MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME VIII CAPITOLO 509



DIX. Il vecchio sacerdote Matan, accolto con gli apostoli e i discepoli fuggiti dal Tempio. Il piccolo Marziale e la nuova circoncisione.

   8 ottobre 1946.

   509.1Pietro, entrando, ha la stessa mossa accasciata che ebbe al Giordano dopo aver guadato a Betabara: si getta come sfinito sul primo sedile che trova e si prende il capo fra le mani. Gli altri non sono così abbattuti, ma alterati, pallidi, direi smarriti lo sono tutti, chi più chi meno. I figli di Alfeo, Giacomo di Zebedeo e Andrea non rispondono quasi al saluto di Giuseppe di Sefori e della moglie di lui, che arriva con una vecchia servente e del pane caldo e cibi diversi. Marziam ha dei segni di pianto sotto gli occhi. Isacco accorre presso Gesù e gli prende la mano, la carezza mormorando: «Sempre come la notte della strage… E salvo un’altra volta. Oh! mio Signore, fino a quando? Fino a quando ti potrai salvare?». È questo grido che apre le bocche e tutti, in confuso, parlano, raccontano i maltrattamenti, le minacce, le paure avute…

   509.2Un altro colpo alla porta. «Ohimè, non ci avranno seguiti?! Io lo avevo detto di venire alla spicciolata!…», dice l’Iscariota.
   «Era meglio, sì. Li abbiamo sempre alle calcagna. Ma ormai…», dice Bartolomeo.
   Giuseppe, per quanto poco volentieri, va personalmente a guardare dallo spioncino, mentre sua moglie dice: «Dal terrazzo potete scendere sulle stalle e da lì nell’orto posteriore. Vi farò vedere…». Ma, mentre si avvia, suo marito esclama: «L’An­ziano Giuseppe! Quale onore!», e apre la porta lasciando entrare Giuseppe d’Arimatea.
   «La pace a Te, Maestro. C’ero e ho visto… Mannaen mi ha incontrato che uscivo dal Tempio disgustato a morte. E non poter intervenire, non poterlo fare, per esserti più utile, e… Oh! sei qui tu pure, Giuda di Keriot? Tu lo potresti fare, tu, amico di tanti! Non ne senti il dovere, tu, suo apostolo?».
   «Tu sei discepolo…».
   «No. Se lo fossi, sarei al suo seguito come vi sono altri. Sono un suo amico[22]».
   «È la stessa cosa».
   «No. Anche Lazzaro gli è amico, ma non vorrai dire che gli è discepolo…».
   «Nell’anima, sì».
   «Coloro che non sono dei satana sono tutti discepoli della sua parola, perché la sentono parola di Sapienza».
   Il piccolo battibecco fra Giuseppe e Giuda di Keriot si esaurisce intanto che Giuseppe di Sefori, comprendendo solamente ora che vi è stato del brutto, interroga questo e quello con interesse e con atti di dolore. «Ciò va detto a Giuseppe d’Alfeo! Ciò va detto. E incaricherò… Che vuoi da me, Giuseppe?», chiede volgendosi all’Anziano che gli tocca la spalla come per interrogarlo.
   «Nulla. Volevo soltanto felicitarmi con te per il tuo buon aspetto. Questo è un buon israelita. Fedele e giusto in tutto. Eh! io lo so. Di lui si può dire che Dio lo ha provato e conosciuto…».
   Altro busso alla porta. I due Giuseppe si avviano insieme verso il portone per aprirlo, e vedo che Giuseppe d’Arimatea si china a dire qualcosa all’orecchio dell’altro, che ha un moto di viva sorpresa e si volge per un momento a guardare verso gli apostoli. Poi apre l’uscio.

