MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VIII CAPITOLO 545



DXLV. l servo di Betania riferisce a Gesù il messaggio di Marta. Predizione a Simon Pietro su Roma cristiana.

   22 dicembre 1946.

   545.1È già l’imbrunire quando il servo, risalendo le boschive del fiume, sprona il cavallo fumante di sudore a superare il dislivello che in quel punto è fra il fiume e la via del paese. La povera bestia palpita nei fianchi per la corsa veloce e lunga. Il mantello nero è tutto marezzato di sudore e la spuma del morso ha spruzzato il petto di bianco. Sbuffa inarcando il collo e scuotendo il capo.
   Eccolo nella vietta. La casa è presto raggiunta. Il servo balza al suolo, lega il cavallo alla siepe, dà la voce.
   Dal dietro della casa si sporge la testa di Pietro, e la sua voce un po’ aspra chiede: «Chi chiama? Il Maestro è stanco. Sono molte ore che non ha pace. È quasi notte. Tornate domani».
   «Non voglio nulla dal Maestro, io. Sono sano e non ho che da dirgli una parola».
   Pietro viene avanti dicendo: «E da parte di chi, se si può chiederlo? Senza riconoscimento sicuro, io non faccio passare nessuno, e specie chi puzza di Gerusalemme come te». È venuto avanti lentamente, più insospettito della bellezza del morello riccamente bardato che dell’uomo. Ma quando gli è viso a viso ha un atto di stupore: «Tu? Ma non sei un servo di Lazzaro, tu?».
   Il servo non sa che dire. La padrona gli ha detto di parlare soltanto con Gesù. Ma l’apostolo sembra ben deciso a non farlo passare. Il nome di Lazzaro, egli lo sa, è potente presso gli apostoli. Si decide a dire: «Sì. Sono Giona, servo di Lazzaro. Devo parlare al Maestro».
   «Sta male Lazzaro? È lui che ti manda?».
   «Sta male, sì. Ma non mi fare perdere tempo. Devo tornare indietro al più presto». E per decidere[101] Pietro dice: «Ci furono i sinedristi a Betania…».
   «I sinedristi!!! Passa! Passa!», e apre il cancello dicendo: «Ritira il cavallo. Gli daremo da bere e dell’erba, se vuoi».
   «Ho la biada. Ma un poco d’erba non farà male. L’acqua dopo, prima gli farebbe male».

   545.2Entrano nello stanzone dove sono i lettucci e legano la bestia in un angolo per tenerla riparata dall’aria; il servo la copre con la coperta che era legata alla sella, gli dà la biada e l’erba che Pietro ha preso non so dove. E poi tornano fuori e Pietro guida il servo nella cucina e gli dà una tazza di latte caldo, preso da un paiolino che è presso il fuoco acceso, in luogo dell’acqua che il servo aveva chiesto.
   Mentre il servo beve e si ristora al fuoco, Pietro, che è eroico nel non fare domande curiose, dice: «Il latte è meglio dell’acqua che volevi. E posto che ce lo abbiamo! Hai fatto tutta una tappa?».
   «Tutta una tappa. E così farò al ritorno».
   «Sarai stanco. E il cavallo ti resiste?».
   «Lo spero. E poi, al ritorno, non galopperò come nel veni­re».
   «Ma presto è notte. Comincia già ad alzarsi la luna… Come farai al fiume?».
   «Spero arrivarci prima che essa tramonti. Altrimenti sosterò nel bosco sino all’alba. Ma arriverò prima».
   «E dopo? Lunga è la via dal fiume a Betania. E la luna cala presto. È ai suoi primi giorni».
   «Ho un buon fanale. Lo accenderò e andrò piano. Per piano che vada, mi avvicinerò sempre a casa».
   «Vuoi del pane e formaggio? Ne abbiamo. E anche pesce. L’ho pescato io. Perché oggi sono rimasto qui, io e Toma. Ma ora Toma è andato a prendere il pane da una donna che ci aiuta».
   «No. Non ti privare di nulla. Ho mangiato per via, ma avevo sete e anche bisogno di cose calde. Ora sto bene. Ma vuoi andare dal Maestro? C’è in casa?».
   «Sì, sì. Se non ci fosse stato te lo avrei detto subito. È di là che riposa. Perché viene tanta gente qui… Ho persino paura che la cosa faccia chiasso e vengano a disturbare i farisei. Prendi ancora un po’ di latte. Tanto dovrai lasciar mangiare il cavallo… e farlo riposare. I suoi fianchi sbattevano come una vela mal tesa…».
   «No. Il latte vi occorre. Siete tanti».
   «Sì. Ma, meno il Maestro che parla tanto da avere stanco il petto, e i più vecchi, noi robusti mangiamo cose che fanno lavorare il dente. Prendi. È quello delle pecorine lasciate dal vecchio. La donna, quando siamo qui, ce lo porta. Ma, se ne vogliamo di più, tutti ce lo danno. Ci vogliono bene, qui, e ci aiutano.

