MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 559



DLIX. Ad Efraim, pellegrini dalla Decapoli e missione segreta di Mannaen.

   22 gennaio 1947.

   559.1La notizia che Gesù è a Efraim, forse per vanto degli stessi cittadini, o per altri motivi che ignoro, si deve essere diffusa, perché ormai molti sono quelli che vengono a cercare di Gesù: malati, la più parte, qualche afflitto e anche chi ha desiderio di vederlo. Comprendo questo perché sento l’Iscariota dire ad un gruppo di pellegrini venuti dalla Decapoli: «Il Maestro non c’è. Ma ci sono io e Giovanni ed è la stessa cosa. Dite dunque ciò che volete e noi faremo».
   «Ma voi non potrete mai insegnare ciò che Egli insegna», obbietta uno.
   «Noi siamo altri Lui, uomo. Ricordalo sempre. Ma se proprio vuoi sentire il Maestro, torna prima del sabato e va’ via dopo di esso. Il Maestro è ora un vero maestro. Non parla più su tutte le vie, nei boschi o sulle rupi come un randagio e a tutte l’ore come un servo. Parla qui il sabato, come a Lui si conviene. E bene fa! Per quello che gli è giovato sfinirsi di fatica e di amore!».
   «Ma noi non abbiamo colpa se i giudei…».
   «Tutti! Tutti! Che giudei e non giudei! Tutti uguali siete stati e sarete. Egli tutto a voi. Voi nulla a Lui. Egli dare. Voi non dare; neppure l’obolo che si dà al mendico».
   «Ma noi l’abbiamo l’offerta per Lui. Eccotela, se non ci credi».

   559.2Giovanni, che ha sempre taciuto ma con visibile sofferenza, guardando Giuda con occhi che supplicano e rimproverano, o meglio ammoniscono, non sa più tacere. E mentre Giuda già allunga la mano per prendere l’offerta, posa una mano sul braccio del compagno per trattenerlo e gli dice: «No, Giuda. Questo no. Tu sai l’ordine del Maestro», e si rivolge ai venuti dicendo: «Giuda si è male spiegato e voi avete male compreso. Non è questo che voleva dire il mio compagno. È soltanto offerta di sincera fede, di fedele amore che noi, io, i miei compagni, voi, tutti dobbiamo dare per il molto che il Maestro ci dà. Quando peregrinavamo per la Palestina, Egli accettava le vostre offerte, perché erano necessarie al nostro andare e perché molti mendichi trovavamo sul nostro cammino o venivamo a conoscenza di miserie nascoste. Ora, qui, non abbiamo bisogno di nulla — ne sia lodata la Provvidenza — e non incontriamo mendichi. Riprendete, riprendete la vostra offerta e datela in nome di Gesù agli infelici. Questi sono i desideri del Signore e Maestro nostro, e gli ordini a quelli fra noi che vanno evangelizzando per le diverse città. Se poi avete malati con voi, o qualcuno ha un vero bisogno di parlare col Maestro, ditelo. Ed io lo cercherò là dove Egli si isola in preghiera, avendo grande desiderio il suo spirito di raccogliersi nel Signore».
   Giuda brontola fra i denti qualcosa, ma non contraddice apertamente. Si siede presso il focolare acceso come per disinteressarsi della cosa.
   «Veramente… un gran bisogno non lo abbiamo. Ma abbiamo saputo che era qui e abbiamo attraversato il fiume per venire a vederlo. Ma se abbiamo fatto male…».
   «No, fratelli. Non è male amarlo e cercarlo anche con disagio e fatica. E la vostra buona volontà avrà ricompensa. Io vado a dire al Signore della vostra venuta e certo Egli verrà. Ma, se proprio non venisse, vi porterò la sua benedizione». E Giovanni esce nell’orto per andare alla ricerca del Maestro.
   «Lascia! Ci vado io», dice Giuda imperiosamente e si alza correndo fuori. Giovanni lo guarda andare e non obbietta nulla.
   Rientra nella cucina dove sono accalcati i pellegrini. Ma quasi subito propone loro: «Vogliamo andare incontro al Maestro?».
   «Ma se Egli non volesse…».
   «Oh! non date peso ad un malinteso, ve ne prego.

