MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 566



DLXVI. Ad Efraim, il giorno dell’arrivo della Madre con Lazzaro e le discepole. Il carattere di Pilato.

   12 febbraio 1947.

   566.1Nella casa di Maria di Giacobbe sono già alzati, nonostante il giorno spunti appena. Direi che è giorno di sabato, perché vedo presenti anche gli apostoli che di solito sono in missione. Vi è un grande preparare di fuochi e acque calde, e Maria è aiutata a setacciar farine e a intriderle per farne pane.
   La vecchietta è molto agitata, di un’agitazione di bimba, e mentre lavora solerte domanda a questo e a quello: «Sarà proprio per oggi? E gli altri luoghi sono pronti? Siete sicuri che non sono più di sette?».
   Le risponde per tutti Pietro, che sta scuoiando un agnello per prepararlo alla cottura: «Dovevano essere qui prima del sabato, ma forse le donne non erano pronte ancora e hanno perciò ritardato. Ma oggi certo verranno. Ah! io ne sono felice! Il Maestro è andato fuori? Forse è andato incontro a loro…».
   «Sì. È uscito con Giovanni e Samuele andando verso la via della Samaria centrale», risponde Bartolomeo uscendo con una brocca colma di acqua bollente.
   «Allora si può essere certi che arrivano. Egli sa sempre tutte le cose», professa Andrea.
   «Io vorrei sapere: perché tu ridi così? Che c’è da ridere quando parla mio fratello?», interroga Pietro che ha notato la risatina di Giuda, ozioso in un angolo.
   «Non rido per tuo fratello. Siete tutti felici e lo posso essere anche io, e ridere anche senza ragione».
   Pietro lo guarda con chiara espressione ma torna ad occuparsi del suo lavoro.
   «Ecco! Ce l’ho fatta a trovare un ramo di pianta in fiore. Non è mandorlo come volevo. Ma Ella, finito di fiorire il mandorlo, tiene altri rami e si accontenterà del mio», dice il Taddeo che rientra, gocciolante di guazza come fosse stato nei boschi e con un fascio di rami fioriti. Un miracolo di candore rugiadoso che pare rischiarare e abbellire la cucina.
   «Oh! belli! Dove li hai trovati?».
   «Da Noemi. Sapevo che il suo frutteto è tardivo per la posizione di tramontana che lo tiene indietro. E sono salito là».
   «Per questo sembri anche tu una pianta del bosco! Le gocce delle rugiade ti brillano nei capelli e ti hanno bagnato la ve­ste».
   «Il sentiero era umido come per pioggia. Sono già le rugiade abbondanti dei mesi più belli». Il Taddeo se ne va coi suoi fiori, e dopo poco chiama suo fratello perché lo aiuti a disporre i fiori.
   «Vengo io. Me ne intendo. Donna, non hai qualche anfora dal collo slanciato, possibilmente di terra rossa?», dice Tommaso.
   «Ho quel che cerchi e anche altri vasi… Quelli che usavo nei dì di festa… per le nozze dei figli miei o altro gran motivo. Se attendi che io metta queste focacce in forno, un attimo, vengo ad aprirti il cofano dove son riposte le cose belle… Ah! poche ormai, dopo tanta sventura! Ma alcune le ho serbate per… ricordare… e soffrire, perché, se anche sono ricordi di letizia, ora danno pianto perché ricordano ciò che è finito».
   «Allora era meglio che nessuno te le chiedesse. Tanto! Non vorrei che ci accadesse come a Nobe. Tanti preparativi per nulla…», dice l’Iscariota.
   «Se ti dico che ci ha avvertito un gruppo di discepoli?! Vuoi che abbiano sognato? Hanno parlato con Lazzaro. Li ha mandati avanti apposta. Venivano qui ad avvisare che avanti il sabato sarebbe stata qui la Madre col carro di Lazzaro, e Lazzaro e le discepole…».
   «Intanto non sono venute…».

   566.2«Voi che lo avete visto quell’uomo, dite: non fa paura?», chiede la vecchietta asciugandosi le mani al grembiule dopo aver affidato le sue focacce a Giacomo di Zebedeo e ad Andrea, che le portano al forno.
   «Paura? Perché?».
   «Eh! un uomo che torna dai morti!». È tutta commossa.
   «Sta’ calma, madre. È in tutto come noi», la conforta Giacomo d’Alfeo.
   «Piuttosto bada di non fare chiacchiere con le altre donne, tu. Che non si abbia tutta Efraim qui dentro a dare noia», dice imperiosamente l’Iscariota.
   «Non ho mai fatto parole imprudenti da quando siete qui. Né con quelli della città né con pellegrini. Ho preferito passare da stolta invece di mostrarmi sapiente, per non dare disturbo al Maestro e fargli del male. E saprò tacere anche oggi. Vieni, Tommaso…», ed esce per andare a mettere fuori i suoi tesori na­scosti.
   «La donna è spaventata pensando di vedere un risorto», dice l’Iscariota e ride ironico.
   «Non è la sola. Mi hanno detto i discepoli che a Nazaret erano tutti agitati, e così a Cana e a Tiberiade. Uno che torna da morte dopo quattro giorni di sepolcro non si trova facilmente come le margherite a primavera. Anche noi eravamo ben pallidi quando egli uscì dal sepolcro! Ma piuttosto che stare lì a far commenti inutili, non potresti lavorare? Si lavora tutti, e c’è ancor tanto da fare… Oggi che si può farlo, va’ al mercato e compera ciò che occorre. Quanto avevamo preso noi non è sufficiente, ora che esse vengono, né noi si faceva a tempo a tornare alla città a fare acquisti. Ci avrebbe bloccati, là dove si era, il tramonto».
   Giuda chiama Matteo, che rientra in cucina tutto in ordine, ed escono insieme.