   545.3E… di’ un po’: erano tanti i sinedristi?».
   «Oh! quasi tutti e con loro altri: sadducei, scribi, farisei, giudei di alto censo, qualche erodiano…».
   «E che era venuta a fare quella gente a Betania? C’era Giuseppe con loro? Nicodemo c’era?».
   «No. Erano venuti giorni prima. E anche Mannaen era venuto. Questi non erano di quelli che amano il Signore».
   «Eh! lo credo! Sono così pochi nel Sinedrio che lo amano! Ma che volevano di preciso?».
   «Salutare Lazzaro, dissero nell’entrare…».
   «Uhm! Che amore strano! Lo hanno sempre scansato per tante ragioni!… Bene!… Crediamo pure… Ci sono stati molto?».
   «Alquanto. E sono partiti inquieti. Io non sono servo di casa e non servivo perciò alle mense. Ma gli altri che erano dentro a servire dicono che hanno parlato con le padrone e voluto vedere Lazzaro. Ci è andato Elchia da Lazzaro e…».
   «Buona pelle!…», mormora fra le labbra Pietro.
   «Che hai detto?».
   «Niente, niente! Continua. E ha parlato con Lazzaro?».
   «Credo. C’è andato con Maria. Ma poi, non so perché… Maria si è inquietata e i servi, pronti ad accorrere dalle stanze vicine, dicono che li ha cacciati come cani…».
   «Viva lei! Quel che ci vuole! E ti hanno mandato a dirlo?».
   «Non mi far perdere altro tempo, Simone di Giona».
   «Hai ragione. Vieni».

   545.4Lo guida verso una porta. Bussa. Dice: «Maestro, c’è un servo di Lazzaro. Ti vuol parlare».
   «Entri», dice Gesù.
   Pietro apre l’uscio, fa entrare il servo, chiude e si ritira, meritoriamente, presso il fuoco a mortificare la sua curiosità.
   Gesù, seduto sulla sponda del suo lettuccio, nel piccolo ambiente dove c’è appena spazio per il lettuccio e la persona che lo abita, e che certo era prima un ripostiglio di viveri perché ha ancora ganci alle pareti e assi su cavicchi, guarda sorridendo il servo che si è inginocchiato e lo saluta: «La pace sia con te». Poi soggiunge: «Che nuove mi porti? Alzati e parla».
   «Mi mandano le mie padrone a dirti di andare subito da loro, perché Lazzaro è molto ammalato e il medico dice che morrà. Marta e Maria te ne supplicano e mi hanno mandato a dirti: “Vieni, perché Tu solo lo puoi risanare”».
   «Di’ loro che stiano tranquille. Questa non è infermità da morirne, ma è gloria di Dio affinché la sua potenza sia glorificata nel Figlio suo».
   «Ma è molto grave, Maestro! La sua carne cade in cancrena ed egli non si nutre più. Ho sfiancato il cavallo per giungere più in fretta…».
   «Non importa. È come Io dico».
   «Ma verrai?».
   «Verrò. Di’ loro che verrò e che abbiano fede. Che abbiano fede. Una fede assoluta. Hai capito? Va’. La pace a te e a chi ti manda. Ti ripeto: “Che abbiano fede. Assoluta”. Va’».
   Il servo saluta e si ritira.

   545.5Pietro gli corre incontro: «Hai fatto presto a dire. Credevo un discorso lungo…». Lo guarda, lo guarda… La voglia di sapere trasuda da tutti i pori del volto di Pietro. Ma si frena…
   «Io vado. Vuoi darmi acqua per il cavallo? Dopo partirò».
   «Vieni. Acqua!… Abbiamo tutto un fiume per dartela, oltre al pozzo per noi», e Pietro, armato di un lume, lo precede e dà l’acqua richiesta.
   Fanno bere il cavallo. Il servo leva la coperta, osserva i ferri, il sottopancia, le redini, le staffe. Spiega: «Ho corso tanto! Ma tutto è a posto. Addio, Simon Pietro, e prega per noi».
   Conduce fuori il cavallo. Tenendolo per le briglie, esce nella via, mette un piede nella staffa, fa per balzare in sella.
   Pietro lo trattiene, mettendogli una mano sul braccio e dicendo: «Questo solo voglio sapere: c’è pericolo per Lui a stare qui? Questa minaccia hanno fatto? Volevano sapere dalle sorelle dove eravamo? Dillo, in nome di Dio!».
   «No, Simone. No. Questo non è stato detto. Per Lazzaro sono venuti… Fra noi si sospetta per vedere se c’era il Maestro e se Lazzaro era lebbroso, perché Marta urlava forte che lebbroso non è, e piangeva… Addio, Simone. La pace a te».
   «E a te e alle tue padrone. Dio ti accompagni nel ritorno a casa…».
   Lo guarda partire… scomparire presto in fondo alla via, perché il servo preferisce prendere la via maestra, chiara nel bianco di luna, anziché il sentiero oscuro del bosco lungo il fiume. Resta pensieroso. Poi chiude il cancello e torna in casa.

