospira.
   «Non importa. Mettiamoci in cammino… e il Signore ci aiuterà».
   La stagione è brutta, piove, c’è fango. La strada è motosa lungo l’argine, la pioggia si aumenta della rugiada della notte, abbondante lungo il fiume. Ma vanno lo stesso sullo stretto rialzo che costeggia la via, meno motoso e meno soggetto allo stillicidio della pioggiolina minuta ma continua, per un filare di pioppi che riparano alquanto, quando però un soffio di vento non fa precipitare di colpo tutte le gocce d’acqua trattenute fra i rami.
   «Eh! ormai è il suo tempo!», dice filosoficamente Tommaso rialzandosi la veste.
   «È il suo tempo!», conferma Bartolomeo e sospira.
   «Ci asciugheremo in qualche luogo. Non saranno tutti… eccitati contro di noi», dice Pietro.
   «Potremo sempre trovare una barca… Non è detto!», aggiunge Giacomo d’Alfeo.
   «Se avessimo molto denaro si troverebbe tutto. Ma non ha voluto che andassi a vendere a Gerico!», dice Giuda di Keriot.
   «Taci! Te ne prego. Il Maestro è tanto afflitto! Taci!», supplica Giovanni.
   «Taccio. Anzi non faccio che rallegrarmi del suo ordine. Così non si può dire che quei sadducei di presso a Gerico li ho mandati io», e guarda Pietro. Ma Pietro è assorto e non vede né risponde.
   Vanno, vanno sotto la pioggiolina fina come nebbia, nella giornata grigiastra. Ogni tanto parlano fra loro. Ma sembra parlino con se stessi, tanto le parole sembrano conclusioni ad un dialogo con un invisibile interlocutore.
   «Dovremo finire a fermarci in qualche luogo».
   «Tutti i luoghi sono uguali, perché in tutti vengono loro».
   «Persecuzione per persecuzione, meglio è stare in città. Almeno non ci si bagna».
   «Ma a cosa vogliono arrivare?».
   «Povera Maria! Se sapesse!».
   «Dio altissimo, proteggi i tuoi servi!», e così via… Poi si uniscono e discutono sottovoce.
   Gesù è davanti, solo… Solo! Finché lo raggiunge Marziam con lo Zelote.
   «Gli altri sono scesi sul greto. Per vedere se c’è barca… Si farebbe più presto. Ci vuoi con Te?».
   «Venite. Di che parlavate prima?».
   «Del tuo soffrire».
   «E dell’odio degli uomini. Cosa possiamo fare per sollevarti e per frenare l’odio?», chiede lo Zelote.
   «Per il mio dolore c’è il vostro amore… Per l’odio… non c’è che sopportarlo… È una cosa che cessa con la vita della Terra… e questo pensiero dà pazienza e fortezza nel sopportarlo.

   504.3Marziam! Fanciullo! Perché sei turbato?».
   «Perché questo mi ricorda Doras…».
   «Hai ragione. È tempo che Io ti rimandi a casa…».
   «No! Gesù! No! Perché mi vuoi punire di un male che non ho fatto?».
   «Non punire. Ma preservare… Io non voglio che tu ricordi Doras. Cosa si alza in te dietro a questo ricordo? Rispondi…».
   Marziam piange a capo chino, poi alza il viso e dice: «Hai ragione. Lo spirito mio non è capace di vedere e perdonare, non è ancora capace. Ma perché mi allontani? Se Tu soffri, io con più ragione ti devo stare vicino. Mi hai pur consolato, Tu, sempre! Non sono più il fanciullo stolto che lo scorso anno ti diceva: “Non farmi vedere il tuo dolore”. Sono un vero uomo, ora. Lascia che io resti! Signore! Oh! diglielo tu, Simone!».
   «Il Maestro sa ciò che è bene per noi. E forse… Egli ti vuole dare qualche incarico… Non so… Dico il mio pensiero…».
   «Hai detto bene. Lo avrei tenuto, e con tanta gioia, fin oltre le Encenie. Ma… Mia Madre è sola lassù. Il rumore dell’odio è forte tanto. Potrebbe temere più del bisogno. È sola mia Madre. E certo piange. Tu andrai da Lei a dirle che Io la saluto e che l’attendo ormai. Per dopo le Encenie. E non dirai altro, Marziam».
   «Ma se mi interroga?».
   «Oh! puoi non mentire dicendo… che la vita del suo Gesù è come questo cielo di etamin. Nuvole e pioggia, talora bufera. Ma non mancano i giorni di sole. Come ieri, come forse domani. Tacere non è mentire. Le dirai i miracoli che hai visto. Le dirai che Elisa è con Me. Che Anania mi ha accolto come un padre. Che a Nobe sono in casa di un buon israelita. Il resto… Sul resto stia il silenzio.

