MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VIII CAPITOLO 536



DXXXVI. Guarigione di sette lebbrosi e arrivo a Betania con gli apostoli riuniti. Marta e Maria preparate da Gesù alla morte di Lazzaro.

   4 dicembre 1946.

   536.1Gesù con Pietro e Giuda Taddeo cammina svelto in un luogo triste, sassoso, a lato della città. Posto che non vedo il verde Uliveto, ma il monticello, anzi i monticelli poco o punto verdeggianti che sono a ponente di Gerusalemme, fra i quali è il triste Golgota, penso essere proprio fuori del lato ovest della città.
   «Potremo dare qualche cosa con quanto abbiamo potuto acquistare. Deve essere terribile vivere nei sepolcri nell’inverno», dice il Taddeo, carico di fagotti come lo è Pietro.
   «Io sono stato contento di essere andato dai liberti per avere avuto questi denari per i lebbrosi. Poveri infelici! In questi giorni di feste nessuno pensa a loro. Tutti godono… essi ricorderanno la casa perduta… Mah! Se almeno credessero in Te! Lo faranno, Maestro?», dice Pietro, sempre così semplice, così attaccato al suo Gesù.
   «Speriamolo, Simone, speriamolo. Preghiamo intanto…».
   E proseguono pregando.

   536.2La triste valle di Innon si mostra coi suoi sepolcri di vivi.
   «Andate avanti e date», dice Gesù.
   I due vanno, parlando forte. Volti di lebbrosi si affacciano alle aperture delle grotte o ricoveri.
   «Siamo i discepoli del Rabbi Gesù», dice Pietro. «Egli sta venendo e ci manda a darvi aiuto. Quanti siete?».
   «Sette qui. Tre dall’altra parte, oltre En Rogel», dice uno per tutti.
   Pietro apre il suo fagotto. Taddeo il suo. Fanno dieci parti. Pane, formaggio, burro, ulive. L’olio, dove mettere l’olio che è in una piccola giara?
   «Un di voi porti un recipiente. Là, al masso. Vi dividerete l’olio, come fratelli che siete e in nome del Maestro che predica l’amore fra il prossimo», dice Pietro.
   Intanto un lebbroso, zoppicando, scende verso di loro che sono andati presso un largo masso e posa sullo stesso una brocchetta sbreccata. Li guarda mentre versano l’olio e, stupito, chiede: «Non avete paura di starmi così vicino?». Infatti fra i due apostoli e il lebbroso vi è solo il masso.
   «Non abbiamo paura che di offendere l’amore, noi. Egli ci ha mandato dicendo di soccorrervi, perché chi è del Cristo deve amare come il Cristo ama. Possa quest’olio aprirvi il cuore, dargli luce come se già fosse acceso nella lampada del vostro cuore. Il tempo della Grazia è venuto per coloro che sperano nel Signore Gesù. Abbiate fede in Lui. Egli è il Messia e sana i corpi e le anime. Tutto Egli può, perché è l’Emmanuele[83]», dice il Taddeo con la sua dignità che sempre si impone.
   Il lebbroso sta con la sua brocchetta fra le mani e lo guarda come affascinato. Poi dice: «So che Israele ha il suo Messia, perché ne parlano i pellegrini che vengono in città a cercarlo, e noi ascoltiamo i loro discorsi. Ma io non l’ho mai veduto perché da poco sono qui venuto. E dite che mi guarirebbe? Fra noi c’è chi lo bestemmia e chi lo benedice, ed io non so a chi credere».
   «Quelli che lo maledicono sono buoni?».
   «No. Crudeli sono e ci malmenano. Vogliono i posti migliori e la parte più abbondante. Né sappiamo se potremo rimanere qui per questo».
   «Tu dunque vedi che solo chi ospita l’inferno, costui odia il Messia. Perché l’inferno si sente già vinto da Lui e perciò lo odia. Ma io ti dico che Egli va amato e con fede, se grazia qui e oltre la Terra si vuole avere dall’Altissimo», dice ancora il Taddeo.
   «Se vorrei aver grazia! Sono sposo da due anni ed ho un figliolino che non mi conosce. Sono lebbroso da pochi mesi. Lo vedete». Infatti ha pochi segni.
   «E allora rivolgiti al Maestro con fede.

