MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VIII CAPITOLO 517



DXVII. Verso Nobe, resipiscenza di Giuda Iscariota dopo una discussione.

   24 ottobre 1946.

   517.1Il vento umido e freddo pettina le piante del colle e spinge nel cielo cumuli di nubi bigiastre. Tutti intabarrati nei loro mantelli pesanti, Gesù coi dodici e con Stefano scendono da Gabaon alla via che conduce verso la pianura. E parlano fra loro mentre Gesù, assorto in uno dei suoi silenzi, è lontano da ciò che lo circonda. E vi sta finché, giunti ad un crocicchio a mezza costa, anzi quasi alla base del colle, dice: «Prendiamo di qui e andiamo a Nobe».
   «Come? Non torni a Gerusalemme?», chiede l’Iscariota.
   «Nobe e Gerusalemme è quasi tutta una cosa, per chi è uso al molto cammino. Ma Io preferisco essere a Nobe. Te ne dispiaci?».
   «Oh! Maestro! Per me qui o là… Piuttosto mi dispiace che Tu, in un luogo così a Te propizio, abbia figurato così poco. Hai parlato di più a Beteron che non ti era certo amica. Dovresti fare il contrario, mi pare. Cercare di attrarre sempre più a Te le città che senti propizie, farne delle… controarmi verso le città dominate da chi ti è nemico. Sai che valore avere le città vicine a Gerusalemme dalla tua parte? Infine Gerusalemme non è tutto. Anche gli altri luoghi possono avere valore e premere col loro volere sul volere di Gerusalemme. I re, generalmente, vengono proclamati tali presso città fedelissime e, a proclamazione fatta, anche le altre si rassegnano…».
   «Quando non si ribellano, e allora sono lotte fratricide. Non credo che il Messia voglia iniziare il suo regno con una guerra intestina», dice Filippo.
   «Io vorrei una sola cosa: che esso fosse iniziato in voi con un giusto vedere. Ma voi non vedete ancora giusto… Quando dunque comprenderete?».

   517.2Sentendo che forse è un rimprovero quello che sta per venire, l’Iscariota torna a chiedere: «Perché dunque qui a Gabaon hai parlato così poco?».
   «Ho preferito ascoltare e riposare. Non comprendete che Io pure ho bisogno di riposo?».
   «Potevamo fermarci e farli felici. Se sei così stanco, perché ti sei rimesso in cammino?», domanda afflitto Bartolomeo.
   «Non sono stanco nelle membra. Non ho bisogno di sostare per dare riposo ad esse. È il mio cuore che è stanco, che ha bisogno di riposo. Ed Io ho riposo dove trovo amore. Credete forse che Io sia insensibile a tanto astio? Che le ripulse non mi addolorino? Credete che le congiure contro Me mi lascino insensibile? Che i tradimenti di chi mi si finge amico, ed è una spia dei miei nemici, messa al mio fianco per…».
   «Questo non sia mai, Signore! E non lo devi neppur sospettare. Dicendo così, Tu ci offendi!», protesta l’Iscariota con uno sdegno accorato che è superiore a quello di tutti gli altri, benché tutti protestino dicendo: «Maestro, Tu ci addolori con queste parole, Tu dubiti di noi!». E Giacomo di Zebedeo, impulsivo, esclama: «Io ti saluto, Maestro, e torno a Cafarnao. Col cuore spezzato. Ma vado via. E se non basterà Cafarnao, andrò coi pescatori di Tiro e Sidone, andrò a Cintium, andrò non so dove. Ma tanto lontano che sia impossibile che Tu possa pensare che io ti tradisco. Benedicimi per viatico!».
   Gesù lo abbraccia dicendo: «Pace, mio apostolo. Sono tanti coloro che si dicono amici miei, non siete voi soli. Ti addolorano, vi addolorano le mie parole. Ma in che cuori devo versare gli affanni e cercare conforto se non in quelli dei miei diletti apostoli e discepoli fidati? Cerco in voi una parte dell’unione che ho lasciato per unire gli uomini: l’unione col Padre mio nel Cielo, e una stilla dell’amore che ho lasciato per amore degli uomini: l’amore di mia Madre. Li cerco a mio sostegno. Oh! l’onda amara, il peso inumano sormontano e premono sul mio cuore, sul Figlio dell’uomo!… La Passione mia, l’Ora mia, si fa sempre più piena… Aiutatemi a sopportarla e a compierla… perché è tanto dolorosa!».
   Gli apostoli si guardano commossi del dolore profondo che vibra nelle parole del Maestro e non sanno fare altro che stringersi a Lui, carezzarlo, baciarlo… ed è simultaneo il bacio di Giuda a destra, di Giovanni a sinistra, sul volto di Gesù, che abbassa le palpebre velando gli occhi mentre Giuda Iscariota e Giovanni lo baciano…

   517.3Riprendono ad andare, e Gesù può terminare il suo pensiero interrotto: «In tanto affanno il mio cuore cerca luoghi dove trova amore e riposo. Dove, in luogo di parlare ad aride pietre o a subdole serpi o a svagate farfalle, può ascoltare le parole di altri cuori e consolarsi perché le sente sincere, amorose, giuste. Gabaon è uno di questi luoghi. Non c’ero mai venuto. Ma vi ho trovato un campo arato e seminato da ottimi operai di Dio. Quel sinagogo! È venuto verso la Luce, ma era già spirito luminoso. Cosa può fare un buon servo di Dio! Gabaon non è certo esente dalle mene di chi mi odia. Insinuazioni e corruzioni saranno tentate anche lì. Ma essa ha un sinagogo che è un giusto, e i veleni del Male perdono tossico in essa. Credete forse che mi sia piacevole dover sempre correggere, censurare, rimproverare anche? Molto più dolce mi è poter dire: “Tu hai compreso la Sapienza. Procedi per la tua via e sii santo”, come ho detto al sinagogo di Gabaon».
   «Ci torneremo, allora?».
   «Quando il Padre mi fa trovare un luogo di pace, Io ne gusto e benedico il Padre mio. Ma non sono venuto per questo. Sono venuto per convertire al Signore i luoghi colpevoli e lontani da Lui.