   504.4E poi andrai da Porfirea. E vi starai finché Io non ti chiamo».
   Marziam piange più forte.
   «Perché piangi così? Non sei contento di andare da Maria? Ieri lo eri…», dice Simone.
   «Ieri sì. Perché andavamo tutti. E poi piango perché ho paura di non vederti più… Oh! Signore! Signore! Mai più sarà per me felice il giorno come lo fu in questi giorni!».
   «Ci vedremo ancora, Marziam. Te lo prometto».
   «Quando? Non prima di Pasqua. È lungo!». Gesù tace. «Veramente non mi vuoi prima di Pasqua?».
   Gesù gli passa un braccio intorno alle spalle ancora esili e se lo attira a Sé. «Perché vuoi sapere il futuro? Oggi siamo. Domani non siamo più. L’uomo, anche il più ricco e potente, non può aggiungere un giorno alla sua vita. Essa, e tutto il futuro, è nelle mani di Dio…».
   «Ma per Pasqua io devo venire al Tempio. Sono israelita. Tu non puoi farmi peccare!».
   «Tu non peccherai. E il primo peccato che mi devi promettere di non fare mai è quello della disubbidienza. Tu ubbidirai. Sempre. A Me ora, a chi ti parlerà in mio Nome poi. Lo prometti? Ricordati che Io, tuo Maestro e Dio, ho ubbidito al Padre mio e ubbidirò sino alla… fine del mio giorno». Gesù è solenne nel dire queste ultime parole.
   Marziam, quasi affascinato, dice: «Ubbidirò. Lo giuro. Davanti a Te e a Dio eterno».
   Un silenzio. Poi lo Zelote chiede: «Va in su da solo?».
   «No certamente. Con dei discepoli. Ne troveremo altri oltre Isacco».
   «Mandi in Galilea anche Isacco?».
   «Sì. Tornerà indietro con mia Madre».

   504.5Chiamano dal fiume. I tre si spostano, traversano la via, vanno verso l’acqua.
   «Guarda, Maestro. Abbiamo trovato. E non vogliono nulla. Son parenti di un miracolato. Ma portano rena a quel paese. Bisogna andare fin là a piedi, poi ci prendono».
   «Dio li compensi. Saremo a sera da Anania».
   Pietro, contento, risale verso la via e vede il viso turbato di Marziam. «Che hai? Che ha fatto?».
   «Nulla di male, Simone. Gli ho detto che, giunto al primo luogo dove troverò discepoli, lo rimanderò a casa. Ed egli se ne rattrista».
   «A casa… Già!… Ma è giusto… La stagione…». Pietro riflette. Poi guarda Gesù e lo tira per la manica, facendolo abbassare sino alla sua bocca. Gli parla all’orecchio: «Maestro, ma perché lo mandi senza attendere…».
   «Per la stagione, lo hai detto».
   «E poi?».
   «Simone, non ti voglio mentire. E poi perché è bene che Marziam non si avveleni il cuore…».
   «Hai ragione, Maestro. Avvelenarsi il cuore… Ecco! È proprio quello che finisce ad avvenire». Alza la voce: «Il Maestro ha proprio ragione. Tu andrai e… ci vedremo a Pasqua. Infine… viene presto… Passato casleu… Oh! in breve tempo è il bel nisam. Sì, certo! Ha ragione…». La voce di Pietro si fa meno sicura. Ripete lentamente e con mestizia: «Ha ragione…», e parlando a se stesso: «Che sarà accaduto da qui a nisam?». Si batte la mano sulla fronte con mossa desolata.

   504.6E vanno, vanno nell’umida giornata. Non piove più sino a che, fangosi sino alle ginocchia, non montano in cinque piccole barche umide e renose che scendono di nuovo seguendo la corrente. Allora la pioggia riprende e, battendo sull’acqua calma del fiume che riflette il cielo bigio di nuvole, vi disegna tanti cerchi che si fanno e si sfanno di continuo, con un giuoco di sfaccettii madreperlacei.
   Sembra un paesaggio deserto. Sugli argini, nelle minuscole borgate fluviali, non si vede anima viva. La pioggia fa chiuse le case, deserte le vie. Cosicché, quando nel primo crepuscolo sbarcano là dove è il paesello di Salomon, trovano silenziosa e vuota la via, e giungono alla casa senza esser visti da nessuno.
   Bussano. Chiamano. Niente. Solo il tubare dei colombi, e il belare delle pecorelle, e il rumore della pioggia. «Non c’è nessuno. Che facciamo?».
   «Andate alle case del paese. A quella del piccolo Micael per prima», ordina Gesù.
   E, mentre gli apostoli più giovani vanno via lesti, Gesù coi più anziani resta presso la casa e osservano e commentano.
   «Tutto chiuso… Anche il cancello ben legato e assicurato. Guarda! C’è persino un grosso chiodo. E le finestre chiuse a notte. Che tristezza! E quel lagno di pecore e di colombi? Che sia malato? Che ne pensi, Maestro?».
   Gesù crolla il capo. È stanco e triste…

