MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 560



DLX. Colloquio nella notte, presso Gofenà, con Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e Mannaen.

   23 gennaio 1947.

   560.1È una via ben difficile quella presa da Mannaen per guidare Gesù al luogo dove è atteso. Tutta montana, stretta, sassosa, fra macchioni e boschi. La luce di una chiarissima luna, nella sua prima fase, a malapena si fa strada fra l’intrico dei rami e talora cessa affatto, e Mannaen sopperisce con torce preparate, che si è portato seco a tracolla come armi sotto il mantello. Egli avanti, Gesù dietro, procedono in silenzio nel grande silenzio della notte. Due o tre volte qualche animale selvatico, correndo per i boschi, simula un suon di passi che fa arrestare in sospetto Mannaen. Ma, tolto questo, null’altro turba il cammino già tanto faticoso.
   «Ecco, Maestro. Quella là è Gofenà. Ora pieghiamo di qui. Conterò trecento passi e sarò alle grotte dove essi attendono dal tramonto. Ti è parso lungo il cammino? Eppure siamo andati per scorciatoie che credo mantengano la distanza legale».
   Gesù fa un gesto come dire: «Non si poteva fare altrimen­ti».
   Mannaen non parla più, intento a contare i suoi passi. Ora sono in un corridoio roccioso e nudo, simile ad uno speco in salita, fra le pareti del monte che quasi si toccano. Si direbbe la frattura prodotta da qualche cataclisma, tanto è strana. Un’enorme coltellata nel masso del monte, che l’avesse inciso per un buon terzo dalla cima. Al disopra, là in alto, oltre le pareti a perpendicolo, oltre il frascare agitato delle piante nate sull’orlo dell’enorme taglio, splendono le stelle, ma la luna non scende qui, in questo baratro. La luce fumosa della torcia risveglia degli uccelli da preda, che squittiscono agitando le ali sui bordi dei loro nidi fra i crepacci.

   560.2Mannaen dice: «Ecco!», e getta dentro uno spacco della parete rocciosa un grido simile al lamento di un grosso gufo.
   Venendo dal fondo, una luce rossastra si avanza per un altro corridoio roccioso, che però è chiuso in alto come un androne. Giuseppe appare: «Il Maestro?», chiede non vedendo Gesù che è un poco indietro.
   «Sono qui, Giuseppe. La pace a te».
   «A Te, la pace. Vieni! Venite. Abbiamo fatto fuoco per vedere serpi e scorpioni e per fugare il freddo. Vi precedo».
   Si rivolge e, per le ondulazioni del sentiero fra le viscere del monte, li guida verso un luogo luminoso di vampe. Là, presso al fuoco, è Nicodemo che getta frasche e ginepri sul fuoco.
   «La pace anche a te, Nicodemo. Eccomi fra voi.

   560.3Parlate».
   «Maestro, nessuno si è accorto della tua venuta?».
   «E chi mai, Nicodemo?».
   «Ma i tuoi discepoli non sono con Te?».
   «Con Me sono Giovanni e Giuda di Simone. Gli altri evangelizzano dal dì dopo il sabato al tramonto del venerdì. Ma Io ho lasciato la casa prima di sesta, dicendo che non mi si attendesse avanti l’alba del dì dopo il sabato. È ormai troppo abituale in Me l’assentarmi per più ore perché ciò desti sospetti in alcuno. State perciò tranquilli. Abbiamo tutto il tempo di parlare senza ansia alcuna di essere sorpresi. Qui… Il luogo è propizio».
   «Sì. Tane dei serpi e avvoltoi… e di ladroni nella stagione buona, quando questi monti sono pieni di greggi. Ma ora i ladroni preferiscono altri luoghi dove calare più rapidi sugli ovili e le carovaniere. Ci dispiace averti trascinato sin qui. Ma da qui noi potremo partire per vie diverse. Senza dare nell’occhio ad alcuno. Perché, Maestro, dove è sospetto di amore per Te, là è puntata l’attenzione del Sinedrio».
   «Ecco, in questo io dissento da Giuseppe. A me sembra che ormai siamo noi che vediamo ombre dove non sono. Sembra ancora a me che da qualche giorno molto si sia calmata la cosa…», dice Nicodemo.
   «Ti inganni, amico. Io te lo dico. È calmata in quanto non c’è più stimolo di ricerca del Maestro, perché sanno ormai dove è. Per questo Lui, e non noi, è sorvegliato. Per questo gli ho raccomandato di non dire ad alcuno che ci si sarebbe incontrati. Perché non ci fosse qualcuno pronto… a qualunque cosa», dice Giuseppe.