   536.3Guarda! Sta venendo. Avverti i compagni e torna qui. Egli passerà e ti sanerà».
   L’uomo arranca su per la costa e chiama: «Uria! Gioab! Adinà! E anche voi che non credete. Viene il Signore a salvar­ci».
   Una, due, tre. Tre sventure sempre più grandi si fanno avanti. La donna però si affaccia appena. È un orrore vivente… Forse piange e forse parla, ma non è possibile capire niente, perché la sua voce è uno squittio uscente da ciò che era la bocca, ma che ora non è più che due mascelle seminude di denti, scoperte, orrende…
   «Sì. Ti dico che mi hanno detto di andare a chiamarvi. Che viene a guarirci».
   «Io no! Io non gli ho creduto le altre volte… e non mi ascolterà più… e poi non posso più camminare», dice più distintamente la donna, chissà con che fatica. Si aiuta persino con le dita a tenere i lembi delle labbra per farsi intendere.
   «Ti portiamo noi, Adinà…», dicono i due uomini e quello della brocchetta.
   «No… No… Io ho troppo peccato…», e si accascia là dove è…
   Altri tre corrono, come possono, prepotenti e dicono: «Dacci l’olio intanto, e poi andate anche da Belzebù se volete».
   «L’olio è per tutti!», dice quel della brocchetta cercando di difendere il suo tesoro. Ma i tre violenti, crudeli, lo sopraffanno e gli strappano la brocchetta.
   «Ecco! Sempre così… Un po’ d’olio dopo tanto!… Ma il Maestro viene… Andiamo da Lui. Non vieni proprio, Adinà?».
   «Non oso…».

   536.4I tre scendono verso il masso. Si fermano ad attendere Gesù, al quale sono andati incontro i due apostoli. E, giunto che è lì, gridano: «Pietà di noi, Gesù d’Israele! Noi speriamo in Te, Signore!».
   Gesù alza il viso, li guarda col suo sguardo inimitabile. Chiede: «Perché volete la salute?».
   «Per le nostre famiglie, per noi… È orrendo vivere qui…».
   «Non siete soltanto carne, figli. Avete anche un’anima, e vale più della carne. Di essa vi dovete preoccupare. Non chiedete perciò soltanto guarigione per voi, per le vostre famiglie, ma per aver tempo di conoscere la Parola di Dio e di vivere meritando il suo Regno. Siete dei giusti? Fatevi più giusti. Siete dei peccatori? Chiedete di vivere per aver tempo di riparare il male commesso… Dove è la donna? Perché non viene? Non osa affrontare il volto del Figlio dell’uomo, quando non ha temuto di avere ad incontrare il volto di Dio quando peccava? Andate e ditele che molto le è stato perdonato per il suo pentimento e la sua rassegnazione, e che l’Eterno mi ha mandato ad assolvere ogni peccato di coloro che sono pentiti del loro passato».
   «Maestro, Adinà non può più camminare…».
   «Andate ed aiutatela a scendere qui. E portate un altro recipiente. Vi daremo altro olio…».
   «Signore, ce ne è appena per gli altri», avverte Pietro sottovoce mentre i lebbrosi vanno a prendere la donna.
   «Ce ne sarà per tutti. Abbi fede. Perché è più facile per te avere fede in questo, che non per quei miseri aver fede che il loro corpo torni quale era».
   Intanto lassù, nelle grotte, una rissa si è accesa fra i tre cattivi lebbrosi per la spartizione del cibo…