   504.7Tornano di corsa gli apostoli. Andrea è il primo a venire e grida, mentre ancora è lontano qualche metro: «È morto… Anania è morto… Non si può entrare nella casa perché ancora non è purificata… Da poche ore è nel sepolcro. Se potevamo venire ieri… Ora viene la donna, la madre di Micael».
   «Ma cosa ci perseguita?!», prorompe Bartolomeo.
   «Povero vecchio! Era così felice! Stava così bene! Ma come? Quando si è ammalato?». Parlano tutti insieme.
   Sopraggiunge la donna e, stando a distanza da tutti, dice: «Signore, la pace sia con Te. La mia casa ti è aperta. Ma… io non so se… Ho preparato il morto. Per questo ti sto lontana. Però ti posso indicare le case che ti accoglieranno».
   «Sì, donna. Dio ti compensi, e con te chi usa pietà ai viandanti. Ma come morì l’uomo?».
   «Oh! non so. Non fu malato. Ieri l’altro stava bene. Sì, certo. Stava bene. Micael era venuto al mattino a prendere le due pecore per unirle alle nostre. Era stabilito. E io gli avevo portato a sesta delle vesti che gli avevo lavate. Era a tavola e mangiava, tutt’affatto sano. A sera ancora Micael aveva riportato le pecore e gli aveva preso due brocche d’acqua, e lui gli aveva regalato due focaccine che si era fatto. Ieri mattina mio figlio venne per le pecore. Era tutto chiuso come ora e nessuno rispose ai gridi del fanciullo. Egli spinse il cancello, ma non riuscì ad aprirlo. Era proprio chiuso. Allora si spaventò Micael e corse da me. Io e lo sposo corremmo e con noi altri. Abbiamo aperto il cancello, abbiamo bussato alla cucina… abbiamo forzato la porta… Era ancora seduto presso il focolare col capo reclinato sul tavolo, la lucerna ancora vicina, ma spenta come lui, un coltelluccio ai piedi, una scodella di legno mezza incisa… La morte lo ha preso così… Sorrideva… Era in pace… Oh! che viso da giusto gli era venuto! Pareva perfino più bello… Io… È poco che di lui mi curavo. Ma mi ci ero affezionata… e piango…».
   «Egli è in pace. Tu stessa l’hai detto. Non piangere! Dove lo avete messo?».
   «Sapevamo che lo amavi tanto e allora lo abbiamo messo nel sepolcro che Levi si è costruito da poco. L’unico, perché Levi è ricco. Noi non siamo ricchi. Là, in fondo, oltre la via. Ora, se Tu vuoi, purificheremo tutto e…».
   «Sì. Prenderai le pecore e i colombi, e il resto conservatelo per Me e i miei. Che Io possa sostarvi qualche volta. Dio ti benedica, donna.

   504.8Andiamo al sepolcro».
   «Lo vuoi risuscitare?», chiede stupito Tommaso.
   «No. Per lui non sarebbe gioia. Là dove è, è più felice. Lo desiderava d’altronde…». Ma Gesù è molto accasciato. Sembra che tutto si unisca per aumentare la sua mestizia.
   Sulle porte delle case, delle donne guardano e salutano commentando.
   Presto è raggiunto il sepolcro: un piccolo cubo di fresco costruito. Gesù prega vicino ad esso. Poi si volge, con un umidore di pianto negli occhi, e dice: «Andiamo… Nelle case del paese. Nella nostra casetta non c’è più chi ci attende per benedirci… Padre mio! La solitudine fascia il Figlio tuo, il vuoto si fa sempre più vasto e più fosco. Coloro che mi amano se ne vanno, e restano coloro che mi odiano… Padre mio! La tua volontà sia sempre fatta e benedetta!…».
   Ritornano verso il paese, e due qui, tre là, entrano nelle case di quelli che non hanno toccato il morto, per trovare ricovero e ristoro.