   566.3Rientra in cucina anche lo Zelote, lui pure tutto ben ordinato nelle vesti, e dice: «Quel Toma! È proprio un artista. Con un nulla ha addobbato la stanza come per un pranzo di nozze. Andate a vedere».
   Tutti, meno lo Zelote e Pietro[32], che sta finendo la sua operazione, corrono a vedere. Pietro dice: «Non vedo il momento che siano qui. Forse ci sarà anche Marziam. Fra un mese è Pasqua. Certo sarà già partito da Cafarnao o Betsaida».
   «Io sono contento che venga Maria per il Maestro. Lo con­forterà più di tutti. E ne ha bisogno», gli risponde lo Zelote.
   «Tanto. Ma hai notato come è triste anche Giovanni? Io l’ho interrogato. Ma inutilmente. Nella sua dolcezza è più fermo di tutti noi e, se non vuol dire, niente lo fa parlare. Ma io sono sicuro che egli sa qualche cosa. E pare l’ombra del Maestro. Lo segue sempre. Lo guarda sempre. E quando non sa di essere osservato — perché allora risponde al tuo sguardo con quel suo sorriso che farebbe dolce anche una tigre — quando non si sa osservato, dico, il suo volto si fa triste, triste. Prova ad interrogarlo tu. Egli ti vuole molto bene. E ti sa più prudente di me…».
   «Oh! questo no. Tu ti sei fatto un esempio a tutti noi di prudenza. Non si riconosce più in te il vecchio Simone. Sei proprio la pietra che per la sua robusta e quadrata compattezza sorregge noi tutti».
   «Ma va’ là! Non lo dire! Sono un pover’uomo. Certo… a stare con Lui tanti anni si diventa un poco come Lui. Un poco… molto poco, ma già molto diversi da quanto si era prima. Tutti ci siamo… no, non tutti, purtroppo.

   566.4Giuda è sempre uguale. Qui come all’Acqua Speciosa…».
   «E voglia Dio che sia sempre uguale!».
   «Che? Che vuoi dire?».
   «Nulla e tutto, Simone di Giona. Se il Maestro mi sentisse, mi direbbe: “Non giudicare”. Ma ciò non è giudicare. Questo è temere. Io temo che Giuda sia peggio che all’Acqua Speciosa».
   «Certo che lo è, anche se è ancora come era allora. Lo è perché doveva essere molto cambiato, cresciuto in giustizia, e invece è sempre uguale. Ha dunque il peccato di accidia spirituale sul cuore, che allora non aveva. Perché i primi tempi… matto sì, ma pieno di buona volontà… Di’: cosa ti fa pensare che il Maestro abbia deciso di mandare con noi Samuele e di radunare tutti i discepoli, quanti se ne possono radunare a Gerico, per la neomenia di nisam? Prima aveva detto che l’uomo sarebbe rimasto qui… e prima anche ci aveva vietato di dire dove Egli era. Io sono in sospetto…».
   «No. Vedo le cose chiare e logiche. Ormai, non si sa da chi e come propalata, la notizia che il Maestro è qui è nota a tutta la Palestina. Vedi che sono venuti qui pellegrini e discepoli da Cedes a Engaddi, da Joppe a Bozra. Ed è perciò inutile conservare più il segreto. Inoltre la Pasqua si avvicina ed è certo che il Maestro vuol avere i discepoli con Sé per il suo ritorno a Gerusalemme. Il Sinedrio dice, lo hai sentito, che Egli è un vinto e che ha perduto tutti i discepoli. Ed Egli gli risponde entrando in città alla testa di essi…».
   «Ho paura, Simone! Una grande paura… Hai sentito, eh? Tutti, anche gli erodiani, si sono uniti contro di Lui…».
   «Eh! sì! Dio ci aiuti!…».
   «E Samuele perché lo manda con noi?».
   «Per prepararlo certo alla sua missione. Non vedo motivo di agitazione…

   566.5Bussano! Certo sono le discepole!…».
   Pietro getta via il suo grembiule insanguinato e segue di corsa lo Zelote, che si è precipitato alla porta di casa.
   Sbucano dai diversi usci gli altri che sono in casa e tutti gridano: «Eccole! Eccole!».
   Ma, aperta la porta, restano così palesemente delusi davanti a Elisa e Niche, che le due discepole chiedono: «Ma è accaduto forse qualcosa?».
   «No! No! Ma è che… credevamo fosse la Madre e le discepole galilee…», dice Pietro.
   «Ah! e ci siete rimasti male. Ma noi siamo ben felici invece di vedervi e di sapere che sta per giungere Maria», dice Elisa.
   «Male no… Delusi, ecco! Ma venite! Entrate! La pace sia alle buone sorelle», saluta per tutti il Taddeo.
   «E a voi. Il Maestro non c’è?».
   «È andato con Giovanni incontro a Maria. Si sa che viene per la strada di Sichem sul carro di Lazzaro», spiega lo Zelote.
   Entrano in casa, mentre Andrea si occupa dell’asinello di Elisa. Niche è venuta a piedi. Parlano di quello che avviene a Gerusalemme, chiedono degli amici e discepoli,… di Annalia, di Maria e Marta, del vecchio Giovanni di Nobe, di Giuseppe, di Nicodemo, di tanti.