   536.5Portata a braccia, scende la donna… e geme, come le è concesso: «Perdono! Del passato! Di non aver chiesto perdono le altre volte!… Gesù, Figlio di Davide, pietà di me!».
   La depongono ai piedi del masso. E sul masso depongono una specie di pentola tutta sbocconcellata.
   Gesù chiede: «Che dite voi? Che sia più facile far aumentare l’olio in un vaso o far crescere la carne là dove la lebbra ha distrutto?».
   Un silenzio… Poi proprio la donna dice: «L’olio. Ma anche la carne, perché Tu tutto puoi. E anche puoi darmi l’anima dei miei primi anni. Io credo, Signore».
   Oh! il sorriso divino! È come una luce che si spande dolce, ilare, soave! Ed è negli occhi, e sulle labbra, e nella voce mentre dice: «Per la tua fede sii sanata e perdonata. E così voi. E abbiate olio e cibo per ristorarvi. E andate a farvi vedere dal sacerdote come è prescritto. Domani. All’aurora Io tornerò con delle vesti e potrete andare, avendo salva la decenza. Su! Lodate il Signore. Non siete lebbrosi più!».
   È allora che i quattro, che sino allora avevano gli occhi fissi sul Signore, si guardano e urlano il loro stupore.
   La donna vorrebbe drizzarsi, ma è troppo nuda per farlo. La sua veste cade a brandelli, ed è più il nudo che il coperto in lei. Stando seminascosta dal masso, in un pudore che non è soltanto per Gesù ma per i suoi compagni, col volto ricomposto nelle fattezze che sono soltanto affilate dagli stenti, piange dicendo senza sosta: «Benedetto! Benedetto! Benedetto!».
   Le sue benedizioni si mescolano alle orrende bestemmie dei tre malvagi lebbrosi, resi furiosi dal vedere guariti gli altri. Volano lordure e sassi.

   536.6«Qui non potete stare. Venite con Me. Non vi accadrà del male. Guardate. La via è vuota. L’ora di sesta raduna i cittadini nelle case. Andrete presso gli altri lebbrosi, sino a domani. Non temete. Venitemi dietro. Tieni, donna», e le dà il mantello per ricoprirsi.
   I quattro, un po’ paurosi, un po’ sbalorditi, lo seguono come quattro agnelli. Percorrono quanto resta della valle di Innon. Traversano la via, vanno verso Siloan, altro triste posto di lebbrosi.
   Gesù si ferma ai piedi dei balzi e ordina: «Salite e dite loro che domani a prima Io sarò qui. Andate e fate festa con loro, predicando il Maestro della Buona Novella». Fa dare loro tutto il cibo che ancora hanno e li benedice prima di congedarli…
   «Andiamo, ora. Già è più che sesta», dice Gesù voltandosi per tornare sulla via bassa che va a Betania.
   Ma presto lo richiama un grido: «Gesù, Figlio di Davide, pietà anche di noi».
   «Non hanno atteso l’alba, costoro…», osserva Pietro.
   «Andiamo ad essi. Così poche sono le ore in cui posso far del bene, senza che chi mi odia turbi la pace dei beneficati!», risponde Gesù e torna sui suoi passi tenendo alto il capo verso i tre lebbrosi di Siloan, che si sono affacciati al ripiano del piccolo colle e che ripetono il grido, aiutati dai già guariti che sono alle loro spalle.
   Gesù non fa che stendere le mani e dire: «Vi sia fatto come chiedete. Andate e vivete nelle vie del Signore». Li benedice, mentre la lebbra si cancella dai loro corpi come un leggero strato di neve fonde al sole. E corre via Gesù, inseguito dalle benedizioni dei miracolati, che dal loro balzo tendono le braccia in un abbraccio più vero che se fosse dato.