   517.4Vedete che potrei stare a Betania e non ci sto».
   «Anche per non nuocere a Lazzaro».
   «No, Giuda di Simone. Anche le pietre sanno che Lazzaro mi è amico. Perciò, per questo, sarebbe inutile che Io mettessi freni al mio desiderio di conforto. Ma è per…».
   «Per le sorelle di Lazzaro, per Maria in specie».
   «Neppure, Giuda di Simone. Anche le pietre sanno che la lussuria della carne non mi turba. Osserva che, fra le molte accuse che mi sono state fatte, la prima a cadere è stata questa, perché anche i più accaniti miei avversari hanno compreso che sostenerla era smascherare la loro abitudine alla menzogna. Nessuno fra gli onesti avrebbe creduto che Io sono un sensuale. La sensualità può avere attrattive unicamente per quelli che non si nutrono di soprannaturale e che abborrono il sacrificio. Ma per chi si è votato al sacrificio, per chi è vittima, che attrattive vuoi che abbia il piacere di un’ora? Il godere delle anime vittime è tutto nello spirito e, se vestono una carne, essa non è più di una veste. Pensi tu che le vesti che indossiamo abbiano dei sentimenti? Ugualmente è la carne per quelli che vivono di spirito: una veste, nulla più. L’uomo spirituale è il vero superuomo, perché non è schiavo del senso, mentre l’uomo materiale è un non-valore, secondo la dignità vera dell’uomo, perché ha in comune col bruto troppi appetiti, ed è anche inferiore ad esso superandolo, facendo dell’istinto connesso all’animale un vizio degradante».
   Giuda si morde le labbra perplesso, poi dice: «Sì. E poi, del resto, non potresti più nuocere a Lazzaro. Fra poco la morte lo trarrà fuori da ogni pericolo di vendette… E allora perché non vai a Betania più spesso?».
   «Perché non sono venuto per godere, ma per convertire. Te l’ho già detto».
   «Però… Tu gioisci di avere con Te i tuoi fratelli?».
   «Sì. Ma è anche vero che non ho parzialità per loro. Quando c’è da dividersi per trovare posto nelle case, essi non restano con Me generalmente, ma vi restate voi. E questo per dimostrarvi che agli occhi e alla mente di chi si è votato alla redenzione, la carne e il sangue non hanno valore, ma soltanto ha valore la formazione dei cuori e la loro redenzione.

   517.5Ora andremo a Nobe e torneremo a dividerci per il sonno. E Io terrò ancora te con Me e terrò Matteo, Filippo e Bartolomeo».
   «Siamo forse i meno formati? Io in specie, che Tu trattieni sempre presso di Te?».
   «Tu lo hai detto, Giuda di Simone».
   «Grazie, Maestro. Lo avevo capito», dice con ira mal repressa l’Iscariota.
   «E se lo hai capito, perché non ti sforzi a formarti? Credi forse che per non darti una mortificazione Io potessi mentire? Siamo tra fratelli, d’altronde, e non devono essere oggetto di scherno le manchevolezze di uno, o di abbattimento l’esser ammonito al cospetto degli altri, che sanno già a vicenda in che mancano i singoli fratelli. Nessuno è perfetto, Io ve lo dico. Ma anche le imperfezioni reciproche, così penose a vedersi e a sopportarsi, devono essere cagione di migliorare se stessi per non aumentare il disagio reciproco. E, credimi, o Giuda, se anche Io ti vedo per ciò che sei, nessuno, neppur tua madre, ti ama come Io ti amo e si sforza di farti buono come il tuo Gesù».
   «Ma intanto mi rimproveri ed umilii, e al cospetto anche di un discepolo».
   «È la prima volta che ti richiamo alla giustizia?». Giuda tace. «Rispondi, dico!», dice Gesù imperiosamente.
   «No».
   «E quante volte l’ho fatto pubblicamente? Puoi dire che ti ho svergognato? O devi dire che ti ho ricoperto e difeso? Parla!».
   «Mi hai difeso, è vero. Ma ora…».
   «Ma ora è per tuo bene. Chi accarezza un figlio colpevole ne dovrà poi fasciar le piaghe, dice[45] il proverbio. E dice ancora un altro proverbio che il cavallo non domato diventa intrattabile, e il figlio abbandonato a se stesso un rompicollo».
   «Ma io ti son forse figlio?», domanda Giuda mentre il suo viso spiana il suo cipiglio in contrizione.
   «Se ti avessi generato non lo potresti essere di più. E mi farei strappare le viscere per darti il mio cuore e farti qual vorrei…».
   Giuda ha uno dei suoi ritorni… e sincero, veramente sincero, si getta nelle braccia di Gesù gridando: «Ah! io non ti merito! Io sono un demonio e non ti merito! Sei troppo buono! Salvami, Gesù!», e piange, realmente piange con un pianto affannoso di cuore turbato da cose non buone e da un contrasto di esse col rimorso di aver addolorato chi lo ama.

[45] dice, in: Siracide 30, 7-8.