MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 556



DLVI. Un altro sabato ad Efraim. Discorso ai samaritani sul vero Tempio e sul tempo nuovo.

   17 gennaio 1947.

   556.1Deve essere un altro sabato, perché gli apostoli sono di nuovo riuniti nella casa di Maria di Giacobbe.
   I fanciulli sono ancora fra di loro, vicini a Gesù, presso il focolare. Ed è proprio questo che fa dire a Giuda Iscariota: «Intanto una settimana è passata, né i parenti sono venuti», e ride scrollando il capo.
   Gesù non gli risponde. Carezza il secondogenito.
   Giuda interroga Pietro e Giacomo d’Alfeo: «E dite che avete fatto le due vie che conducono a Sichem?».
   «Sì. Ma è stata una cosa inutile, a ben considerarla. Certo i ladroni non passano per le vie frequentate, specie ora che i drappelli romani le percorrono di continuo», risponde Giacomo d’Alfeo.
   «E allora perché le avete fatte?», incalza l’Iscariota.
   «Così!… Andare qua o là per noi è uguale. E allora abbiamo fatto quelle».
   «E nessuno ha saputo dirvi nulla?».
   «Nulla abbiamo chiesto».
   «E come volevate allora capire se erano passati o no? Portano forse le insegne, o lasciano le tracce le persone quando vanno per una via? Non credo. Ché allora noi saremmo già stati trovati almeno dagli amici. Invece non ne è venuto uno da quando siamo qui», e ride sarcastico.
   «Noi non sappiamo il motivo per il quale qui nessuno è venuto. Il Maestro sa. Noi non sappiamo. Le persone, non lasciando tracce del loro passaggio coloro che, come noi, si ritirano in luogo ignorato alla gente, non possono venire, se non è loro detto il luogo del rifugio. Ora noi non sappiamo se il fratello nostro ha detto questo agli amici», dice pazientemente Giacomo d’Alfeo.
   «Oh! e vorresti credere e far credere che Egli non lo disse almeno a Lazzaro e a Niche?».
   Gesù non parla. Prende un fanciullo per mano ed esce…
   «Io non voglio credere a nulla. Ma, anche se è come tu vuoi dire, ancora non puoi giudicare, e nessuno di noi lo può, le ragioni dell’assenza degli amici…».
   «Sono facili a capirsi queste ragioni! Nessuno vuole avere noie col Sinedrio, e tanto meno ne vuole avere chi è ricco e potente. Ecco tutto!

   556.2Soltanto noi sappiamo metterci nei peri­co­li».
   «Sii giusto, Giuda! Il Maestro non ha forzato nessuno di noi a stare con Lui. Perché sei rimasto, se ti spaura il Sinedrio?», gli osserva Giacomo d’Alfeo.
   «E puoi andartene ugualmente quando vuoi. Non sei in catene…», interrompe l’altro Giacomo, figlio di Zebedeo.
   «Questo poi no! Proprio no! Qui si è e qui si resta. Tutti. Chi voleva, doveva andarsene prima. Ora no. Mi ci oppongo io, se non se ne oppone il Maestro», dice lentamente ma decisamente Pietro, picchiando un pugno sulla tavola.
   «E perché? Chi sei tu per comandare in luogo del Maestro?», gli chiede con violenza l’Iscariota.
   «Un uomo che ragiona non da Dio, come fa Lui, ma da uomo».
   «Tu sospetti di me? Mi pensi un traditore?», dice Giuda agitato.
   «Tu lo hai detto. Non che io ti pensi tale per volontà; ma sei così… spensierato, Giuda, e così volubile! E hai troppi amici. E ti piace troppo grandeggiare, in tutto. Tu, oh! tu non sapresti tacere! O per ribattere a qualche perfido, o per mostrare che tu sei l’Apostolo, tu parleresti. Perciò qui sei e qui stai. Così non nuoci e non ti crei dei rimorsi».
   «Dio non costringe la libertà dell’uomo, e tu lo vuoi fare?».
   «Lo voglio fare. Ma dimmi, insomma. Ti piove sul capo? Ti manca il pane? Ti nuoce l’aria? Ti offende il popolo? Nulla di questo. La casa è solida, anche se non è ricca, l’aria è buona, il cibo non è mai mancato, la popolazione ti onora. E allora perché stai qui così inquieto, come se fossi in una galera?».
   «“Due popoli non può soffrire l’anima mia, e il terzo da me odiato non è neppure un popolo: quelli del monte Seir, i filistei e il popolo stolto che abita in Sichem”. Ti rispondo con le parole[7] del Sapiente. E ho ragione di pensare così. Guarda se questi popoli ci amano!».
   «Uhm! In verità non mi pare che anche gli altri, il tuo e il mio, siano molto migliori. Abbiamo preso sassate in Giudea e in Galilea, in Giudea più ancor che in Galilea, e nel Tempio di Giudea più che in ogni altro luogo. Io non trovo che si sia stati maltrattati né sulle terre filistee, né qui, né altrove…».
   «Dove altrove? Non andammo altrove, per buona sorte. Ma, anche ci fosse stato da andare altrove, io non sarei venuto, e non verrò in futuro.