   559.3Voi sapete certo le ragioni per le quali qui siamo. Sono gli altri che obbligano il Maestro a queste misure di riserbo, non è già la volontà del suo cuore. Esso ha sempre gli stessi affetti per voi tutti».
   «Sappiamo. I primi giorni dopo la lettura del bando fu tutto un cercarlo nell’Oltre-Giordano e nei luoghi dove potevano pensarlo. A Betabara come a Betania, e a Pella, e a Ramot Galaad e anche oltre. E sappiamo che così pure fu per la Giudea e la Galilea. Le case degli amici suoi sono state molto sorvegliate perché… se molti sono i suoi amici e discepoli, molti anche sono quelli che non sono tali, e credono servire l’Altissimo perseguitando il Maestro. Poi le ricerche sono subito cessate e si sparse voce che Egli era qui».
   «Ma voi da chi lo avete saputo?».
   «Da discepoli suoi».
   «I miei compagni? Dove?».
   «No. Nessuno di essi. Altri. Nuovi, perché non li vedemmo mai col Maestro né coi vecchi discepoli. Anzi ce ne stupimmo che Egli avesse mandato a dire dove era da sconosciuti, ma anche poi pensammo che lo avesse fatto perché i nuovi non erano conosciuti come discepoli dai giudei».
   «Io non so cosa vi dirà il Maestro. Ma per me vi dico che d’ora in poi non dovrete prestar fede che ai noti discepoli. Siate prudenti. Ognuno di questa nazione sa che avvenne al Battista…».
   «Tu pensi che…».
   «Se Giovanni, odiato da una sola[15], fu preso e morto, che non sarà di Gesù, odiato del pari dalla Reggia e dal Tempio, e da farisei e scribi, sacerdoti ed erodiani? Siate dunque vigilanti onde non aver poi un rimorso… Ma eccolo che viene. Andiamogli incontro…».

   559.4È notte fonda e senza luna, ma chiara di stelle. Non potrei dire l’ora, non vedendo la posizione della luna e la sua fase. Vedo unicamente che è una notte serena. Tutta Efraim è scomparsa nel velo nero della notte. Anche il torrente è una voce, non altro. Le sue spume e i suoi scintillii sono annullati totalmente sotto la volta verde delle piante delle rive, che interdicono anche quella luce non luce che viene dalle stelle.
   Un uccello notturno si lamenta in qualche luogo. Poi tace per un frascare di ramaglie e un rompersi di canne che si avvicina alla casa, seguendo il torrente e venendo dalla parte montana. Poi una forma alta e robusta emerge dalla riva sul sentiero che monta verso la casa. Si arresta un poco come per orientarsi. Rasenta il muro tastandolo con le mani. Trova la porta. La sfiora e va oltre. Gira, sempre tastando, l’angolo della casa sino a raggiungere l’usciolo dell’orto. Lo tenta, lo apre, lo spinge, entra. Rasenta adesso i muri che danno nell’orto. Resta perplesso alla porta della cucina. Poi prosegue sino alla scaletta esterna, la sale a tastoni e si siede sull’ultimo scalino, ombra scura nell’ombra. Ma là, ad oriente, il colore del cielo notturno — un velario cupo, che si avverte che è tale solo per le stelle che lo trapungono — comincia a mutare colore, ossia a prendere un colore che l’occhio riesce a percepire come tale: un bigio di ardesia, che pare nebbia folta e fumosa e non è che chiaror d’alba che si avanza. Ed è lentamente il giornaliero miracolo nuovo della luce che torna.
   La persona, che era accoccolata al suolo, tutta in un groppo coperto dal mantello scuro, si muove, si disgroppa, alza il capo, getta il mantello un poco indietro. È Mannaen. Vestito come un uomo qualunque, di una pesante veste marrone e di un mantello uguale. Una stoffa rude, da lavoratore o da pellegrino, senza fregi né fibbie e cinture. Un cordone di lana attorcigliata tiene la veste alla vita. Si alza in piedi, si sgranchisce. Guarda il cielo, dove la luce avanza permettendo di vedere ciò che è d’intorno.