   560.4«Non credo che quelli di Efraim…», obbietta Mannaen.
   «Non quelli di Efraim e nessun altro di Samaria. Solo per fare diverso di quanto facciamo noi dall’altra parte…».
   «No, Giuseppe. Non per questo. Ma perché essi non hanno nel cuore quella serpe maligna che voi avete. Essi non temono di essere spogliati di nessuna prerogativa. Non hanno da difendere interessi settari e di casta. Nulla hanno, fuorché un istintivo bisogno di sentirsi perdonati e amati da Colui che offesero i loro antenati e che essi continuano ad offendere rimanendo fuori dalla Religione perfetta. Fuori perché, orgogliosi essi, e orgogliosi voi, non si sa da ambe le parti deporre l’astio che divide e tendersi la mano in nome dell’unico Padre. Già, anche fosse in loro tanta volontà, voi la stronchereste. Perché voi non sapete perdonare. Non sapete dire, ponendo sotto i piedi ogni stoltezza: “Il passato è morto, perché è sorto il Principe del Secolo futuro che tutti ci raccoglie sotto il suo Segno”. Io infatti sono venuto e raccolgo. Ma voi! Oh! per voi è sempre anatema anche ciò che Io ho ritenuto meritevole di essere raccolto!».
   «Sei severo con noi, Maestro».
   «Sono giusto.

   560.5Potete forse dire che non mi fate rimprovero, in cuor vostro, per certe mie azioni? Potete dire che approvate la mia misericordia uguale per giudei e galilei come per samaritani e gentili, anzi ancor più vasta per questi e per i grandi peccatori, proprio perché essi ne hanno il maggior bisogno? Potete dire che non pretendereste da Me gesti di violenta maestà per manifestare la mia soprannaturale origine, e soprattutto, badate bene, e soprattutto la mia missione di Messia secondo il vostro concetto del Messia? Dite proprio il vero: a parte la gioia del vostro cuore per la risurrezione dell’amico, non avreste preferito a questa che Io giungessi a Betania bello e crudele, come[17] i nostri antichi con gli Amorrei e i Basaniti, e come Giosuè con quelli di Ai e di Gerico o, meglio ancora, facendo crollare con la mia voce le pietre ed i muri sui nemici, come le trombe di Giosuè fecero per le mura di Gerico, o attirando sopra i nemici dal cielo grosse pietre, come avvenne nella discesa di Beteron ancora ai tempi di Giosuè, o, come in tempi più recenti, chiamando celesti cavalieri scorrenti nell’aria coperti d’oro, armati di lance come coorti, e uno scorrazzar di cavalli in ordinati squadroni e assalti da una parte e dall’altra, e un agitar di scudi ed eserciti con elmo e spada sguainata, e un lanciar di dardi a terrorizzare i miei nemici? Sì, questo avreste preferito perché, nonostante che voi mi amiate molto, è ancora impuro il vostro amore, e ad esso dà esca, nel desiderare ciò che non è santo, il vostro pensiero di israeliti, il vostro vecchio pensiero. Quello che è in Gamaliele come nell’ultimo di Israele, quello che è nel Sommo Sacerdote, nel Tetrarca, nel contadino, nel pastore, nel nomade, nell’uomo della Diaspora. Il pensiero fisso del Messia conquistatore. L’incubo di chi teme di essere reso nulla da Lui. La speranza di chi ama la Patria con violenza di umano amore. Il sospiro di chi è oppresso sotto altre potenze, in altre terre. Non è colpa vostra. Il pensiero puro, quale era stato dato da Dio su ciò che Io sono, si è andato stratificando nei secoli di scorie inutili. E pochi sanno, con sofferenza, riportare alla sua purezza iniziale l’idea messianica. Ora, poi, essendo vicini i tempi in cui verrà dato il segno che Gamaliele aspetta, e che con lui attende tutto Israele; ora, poi, venendo i tempi della mia perfetta manifestazione, a rendere più imperfetto il vostro amore e più alterato il vostro pensiero, lavora Satana. Viene la sua ora. Io ve lo dico. E in quell’ora di tenebre anche quelli che sono attualmente veggenti, o appena un poco orbi, saranno ciechi del tutto. Pochi, ben pochi, nell’Uomo abbattuto riconosceranno il Messia. Lo riconosceranno in pochi per vero Messia, proprio appunto perché sarà abbattuto come lo videro i Profeti. Io vorrei, per il bene dei miei amici, che men­tre è ancora giorno essi sapessero vedermi e conoscermi per potermi riconoscere e vedere anche nello sfiguramento e nelle tenebre dell’ora del mondo

