MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME VIII CAPITOLO 553



DLIII. Inizio del sabato ad Efraim. I ladroni dell'Adomin e il soccorso a tre bambini.

   11 gennaio 1947.

   553.1I dieci, stanchi e polverosi, rientrano nella casa. Alla donna che li saluta, aprendo loro la porta, chiedono subito: «Dove è il Maestro?».
   «Nel bosco, credo. A pregare come sempre. È uscito molto presto questa mattina e non è più tornato».
   «E nessuno è andato a cercarlo? Ma che fanno quei due?!», grida Pietro agitato.
   «Non ti inquietare, uomo. Fra noi è sicuro come in casa di sua Madre».
   «Sicuro! Sicuro! Ve lo ricordate il Battista? Fu sicuro?».
   «Non lo fu perché non seppe leggere il cuore di chi gli parlava. Ma se l’Altissimo permise questo per il Battista, certo non lo permetterà per il suo Messia. Tu lo devi credere più ancora di me, che sono donna e samaritana».
   «Maria ha ragione. Ma dove è andato di preciso?».
   «Non lo so. Ora va da un lato, ora dall’altro. Talvolta solo, talaltra con i bambini che lo amano tanto. Insegna loro a pregare vedendo Dio in tutte le cose. Ma forse oggi è solo, poiché non è venuto a sesta. Quando ha con Sé i bambini torna, perché essi sono uccellini che vogliono l’imbeccata alle ore giu­ste…», sorride la vecchietta, ricordando forse i suoi dieci figli, e poi sospira… anche, perché gioie e dolori sono in tutti i ricordi della vita.
   «E Giuda e Giovanni dove sono?».
   «Alla fonte Giuda. A far legna Giovanni. Le ho finite perché ho lavato le vesti di tutti per darvele pulite quando parti­te».
   «Dio ti compensi, madre. Molto lavoro per noi…», dice Tommaso posandole una mano sulla spalla magra e curva come per carezzarla.
   «Oh!… Non è fatica. È come riavessi i miei figli…», sorride ancora con un luccichio negli occhi infossati di vecchierella.

   553.2Rientra Giovanni sotto un gran fascio di legna, e pare che il corridoio piuttosto tetro si rischiari con la sua venuta. Ho sempre notato la luminosità che sembra accendersi dove è Giovanni. Il suo sorriso così dolce, franco, di fanciullo, il suo occhio limpido e ridente come un bel cielo d’aprile, la sua voce gioconda nel saluto affettuoso ai compagni, sono come un raggio di sole o un arcobaleno di pace. Tutti lo amano, meno Giuda di Keriot, che non so se lo ami o se lo odi, ma certo lo invidia e sovente lo prende in giro, talora lo offende. Ma per ora Giuda non c’è.
   Lo aiutano a posare il suo carico e gli chiedono dove può essere Gesù. Anche Giovanni si allarma un poco del ritardo. Ma, più fidente in Dio degli altri, dice: «Il Padre suo lo preserverà dal male. Dobbiamo credere nel Signore». E aggiunge: «Ma venite. Siete stanchi e polverosi. Vi abbiamo tenuti pronti cibi e acque calde. Venite, venite…».

   553.3Rientra anche Giuda di Keriot con le sue brocche gocciolanti. «Pace a voi. Vi è stato facile il viaggio?», chiede, ma non è bontà nella sua voce. Essa è intrisa di scherno e di malcontento.
   «Sì. Abbiamo cominciato dalla Decapoli».
   «Per paura di essere presi a sassate, o per quella di contaminarvi?», chiede con ironia l’Iscariota.
   «Né l’una né l’altra cosa. Ma per prudenza di principianti. E l’ho proposta io che, non sia per rimproverarti di nulla, sono incanutito sulle pergamene», dice Bartolomeo.
   Giuda non ribatte nulla. Se ne va dalla cucina, dove i ritornati si ristorano con quanto è preparato.
   Pietro guarda l’Iscariota che se ne va e scrolla il capo. Ma non parla. Il Taddeo invece prende Giovanni per una manica e chiede: «Come è stato in questi giorni? Sempre così inquieto? Sii sincero…».
   «Sincero sempre, Giuda. Ma ti assicuro che non diede dolore. Il Maestro sta quasi sempre isolato. Io sto con la vecchia madre che è tanto buona, e ascolto chi viene per parlare al Maestro e poi glielo dico. Giuda invece va per il paese. Si è fatto delle amicizie… Che volete! Egli è così… Non sa stare quieto come sapremmo stare noi…».
   «Per me faccia ciò che vuole. Mi basta che non dia dolore».
   «No. Questo no. Si annoia certo.