   566.6L’assenza di Giuda Iscariota fa che si parli in pace e apertamente.
   Elisa, donna anziana, esperta, e che è stata nei tempi di Nobe a contatto con l’Iscariota e lo conosce ormai molto bene e anche «non lo ama altro che per amor di Dio», come dice apertamente, si informa anzi se egli è in casa, non essendosi forse voluto unire[33] agli altri per qualche capriccio, e solo dopo che sa che è fuori, alle spese, parla di ciò che sa: «che a Gerusalemme pare tutto calmato, anzi non sono neppur più interrogati i noti discepoli, che si sussurra che ciò sia avvenuto perché Pilato ha fatto la voce grossa con quelli del Sinedrio, ricordando loro che la giustizia solo lui in Palestina la esercita, e di farla finita perciò».
   «Anche però si dice», osserva Niche «— ed è proprio Mannaen che lo dice, e con lui altri, anzi altre, perché è Valeria l’altra voce — che Pilato sia veramente così stanco di queste sommosse che tengono agitato il Paese e che gli possono dare delle noie, e impressionato anche, per l’insistenza con cui i giudei gli insinuano che Gesù mira a proclamarsi re, che se non ci fossero i concordi rapporti favorevoli dei centurioni, e soprattutto le pressioni della moglie, finirebbe a punire il Cristo, magari con l’esilio, pur di non avere più noie».
   «Ci mancherebbe altro! Ed è capace di farlo! Capacissimo! È il più lieve castigo romano, e il più usato dopo la flagellazione. Ma ve lo pensate? Gesù solo chissà dove, e noi dispersi qua e là…», dice lo Zelote.
   «Già! Dispersi! Lo dici tu. Me non mi disperdono. Gli vado dietro…», dice Pietro.
   «Oh! Simone! Ti puoi illudere che te lo lascerebbero fare? Ti legano come un galeotto e ti portano dove piace a loro, magari sulle galere o dentro ad una prigione delle loro, e tu il tuo Maestro non lo puoi più seguire», gli dice Bartolomeo.
   Pietro si arruffa i capelli perplesso, sconfortato.
   «Lo diremo a Lazzaro. Lazzaro andrà apertamente da Pilato. Certo Pilato lo vedrà volentieri, perché questi gentili amano vedere gli esseri straordinari…», dice lo Zelote.
   «Ci sarà già stato prima di partire, e Pilato non desidererà più di vederlo!», dice Pietro con abbattimento.
   «Allora ci andrà come figlio di Teofilo. Oppure accompagnerà sua sorella Maria dalle dame. Erano amiche quando… sì, insomma, quando Maria era peccatrice…».

   566.7«Sapete che Valeria, dopo che il marito si è divorziato da lei, si è fatta proselite? Quella ha fatto sul serio. Conduce una vita da giusta che è un esempio a molti di noi. Ha affrancato i suoi schiavi e li istruisce tutti nel vero Dio. Si era presa una casa in Sion. Ma ora che Claudia è venuta, è tornata da lei…».
   «Allora!…».
   «No. A me ha detto: “Come viene Giovanna, vado con lei. Ma ora voglio persuadere Claudia”… Pare che Claudia non riesca a superare il limite del suo credere in Cristo. Per lei è un saggio. Nulla più… Anzi sembra che, prima di venire in città, si fosse alquanto disturbata per le voci fatte correre e, scettica, dicesse: “È un uomo come i nostri filosofi e non dei migliori, perché la sua parola non corrisponde alla sua vita”, e abbia avuto dei… delle… insomma si sia permesse cose che prima aveva abbandonate», dice Niche.
   «C’era da aspettarselo. Anime pagane! Uhm! Una buona ci può essere… Ma le altre!… Lordure! Lordure!», sentenzia Bartolomeo.
   «E Giuseppe?», chiede il Taddeo.
   «Chi? Quel di Sefori? Ha una paura! Ah! c’è stato vostro fratello Giuseppe. Venuto e partito subito, ripassando però da Betania per dire alle sorelle che trattengano ad ogni costo il Maestro dall’andare in città e dal rimanervi. Io ero là e ho sentito. Così ho anche saputo che Giuseppe di Sefori ha avuto molte noie e ora ha molta paura. Vostro fratello lo ha incaricato di stare al corrente di ciò che si complotta nel Tempio. Quel di Sefori lo può sapere per mezzo di quel parente che è marito non so se della sorella o della figlia della sorella della moglie, e che ha uffici al Tempio», dice Elisa.

   566.8«Quante paure! Adesso, quando si andrà a Gerusalemme, voglio mandare mio fratello da Anna. Potrei andarci anche io, perché anche io conosco bene quella vecchia volpe. Ma Giovanni sa più fare. E Anna gli voleva molto bene, allora, quando si ascoltava le parole di quel vecchio lupo credendolo un agnello! Manderò Giovanni. Egli saprà sopportare anche degli improperi senza reagire. Io… se mi dicesse anatema del Maestro, o anche solo che sono anatema io perché lo seguo, gli salterei al collo, lo abbrancherei e stringerei quel vecchio corpaccio come fosse una rete che deve perdere l’acqua. Gliela farei restituire io l’anima bieca che ha dentro! Anche avesse intorno tutti i soldati del Tempio e i sacerdoti!».
   «Oh! se ti sentisse il Maestro a parlare così!», dice scandalizzato Andrea.
   «È ben perché non c’è, che lo dico!».
   «Hai ragione! Non sei solo ad avere certe voglie. Le ho anche io!», dice Pietro.
   «E io pure, e non per Anna soltanto», dice il Taddeo.
   «Oh! per questo io ne… servirei diversi. Ho una nota lunga… Quelle tre carcasse di Cafarnao — escludo il fariseo Simone perché pare passabilmente buono — quei due lupi di Esdrelon e quel vecchio mucchio d’ossi di Canania, e poi… una strage, vi dico, una strage a Gerusalemme, con alla testa di tutti Elchia. Non ne posso più di tutti questi serpenti in agguato!». Pietro è furente.
   Il Taddeo, calmo nel dirlo, ma ancor più impressionante nella sua calma glaciale che se fosse furente come Pietro, dice: «E io ti aiuterei. Ma… forse comincerei a levare i serpenti che sono vicini».
   «Chi? Samuele?».
   «No, no! Non abbiamo vicino soltanto Samuele. Ci sono tanti che mostrano un viso e hanno un’anima diversa dal volto che mostrano! Io non li perdo di vista. Mai. Voglio essere sicuro prima di agire. Ma quando lo sarò! Il sangue di Davide è caldo, e caldo è quello di Galilea. Sono in me, per linea paterna e per linea materna, tutti e due».
   «Oh! caso mai me lo dici, eh! Ti aiuto…», dice Pietro.
   «No. La vendetta del sangue spetta ai parenti. A me spet­ta».