   560.6Ma ditemi ora ciò che volevate dirmi. L’ora avanza presto e verrà l’alba. Parlo per voi, perché Io non temo incontri pericolosi».
   «Ecco. Ti volevamo dunque dire che qualcuno deve aver detto dove Tu sei e che questo qualcuno non è certo né io, né Nicodemo, né Mannaen, né Lazzaro e le sorelle, né Niche. Con chi altro hai parlato del luogo prescelto per tuo rifugio?».
   «Con nessuno, Giuseppe».
   «Ne sei sicuro?».
   «Sicuro».
   «E hai dato ordini ai tuoi discepoli di non parlarne?».
   «Prima di partire non parlai a loro del luogo. Giunto in Efraim, detti ordine di andare evangelizzando e di operare in mia vece. E sono sicuro della loro ubbidienza».
   «E… Tu sei solo ad Efraim?».
   «No. Sono con Giovanni e con Giuda di Simone. L’ho già detto. Egli, Giuda, poiché leggo il tuo pensiero, non può avermi nuociuto, con la sua irriflessione, perché mai si è allontanato dalla città, né, in questi tempi, passano da essa pellegrini di altri luoghi».
   «Allora… è proprio Belzebù che ha parlato. Perché al Sinedrio si sa che Tu sei lì».
   «Ebbene? Quali le reazioni di esso al mio atto?».
   «Diverse, Maestro. Molto diverse fra loro. C’è chi dice che questo è logico. Posto che ti hanno messo al bando nei luoghi santi, a Te non rimaneva che rifugiarti in Samaria. Altri invece dicono che questo ti mostra per ciò che sei, un samaritano d’anima più ancor che di razza, e che ciò basta a condannarti. Tutti poi giubilano di poterti aver messo a tacere e di poterti additare alle turbe come amante dei samaritani. Dicono: “Abbiamo già vinto la battaglia. Il resto sarà un giuoco di fanciulli”. Ma, te ne preghiamo, fa’ che ciò non sia vero».
   «Non sarà vero. Lasciate che parlino. Quelli che mi amano non si turberanno per le apparenze. Lasciate che il vento cada del tutto. È vento di Terra. Poi verrà il vento del Cielo e si aprirà il velario apparendo la gloria di Dio.

   560.7Avete altro da dir­mi?».
   «No, al tuo riguardo. Vigila, sii cauto, non uscire da dove sei. E dirti ancora che noi ti faremo sapere…».
   «No. Non occorre. Rimanete dove siete. Presto avrò con Me le discepole e, questo sì, dite ad Elisa e a Niche di raggiungere le altre, se vogliono. Ditelo anche alle due sorelle. Noto come è ormai il mio luogo, coloro che non temono il Sinedrio possono ormai venire per averne reciproco conforto».
   «Non possono venire le due sorelle sinché Lazzaro non torna. Egli è partito con gran pompa, e tutta Gerusalemme lo ha saputo che egli andava ai suoi possessi lontani, né si sa quando farà ritorno. Ma il suo servo è tornato già da Nazaret e ha detto, anche questo ti dobbiamo dire, che tua Madre sarà qui con le altre entro la fine di questa luna. Essa sta bene e bene sta Maria di Alfeo. Il servo le vide. Ma tardano un poco, perché Giovanna vuol venire con esse e non può sino alla fine di questa luna.