   556.3Non voglio oltre contaminarmi».
   «Contaminarti? Non è questo ciò che ti impressiona, Giuda di Simone. Tu non vuoi inimicarti quelli del Tempio. Questo ti duole», dice pacato Simone Zelote che è rimasto nella cucina con Pietro, Giacomo d’Alfeo e Filippo. Gli altri se ne sono andati, uno dopo l’altro, insieme ai due bambini raggiungendo il Maestro. Fuga meritoria, perché è fatta per non mancare di carità.
   «No. Non per questo. Ma perché non mi piace perdere il mio tempo e dare la sapienza agli stolti. Guarda! Che è valso prendere con noi Ermasteo? Se ne è andato e non è più tornato. Giuseppe disse che si separò da lui dicendo che sarebbe tornato per le Capanne. Lo hai forse visto? Un rinnegato…».
   «Io non so perché non è tornato e non giudico. Ma però ti chiedo: è forse il solo che ha abbandonato il Maestro e che gli si è fatto anzi nemico? Non ce ne sono di rinnegati fra noi giudei e fra i galilei? Puoi sostenerlo?».
   «No. È vero. Ma insomma io sono a disagio qui. Se si sapesse che ci siamo! Se si sapesse che trattiamo coi samaritani sino ad entrare nelle loro sinagoghe nel sabato! Egli lo vuol fare… Guai se si sapesse! L’accusa sarebbe giustificata…».
   «E il Maestro condannato, vuoi dire. Ma lo è già. Lo è già prima che si sappia. È stato condannato, anzi, dopo aver risuscitato un giudeo in Giudea. È odiato e accusato di essere samaritano e amico di pubblicani e meretrici. Lo è da… sempre. E tu più di tutti sai se Egli non lo è!».
   «Che vuoi dire, Natanaele? Che vuoi dire? Che c’entro io in questo? Che posso sapere più di voi?». È agitatissimo.
   «Mi hai l’aspetto di un topo circondato da nemici, ragazzo mio! Ma non sei un topo, né noi siamo qui armati di bastoni per catturarti e ucciderti. Perché ti sgomenti tanto? Se la tua coscienza è in pace, perché ti agiti per innocenti parole? Che disse Bartolmai da agitarti così? Non è forse verità che nessuno più di noi, suoi apostoli, che gli dormiamo vicino e seco Lui viviamo, possiamo sapere e testimoniare che Egli non ama l’uomo samaritano, l’uomo pubblicano, l’uomo peccatore, la donna meretrice, ma le loro anime, e di queste sole si preoccupa, e per queste sole — e solo l’Altissimo saprà quanto sia lo sforzo del Purissimo ad avvicinare ciò che noi uomini e peccatori chiamiamo “lordura” — va con samaritani, pubblicani e meretrici? Tu non capisci e non conosci ancora Gesù, ragazzo mio! Tu meno degli stessi samaritani, filistei, fenici e quanti altri vuoi», dice Pietro, con tristezza nelle ultime parole.
   Giuda non parla più, e anche gli altri tacciono.

   556.4Rientra la vecchietta dicendo: «Sono nella via quelli della città. Dicono che è l’ora della preghiera del sabato e che il Maestro ha promesso di parlare…».
   «Vado a dirlo, donna. E tu di’ a quelli di Efraim che ora verremo», le risponde Pietro ed esce nell’orto per avvisare Gesù.
   «Tu che fai? Vieni? Se non vuoi venire, va’ via, va’ fuori, prima che Egli abbia dolore per un tuo rifiuto», dice lo Zelote a Giuda.
   «Io vengo con voi. Qui non si può parlare! Sembra che io sia il più grande peccatore. Ogni mia parola è male intesa».
   Gesù, che rientra nella cucina, impedisce ogni altra parola.
   Escono nella via unendosi a quelli di Efraim ed entrano con essi in città fermandosi soltanto quando sono davanti alla sinagoga, sulla cui porta è Malachia che saluta e invita ad entrare.
   Non rilevo differenza alcuna fra il luogo di preghiera samaritano e quelli che vidi in altre regioni. Sempre i soliti lumi, i soliti leggii o scaffali con sopra i rotoli, il posto del sinagogo o di chi ammaestra in sua vece. Se mai, qui i rotoli sono molti meno che non siano in altre sinagoghe.
   «Abbiamo già fatto le nostre preghiere mentre ti attendevamo.