   566.9«Ma figli! Figli! Non parlate così! Non è questo ciò che insegna il Maestro! Sembrate leoncelli furenti in luogo di essere gli agnelli dell’Agnello! Deponete tanto spirito di vendetta. I tempi di Davide sono superati da un pezzo! La legge del sangue e del taglione sono annullate dal Cristo. Egli lascia i dieci comandi immutabili, ma le altre dure leggi mosaiche le abroga. Di Mosè restano i comandi di pietà, di umanità e giustizia, compendiati e perfezionati dal nostro Gesù nel suo più grande comando: “Amare Dio con tutti se stessi, amare il prossimo come noi stessi, perdonare a chi offende, dare amore a chi ci odia”. Oh! perdonate se io, donna, ho osato insegnare ai miei fratelli, e più grandi di me! Ma sono una vecchia madre. E una madre può sempre parlare. Credetelo, figli miei! Se voi stessi chiamate in voi Satana con l’odio per i nemici, col desiderio di vendetta, esso entrerà in voi corrompendovi. Non è una forza, Satana. Credetelo. Forza è Dio. Satana è debolezza, è peso, è torpore. Voi non sapreste più muovere un dito, non contro i nemici, ma neppure per dare una carezza all’afflitto nostro Gesù, se l’odio e la vendetta vi avessero messi in catene. Su, figli miei, tutti figli! Anche voi che avete i miei anni, e più, forse. Tutti figli per una donna che vi ama, per una madre che ha ritrovato la gioia d’esser madre amandovi come figli tutti. Non mi fate di nuovo angosciata per aver perduto novellamente i figli cari, e per sempre; perché se morite coll’odio, o col delitto, morti siete per l’eternità e non potremo più riunirci lassù, in giubilo, intorno al nostro comune amore: Gesù. Promettete qui, subito, a me che ve ne supplico, ad una povera donna, ad una povera mamma, di non avere mai più questi pensieri. Oh! vi sfigurano persino il volto. Mi parete sconosciuti, diversi! Come vi fa brutti il rancore! Così dolci eravate! Ma che avviene dunque? Ascoltatemi! Maria vi direbbe le mie stesse parole, con più potenza perché Essa è Maria; ma meglio è che Ella non sappia tutto il dolore… Oh! povera Madre! Ma che avviene? Devo dunque proprio credere che già sorge l’ora delle tenebre, l’ora che inghiottirà tutti, l’ora in cui Satana sarà re in tutti, meno che nel Santo, e travierà anche i santi, anche voi, facendovi vili, spergiuri, crudeli come esso è? Oh! finora ho sempre sperato! Sempre ho detto: “Gli uomini non prevarranno contro il Cristo”. Ma ora! Ora temo e tremo per la prima volta! Su questo sereno cielo di adar io vedo allungarsi e invadere la gran Tenebra che ha nome Lucifero e oscurarvi tutti, e piovere tossici che vi fanno malati. Oh! ho paura!».
   Elisa, che già da qualche tempo piangeva senza scosse, si abbandona col capo sul tavolo presso il quale è seduta e singhiozza dolorosamente.

   566.10Gli apostoli si guardano fra loro. Poi, afflitti, si danno a confortarla. Ma lei non vuole conforti e lo dice: «Uno, uno solo mi vale: la vostra promessa. Per il vostro bene! Perché Gesù non abbia nei suoi dolori il più grande: quello di vedervi dannati, voi, i suoi diletti».
   «Ma sì, Elisa. Se questo vuoi! Non piangere, donna! Te lo promettiamo. Ascolta. Non alzeremo un dito su nessuno. Non guarderemo neppure per non vedere. Non piangere! Non piangere! Perdoneremo a chi offende. Ameremo chi ci odia! Su! Non piangere».
   Elisa alza il volto rugoso, lucido di pianto, e dice: «Ricordate. Me lo avete promesso! Ripetetelo!».
   «Te lo promettiamo, donna».
   «Cari i miei figli! Ora sì che mi piacete! Vi riconosco buoni. Adesso che si è calmato il mio affanno e che voi siete tornati puri da quel lievito amaro, prepariamo per ricevere Maria. Che c’è da fare?», dice finendo di asciugarsi gli occhi.
   «Veramente… noi si era fatto. Da uomini. Ma Maria di Giacobbe ci ha aiutato. È una samaritana, ma è molto buona. Ora la vedrai. È al forno a sorvegliare il pane. È sola. I figli morti o dimentichi di lei, le ricchezze svanite, eppure non ha ranco­ri…».
   «Ah! vedete! Vedete che c’è chi sa perdonare, anche presso i pagani, i samaritani? E deve essere terribile, sapete, dover perdonare ad un figlio!… Meglio morto che peccatore! Ah!

