MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VIII CAPITOLO 508



DVIII. Giovanni sarà la luce del Cristo fino alla fine dei tempi. Il piccolo Marziale-Manasse accolto da Giuseppe di Sefori.

   7 ottobre 1946.

   508.1La casa di Giuseppe non è quella di Giuseppe d’Arimatea, ma quella di un vecchio galileo di Sefori, amico dei figli di Alfeo e specie dei più anziani, perché era amico, forse anche un poco parente, col vecchio e ormai defunto Alfeo. E, se non erro, è anche molto in relazione coi figli di Zebedeo per il commercio del pesce secco, che dal lago di Genezaret viene importato nella capitale insieme ad altri prodotti della Galilea, cari ai galilei spaesati in Gerusalemme. Così deduco dai discorsi che fanno i due figli di Alfeo e Giovanni a Tommaso.
   Gesù invece è un poco indietro con Mannaen, al quale dà l’incarico di andare da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo pregandoli di recarsi da Lui. Cosa che Mannaen fa subito. Gesù si riunisce ancora un momento coi tre per raccomandare ancora di essere prudenti nel parlare «per amore verso il levita che li ha messi in salvo», poi si separa e a passi lunghi si dirige per una vietta…

   508.2Ma lo raggiunge presto Giovanni.
   «Perché sei venuto?».
   «Non potevamo lasciarti così solo… e sono venuto io».
   «E credi che potresti difendermi da solo contro tanti?».
   «Non ne sono sicuro. Ma almeno morirei prima di Te. E mi basterebbe».
   «Morirai molto tempo dopo di Me, Giovanni. Ma non te ne rammaricare. Se l’Altissimo ti lascia nel mondo è perché tu lo serva e serva il suo Verbo».
   «Ma dopo…».
   «Dopo servirai. Quanto dovresti vivere per servirmi come i due nostri cuori vorrebbero. Ma anche dopo morto mi ser­vi­rai».
   «Come farò, Maestro mio? Se sarò con Te in Cielo ti adorerò. Ma non potrò servirti sulla Terra quando l’avrò lascia­ta…».
   «Lo credi proprio? Ebbene Io ti dico che tu mi servirai sino alla nuova mia venuta, a quella finale. Molte cose si inaridiranno prima dell’ultimo tempo, così come fiumi che si disseccano e, da bel corso d’acqua azzurra e salutare, divengono terriccio polveroso e pietroni aridi. Ma tu sarai ancora fiume suonante la mia parola e riflettente la mia luce. Sarai la suprema luce che resta a ricordare Cristo. Perché sarai luce tutta spirituale, e gli ultimi tempi saranno lotta di tenebre contro luce, di carne contro spirito. Quelli che sapranno perseverare nella fede troveranno forza, speranza, conforto in ciò che tu lascerai dopo di te, e che sarà ancora te… e che soprattutto sarà ancora Me, perché Io e te ci amiamo, e dove tu sei Io sono, e dove Io sono tu sei. Ho promesso a Pietro che la Chiesa, che avrà a capo e a base la mia Pietra, non sarà scardinata dall’Inferno nei suoi ripetuti e sempre più feroci assalti, ma ora ti dico che ciò che sarà ancora Io, e che tu lascerai a luce per chi cerca la Luce, non sarà distrutto nonostante che l’Inferno, con ogni maniera, cercherà di annullarlo. Anzi, più! Anche coloro che crederanno in Me imperfettamente, perché pur accogliendo Me non accoglieranno il mio Pietro[19], saranno sempre accorrenti al tuo faro come navicelle senza pilota e senza bussola, che si dirigono fra la loro tempesta verso una luce, perché luce vuol dire ancora salvezza».
   «Ma che lascerò, Signor mio? Io sono… povero… ignorante… Non ho che l’amore…».
   «Ecco: lascerai l’amore. E l’amore per il tuo Gesù sarà parola. E molti, molti, anche fra quelli che non saranno della mia Chiesa, che non saranno di nessuna chiesa, ma che cercheranno una luce e un conforto per aculeo dello spirito insoddisfatto, per bisogno di una compassione nelle pene, verranno a te e troveranno Me».
   «Vorrei che i primi a trovare Te fossero questi crudeli giudei, questi farisei e scribi… Ma non servo a tanto…».
   «Non entra cosa alcuna dove già è ripienezza. Ma non ti sconfortare. Tu…