   559.5Una porta in basso si apre cigolando. Mannaen si sporge senza far rumore per vedere chi esce di casa. È Gesù, che cautamente riaccosta la porta e si avvia alla scaletta. Mannaen si ritira un poco e si schiarisce la gola per attirare l’attenzione di Gesù, che alza il capo fermandosi a mezza scala.
   «Sono io, Maestro. Sono Mannaen. Vieni presto, ché ti devo parlare. Ti ho atteso…», bisbiglia Mannaen e si curva nel saluto.
   Gesù sale gli ultimi scalini: «La pace a te. Quando sei venuto? Come? Perché?», chiede.
   «Credo che appena fosse trascorso il gallicinio quando posi piede qui. Ma nei cespugli, là in fondo, ero da ieri alla seconda vigilia».
   «Tutta la notte all’aperto!».
   «Non c’era altro modo di fare. Dovevo parlarti da solo. Dovevo conoscere la via per venire, la casa, e non essere visto. Perciò sono venuto a giorno e mi sono imboscato lassù. Ho visto calmarsi la vita nella città. Ho visto Giuda e Giovanni rientrare in casa. Anzi, Giovanni mi passò quasi al fianco col suo carico di legna. Ma non mi vide, perché ero ben nel folto. Ho visto, finché ci fu luce a vedere, una vecchia entrare e uscire, e il fuoco splendere nella cucina, e Te scendere di quassù che già era crepuscolo fondo. E chiudersi la casa. Allora sono venuto alla luce della luna novella e ho studiato la via. Sono anche entrato nell’orto. L’usciolo è più inutile che se non ci fosse. Ho sentito le vostre voci. Ma io dovevo parlare a Te solo. Sono tornato via per ritornare alla terza vigilia ed esser qui. So che Tu solitamente ti alzi avanti giorno per pregare. E ho sperato che oggi pure Tu lo facessi. Lodo l’Altissimo che così sia».

   559.6«Ma quale il motivo di dovermi vedere con tanto disagio?».
   «Maestro, Giuseppe e Nicodemo vogliono parlarti e hanno pensato di farlo in modo di eludere ogni sorveglianza. Hanno tentato altre volte, ma Belzebù deve aiutare molto i tuoi nemici. Dovettero sempre rinunciare a venire, perché non era lasciata senza sorveglianza la loro casa e così quella di Niche. Anzi la donna doveva venire prima di me. È una donna forte e si era da sola messa in cammino per l’Adonim. Ma fu seguita e fermata presso la Salita del Sangue[16], e lei, per non tradire la tua dimora e giustificare le cibarie che aveva sulla cavalcatura, disse: “Salgo da un mio fratello che è in una grotta sui monti. Se volete venire, voi, che insegnate di Dio, fareste opera santa, poiché egli è malato e ha bisogno di Dio”. E con questa audacia li persuase ad andarsene. Ma non osò più venire qui e andò veramente da uno che dice essere in una grotta e da Te a lei affidato».
   «È verità. Ma come poté, poi, Niche farlo sapere agli altri?».
   «Andando a Betania. Lazzaro non c’è. Ma ci sono le sorelle. C’è Maria. E Maria è forse donna da sgomentarsi di cosa alcuna? Si è vestita come forse non fece Giuditta per andare dal re, ed è andata al Tempio pubblicamente insieme a Sara e Noemi, e poi al suo palazzo di Sion. E da lì ha mandato Noemi a Giuseppe con le cose da dire. E mentre… astutamente i giudei andavano o mandavano da lei per… onorarla, e ognuno poteva vederla, signora nella sua casa, Noemi vecchierella, in vesti
   dimesse, andava a Bezeta dall’Anziano. Ci siamo allora accordati di mandare qui me, il nomade che non dà sospetto se lo si vede cavalcare a briglia sciolta dall’una all’altra residenza di Erode, qui a dirti che la notte fra il venerdì e il sabato Giuseppe e Nicodemo, venendo uno da Arimatea l’altro da Rama avanti il tramonto, si incontreranno a Gofenà e ti attenderanno là. Io so il luogo e la via, e verrò qui a sera per condurti. Di me ti puoi fidare. Ma fidati di me solo, Maestro. Giuseppe si raccomanda che nessuno sappia questo nostro incontro. Per il bene di tutti».
   «Anche il tuo, Mannaen?».
   «Signore… io sono io. Ma non ho da tutelare beni e interessi di famiglia come Giuseppe».
   «E questo conferma il mio dire che le ricchezze materiali sono sempre un peso… Ma di’ pure a Giuseppe che nessuno saprà il nostro incontro».
   «Allora posso andare, Maestro. Il sole è sorto e potrebbero alzarsi i tuoi discepoli».
   «Va’ pure, e Dio sia con te. Anzi ti accompagno per farti vedere il punto dove ci troveremo la notte del sabato…».
   Scendono senza far rumore ed escono dall’orto, scendendo subito sulle rive del torrente.

[15] una sola, cioè Erodiade, come in 266.3 e in 270.5.
[16] Salita del Sangue : Chiamavano “Salita del Sangue” — annota MV su una copia dattiloscritta — un punto del monte Adonim per i delitti che ivi i ladroni compivano.