   553.4Ma… Ecco il Maestro! Ne sento la voce. Parla con qualcuno…».
   Corrono fuori e vedono Gesù che viene avanti, nel crepuscolo che scende, con due bambini in braccio e uno attaccato alla veste, e li rincuora perché piangono.
   «Dio ti benedica, Maestro! Ma da dove vieni così tardi?».
   Gesù, entrando in casa, risponde: «Dai ladroni vengo. E ho fatto preda Io pure. Ho camminato oltre il tramonto, ma il Padre mio me ne assolverà, perché ho compiuto un atto di misericordia… Prendi, Giovanni, e tu, Simone… Ho le braccia rotte… e sono proprio stanco». Si siede su uno sgabello presso il camino. Sorride, stanco ma felice.
   «Dai ladroni? Ma dove sei stato? Chi sono questi fanciulli? Ma hai mangiato? Dove eri? Non è prudente stare fuori così a buio e così lontano!… Eravamo in pensiero. Non eri nel bosco?», parlano tutti insieme.
   «Non ero nel bosco. Sono andato verso Gerico…».
   «Imprudente! Su quelle vie puoi trovare chi ti odia!», rimprovera il Taddeo.
   «Ho fatto il sentiero che ci hanno insegnato. Erano giorni che volevo andare là… Vi sono infelici da redimere. A Me nulla potevano farmi di male. E sono andato in tempo per questi fanciulli. Date loro da mangiare. Credo siano quasi digiuni, perché avevano paura dei ladroni. E Io non avevo cibo con Me. Avessi trovato un pastore almeno!… Ma il prossimo sabato aveva già fatto deserti i pascoli…».

   553.5«Già! Soltanto noi non rispettiamo il sabato da qualche tempo…», osserva Giuda di Keriot, sempre tagliente.
   «Come parli? Cosa insinui?», gli chiedono.
   «Dico che sono due sabati che noi lavoriamo dopo il tramonto».
   «Giuda, tu sai perché dovemmo camminare lo scorso sabato. Il peccato non è sempre di chi lo compie, ma anche di chi forza a compierlo. E oggi… Lo so. Tu vuoi dirmi che anche oggi ho violato il sabato. Ti rispondo che, se grande è la legge del riposo sabatico, grandissimo è il precetto dell’amore. Non sono tenuto a giustificarmi ai tuoi occhi. Ma lo faccio per insegnarti la mansuetudine, l’umiltà e la grande verità che davanti ad una necessità santa si deve saper applicare la legge con agilità di spirito. La nostra storia ha episodi di questa necessità. Sono andato all’aurora verso i monti Adonim, perché so che là ci sono dei disgraziati che hanno il delitto per lebbra sull’anima. Speravo incontrarli, parlare a loro, tornare avanti il tramonto. Li ho trovati. Ma non ho potuto fare loro il discorso prefisso, perché c’erano altre cose da dire… Essi avevano trovato questi tre fanciullini piangenti sulla soglia di un povero ovile della pianura. Erano scesi di notte per rubare gli agnelli e anche per uccidere, se il pastore avesse fatto resistenza. La fame è brutta sui monti nell’inverno… E quando è patita da cuori crudeli, fa gli uomini più feroci dei lupi. Questi bambini erano dunque là, insieme ad un pastorello di poco più grande di loro e spaurito come loro. Il padre dei fanciulli, non so per qual ragione, era morto nella notte. Forse era stato morso da qualche animale, o gli aveva fallito il cuore… Era freddo sulla paglia presso le pecore. Se ne accorse il figlio più grande che gli dormiva a lato. Cosicché i ladroni, in luogo di fare un eccidio, trovarono un morto e quattro fanciulli piangenti. Lasciarono il morto e spinsero avanti le pecore e il pastorello e, poiché anche nei più biechi vi può essere una pietà tenace a morire, raccolsero anche i bambini… Io li trovai che si consultavano sul da farsi. I più feroci volevano uccidere il decenne pastorello, pericoloso testimone del loro furto e del loro rifugio; i meno duri volevano rimandarlo con minacce, trattenendo il gregge. Tutti volevano, poi, tenersi i fanciullini».
   «Per farne che? Ma non hanno famiglia?».
   «La madre è morta. Per questo il padre se li era portati seco ai pascoli invernali, e ora risaliva, attraversando questi monti, alla sua casa deserta. Potevo lasciare i piccoli ai ladroni perché li facessero simili a loro? Ho parlato… In verità vi dico che mi hanno compreso più di molti altri. Compreso tanto che mi hanno rilasciato i fanciulli e domani accompagneranno il pastorello sulla via di Sichem. Perché in quelle campagne stanno i fratelli della madre di costoro. Intanto Io ho raccolto i fanciulli. Li terrò con noi sino all’arrivo dei parenti».
   «E Tu ti illudi che i ladroni…», dice l’Iscariota e ride…
   «Io sono certo che essi non torceranno un capello al piccolo pastore. Sono dei disgraziati. Non dobbiamo giudicare il perché lo sono. Ma dobbiamo cercare di salvarli. Un atto buono può essere il principio della loro salvezza…». Gesù china il capo, assorto in chissà che pensiero.