   560.8E poi, ecco, se ce lo concedi, vorremmo sovvenirti… da amici fedeli anche se… imperfetti come Tu dici».
   «No. I discepoli che vanno evangelizzando portano ogni vigilia di sabato quanto necessita per loro e per noi che stiamo in Efraim. Altro non occorre. L’operaio vive della sua mercede. Ciò è giusto. Il resto sarebbe superfluo. Datelo a qualche infelice. Così ho imposto anche a quelli di Efraim e agli stessi apostoli miei. Esigo che al loro ritorno non abbiano un picciolo di scorta e che ogni obolo sia dato per via, prendendone per noi solo quel tanto che basti al cibo frugalissimo di una settima­na».
   «Ma perché, Maestro?».
   «Per insegnare loro il distacco dalle ricchezze e la superiorità di spirito sulle preoccupazioni del domani. E per questo, e per altre mie buone ragioni di Maestro, vi prego di non fare insistenza».
   «Come Tu vuoi. Ma ci spiace di non poter servirti».
   «Verrà l’ora che lo farete…

   560.9Non è quella una prima luce d’alba?», dice volgendosi verso oriente, dal lato, cioè, opposto a quello per cui è venuto, e accennando ad un timido chiarore che appare da un’apertura su sfondi lontani.
   «È. Ci dobbiamo lasciare. Io torno a Gofenà, dove ho lasciato la cavalcatura, e Nicodemo per quest’altra parte scenderà verso Berot e da lì a Rama, finito il sabato».
   «E tu, Mannaen?».
   «Oh! io anderò apertamente per le scoperte vie verso Gerico, dove ora è Erode. Ho il cavallo in una casa di povera gente, che per un obolo non hanno schifo di alcuna cosa, neppure di un samaritano come mi credono. Ma per ora resto con Te. Nella borsa ho viveri per due».
   «Allora salutiamoci.

   560.10A Pasqua ci ritroveremo».
   «No! Tu non vorrai già metterti a quel cimento!», dicono Giuseppe e Nicodemo. «Non lo fare, Maestro!».
   «In verità siete dei cattivi amici, perché mi consigliate il peccato e la viltà. Potreste poi amarmi, riflettendo sul mio atto? Ditelo. Siate sinceri. Dove dovrei andare ad adorare il Signore nella Pasqua d’Azzimi? Forse sul monte Garizim[18]? O non dovrei comparire davanti al Signore nel Tempio di Gerusalemme, come deve ogni maschio d’Israele nelle tre grandi feste annuali? Non ricordate che già mi si accusa di non rispettare il sabato, nonostante — qui Mannaen lo può anche testimoniare — anche oggi, per aderire al vostro desiderio, Io mi sia mosso a sera da un luogo che conciliasse il vostro desiderio con la legge sabatica?».
   «Noi pure abbiamo sostato a Gofenà per questo… E faremo un sacrificio per espiare una involontaria trasgressione per un inderogabile motivo. Ma Tu, Maestro!… Essi ti vedranno subito…».
   «Anche non mi vedessero, farò in modo di esser visto».
   «Tu ti vuoi rovinare! È come se Tu ti uccidessi…».
   «No. La vostra mente è molto fasciata di tenebre. Non è come un volermi uccidere, ma è unicamente ubbidire alla voce del Padre mio che mi dice: “Vai. È l’ora”. Ho sempre cercato di conciliare la Legge con le necessità, anche quel giorno che dovetti fuggire da Betania e ricoverarmi ad Efraim perché ancora non era l’ora di esser preso. L’Agnello di Salute non può essere immolato che per Pasqua d’Azzimi. E vorreste che, se così ho fatto per la Legge, non faccia così per l’ordine del Padre mio? Andate, andate! Non vi affliggete così. E per che sono venuto se non per essere proclamato Re di tutte le genti? Perché questo vuol dire “Messia”, non è vero? Sì. Lo vuol dire. E anche questo vuol dire “Redentore”. Solo che la verità del dire di questi due nomi non corrisponde a quello che voi vi figurate.