   566.11Siete sicuri che Giuda non c’è?».
   «Se non è diventato uccello, non ci può essere, essendo aperte le finestre ma chiuse le porte, tutte meno questa».
   «Allora… È stata a Gerusalemme Maria di Simone col suo parente. È venuta ad offrire sacrifici al Tempio. E poi è venuta da noi. Sembra una martire. Come è afflitta! Mi ha chiesto, a tutte ha chiesto se sapevamo nulla di suo figlio. Se era col Maestro. Se c’era sempre stato».
   «Che ha quella donna?», chiede stupito Andrea.
   «Ha suo figlio. Non ti pare che basti?», chiede il Taddeo.
   «Io l’ho riconfortata. Volle tornare con noi al Tempio. Ci andammo tutte unite a pregare… Poi è ripartita, sempre col suo affanno. Io le dissi: “Se resti con noi, fra poco si va dal Maestro. Là è tuo figlio”. Sapeva già che Gesù è qui. Lo si è saputo sino ai confini della Palestina. Ma ha detto: “No, no! Il Maestro mi ha detto di non essere a Gerusalemme a primavera. Io ubbidisco. Ma ho voluto, avanti il tempo del suo ritorno, salire al Tempio. Ho bisogno tanto di Dio”. E ha detto una strana parola… Ha detto: “Io sono incolpevole. Ma l’inferno è in me e io in esso, tanto sono torturata”… Molto l’abbiamo interrogata. Ma lei non ha voluto dire di più. Né le sue torture, né le ragioni del divieto di Gesù. Si è raccomandata di non dire nulla né a Gesù né a Giuda».
   «Povera donna! Dunque a Pasqua non ci sarà?», chiede Tom­maso.
   «Non ci sarà».
   «Mah! Se Gesù glielo ha imposto, avrà il suo motivo… Avete sentito, eh? Si sa proprio dovunque che Gesù è qui!», dice Pietro.
   «Sì. E chi lo diceva chiamava a raccolta in suo nome, per sollevarsi “contro i tiranni”, dicevano alcuni. E altri, che Egli è qui perché si sa smascherato…».
   «Sempre le stesse ragioni! Devono aver speso tutto l’oro del Tempio per mandare da per tutto questi… loro servi!», osserva Andrea.

   566.12Dei colpi alla porta. «Sono qui!», dicono e corrono ad aprire.
   Invece è Giuda con i suoi acquisti. Matteo lo segue. Giuda vede Elisa e Niche e le saluta, chiedendo: «Siete sole?».
   «Sole. Maria non è ancora venuta».
   «Non viene dalle contrade del mezzogiorno Maria e non può perciò essere con voi. Io dicevo se non c’è Anastasica».
   «No. È rimasta a Betsur».
   «Perché? Essa pure è discepola. Non lo sai che da qui si andrà per la Pasqua a Gerusalemme? Doveva esserci. Se non sono perfette le discepole e i fedeli, chi lo sarà? Chi farà corteo al Maestro, a sfatare la leggenda che tutti lo hanno abbandonato?».
   «Oh! per questo! Non sarà una povera donna colei che colmerà i vuoti! Le rose stanno bene fra le spine e negli orti chiusi. Le faccio da madre e ho imposto così».
   «Allora per Pasqua non ci sarà?».
   «Non ci sarà».
   «E due!», esclama Pietro.
   «Che dici? Chi: due?», chiede Giuda sempre sospettoso.
   «Niente, niente! Un calcolo mio. Si può contare tante cose, no? Anche le… mosche, ad esempio, che si posano sul mio agnello scuoiato».
   Rientra Maria di Giacobbe seguita da Samuele e Giovanni che portano i pani sfornati. Elisa saluta la donna e così Niche. Ed Elisa ha una dolce parola per mettere subito la donna a suo agio: «Sei fra sorelle nel dolore, Maria. Io sono sola, avendo perduto sposo e figli, e costei è vedova. Perciò ci ameremo, perché solo chi ha pianto sa capire».

   566.13Ma intanto Pietro dice a Giovanni: «Come qui? Il Mae­stro?».
   «Sul carro. Con sua Madre».
   «E non lo dicevi?».
   «Non me ne hai dato il tempo. Ci sono tutte. Ma vedrete come è sciupata Maria di Nazaret! Sembra invecchiata di lustri. Dice Lazzaro che ebbe molto affanno quando egli le disse che Gesù era qui rifugiato».
   «Perché glielo ha detto quello stolto? Prima di morire era intelligente. Ma forse nel sepolcro si è spappolato il suo cervello e non si è ricostruito. Non si sta morti impunemente!…», dice ironico e sprezzante Giuda di Keriot.
   «Nulla di questo. Attendi, per parlare, di sapere. Lazzaro di Betania lo disse a Maria quando già erano per via, stupendosi Ella della strada che Lazzaro prendeva», dice severo Samuele.
   «Sì. Nel suo primo passaggio da Nazaret disse soltanto: “Ti condurrò da tuo Figlio fra un mese”. E neppur le disse: “Andiamo a Efraim” quando erano per partire, ma…», dice Giovanni.
   «Tutti lo sanno che Gesù è qui. Solo Lei non sapeva?», chiede sempre villanamente Giuda interrompendo il compagno.
   «Maria lo sapeva, lo aveva sentito dire. Ma, posto che un fiume di menzogne diverse corre fangoso per la Palestina, Ella non accoglieva, per vera, notizia alcuna. Si consumava in silenzio, pregando. Ma una volta che furono in viaggio, avendo Lazzaro preso la via lungo il fiume, allo scopo di disorientare i nazareni e tutti quelli di Cana, Sefori, Betlemme di Galilea…».
   «Ah! c’è anche Noemi con Mirta e Aurea?», chiede Tommaso.
   «No. Ne hanno avuto il divieto da parte di Gesù. Lo ha portato Isacco quando è tornato in Galilea, quest’ordine».
   «Allora… anche queste donne non saranno con noi come lo scorso anno».
   «Non saranno con noi».
   «E tre!».
   «Neppure le nostre donne e figlie. Il Maestro lo ha detto alle stesse prima di lasciare la Galilea. Anzi lo ha ripetuto. Perché mia figlia Marianna mi disse che Gesù lo aveva detto sin dalla passata Pasqua».
   «Ma… benissimo! C’è almeno Giovanna? Salome? Maria d’Alfeo?».
   «Sì. E Susanna».
   «E certo Marziam…