   553.6Gli apostoli e la vecchietta parlano e compassionano fra di loro e si danno da fare per confortare i fanciullini spauriti…
   Gesù alza il capo al pianto del più piccolo, un brunettino di sì e no tre anni, e dice a Giacomo che si affanna inutilmente a volergli dare del latte: «Da’ a Me il fanciullo e va’ a prendere la mia sacca…», e sorride perché il bambino si quieta sulle sue ginocchia e beve il suo latte avidamente per quanto prima lo respingeva. Gli altri, più grandicelli, mangiano la zuppa che è loro posta davanti, ma lacrime scendono dai loro occhi.
   «Mah! Quante miserie! Ecco! Che noi si soffra è giusto, ma gli innocenti!…», dice Pietro che non può vedere soffrire i bambini.
   «Sei un peccatore, Simone. Tu fai rimproveri a Dio», osserva l’Iscariota.
   «Sarò un peccatore. Ma non faccio rimprovero a Dio. Dico soltanto… Maestro, perché devono soffrire i bambini? Essi non hanno dei peccati».
   «Tutti ne hanno dei peccati, almeno quello originale», dice l’Iscariota.
   Pietro non gli risponde. Aspetta la risposta di Gesù.
   E Gesù, che ninna il bambino ormai sazio e assonnato, risponde: «Simone, il dolore è la conseguenza della colpa».
   «Va bene. Allora… dopo che Tu avrai levato la colpa, i fanciulli non soffriranno più».
   «Soffriranno ancora. Non te ne fare scandalo, Simone. Il dolore e la morte saranno sempre sulla Terra. Anche i più puri soffrono e soffriranno. Anzi, saranno quelli che soffriranno per tutti. Le ostie propizievoli al Signore».
   «Ma perché? Non lo capisco…».
   «Molte sono le cose che non sono capite sulla Terra. Sappiate credere almeno che sono cose volute dall’Amore perfetto. E quando la Grazia restituita agli uomini farà, dei più santi fra gli uomini, i conoscitori delle verità nascoste, allora si vedrà che proprio i più santi vorranno essere vittime, perché avranno compreso la potenza del dolore…

   553.7Il fanciullino dorme. Maria, lo porti con te?».
   «Certamente, Maestro. Fanciullo spaurito, sonno breve e molto pianto, e a uccello senza nido è necessaria ala materna, noi si dice. È grande il mio letto, ora che è occupato da me sola. Io vi porterò i fanciulli e veglierò su loro. Anche questi stanno per dimenticare nel sonno il loro dolore. Venite, ché li portiamo al riposo».
   Raccoglie il piccolino dal grembo di Gesù e, seguita da Pietro e Filippo, se ne va, mentre torna Giacomo di Zebedeo con la borsa di Gesù.
   Gesù l’apre e vi fruga dentro. Estrae una veste pesante, la spiega, ne considera l’ampiezza. Non è soddisfatto. Cerca il mantello scuro come la veste. Li ripone da parte e chiude la borsa rendendola a Giacomo.
   Torna Pietro con Filippo. La vecchierella è rimasta coi tre bambini, e Pietro vede subito le vesti spiegate da una parte. Dice: «Vuoi cambiarti la veste, Maestro? Stanco come sei, un bagno caldo ti dovrebbe ristorare. Vi è acqua e ti scalderemo le vesti, e poi ceneremo e andremo al riposo. Questa storia dei poveri bambini mi ha tutto commosso…».
   Gesù sorride ma non risponde a tono. Dice soltanto: «Lodiamo il Signore che mi ha condotto in tempo per salvare gli innocenti». Poi tace, stanco…
   Rientra la vecchietta con le vesticciuole dei bambini. «Andrebbero cambiate… Sono rotte e fangose… Ma non ho più le vesti dei miei figli per sostituirle. Le laverò domani…».
   «No, madre. Finito il sabato, tu cucirai tre piccole vesti in queste mie…».
   «Ma Signore, sai che hai ormai solo tre vesti? Se ne dài via una, con che resti? Non c’è qui Lazzaro, come quella volta del mantello alla lebbrosa!», dice Pietro.
   «Lascia fare. Due ne restano, e sono già troppe per il Figlio dell’uomo. Prendi, Maria. Domani al tramonto comincerai il tuo lavoro, e il Perseguitato avrà la gioia di soccorrere il povero di cui comprende gli affanni».