   545.6Va da Gesù, che è sempre seduto sul lettuccio, le mani puntate sulla sponda e assorto. Ma si scuote sentendosi vicino Pietro, che lo guarda interrogativamente. Gli sorride.
   «Sorridi, Maestro?».
   «Ti sorrido, Simone di Giona. Siedi qui vicino a Me. Sono tornati gli altri?».
   «No, Maestro. Neppure Tommaso. Avrà trovato da parlare».
   «Ciò è bene».
   «Bene che parli? Bene che tardino gli altri? Lui parla fin troppo. È sempre allegro lui! E gli altri? Io sto sempre in agitazione finché non tornano. Ho sempre paura io».
   «E di che, Simone mio? Non avviene nulla di male per ora, credilo. Mettiti in pace e imita Toma, che è sempre allegro. Tu, invece, sei molto triste da qualche tempo».
   «Sfido chiunque che ti ami a non esserlo! Io sono vecchio ormai, e rifletto più dei giovani. Perché anche essi ti amano, ma sono giovani e pensano meno… Ma se ti piaccio di più allegro, lo sarò, mi sforzerò ad esserlo. Ma per poterlo essere dammi almeno un “che” che mi dia motivo di esserlo. Dimmi il vero, mio Signore. Te lo chiedo in ginocchio (e scivola infatti in ginocchio). Che ti ha detto il servo di Lazzaro? Che ti cercano? Che ti vogliono nuocere? Che…».
   Gesù pone la mano sul capo di Pietro: «Ma no, Simone! Nulla di questo. È venuto a dirmi che Lazzaro è molto aggravato, e nulla più che di Lazzaro si è parlato».
   «Proprio, proprio?».
   «Proprio, Simone. E ho risposto di aver fede».
   «Ma a Betania ci sono stati quelli del Sinedrio, lo sai?».
   «Cosa naturale! La casa di Lazzaro è una grande casa. E l’uso nostro contempla questi onori dati ad un potente che muore. Non ti agitare, Simone».
   «Ma credi proprio che non abbiano preso questa scusa per…».
   «Per vedere se ero là. Ebbene, non mi hanno trovato. Su, non essere così spaventato come se già mi avessero preso. Torna qui, al mio fianco, povero Simone che assolutamente non vuole persuadersi che a Me nulla può accadere di male sino al momento decretato da Dio, e che allora… nulla varrà a difendermi dal Male…».
   Pietro gli si avvinghia al collo e gli tappa la bocca baciandolo su di essa e dicendo: «Taci! Taci! Non mi dire queste cose! Non le voglio sentire!».
   Gesù riesce a svincolarsi tanto da poter parlare e mormora: «Non le vuoi sentire! Questo è l’errore! Ma ti compatisco…

   545.7Senti, Simone. Giacché tu solo eri qui, di quanto è accaduto Io e te soli dobbiamo saperlo. Mi intendi?».
   «Sì, Maestro. Non parlerò con nessuno dei compagni».
   «Quanti sacrifici, non è vero, Simone?».
   «Sacrifici? Quali? Qui si sta bene. Abbiamo il necessario».
   «Sacrifici di non chiedere, di non parlare, di sopportare Giuda… di stare lontano dal tuo lago… Ma di tutto Dio ti darà compenso».
   «Oh! se è di questo che vuoi dire!… Per il lago ho il fiume e… me lo faccio bastare. Per Giuda… ho Te che mi compensi a misura piena… E per le altre cose!… Inezie! E mi servono a diventare meno rozzo e più simile a Te. Come sono felice di essere qui con Te! Fra le tue braccia! La reggia di Cesare non mi parrebbe più bella di questa casa, se io potessi sempre starvi così, fra le tue braccia».
   «Che ne sai tu della reggia di Cesare? L’hai forse vista?».
   «No, e non la vedrò mai. Ma non ci tengo. Però la penso grande, bella, piena di cose belle… e di sozzura. Come tutta Roma, immagino. Non ci starei anche se mi coprissero d’oro!».
   «Dove? Nel palazzo di Cesare, o a Roma?».
   «In tutti e due i luoghi. Anatema!».
   «Ma appunto perché sono tali vanno evangelizzati».
   «E che vuoi fare a Roma?! È tutto un lupanare! Nulla da fare là, a meno che non ci venga Tu. Allora!…».
   «Io ci verrò. Roma è capo del mondo. Conquistata Roma, è conquistato il mondo».
   «Andiamo a Roma? Ti proclami re, là! Misericordia e potenza di Dio! Questo è un miracolo!».
   Pietro si è alzato in piedi e sta a braccia alte davanti a Gesù, che sorride e che gli risponde: «Io ci andrò nei miei apostoli. Voi me la conquisterete. Ed Io sarò con voi. Ma di là c’è qualcuno. Andiamo, Pietro».

[101] decidere è qui nel significato (raro ma non errato) di convincere, persuadere, far decidere; allo stesso modo non è errato, in 567.3, risarciscimi nel significato di risanami. Per i verbi abbiamo sempre conservato accezioni, forme e costrutti sintattici non più di uso corrente ma che sono ancora nel vocabolario della lingua italiana, che li riporta come “rari”, o “antiquati”, o “toscani”. In più, abbiamo lasciato qualche “licenza” della scrittrice purché accettabile (come, per esempio, l’uso improprio del verbo traghettare in 576.1).