   566.14Ma cosa è questo rumore?».
   «I carri! I carri! E tutti i nazareni che non si sono dati vinti e hanno seguito Lazzaro… e quei di Cana…», risponde Giovanni correndo via con gli altri.
   Aperta la porta, uno spettacolo tumultuoso si presenta alla vista. Oltre a Maria, seduta presso al Figlio e alle discepole, oltre a Lazzaro, oltre a Giovanna, sul suo carro insieme a Maria e Mattia, Ester e altre serventi e il fido Gionata, vi è una folla di gente: visi noti, visi ignoti. Di Nazaret, di Cana, Tiberiade, di Naim, di Endor. E samaritani di tutti i paesi toccati nel viaggio e di altri vicini. E si precipitano avanti ai carri, ostruendo il passaggio a chi vuole uscire e a chi vuole entrare.
   «Ma che vogliono costoro? Perché sono venuti? Come hanno saputo?».
   «Eh! quelli di Nazaret erano all’erta, e venuto Lazzaro, la sera, per partire al mattino, nella notte sono corsi alle città vicine, e così quei di Cana, perché Lazzaro era passato a prendere Susanna e ad incontrarsi con Giovanna. E lo hanno seguito e preceduto. Per vedere Gesù e per vedere Lazzaro. E quelli della Samaria pure hanno saputo e si sono uniti. Ed eccoli tutti!…», spiega Giovanni.
   «Di’! Tu che avevi paura che il Maestro non avesse corteo, ti pare sufficiente questo?», dice Filippo all’Iscariota.
   «Sono venuti per Lazzaro…».
   «Visto che l’ebbero, avrebbero potuto andare. Ma invece sono rimasti sin qui. Segno che c’è anche chi viene per il Maestro».
   «Bene. Non facciamo parole inutili. Cerchiamo piuttosto di far largo per farli entrare. Forza, ragazzi! Per rimettersi in esercizio! È tanto che non si lavora di gomiti per far largo al Maestro!», e Pietro si dà per il primo ad aprire il solco fra la folla osannante, curiosa, devota, pettegola, a seconda dei casi. E fattolo, aiutato dagli altri e da molti discepoli che sparsi fra la folla cercano di riunirsi agli apostoli, mantiene vuoto uno spazio perché le donne possano rifugiarsi in casa, e così Gesù e Lazzaro, e poi chiude la porta ritirandosi per ultimo e spranga con catenacci e sbarre, e manda altri a chiudere dalla parte dell’orto.

   566.15«Oh! finalmente! La pace sia con te, Maria benedetta! Finalmente ti rivedo! Ora tutto è bello perché tu sei con noi!», saluta Pietro curvandosi fino a terra davanti a Maria. Una Maria dal volto mesto, pallido e stanco, un volto già di Addolorata.
   «Sì, ora tutto è meno doloroso perché sono qui vicino a Lui».
   «Te lo avevo assicurato che non dicevo che il vero!», dice Lazzaro.
   «Hai ragione… Ma il sole si è oscurato per me e cessata è ogni pace quando ho saputo che mio Figlio era qui… Ho capito… Oh!». Altre lacrime scendono sulle gote pallide.
   «Non piangere, Mamma mia! Non piangere! Ero qui fra questa buona gente, presso un’altra Maria che è una madre…».
   Gesù la guida verso una stanza che si apre sull’orto quieto. Tutti li seguono.
   Lazzaro si scusa: «Ho ben dovuto dire, perché Ella conosceva la strada e non capiva perché pigliassi quella. Lo credeva con me, a Betania… E a Sichem anche un uomo gridò: “Anche noi ad Efraim, dal Maestro”. Non mi fu più possibile alcuna scusa… Speravo anche distanziare quella gente, partendo a notte, per vie strane. Ma sì! Erano di guardia in ogni luogo, e mentre un nucleo mi seguiva l’altro andava all’intorno ad avvisare».