   508.3Ma eccoci da Giuseppe. Bussa ed entriamo».
   È una casa stretta e alta, con a lato un fondaco basso e graveolente di mercanzie accatastate; e a fianco di questo un cortile, oscuro per le muraglie che lo sovrastano, un cortile dall’a­spet­to quasi di albergo, come erano allora gli alberghi: portici per le merci, stalle per i ciuchi, e stanzucce per gli ospiti o cameroni. Qui vi è un cortile selciato in mal modo, una vasca, due stalle basse e scure, una rustica tettoia che fa da portico, addossata alla casa, e con una portaccia che dà nel fondaco. Poi, oltre questo, la casa che ho detto, vecchia, scura, con una porta alta e stretta che si apre su tre gradini di pietra consunta dal­l’uso.
   Giovanni bussa alla porta e attende finché uno spioncino si apre e un viso rugoso di vecchia scruta dalla penombra: «Oh! Giovanni! Apro subito. Dio sia con te», dice la bocca appartenente a quel viso rugoso, e la porta si apre con molto rumore di chiavistelli.
   «Non sono solo, Maria. Ho con me il Maestro».
   «La pace anche a Lui, onore di Galilea, e felice il giorno che porta i piedi del Santo fra le mura di un vero israelita. Entra, Signore. Vado subito ad avvertire Giuseppe. Sta facendo le ultime consegne perché è sollecito il tramonto nel triste etamin».
   «Lascialo al suo lavoro, donna. Sosteremo qui sino a domani».
   «Grande gioia per noi. Ti attendevamo da tempo. E anche giorni or sono tuo fratello Giuseppe ha mandato a chiedere notizie di Te. Ma il mio sposo ti dirà meglio. Ecco, qui puoi sostare… E ti lascio, Signore, perché sto ultimando il pane. Prima che sia il tramonto deve esser cotto. Se vuoi cosa alcuna, Giovanni sa dove trovarmi».
   «Va’ in pace. Non ci occorre nulla fuorché di ospitarci».

   508.4Restano soli per qualche tempo. Poi un visetto bruno spunta da dietro la tenda che separa la stanza da un corridoio, e sbircia, timoroso e curioso insieme.
   «Chi è quel fanciullo?», chiede Gesù a Giovanni.
   «Non so, Signore. Non c’era le altre volte. Vero è che da quando sono con Te, qui, per mio padre, non sono più venuto. Vieni qui, fanciullo».
   Il bambino viene avanti a piccoli passi.
   «Chi sei?».
   «Non te lo dico».
   «Perché?».
   «Non voglio sentirmi dire brutte parole. Se le dici ti rispondo, e Giuseppe non vuole».
   «Questa è nuova! Maestro, che ne dici?», e Giovanni ride divertito delle ragioni dell’ometto.
   Anche Gesù sorride, ma alza la mano ad attirare a Sé il fanciullo e lo osserva. Poi dice: «E tu sai chi sono?».
   «Sì che lo so! Sei il Messia. Quello che farà tutto il mondo suo, e allora non si diranno più brutte parole ai bambini come me».
   «Non sei d’Israele, vero?».
   «Sono circonciso… e ha fatto molto male. Ma… ma faceva male anche la fame e… non avere più mamma… e nessuno… Però fa male ancora sentire che si… che ci…», piange avendo perduto tutta la primitiva baldanza.
   «Deve essere qualche orfano straniero, Giovanni. Giuseppe lo deve aver raccolto per pietà e fatto circoncidere…», spiega Gesù a Giovanni, stupito delle ragioni e del pianto.