   509.3Nicodemo e Mannaen entrano, seguiti da tutti i pastori-discepoli presenti a Gerusalemme, ossia Gionata e i discepoli già del Battista. Poi, con loro, è il sacerdote Giovanni insieme ad un altro molto anziano, e Nicolai. E, in coda a tutti, Niche con la giovinetta che Gesù le ha affidato, e Annalia con la madre. Si levano il velo che le nasconde nel volto, e appaiono i loro volti turbati.
   «Maestro! Ma che ti accade? Ho saputo… Prima dalla gente che da Mannaen… La città è piena di questa voce come un alveare di ronzio. E chi ti ama accorre a cercarti dove pensa Tu sia. Certo anche in casa tua, Giuseppe, sono accorsi… Io stessa andavo alle case di Lazzaro… È troppo! Come ti sei salvato?».
   «La Provvidenza ha vegliato su Me. Non piangano le discepole ma benedicano l’Eterno e fortifichino il loro cuore. E a voi tutti, grazie e benedizioni. Non è tutto morto l’amore e la giustizia in Israele. E ciò mi conforta».
   «Sì. Ma non andare più al Tempio, Maestro. Per molto non andare, non andare!». Le voci sono concordi nel dire le parole, e l’affannoso «non andare» si ripercuote fra le mura robuste della vecchia casa con voce di supplice ammonimento.
   Il piccolo Marziale, nascosto chissà dove, sente quel rumore e, curioso, accorre mettendo il suo visetto nella fessura della tenda. E vedendo Maria va da lei, rifugiandosi fra le sue braccia per timore del rimprovero di Giuseppe di Sefori. Ma Giuseppe è troppo agitato ed occupato ad ascoltare questo e quello, a consigliare, ad approvare e così via, per occuparsi di lui, e lo vede soltanto quando il bambino, al quale la vecchia Maria ha detto qualcosa, va da Gesù e lo bacia gettandogli le braccia al collo. Gesù lo cinge con un braccio attirandolo a Sé, mentre risponde ai molti che gli dicono ciò che credono migliore a farsi.
   «No. Non mi muovo di qui. Da Lazzaro, che mi attendeva, andate voi a dire che non posso. Io, galileo e amico da anni della famiglia, resto qui fino al tramonto di domani. E poi… vedrò dove andare…».
   «Dici sempre così, e poi torni là. Ma non ti lasceremo più andare. Io almeno. Ti ho proprio creduto perduto…», dice Pietro e due lacrime gli si riformano all’angolo degli occhi sporgenti.

   509.4«Mai visto così. E basta. Ciò mi ha deciso. Se non mi rifiuti… Sono troppo vecchio per l’altare, ormai, ma per morire per Te sono valido ancora. E morirò, se occorre, fra il vestibolo e l’altare, come il saggio Zaccaria oppure Onia[23] difensore del Tempio e del Tesoro, morirò fuor dal sacro recinto al quale ho consacrato la mia vita. Ma Tu mi aprirai un luogo più santo! Oh! non posso più vedere l’abominio! Perché i miei vecchi occhi hanno dovuto vedere tanto? L’abominio visto dal Profeta è già dentro le mura, e sale, sale come un moto d’acque che la piena spinge a sommergere una città! Sale, sale! Invade i cortili e i portici, sormonta i gradini, penetra più avanti! Sale! Sale! Urta già contro il Santo! L’onda fangosa lambe le pietre che selciano il sacro luogo! Se ne offuscano i colori preziosi! Se ne insozza il piede del Sacerdote! Se ne bagna la tunica! Se ne intride l’efod! Se ne velano le pietre del razionale e non se ne possono più leggere le parole! Oh! Oh! Le onde dell’abominio salgono al volto del Sacerdote Sommo e l’imbrattano, e la Santità del Signore è sotto una crosta di fango, e la tiara è come panno caduto in gora fangosa. Fango! Fango! Ma sale da fuori, o dal sommo del Moria trabocca sulla città e su tutto Israele? Padre Abramo! Padre Abramo! Non volevi tu accendere là il fuoco del sacrifizio perché splendesse l’olocausto del cuore fedele? Ora fango gorgoglia dove doveva esser fuoco! Isacco è fra noi, e il popolo lo immola. Ma se pura è la Vittima… se pura è la Vittima… sozzi sono i sacrificatori. Anatema su noi! Sul monte il Signore vedrà l’abominio del suo popolo!… Ah!», e il vecchio, che è con il sacerdote Giovanni, si accascia al suolo coprendosi il volto con un desolato pianto di vecchio.
   «Te lo avevo condotto… È tanto che vuole… Ma oggi, dopo ciò che ha visto, nessuno più lo teneva… Il vecchio Matan (o Natan) ha sovente spirito profetico, e se la vista delle sue pupille sempre più si vela, la vista del suo spirito sempre più si illumina. Accetta il mio amico, Signore», dice il sacerdote Giovanni.
   «Non respingo alcuno. Alzati, sacerdote, e alza lo spirito. In alto non c’è fango. E fango non tocca chi sa stare in alto».
   Il vecchio si alza e, venerabondo, prima di farlo, prende il lembo estremo della veste di Gesù e la bacia.