   556.5Se vuoi parlare… Quale rotolo chiedi, Maestro?».
   «Non me ne abbisogna alcuno. Inoltre, tu non avresti ciò che Io voglio spiegare[8]», risponde Gesù e poi si volta verso la gente e inizia il suo discorso:
   «Quando gli ebrei furono rimandati in patria da Ciro re dei Persiani onde riedificassero il Tempio di Salomone, distrutto cinque decenni avanti, fu riedificato l’altare sulle sue basi, e su esso arse l’olocausto giornaliero sera e mattina, e quello straordinario del primo di ogni mese e delle solennità consacrate al Signore o gli olocausti delle offerte individuali. Poscia, dopo la primizia indispensabile e inderogabile del culto, posero mano, nel secondo anno del ritorno, a ciò che si potrebbe chiamare la cornice del culto, l’esteriorità di esso. Cosa non colpevole, perché sempre fatta per onorare l’Eterno, ma non indispensabile. Perché il culto a Dio è amore a Dio, e l’amore si sente e si consuma col cuore, non già con le pietre squadrate, i legni preziosi, gli ori e i profumi. Tutto ciò è esteriorità, data più a soddisfare il proprio orgoglio, nazionale o cittadino, che ad onorare il Signore.
   Dio vuole un Tempio di spirito. Non si soddisfa di un Tempio di mura e di marmi, che sia vuoto di spiriti pieni di amore. In verità vi dico che il tempio del cuore mondo e amoroso è l’unico che Dio ama e nel quale fa dimora con le sue luci, e che sono stolte contese quelle che tengono divise le regioni e le città circa le bellezze dei singoli luoghi di preghiera. A che rivaleggiare in ricchezza e ornamenti delle case dove si invoca Dio? Può forse il finito appagare l’Infinito, fosse anche un finito dieci volte più bello del Tempio di Salomone e delle regge unite insieme? Dio, l’Infinito che non può essere contenuto e onorato da nessuno spazio e da nessuno sfarzo materiale, trova l’unico luogo degno di onorarlo come si conviene e può essere, anzi vuole essere contenuto dal cuore dell’uomo, perché lo spirito del giusto è un tempio sul quale si libra, fra i profumi dell’amore, lo Spirito di Dio; e presto sarà un tempio nel quale lo Spirito farà reale dimora, Uno e Trino come è nel Cielo.
   Ed è scritto che, non appena i muratori ebbero gettato le fondamenta del Tempio, andarono i sacerdoti coi loro ornamenti e le trombe e i leviti coi cembali, secondo le ordinanze di Davide. E cantarono che “Dio va lodato perché è buono e la sua misericordia dura in eterno”. E il popolo esultava. Ma molti sacerdoti, capi, leviti e anziani, piangevano dirottamente pensando al Tempio che era prima, e però non si potevano distinguere le voci di pianto da quelle di giubilo tanto erano confuse. E ancor si legge che però vi furono i popoli vicini che molestarono quelli che edificavano il Tempio, per vendicarsi che i costruttori li avessero respinti quando essi si erano offerti ad edificare con loro, perché essi pure cercavano il Dio d’Israele, il Dio unico e vero. E queste molestie interruppero il corso dei lavori sino a che a Dio non piacque di farli proseguire.
   Questo si legge nel libro di Esdra.