   566.16Maria di Giacobbe porta latte, miele, burro e pane fresco, e li offre a Maria per prima, e sogguarda Lazzaro da sotto in su, metà curiosa, metà spaurita, e la sua mano ha una scossa quando, nel dare il latte a Lazzaro, gli sfiora la mano, e la sua bocca non trattiene un «oh!» quando lo vede mangiare la sua focaccia come tutti.
   Lazzaro ride per il primo dicendo, affabile, signorile e sicuro come tutti gli uomini di grande nascita: «Sì, donna. Mangio proprio come te, e mi piace il tuo pane e il tuo latte. E certo mi piacerà il tuo letto, perché sento la stanchezza come sento la fame». Si volge a tutti dicendo: «Molti sono che mi toccano con una scusa per sentire se sono carne e ossa, se ho calore e respiro. È una lieve noia. E finita la mia missione mi rinchiuderò in Betania. Vicino a Te, Maestro, creerei distrazioni troppe. Ho brillato, ho testimoniato della tua potenza fino in Siria. Ora mi eclisso. Tu solo devi splendere nel cielo del miracolo, nel cielo di Dio e al cospetto degli uomini».
   Maria, intanto, dice alla vecchietta: «Tu sei stata buona con mio Figlio. Egli mi ha detto quanto. Lascia che io ti baci per dirti che ti son grata. Non ho nulla per compensarti, fuorché il mio amore. Sono povera io pure… e anche io posso dire di non avere più figlio, perché Egli è di Dio e della sua missione… E così sia sempre, perché santo e giusto è tutto ciò che Dio vuo­le».
   Maria è dolce, ma come è spezzata già… Tutti gli apostoli la guardano con pietà, tanto da dimenticarsi di chi tumultua fuori e di chiedere notizie dei parenti lontani.
   Ma Gesù dice: «Salgo sul terrazzo per congedare e benedire la gente»;

   566.17e allora Pietro si riscuote e dice: «Ma dove è Marziam? Ho visto tutti i discepoli e non lui».
   «Non c’è Marziam», risponde Salome, la madre di Giacomo e Giovanni.
   «Non c’è Marziam? Perché? È malato?».
   «No. Sta bene. E bene sta tua moglie. Ma non c’è Marziam. Porfirea non lo ha lasciato venire».
   «Stolta femmina! Fra un mese è Pasqua ed egli deve ben venire per la Pasqua! Poteva farlo venire con voi da ora, dare una gioia al figlio e una a me. Ma è più tarda di una pecora a capire le cose e…».
   «Giovanni e Simone di Giona, e tu Lazzaro con Simone Zelote, venite con Me. Voi tutti state qui dove siete, sinché ho congedato la gente, separando da essa i discepoli», ordina Gesù ed esce coi quattro chiudendo la porta.
   Traversa il corridoio, la cucina, esce nell’orto seguito da Pietro che brontola e dagli altri. Ma prima di mettere piede sulla terrazza si ferma sulla scaletta, si volge posando una mano sulla spalla di Pietro che alza il volto scontento.
   «Ascoltami bene, Simon Pietro, e cessa di accusare e rimproverare Porfirea. Ella è innocente. Ella ubbidisce a un ordine mio. Sono Io che le ho comandato, avanti ai Tabernacoli, di non far venire Marziam in Giudea…».
   «Ma la Pasqua, Signore!».
   «Sono il Signore. Tu lo dici. E come Signore posso ordinare qualunque cosa, perché ogni mio ordine è giusto. Perciò non ti turbare con gli scrupoli. Ti ricordi ciò che è detto[34] nei Numeri?
   “Se alcuno della vostra nazione è immondo per un morto o è in viaggio lontano, faccia la Pasqua del Signore nel quattordicesimo giorno del secondo mese, verso sera”».
   «Ma Marziam non è immondo, almeno spero che Porfirea non voglia proprio morire ora; e non è in viaggio…», obbietta Pietro.
   «Non importa. Io voglio così. Ci sono cose che rendono più immondi di un morto. Marziam… Non voglio che si contamini. Lasciami fare, Pietro. Io so. Sii capace di ubbidire come lo è tua moglie e Marziam stesso. Faremo con lui la seconda Pasqua, al quattordicesimo del secondo mese. E saremo così felici, allora. Te lo prometto».
   Pietro fa una mossa come per dire: «Rassegnamoci», ma non obbietta nulla.