   536.7Tornano sulla via per Betania, via che segue il corso del Cedron, che fa un gomito ad angolo acuto dopo qualche centinaio di passi da Siloan. Ma, quando l’angolo è superato e si può vedere l’altra parte di via che prosegue per Betania, ecco là, solo, camminante svelto, Giuda di Keriot.
   «Ma è Giuda!», esclama il Taddeo che lo vede per primo.
   «Perché qui? Solo? Ohé! Giuda!», urla Pietro.
   Giuda si volta di scatto. È pallido, verdastro addirittura. Pietro glielo dice: «Hai visto il demonio, che sei del color delle lattughe?».
   «Che fai qui, Giuda? Perché hai lasciato i compagni?», chiede Gesù contemporaneamente.
   Giuda si è già fatto padrone di sé. Dice: «Ero con loro. Ho incontrato uno con notizie di mia madre. Guarda…», si fruga nella cintura. Si batte la mano sulla fronte dicendo: «L’ho lasciata da quell’uomo! Volevo farti leggere la lettera… O l’ho persa per strada… Non sta molto bene. Anzi è stata male… Ma ecco là i compagni… Si sono fermati. Ti hanno visto… Maestro, io sono sconvolto…».
   «Lo vedo».
   «Maestro… ecco le borse. Ne ho fatte due per… per non dare nell’occhio… Ero solo…».
   Gli apostoli Bartolomeo, Filippo, Matteo, Simone e Giacomo di Zebedeo sono un poco impacciati. Si accostano a Gesù con amore, ma come chi sa di aver mancato.
   Gesù li guarda e dice: «Non lo fate più. Non è mai bene per voi dividervi. Se Io vi dico di non farlo è perché so che avete bisogno di sorreggervi a vicenda. Non siete forti tanto da poter fare da voi. Uniti, l’uno frena o sorregge l’altro. Divisi…».
   «Sono stato io, Maestro, a dare il mal consiglio, perché ci siamo sovvenuti poi che Tu avevi detto di non dividerci, di andare tutti a Betania insieme, e Giuda se ne era andato per un giusto motivo, né noi avevamo pensato di andare con lui. Perdonami, Signore», dice umile e schietto Bartolomeo.
   «Sì che vi perdono. Ma vi ripeto: non fatelo più. Pensate che ubbidire salva sempre da almeno un peccato: quello del presumere di essere capaci di fare da sé. Voi non sapete quanto il demonio gira intorno a voi, per cogliere tutti i motivi per farvi peccare e farvi danneggiare il vostro Maestro già tanto perseguitato. Sono tempi sempre più difficili per Me e per l’organismo che Io sono venuto a formare. Cosicché occorre molta cura perché esso non sia, non dico ferito e ucciso, perché non lo sarà mai più sino alla fine dei secoli, ma imbrattato di fango. I suoi avversari vi guardano attentamente, non vi perdono mai d’occhio, così come pesano ogni mio atto o parola. E ciò per avere materia a denigrare. Se voi vi fate vedere litigiosi, divisi, in qualche maniera imperfetti, anche se per cose da poco, essi raccattano e manipolano ciò che voi avete fatto e lo lanciano come un fango e un’accusa contro di Me e della mia Chiesa che si sta formando. Lo vedete! Io non vi rimprovero, ma vi consiglio. Per vostro bene. Oh! non sapete, amici miei, che anche le cose più buone essi manipoleranno e presenteranno per potermi accusare con un’apparenza di giustizia? Su, dunque. In avvenire siate più ubbidienti e prudenti».
   Gli apostoli sono tutti commossi per la dolcezza di Gesù.
   Giuda di Keriot è continuamente di colore diverso. Sta dimesso, un poco dietro a tutti, sinché Pietro gli dice: «Che fai lì? Non hai più torto degli altri. Perciò vieni avanti con gli altri», e gli è giocoforza ubbidire.

   536.8Camminano svelti perché, nonostante il sole, c’è una brezzolina che invita a camminare per scaldarsi. Ed hanno già camminato un pezzo quando Natanaele, che ha freddo e lo dice intabarrandosi più che mai nel mantello, nota che Gesù ha la sola veste: «Maestro, ma che ne hai fatto del tuo mantello?».
   «L’ho dato ad una lebbrosa. Abbiamo guarito e consolato sette lebbrosi».
   «Ma avrai freddo! Prendi il mio», dice lo Zelote e soggiunge: «Mi sono abituato nei gelidi sepolcri al vento dell’inver­no».
   «No, Simone. Guarda! Là è già Betania. Presto saremo nella casa. E non ho freddo affatto. Ho avuto molta gioia di spirito oggi, e questa è più confortevole di un caldo mantello».
   «Fratello, Tu ci dài meriti che non abbiamo. Tu, non noi, hai guarito e consolato…», dice il Taddeo.
   «Voi avete preparato i cuori alla fede nel miracolo. Perciò con Me e come Me avete aiutato a guarire e consolare. Se sapeste come Io godo di associarvi a Me in ogni opera! Non vi ricordate le parole di Giovanni di Zaccaria, mio cugino: “Occorre che Egli cresca e che io diminuisca”? Egli giustamente lo diceva perché ogni uomo, per grande che sia, fosse pure Mosè o Elia, si offusca come stella investita dai raggi del sole all’apparire di Colui che viene dai Cieli ed è da più di ogni uomo, perché è Colui che viene dal Padre Ss. Ma Io pure, Fondatore di un Organismo che durerà quanto i secoli e che sarà santo come il suo Fondatore e Capo, di un Organismo che durerà a rappresentarmi, e sarà una cosa con Me, così come le membra e il corpo dell’uomo sono una cosa col capo che le sovrasta, devo dire: “Bisogna che esso corpo si illumini e che Io mi offuschi”. Voi dovrete continuarmi. Io, presto, non sarò più qui fra voi, qui sulla Terra, qui materialmente, a dirigere i miei apostoli, discepoli e seguaci. Io sarò, però, spiritualmente con voi, sempre, e i vostri spiriti sentiranno il mio Spirito, riceveranno la mia Luce. Ma voi dovrete apparire in prima linea, mentre Io sarò tornato là donde sono venuto. Per questo Io vado gradatamente preparandovi a questo apparire i primi. Voi mi osservate talora: “Ci mandavi di più i primi tempi”. Dovevate essere conosciuti. Ora che lo siete, ora che per questo piccolo luogo della terra siete già “ gli Apostoli”, Io vi tengo sempre uniti a Me, partecipi in ogni mia azione, di modo che il mondo dica: “Egli li fa suoi soci nelle opere che compie, perché essi resteranno dopo Lui a continuare Lui”. Sì, amici miei. Voi dovete sempre più avanzarvi, lumeggiarvi, continuarmi, essere Me, mentre Io, come una madre che lentamente lascia di sorreggere il figliolino che ha imparato a camminare, mi ritiro… Non deve essere violento il trapasso da Me a voi. I piccoli del gregge, gli umili fedeli, ne avrebbero sgomento. Io li passo dolcemente da Me a voi, perché essi non sentano di essere soli neppur per un momento. E voi amateli, tanto, come Io li amo. Amateli in memoria di Me come Io li ho amati…».