   556.6Quante e quali lezioni dà il brano che ho detto? Queste, oltre quella già data sulla necessità che il culto sia sentito dal cuore e non fatto professare da pietre e legnami o anche da vesti e cembali e canti, dai quali è esule lo spirito. Che la mancanza di amore reciproco è sempre causa di ritardo e disturbo, anche se si tratta di uno scopo per sé buono. Dio non è dove non è carità. Inutile cercare Dio se prima non ci si pone nella condizione di poterlo trovare. Dio si trova nella carità. Colui o coloro che si stabiliscono nella carità trovano Dio anche senza doverne fare penosa ricerca. E chi ha seco Dio, seco ha la riuscita di ogni sua impresa.
   Nel salmo sgorgato dal cuore di un saggio[9], dopo la meditazione dei penosi eventi che accompagnarono la ricostruzione del Tempio e delle mura, è detto: “Se il Signore non edifica la casa, invano si affaticano intorno ad essa i costruttori. Se il Signore non veglia la città e la protegge, invano vegliano su essa i difensori”.
   Or come può essere Dio ad edificare la casa, se sa che gli abitatori di essa non lo hanno in cuore perché non hanno amore ai vicini? E come proteggerà le città e darà forza ai difensori, se non può essere in esse, essendo esse prive di Lui con l’odio che hanno per i vicini? È forse giovato, o popoli, esser divisi da barriere di odio? Vi ha fatto più grandi? Più ricchi? Più felici? Mai non giova l’odio né il rancore, mai è forte chi è solo, mai è amato chi non ama. E non serve, come dice il salmo, alzarsi avanti la luce per divenire grandi, ricchi e felici. Prenda ognuno il riposo a conforto del dolore della vita, perché il sonno è dono di Dio così come lo è la luce e ogni altra cosa di cui l’uomo gode; prenda ognuno il suo riposo ma abbia, nel sonno e nella veglia, compagna la carità, e le sue opere prospereranno, e prospereranno la sua famiglia e i suoi interessi, e soprattutto prospererà il suo spirito e conquisterà la regale corona di figli dell’Altissimo ed eredi del suo Regno.

   556.7Si è detto che, mentre il popolo osannava, alcuni piangevano forte perché ripensavano e rimpiangevano il passato. Ma non era possibile distinguere le voci diverse nel tumulto delle grida.
   Figli di Samaria! E voi, miei apostoli, figli di Giudea e di Galilea! Anche oggi vi è chi osanna e chi piange mentre il nuovo Tempio di Dio sorge su fondamenta eterne. Anche ora c’è chi ostacola i lavori e chi cerca Dio là dove non è. Anche ora c’è chi vuole edificare secondo l’ordine di Ciro e non secondo l’ordine di Dio, secondo l’ordine cioè del mondo e non secondo le voci dello spirito. E anche ora c’è chi piange con stolto e umano rimpianto su un passato inferiore, su un passato che non fu buono e sapiente, tanto da provocare lo sdegno di Dio. Anche ora abbiamo tutte queste cose, come sempre fossimo nella nebulosità dei tempi remoti e non nella luce del tempo della Luce.
   Aprite il vostro cuore alla Luce, empitevi di Luce per vedere voi, almeno voi, ai quali Io-Luce parlo. È il tempo nuovo. Tutto si riedifica in esso. Ma guai a coloro che non vorranno entrarvi e ostacoleranno quelli che edificano il Tempio della nuova fede, al quale Io sono Pietra angolare[10] e al quale anche darò tutto Me stesso per fare calcina alle pietre, onde l’edifizio sorga santo e forte, mirabile nei secoli, vasto quanto la Terra che coprirà tutta della sua luce. Dico luce, non ombra, perché il mio Tempio sarà di spiriti e non di materie opache. Pietra ad esso Io col mio Spirito eterno, e pietre tutti coloro che seguiranno la mia parola e la nuova fede, pietre incorporee, pietre accese, pietre sante. E la luce si estenderà sulla Terra, la luce del nuovo Tempio, e la coprirà di sapienza e di santità. E fuori ne resteranno solo coloro che con impuro pianto piangeranno e rimpiangeranno il passato, perché esso era per loro sorgente di utili e di onori tutti umani.