   560.11Ma Io vi benedico, implorando che un raggio celeste scenda in voi insieme alla mia benedizione. Perché vi amo e perché mi amate. Perché vorrei che la vostra giustizia fosse tutta luminosa. Perché non siete malvagi, ma siete voi pure “vecchio Israele”, e non avete eroica volontà di spogliarvi del passato e farvi nuovi. Addio, Giuseppe. Sii giusto. Giusto come colui che mi fu tutore per tanti anni e che fu capace di ogni rinnovazione per servire il Signore Iddio suo. Se egli fosse qui, fra noi, oh! come vi insegnerebbe a saper servire Dio perfettamente, ad essere giusti, giusti, giusti. Ma bene è che egli sia già nel seno di Abramo!… Per non vedere l’ingiustizia di Israele. Santo servo di Dio!… Novello Abramo egli, col cuore trafitto, ma con volontà perfetta, non mi avrebbe consigliato alla viltà, ma mi avrebbe detto la parola che usava quando qualche cosa penosa gravava su noi: “Alziamo lo spirito. Incontreremo lo sguardo di Dio e dimenticheremo che sono gli uomini a dare il dolore. E facciamo ogni cosa che ci è grave, come se l’Altissimo ce la presentasse. In tal modo santificheremo anche le più piccole cose, e Dio ci amerà”. Oh! così avrebbe detto anche nel confortarmi a subire i più grandi dolori… Ci avrebbe confortati… Oh! Madre mia!…».
   Gesù lascia andare Giuseppe, che teneva abbracciato, e china il capo stando muto, in contemplazione certo del suo prossimo martirio e di quello della sua povera Madre…
   Poi alza il capo e abbraccia Nicodemo dicendo: «La prima volta che tu a Me venisti[19] come discepolo segreto, Io ti ho detto che per entrare nel Regno di Dio e per avere il Regno di Dio in voi è necessario che voi rinasciate da spirito e amiate la Luce più che il mondo non l’ami. Oggi, e forse è l’ultima volta che ci incontriamo in segreto, ti ripeto le stesse parole. Rinasci nel tuo spirito, Nicodemo, per poter amare la Luce che Io sono ed Io abiti in te come Re e Salvatore. Andate. E Dio sia con voi».

   560.12I due sinedristi se ne vanno per la parte opposta a quella dalla quale è venuto Gesù.
   Quando il rumore dei loro passi si è allontanato, Mannaen, che si era fatto sull’ingresso della grotta per vederli allontanare, torna indietro, dicendo con faccia molto espressiva: «E per una volta tanto, quelli che violeranno la misura sabatica saranno loro! E non avranno pace sinché non avranno regolato il loro debito con l’Eterno col sacrificio di un animale! Non sarebbe meglio per loro sacrificare la loro tranquillità dicendosi “tuoi” apertamente? Non sarebbe ciò più gradito all’Altissimo?».
   «Lo sarebbe certamente. Ma non li giudicare. Sono impasti che lievitano adagio. Ma al momento giusto, quando tanti che si credono meglio di loro crolleranno, essi si drizzeranno contro tutto un mondo».
   «Lo dici per me, Signore? Piuttosto levami la vita, ma non far che io ti rinneghi».
   «Tu non rinnegherai. Ma in te sono già elementi diversi dai loro ad aiutarti ad essere fedele».

   560.13«Sì. Io sono… l’erodiano. Ossia, ero l’erodiano. Perché, come mi sono staccato dal Consiglio, così mi sono staccato dal partito da quando lo vedo vile e ingiusto come gli altri verso di Te. Essere erodiano!… Per le altre caste è essere poco meno di pagano. Non dico che noi si sia dei santi. È vero. Per un fine impuro noi abbiamo commesso impurità. Parlo come fossi ancora l’erodiano di prima di esser tuo. Siamo perciò doppiamente impuri, secondo il giudizio umano, e perché ci siamo alleati ai romani e perché lo abbiamo fatto per utile nostro. Ma dimmi, Maestro, Tu che sempre dici il vero senza astenertene per tema di perdere un amico. Fra noi che ci siamo alleati con Roma per… avere ancora effimeri trionfi personali, e i farisei, i capi dei sacerdoti, gli scribi, i sadducei, che si alleano a Satana per abbattere Te, quali sono i più impuri? Io, lo vedi?, ora che ho visto che il partito degli Erodei si schiera contro di Te, li ho lasciati. Non lo dico per averne la tua lode, ma per dirti il mio pensiero. E quelli, parlo dei farisei e sacerdoti, degli scribi e dei sadducei, credono di avere un utile di questa improvvisa alleanza degli erodiani con loro! Infelici! Non sanno che gli erodiani lo fanno per aver più meriti e perciò più protezione dai romani, e dopo… definita e finita la causa e il movente che li unisce ora, abbattere quelli che ora prendono come alleati. Dall’una e dall’altra parte si giuocano così. Tutto è basato sull’inganno. E questo così mi ripugna che io mi sono reso indipendente del tutto. Tu… Tu sei un grande fantasma di paura. Per tutti! E sei anche il pretesto per il losco giuoco degli interessi dei diversi partiti. Il movente religioso? Il sacro sdegno per “il bestemmiatore”, come ti chiamano? Tutte menzogne! L’unico movente è non la difesa della Religione, non il sacro zelo per l’Altissimo, ma i loro interessi, cupidi, insaziabili. Mi fanno schifo come cose immonde. E vorrei… Sì, vorrei più audaci i pochi che non sono immondezza. Ah! mi pesa ormai avere una duplice vita! Vorrei seguire Te solo. Ma ti servo così più che se ti seguissi. Mi pesa… Ma Tu dici che sarà presto… Come…