   536.9Gesù tace perdendosi in un suo interno pensiero. E non ne esce altro che quando, poco fuori di Betania, incontra gli altri apostoli venuti per l’altra via. Proseguono uniti verso la casa di Lazzaro. E Giovanni dice che vi sono già attesi, perché i servi li hanno visti. E dice che Lazzaro sta molto male.
   «Lo so. Per questo vi ho detto che staremo nella casa di Simone. Ma non ho voluto allontanarmi senza salutarlo ancora».
   «Ma perché non lo fai guarire? Sarebbe così giusto. I tuoi servi migliori li lasci tutti morire. Io non capisco…», dice l’Iscariota, audace sempre, anche nei momenti migliori.
   «Non occorre che tu capisca in anticipo».
   «Sì. Non occorre. Ma sai cosa dicono i tuoi nemici? Che guarisci quando puoi, non quando vuoi, che proteggi quando puoi… Non sai che quel vecchio di Tecua è già morto? E morto ucciso?».
   «Morto? Chi? Eli-Anna? Come?», chiedono tutti, agitati. Soltanto Pietro chiede: «E tu come lo sai?».
   «L’ho saputo per caso poco fa nella casa dove sono stato, e Dio sa se io mento. Pare che sia stato un ladrone, sceso in veste di mercante, e che invece di pagare il posto lo abbia ucciso…».
   «Povero vecchio! Che vita infelice! Che triste morte! Non parli, Maestro?», dicono in molti.
   «Non ho nulla da dire, fuorché che il vecchio ha servito il Cristo sino alla morte. Fosse così di tutti!».
   «Di’ un poco, figlio d’Alfeo, ma non sarà come tu dicevi, eh?», chiede Pietro al Taddeo.
   «Può essere. Un figlio che per odio scaccia il padre, per un odio poi di questa natura, può essere capace di tutto. Fratello
   mio, sono ben vere le tue parole[84]: “E il fratello sarà contro il fratello e il padre contro ai figli”».
   «Sì. E chi farà così crederà di servire Iddio. Occhi accecati, cuori induriti, spiriti senza luce. Eppure li dovrete amare», dice Gesù.
   «Ma come faremo ad amare chi ci tratterà così? Molto sarà se non reagiremo e se sopporteremo con rassegnazione le loro azioni…», esclama Filippo.
   «Io vi darò un esempio che vi insegnerà. A suo tempo. E se mi amerete, farete ciò che Io farò».