   509.5Le donne, specie Annalia, piangono ancora emozionate nel loro velo, e le parole del vecchio aumentano il loro pianto. Gesù le chiama a Sé, ed esse vengono a testa china, dal loro angolino, vicino al Maestro. Se Niche e la madre di Annalia sanno soffocare il loro pianto tenendolo quasi celato, la giovane discepola singhiozza proprio, senza ritegno di chi la osserva con sentimenti diversi.
   «Perdonala, Maestro. Ella ti deve la vita e ti ama. Non può pensare che ti facciano del male. E poi è rimasta così… sola e così… triste dopo che…», dice la madre.
   «Oh! non è questo! No, non è questo! Signore! Maestro! Salvatore mio! Io… Io…». Annalia non riesce a parlare, parte per i singhiozzi, parte per vergogna, o altro.
   «Ha temuto rappresaglie perché discepola. Certo è per questo. Molti se ne vanno per questo…», dice l’Iscariota.
   «Oh! no! Meno ancora è per questo! Tu non capisci nulla, uomo, o presti ad altri il tuo pensiero. Ma Tu sai, Signore, di che piango. Ti ho temuto morto e che non ti fossi ricordato della promessa[24]…», finisce in un sospiro, dopo aver detto con forza le prime parole, ribellandosi all’insinuazione di Giuda.
   Gesù le risponde: «Io non dimentico mai. Non temere. Va’ alla tua casa. Tranquilla. Ad attendere l’ora del mio trionfo e della tua pace. Va’. Sta per calare il sole. Ritiratevi, donne. E la pace sia con voi».
   «Signore, io non vorrei lasciarti…», dice Niche.
   «L’ubbidienza è amore».
   «È vero, Maestro. Ma perché non io pure come Elisa?».
   «Perché tu mi sei utile qui come lei a Nobe. Va’, Niche, va’! Degli uomini scortino le donne perché non siano importunate».

   509.6Mannaen e Gionata si apprestano ad ubbidire. Ma Gesù ferma Gionata chiedendogli: «Tu dunque torni in Galilea?».
   «Sì, Maestro. Il giorno dopo il sabato. Mi manda il padro­ne».
   «Hai posto sul carro?».
   «Sono solo, Maestro».
   «Allora condurrai con te Marziam e Isacco. Tu, Isacco, sai cosa devi fare. E tu pure, Marziam…».
   «Sì, Maestro», rispondono i due, Isacco col suo mite sorriso, Marziam con un tremore di pianto nella voce e sulle labbra.
   Gesù lo carezza e Marziam, dimentico di ogni ritegno, gli si abbandona sul petto dicendo: «Lasciarti… ora che ti perseguitano tutti!… Oh! Maestro mio! Ti vedrò mai più!… Sei stato tutto il mio Bene. Tutto in Te ho trovato!… Perché mi mandi? Lasciami morire con Te! Che vuoi che più mi importi la vita, se non ho Te?».
   «Dico a te ciò che ho detto a Niche. L’ubbidienza è amore».

   509.7«Vado! Benedicimi, Gesù!». Gionata se ne va con Mannaen, Niche e le altre tre donne. Anche gli altri discepoli se ne vanno a gruppetti.
   È soltanto quando la stanza, prima sopraffollata, si vuota quasi, che si nota la mancanza di Giuda di Keriot. E molti se ne stupiscono, perché era lì poco avanti, né ha avuto alcun ordine.
   «Sarà andato a comperare per noi», dice Gesù per impedire commenti, e continua a parlare con Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, rimasti unici oltre gli undici apostoli e Marziam, che sta vicino a Gesù con l’avidità di goderlo in queste ultime ore. E Gesù è così fra Marziam, giovinetto, e Marziale, fanciullo, brunetti, magrolini, infelici nella fanciullezza ugualmente, e ugualmente raccolti in nome di Gesù da due buoni israeliti.
   Giuseppe di Sefori e la moglie si sono eclissati prudentemente per lasciare libero il Maestro.