   560.14Ma Tu realmente sarai immolato come l’Agnello? Non è linguaggio figurato? La vita d’Israele è tessuta di simboli e figure…».
   «E tu vorresti che così fosse per Me… Ma non è una figura, la mia».
   «Non è? Ne sei proprio sicuro? Io potrei… Molti potremmo ripetere gesti antichi e farti ungere Messia e difenderti. Basterebbe una parola, e a mille e diecimila sorgerebbero i difensori del vero Pontefice santo e sapiente. Non parlo già di un re terreno, posto che ora so che il tuo Regno è tutto spirituale. Ma, dato che umanamente forti e liberi non lo saremo mai più, almeno che sia la tua santità a reggere e risanare il corrotto Israele. Nessuno, e Tu lo sai, ama l’attuale Sacerdozio e chi lo sostiene. Vuoi, Signore? Ordina e io farò».
   «Già molto hai camminato nel tuo pensiero, o Mannaen. Ma ancor sei tanto lontano dalla mèta come la Terra dal sole. Io sarò Sacerdote, e in eterno, Pontefice immortale in un organismo che Io vivificherò sino alla fine dei secoli. Ma non con olio di letizia sarò unto, né proclamato e difeso con violenza d’atti voluti da un pugno di fedeli per gettare la Patria in un più fiero scisma e farla più schiava di come mai fu. E credi tu che mano d’uomo possa ungere il Cristo? In verità ti dico che no. La vera Autorità che mi ungerà Pontefice e Messia è quella di Colui che mi ha mandato. Nessun altro, che Dio non sia, non potrebbe ungere Dio a Re dei re e Signore dei signori, in eterno».
   «Allora nulla?! Nulla da fare!? Oh! mio dolore!».
   «Tutto. Amarmi. In questo è tutto. Amare non la creatura che ha nome Gesù, ma ciò che è Gesù. Amarmi con l’umanità e con lo spirito, così come Io con lo Spirito e l’Umanità vi amo, per essere meco oltre l’Umanità.

   560.15Guarda che bell’aurora. La luce pacata delle stelle non giungeva qui dentro. Ma quella trionfante del sole, sì. Così avverrà nei cuori di quelli che giungeranno ad amarmi con giustizia. Vieni fuori. Nel silenzio del monte, puro di voci umane rauche di interessi. Guarda là quelle aquile come a larghi voli si allontanano in cerca di preda. Vediamo noi quella preda? No. Ma esse sì. Perché l’occhio dell’aquila è potente più del nostro, e dall’alto dove spazia vede un largo orizzonte e sa scegliere. Anche Io. Io vedo ciò che voi non vedete, e dall’alto dove si libra il mio spirito so scegliere le mie dolci prede. Non per sbranarle come fanno gli avvoltoi e le aquile, ma per portarle con Me. Saremo così felici là, nel Regno del Padre mio, noi che ci amammo!…».
   E Gesù, che parlando è uscito a sedersi al sole sulla soglia della caverna, avendo a fianco Mannaen, lo attira a Sé, tacendo, sorridendo a chissà quale visione…

[17] come nelle gesta narrate in: Numeri 21, 21-35; Deuteronomio 2, 26-37; Giosuè 6-8; 10; 2 Maccabei 5, 1-4.
[18] sul monte Garizim, dove i samaritani avevano il loro Tempio (già menzionato in 558.6) in opposizione a quello di Gerusalemme: deuteronomio 11, 26-32; 27, 11-13; Giosuè 8, 30-35; 2 Maccabei 6, 1-2.
[19] venisti, in 116.4/11.