   508.5E Gesù alza il fanciullo di peso e se lo mette sulle ginocchia. «Dimmi il tuo nome, bambino. Io ti voglio bene. Gesù vuole bene a tutti i fanciulli e specie agli orfanelli. Ne ho uno anche Io che si chiama Marziam e che…».
   «Anche io così, perché io (la piccola voce si fa sussurro appena percettibile) perché io sono romano…».
   «Te lo avevo detto! E sei orfano, vero?».
   «Sì… Mio padre io non lo ricordo. La mamma sì. È morta che ero già grande… e sono rimasto solo, e nessuno mi voleva. Da Cesarea a piedi dietro i viandanti dopo che il padrone è tornato via, lontano. E tanta fame. E se dicevo il nome, busse… Perché si capiva dal nome, eh?! Poi sono venuto qui, per una festa, e avevo fame. Sono entrato nelle stalle con una carovana e mi sono nascosto nella paglia a mangiare le biade e carrube degli asini. E un asino mi ha morsicato e ho gridato, e sono corsi e mi volevano picchiare. Ma Giuseppe ha detto: “No. Egli lo ha fatto[20], e dice di fare ciò che Egli fa. E io prendo il fanciullo e lo farò israelita”. E mi ha preso e curato insieme a Maria e mi ha messo un altro nome perché il mio… Ma la mamma mi chiamava Marziale…», e le lacrime tornano a gocciare.
   «E Io ti chiamerò Marziale come la mamma. È molto buono ciò che ha fatto Giuseppe. Tu gli devi volere molto bene».
   «Sì. Ma di più a Te. Lo dice lui. Dice sempre: “Se un giorno incontrerai Gesù di Nazaret, il Messia, amalo con tutto te stesso, perché è per Lui che sei salvato dall’errore”. Maria diceva di là, alla serva, che era in casa il Messia, e sono venuto a vedere chi mi ha salvato».
   «Non sapevo che Giuseppe avesse fatto questo. Era così… avaro… Mai avrei pensato che potesse… Povero Giuseppe! Avaro e disgustato dei suoi figli. Non hanno rispettato i suoi capelli bianchi».
   «Lo so. Ma vedi? Forse in questo fanciullo egli si rinnova… e dimentica. Dio lo compensa così dell’opera fatta verso il fanciullo. Come ti chiami, adesso?».
   «Con un brutto nome. Non mi piace altro perché principia come il mio. Manasse mi chiamo!… Ma Maria, che capisce, mi chiama “Man”». E il fanciullo lo dice con un visetto così desolato che Gesù e Giovanni non possono trattenersi dal sorridere.
   Ma Gesù, per consolarlo, spiega: «Manasse è un nome dal dolce significato[21] per noi. Vuol dire: il Signore mi ha fatto dimenticare ogni dolore. Giuseppe te lo ha messo perché si è voluto dire che tu gli farai dimenticare ogni suo dolore. E tu lo farai, fanciullo, per essergli riconoscente. Tu stesso, col nuovo nome, ti dici che il Signore ti ha tanto amato che ti ha ridato un padre, una madre e una casa. Non è vero?».
   «Sì. Spiegato così, sì… Ma Giuseppe dice che devo dimenticare anche la mia casa. Io non voglio dimenticare la mamma!».
   Gesù guarda Giovanni, e Giovanni guarda il Maestro, e al di sopra della testolina bruna vi è tutto un discorso di sguardi…
   «La mamma non va dimenticata, fanciullo. Giuseppe si è spiegato male, o meglio, tu hai capito male. Certo voleva dire che tu devi dimenticare tutto il dolore del tuo passato, il dolore della tua casa, perché ora hai questa e devi essere felice».
   «Ah! così sì. E Maria è buona e mi fa felice. Anche ora mi fa le focacce. Vado a vedere se sono cotte e le porto anche a Te», e scivola giù dai ginocchi di Gesù correndo fuori della stanza. Il rumore dei piedini scalzi si sperde nel lungo corridoio.
   «Sempre questa tendenza dura anche nei migliori fra noi! Pretendere l’impossibile! Sono più severi di Dio i figli del suo popolo! Povero fanciullo! Si può forse pretendere che un figlio dimentichi la madre perché ora egli è circonciso? Lo dirò a Giuseppe».
   «Non sapevo proprio che avesse fatto questo. Mio padre, come molti galilei, scende qui, nelle feste. E non me ne ha parlato come non sapesse la cosa…

   508.6Ma sento la voce di Giuseppe…».
   Gesù si alza in piedi e Giovanni lo imita, pronti a salutare, coi dovuti onori, il padrone di casa, che entra e che a sua volta si sprofonda in inchini finendo ad inginocchiarsi ai piedi di Gesù.
   «Alzati, Giuseppe. Sono venuto. Lo vedi».
   «Perdona se ti ho fatto attendere. Il venerdì è sempre un gran giorno! Salute a te, Giovanni. Hai notizie di Zebedeo?».
   «No, dai Tabernacoli, nei quali lo vidi».
   «Allora sappi che sta bene e così Salome. Notizie fresche. Di questa mattina. Con l’ultimo carico di pesce. E anche a Te, Maestro, posso dire che i parenti stanno tutti bene a Nazaret. Il dì dopo il sabato partirà chi venne. Se volete mandare notizie… Siete soli?».
   «No. Fra poco saranno qui gli altri…».
   «Bene! Vi è posto per tutti. È casa fedele. Mi spiace che Maria sia stata occupata col pane e io colle vendite. Lasciati così soli… Abbiamo mancato di farti onore e compagnia come si conviene all’ospite. E grande ospite!».
   «Un figlio di Dio come te, Giuseppe. Tutti uguali coloro che seguono la Legge di Dio».
   «Eh! no. Tu sei Tu. Non sono stolto come questi giudei. Tu sei il Messia!».
   «Ciò per volere di Dio. Ma per mio volere e dovere sono come te figlio della Legge».
   «Eh! quelli che ti calunniano non sanno dire e fare ciò che Tu ora dici e sempre fai!».
   «Tu però molto fai di ciò che Io insegno.