   509.8Nicodemo chiede: «Ma chi è questo bambino?».
   «È Marziale. Un fanciullo che Giuseppe si è preso per fi­glio».
   «Non lo sapevo».
   «Nessuno, o quasi nessuno, lo sa».
   «Molto umile quest’uomo. Un altro avrebbe messo in vista il suo atto», osserva Giuseppe.
   «Lo credi?… Va’, Marziale. Conduci Marziam a vedere la casa…», dice Gesù. E, andati via i due, riprende a parlare: «Sei in errore, Giuseppe. Come è difficile giudicare con giustizia!».
   «Ma Signore! Raccogliere un orfano, perché certo è un orfano, e non vantarsene, è certo umiltà».
   «Il fanciullo, il nome lo dice, non è d’Israele…».
   «Ah! ora comprendo! Fa bene allora a tenerlo celato».
   «Ma è stato circonciso però…».
   «Non importa. Tu sai… Anche Giovanni di Endor lo era… Ma ti fu cagione di riprovazione. Giuseppe, galileo per giunta, potrebbe avere delle… noie, nonostante la circoncisione. Ci sono tanti orfani anche in Israele… Certo che con quel nome… e coll’aspetto…».
   «Come siete tutti “Israele”, anche i migliori! Come anche nel fare il bene non capite e non sapete essere perfetti! Non comprendete ancora che Uno solo è il Padre dei Cieli, ed ogni creatura ne è figlia? Non comprendete ancora che un unico premio o un unico castigo può l’uomo avere, e che sia veramente premio o castigo? Perché farvi schiavi della paura degli uomini? Ma questo è il frutto della corruzione della Legge divina, lavorata tanto, tanto oppressa da leggicole umane, da rendere ottuso ed oscuro anche il pensiero del giusto che la pratica. Nella Legge mosaica e perciò divina, in quella premosaica, e unicamente morale, o sorta per ispirazione celeste, è forse detto che chi non era d’Israele non poteva entrare a farvi parte? Non si legge[25] nella Genesi: “Quando fa otto giorni, ogni bambino maschio sia tra voi circonciso, tanto quello nato in casa come quello comprato, anche se non è della vostra stirpe, sia circonciso”? Questo era detto. Ogni altra aggiunta è vostra. L’ho detto a Giuseppe e a voi lo dico. Non avrà presto più eccessiva importanza la circoncisione antica. Una nuova, e più vera, verrà apposta e su più nobile parte. Ma finché la prima dura, e voi, per fedeltà al Signore, la apponete al maschio da voi nato, o da voi adottato, non vergognatevi di averlo fatto su carne di altra stirpe. La carne è del sepolcro, l’anima è di Dio. Si circoncide la carne non potendo circoncidere ciò che è spirituale. Ma il segno santo splende sullo spirito. E lo spirito è del Padre di tutti gli uomini. Meditate su questo».

   509.9Un silenzio, poi Giuseppe d’Arimatea si alza e dice: «Io vado, Maestro. Vieni domani da me».
   «No. È meglio che Io non venga».
   «Allora da me, nella casa sulla via dell’Uliveto per Betania. Vi è pace e…».
   «Neppure. Andrò nell’Uliveto. Per pregare… Ma il mio spirito cerca solitudine. Vogliatemi avere per scusato».
   «Come vuoi, Maestro. E… non andare al Tempio. La pace a Te».
   «La pace a voi».
   I due se ne vanno…
   «Io vorrei sapere dove è andato Giuda!», esclama Giacomo di Zebedeo. «Direi dai poveri. Ma qui è la borsa!».
   «Non ve ne occupate… Verrà…».
   Rientra Maria di Giuseppe con dei lumi, perché la luce non rompe più lo spessore di una lastra di mica messa a far da lucernario nello stanzone, e rientrano i due ragazzi.
   «Sono contento di lasciarti con uno che quasi ha il mio nome. Così, chiamando lui, ti ricorderai di me», dice Marziam.
   Gesù lo attira a Sé.
   Rientra anche Giuda al quale ha aperto la servente. Baldo, sorridente, franco! «Maestro, ho voluto vedere… La tempesta è sedata. E ho scortato le donne… Così paurosa quella vergine! Non ti ho detto nulla perché me lo avresti impedito, e io volevo vedere se c’era del pericolo per Te. Ma nessuno ci pensa più. Il sabato svuota le vie».
   «Va bene. Ora stiamo qui in pace e domani…».
   «Non vorrai già andare al Tempio!», gridano gli apostoli.
   «No. Alla sinagoga nostra. Da buoni galilei fedeli».

[22] suo amico, come in 505.1, dove è spiegata la differenza tra discepoli e amici di Gesù. Ma “l’amico” può essere “più che discepolo per il cuore”, come dice Gesù a Lazzaro in 135.2, ed è colui che “fa ciò che Io faccio”, come gli ripete in 581.5. La differenza tra discepoli e apostoli in 165.8.
[23] come il saggio Zaccaria oppure Onia, in: 2 Cronache 24, 17-22; 2 Maccabei 4, 30-35; abominio visto dal Profeta, in: Daniele 9, 27; 11, 31; 12, 11; accendere là il fuoco del sacrifizio, in: Genesi 22, 1-18 .
[24] promessa, chiesta e ottenuta in 156.5/6.
[25] si legge, in: Genesi 17, 12.