   536.10«Ecco Massimino e Sara. Deve stare ben male Lazzaro, se le sorelle non ti vengono incontro!», osserva lo Zelote.
   I due accorrono e si prostrano. Anche nei loro volti, nelle loro vesti, è l’aspetto dimesso che imprime il dolore e la fatica ai componenti delle famiglie dove si lotta con la morte. Non dicono altro che un: «Maestro, vieni…», ma così accorato che vale più di un lungo discorso. E conducono subito Gesù alla porta del quartierino di Lazzaro, mentre altri servi si occupano degli apostoli.
   Al lieve bussare alla porta accorre Marta e la socchiude, mettendo nella fessura il suo viso smagrito e pallido: «Maestro! Vieni. Te benedetto!».
   Gesù entra, traversa la stanza che precede quella del malato, entra in quella dello stesso. Lazzaro dorme. Lazzaro? Uno scheletro, una mummia giallastra che respira… È già un teschio il suo viso, e nel sonno ancor più è visibile la sua distruzione che ne fa già una testa scarnita dalla morte. La pelle cerea e stirata luccica sugli angoli aguzzi degli zigomi, delle mascelle, sulla fronte, sulle orbite tanto sprofondate da parere prive di occhi, sul naso tagliente che sembra essere cresciuto a dismisura tanto è annullato il contorno delle guance. Le labbra sono pallide sino a scomparire, e sembra non possano chiudersi sulle due file di denti semiscoperti, dischiusi… un viso già da morto.

   536.11Gesù si china a guardare. Si rialza. Guarda le due sorelle che lo guardano con tutta l’anima concentrata negli occhi, anima dolorosa, anima speranzosa. Fa loro un segno e senza rumore torna fuori, nel cortiletto che precede le due stanze. Marta e Maria lo seguono. Chiudono la porta dietro di loro. Soli, loro tre fra le quattro mura, nel silenzio, col cielo azzurro sul capo, si guardano. Le sorelle non sanno più neppur chiedere, non sanno più neppur parlare. Ma parla Gesù.
   «Voi sapete chi sono. Io so chi voi siete. Voi sapete che vi amo. Io so che mi amate. Voi sapete il mio potere. Io so la vostra fede in Me. Voi anche sapete, tu in specie, Maria, che più si ama e più si ottiene. È amare saper sperare e credere al di sopra di ogni misura e di ogni realtà che abbia voce di smentita al credere e allo sperare. Ebbene, per tutto questo Io vi dico di saper sperare e credere contro ogni realtà contraria. Mi intendete? Dico: sappiate sperare e credere contro ogni realtà contraria. Io non posso fermarmi che poche ore. Come Uomo, l’Altissimo sa quanto vorrei fermarmi, qui con voi, per assisterlo e consolarlo, per assistervi e confortarvi. Ma, come Figlio di Dio, Io so che è necessario che Io vada. Che Io mi allontani… Che Io non sia qui quando… voi mi desidererete più dell’aria che respirate. Un giorno, presto, capirete queste ragioni che ora vi potranno parere crudeli. Sono ragioni divine. Dolorose a Me Uomo come a voi. Dolorose ora. Ora perché voi non ne potete abbracciare e contemplare la bellezza e la saggezza. Né Io ve lo posso rivelare. Quando tutto sarà compiuto, allora comprenderete e gioirete… Ascoltate. Quando Lazzaro sarà… morto… Non piangete così! Allora mandatemi subito a chiamare. E intanto ordinate per i funerali con grande invito, come a Lazzaro e alla vostra casa si conviene. Egli è un grande giudeo. Pochi lo apprezzano per ciò che egli è. Ma egli supera molti agli occhi di Dio… Io vi farò sapere dove sono perché voi mi possiate sempre trovare».
   «Ma perché non essere qui almeno in quel momento? Noi ci rassegniamo, sì, alla sua morte… Ma Tu… Ma Tu… Ma Tu…». Marta singhiozza, non potendo più dire altro, soffocando nelle vesti il suo pianto… Maria invece guarda Gesù, fisso fisso, come ipnotizzata… e non piange.
   «Sappiate ubbidire, sappiate credere, sperare… sappiate dire sempre di sì a Dio… Lazzaro vi chiama… Andate. Ora Io verrò… E se non avrò più modo di parlarvi in disparte, ricordate ciò che vi ho detto».
   E, mentre esse rientrano frettolose, Gesù siede su una panchina di pietra e prega.

[83] è l’Emmanuele, come in: Isaia 7, 14; 8, 8; che significa “Dio è con noi”, come in: Salmo 46, 8.12; Isaia 8, 10. Già in 76.7.9 e in 478.9.
[84] le tue parole, in 265.8.