   556.8Apritevi al tempo e al Tempio nuovo, o uomini di Samaria! In essi tutto è novello, e le antiche separazioni e confini di materie, di pensiero e di spirito, non esistono più. Cantate, poiché l’esilio fuori dalla città di Dio sta per finire. Che forse godete di essere come esiliati, come lebbrosi per gli altri d’Israele? Che forse godete di sentirvi come degli espulsi dal seno di Dio? Perché questo voi lo sentite, le vostre anime lo sentono, le povere anime vostre, costrette in questi vostri corpi, sulle quali fate dominare il vostro pensiero protervo che non vuole dire ad altri uomini: “Noi abbiamo errato, ma come pecore sperse ora torniamo all’Ovile”. Non lo volete dire ad altri uomini, e questo è già male. Ma almeno vogliate dirlo a Dio. Anche se voi soffocate il grido della vostra anima, Dio sente il gemito dell’anima vostra, che è infelice di essere esiliata dalla casa del Padre universale e santissimo.
   Ascoltate le parole del salmo graduale[11]. Ben voi siete pellegrini che da secoli andate verso l’alta città, verso la vera Gerusalemme, quella celeste. Di là, dal Cielo, le vostre anime sono scese per animare una carne, e là è che sospirano di fare ritorno. Perché volete sacrificare le vostre anime, diseredarle del Regno? Quale colpa hanno esse di esser scese in carni concepite in Samaria? Esse vengono da un unico Padre. Esse hanno lo stesso Creatore che hanno le anime di Giudea e di Galilea, della Fenicia e della Decapoli. Dio è il fine di ogni spirito. Ogni spirito tende a questo Dio, anche se idolatrie di ogni specie, o eresie funeste, scismi, o non fede, lo mantengono in una ignoranza del Dio vero, che sarebbe assoluta se l’anima non avesse incancellabile in essa un embrionale ricordo della Verità e un anelito ad essa. Oh! fate crescere questo ricordo e questo anelito. Aprite le porte alla vostra anima. Che la Luce entri! Che entri la Vita! Che entri la Verità! Che sia aperta la Via! Che tutto entri a fiotti luminosi e vitali, come i raggi del sole e le onde e i venti degli equinozi, per far crescere dall’embrione la pianta che si lancia in alto, sempre più vicino al suo Signore.
   Uscite dall’esilio! Cantate con Me: “Quando il Signore fa tornare dalla captività, l’anima pare sognare dalla gioia. Si riempie di sorrisi la nostra bocca, e la nostra lingua di giubilo. Ora si dirà: ‘ Il Signore ha fatto grandi cose per noi ’”. Sì, il Signore ha fatto grandi cose per voi, e voi sarete inondati di letizia.

   556.9Oh! Padre mio! Per essi Io ti prego come per tutti. Fa’ tornare, o Signore, questi nostri prigionieri, questi che, per Te e per Me, sono prigioni nelle catene del cocciuto errore. Riconducili, o Padre, come torrente che si getta nel gran fiume, nel gran mare della tua misericordia e della tua pace. Io ed i miei servi, con lacrime, seminiamo in essi la tua verità. Padre, fa’ che al tempo della gran messe noi si possa, noi tutti tuoi servi nell’insegnare il tuo Vero, mietere con gioia fra questi solchi, che ora sembrano solo sparsi di triboli e tossici, il grano eletto dei tuoi granai. Padre! Padre! Per le nostre fatiche, e lacrime, e dolori, e sudori, e morti, che furono e saranno compagni al nostro seminare, fa’ che si possa venire a Te portando, come manipoli, le primizie di questo popolo, le anime rinate alla Giustizia e Verità per tua gloria. Amen!».

   556.10Il silenzio, che era addirittura impressionante tanto era assoluto in così gran folla che empiva la sinagoga e la piazza davanti ad essa, viene incrinato da un bisbiglio che sempre più cresce e si tramuta da bisbiglio a sussurro, da sussurro a rumore, da rumore ad osanna. La gente gesticola e commenta e acclama…
   Come è diverso qui dall’epilogo dei discorsi al Tempio! Malachia dice per tutti: «Tu solo puoi dire la verità così, senza offendere e mortificare! Tu sei veramente il Santo di Dio! Prega per la nostra pace. Noi siamo induriti da secoli di… credenze e da secoli di affronti. E dobbiamo rompere questa nostra dura corteccia. Compatisci».
   «Più ancora: amo. Abbiate la buona volontà, e la corteccia si fenderà da sé. La Luce venga a voi».
   Si fa largo ed esce, seguito dagli apostoli.

[7] parole, che sono in: Siracide 50, 25-26.
[8] ciò che Io voglio spiegare è in: Esdra 3. I samaritani non ammettevano altri libri della sacra Scrittura all’infuori dei cinque di Mosè, detti Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio. Lo ha anche ricordato MV in 483.1.
[9] un saggio è Salomone, e le citazioni corrispondono al Salmo 127, 1-2.
[10] Pietra angolare, alludendo a: Salmo 118, 22; Isaia 28, 16.
[11] graduale è il Salmo 122 al quale si allude qui. I salmi graduali (120-134), o canti delle ascensioni, erano cantati dai pellegrini diretti a Gerusalemme per salire al Tempio. Già menzionati in 195.4. Più sotto si allude al Salmo 126.