   508.7Ho visto il fanciullo, Giuseppe…».
   «Ah! lo hai visto? È venuto! Sa che non voglio! Per Te… ho piacere. Ma potevi non essere Te…».
   «E allora? Che sarebbe accaduto?».
   «Che… non ho piacere, ecco!».
   «Perché, Giuseppe? Per non averne lode? È encomiabile il tuo pensiero. Ma il fanciullo potrebbe pensare che tu ti vergogni di mostrarlo…».
   «Ed è vero!».
   «È vero? Perché? Spiegami la cosa».
   «Ecco. Il fanciullo non è nato ebreo da ebrei, neppure da proseliti, neppure da donna ebrea e padre gentile. È figlio di due romani, liberti in casa di un romano che era a Cesarea Marittima. Si era tenuto il fanciullo finché rimase lì. Ma partendo non se ne curò e rimase solo. Gli ebrei, naturalmente, non lo accolsero. I romani… Cosa sono i romani Tu lo sai… E quei romani, poi, di Cesarea! Il fanciullo, mendicando…».
   «Sì, lo so. È giunto qui e tu lo hai accolto. Dio ha segnato il tuo atto in Cielo».
   «E ne ho fatto un circonciso! E gli ho cambiato il nome. Il suo! Pagano! Idolatra! Ma non voglio si faccia vedere e che ricordi il suo passato».
   «Perché, Giuseppe?», chiede dolcemente Gesù e continua: «Il fanciullo soffre di questo. Ricorda la madre. È comprensibile!».
   «Ma è comprensibile anche il mio desiderio di non essere criticato per avere accolto un…».
   «Un innocente. Nulla più che questo, Giuseppe. Perché temi il giudizio degli uomini quando un più alto giudizio, quello divino, sancisce il tuo atto come santo? Perché ti vergogni, per rispetto umano, o per timore di rappresaglie, di un’azione buona? Perché vuoi dare al fanciullo un esempio di doppiezza quale quello che sorge dall’avergli cambiato nome, dal soffocare il passato per tema di averne danno? Perché vuoi inculcare al fanciullo il disprezzo del padre e della madre? Vedi, Giuseppe, tu hai fatto un’azione degna di lode, ma la copri di polvere con queste… idee imperfette. Tu hai imitato un mio gesto. Hai accolto le mie parole. Ciò è bene. Ma perché non rendi perfetta la mia imitazione col compiere francamente l’opera e dire: “Sì. Il fanciullo era romano. E io non ne ho avuto ribrezzo, perché egli è figlio del Creatore così come noi. Soltanto l’ho voluto nella nostra Legge e l’ho circonciso”? Veramente… la vera circoncisione sta per venire e il nuovo taglio sarà sul cuore degli uomini, dal quale verrà asportato lo strozzante anello della concupiscenza triplice, e perciò, se anche il fanciullo fosse rimasto un innocente fino a quel momento… Ma non ti voglio rimproverare per questo. Hai fatto bene, tu ebreo, a farlo ebreo. Però lasciagli il suo nome. Oh! in futuro quanti Marziale, e Caio, e Felice, e Cornelio, e Claudio, e così via, saranno del Cristo e del Cielo! Può esserci anche lui, il fanciullo che non sa di ebrei e di gentili, che giungerà ad essere eternamente maggiorenne quando la vera e la nuova Legge sarà fondata col nuovo Tempio e i nuovi sacerdoti, e non come tu credi, ma esaminato da Dio e trovato degno del suo vero Tempio. Lascialo col nome che sua madre gli ha dato. È ancora una carezza materna per lui. Capisco ciò che hai voluto dire col dirlo Manasse. Ma lascialo Marziale. E a chi ti interroga di’ pure: “Sì. È Marziale. Quasi come il discepolo del Cristo al quale ha dato quel nome Maria”. Abbi coraggio nel bene, Giuseppe. E sarai grande, tanto grande».
   «Maestro… come Tu vuoi. Io non ti voglio disgustare. E credi che… ho fatto bene anche come uomo?».
   «Hai fatto bene. Il tuo dolore ti ha fatto buono. Perciò tutto è bene ciò che hai fatto. E bene è questo atto».
   Dei picchi alla porta di strada interrompono la conversazione.

[19] … non accoglieranno il mio Pietro… Su una copia dattiloscritta MV annota: Allude ai protestanti futuri .
[20] Egli lo ha fatto… è detto con riferimento a Gesù che raccolse l’orfano Jabé, poi chiamato Marziam, dando un esempio da imitare.
[21] significato, già visto in 364.9, che è in: Genesi 41, 51.