   566.18Lo Zelote osserva: «Molto è che tu non continui il tuo conto di quanti non saranno a Pasqua in città!».
   «Non ho più voglia di contare. Tutto ciò mi dà un che addosso… Un gelo… Gli altri possono sapere?».
   «No. Vi ho presi apposta in disparte».
   «Allora… ho anche io da dire qualcosa in disparte a Lazza­ro».
   «Dilla. Se posso ti risponderò», dice Lazzaro.
   «Oh! anche se non rispondi a me, non importa. Mi basta che tu vada da Pilato — l’idea è del tuo amico Simone — e che tu, così, fra una parola e l’altra, gli cavi fuori ciò che egli pensa di fare per Gesù, in bene o in male… Sai… con arte… Perché se ne dicono tante!…».
   «Lo farò. Subito che arrivo a Gerusalemme. Passerò da Betel e Rama invece che da Gerico per andare a Betania, e sosterò nel palazzo di Sion, e andrò da Pilato. Sta’ tranquillo, Pietro. Ché sarò esperto e sincero».
   «E perderai del tempo per niente, amico. Perché Pilato — tu lo sai come uomo, Io lo so come Dio — non è che una canna che piega dalla parte opposta all’uragano, tentando di sfuggire ad esso. Non è mai insincero. Perché sempre è convinto di voler fare, e fa, ciò che dice in quel momento. Ma il momento dopo, per un urlo di bufera che viene da un’altra parte, dimentica — oh! non è che manchi alle sue promesse e volontà — dimentica, questo solo, tutto ciò che voleva prima. Lo dimentica perché l’urlo di una volontà più forte della sua lo smemora, gli soffia via tutti i pensieri che un altro urlo vi aveva messi, e vi mette dentro i nuovi. E poi, su tutte le bufere che con mille voci, da quella della moglie che lo minaccia di separarsi se non fa ciò che ella vuole — e separato che sia da lei, addio ogni sua forza, ogni sua protezione presso il “divo” Cesare, come essi dicono, pur essendo convinti che questo Cesare è più abbietto di loro… Ma essi sanno vedere l’Idea nell’uomo, anzi l’Idea annulla l’uomo che la rappresenta, e l’Idea non si può dire che sia immonda: ogni cittadino ama, è giusto che ami la Patria, che voglia il suo trionfo… Cesare è la Patria… ed ecco… che anche un miserabile è… un grande per quello che rappresenta… Ma non volevo parlare di Cesare, ma di Pilato! — Dicevo, dunque, che su tutte le voci, da quella della moglie a quella delle folle, c’è la voce, ah! che voce!, del suo io. Dell’ io piccolo del piccolo uomo, dell’ io avido dell’avido uomo, dell’ io orgoglioso dell’orgoglioso uomo; questa piccolezza, quest’avidità, quest’orgoglio vogliono regnare per essere grandi, vogliono regnare per essere pieni di denaro, vogliono regnare per poter dominare su un mucchio di sudditi curvi in ossequio. L’odio cova sotto, ma non lo vede il piccolo Cesare detto Pilato, il nostro piccolo Cesare… Egli vede solo le schiene curve che fingono un ossequio e un tremore davanti a lui, o li sentono realmente l’uno e l’altro. E per questa voce procellosa dell’ io egli è disposto a tutto. Dico: a tutto. Pur di continuare ad essere Ponzio Pilato, il Proconsole, il servo di Cesare, il dominatore di una delle tante regioni dell’Impero. E per tutto questo, se anche ora è mio difensore, domani sarà mio giudice, e inesorabile. Sempre incerto è il pen­siero dell’uomo. Incertissimo, poi, quando quell’uomo si chiama Ponzio Pilato. Ma tu, Lazzaro, accontenta pure Pietro… Se ciò lo deve consolare…».
   «Consolare no, ma… tenermi più calmo, sì…».
   «E allora accontenta il nostro buon Pietro e va’ da Pilato».
   «Andrò, Maestro. Ma Tu hai dipinto il Proconsole come nessun storico o filosofo avrebbe potuto fare. È perfetto!».
   «Potrei ugualmente dipingere ogni uomo nella sua vera effigie: il suo carattere.

   566.19Ma andiamo da questi che tumultuano».
   Sale gli ultimi scalini e si presenta. Alza le braccia e dice forte: «Uomini di Galilea e di Samaria, discepoli e seguaci. Il vostro amore, il desiderio di onorarmi e di onorare la Madre mia e l’amico mio facendo scorta al loro carro, mi dice quale è il vostro pensiero. Io non posso che benedirvi per questo vostro pensiero. Però ora tornate alle vostre case, ai vostri affari. Voi di Galilea andate e dite ai rimasti che Gesù di Nazaret li benedice. Uomini di Galilea, ci vedremo per la Pasqua in Gerusalemme, dove entrerò il dì dopo il sabato avanti la Pasqua. Uomini di Samaria, andate voi pure e sappiate non limitare il vostro amore per Me a seguirmi e cercarmi sulle vie della Terra, ma in quelle dello spirito. Andate e la Luce brilli in voi. Discepoli del Maestro, separatevi dai fedeli restando in Efraim a ricevere le mie istruzioni. Andate. Ubbidite».
   «Ha ragione! Noi lo disturbiamo. Egli vuole stare con la Madre!», gridano i discepoli e i nazareni.
   «Ce ne andremo. Ma prima vogliamo la sua promessa di venire a Sichem prima di Pasqua. A Sichem! A Sichem!».
   «Verrò. Andate. Verrò prima di salire per la Pasqua a Gerusalemme».
   «Non andare! Non andare! Resta con noi! Con noi! Ti difenderemo! Ti faremo Re e Pontefice! Essi ti odiano! Noi ti amiamo! Abbasso i giudei! Viva Gesù!».
   «Silenzio! Non tumultuate! La Madre mia soffre di queste grida che mi possono nuocere più di una voce di maledizione. Non è ancora la mia ora. Andate. Passerò da Sichem. Ma levate dal vostro cuore il pensiero che Io possa, per una bassa viltà umana e per una sacrilega ribellione alla volontà del Padre mio, non compiere il mio dovere di israelita adorando il vero Dio nell’unico Tempio in cui può essere adorato, e di Messia assumendo corona altrove che a Gerusalemme, dove sarò unto Re
   universale secondo la parola e la verità vista dai grandi profeti[35]».
   «Abbasso! Non c’è altro profeta dopo Mosè! Sei un illuso».
   «E voi pure. Siete forse liberi? No. Come si chiama Sichem? Quale il suo nuovo nome? E come per essa, per molte altre città di Samaria, Giudea, Galilea. Perché il mangano romano ci livella tutti ad un modo. Si chiama forse Sichem? No. Neapoli si chiama. Così come Betscan si chiama Scitopoli e molte altre città che, o per volere dei romani, o per quello degli adulatori vassalli, hanno preso il nome imposto dal dominio o dall’adulazione. E voi, singoli, vorreste essere da più di una città, da più dei nostri dominatori, da più di Dio? No. Nulla può mutare ciò che è destinato per salvezza di tutti. Io seguo la via diritta. Seguitemi, se volete entrare con Me nel Regno eterno».

   566.20Fa per ritirarsi. Ma la gente samaritana tumultua tanto che i galilei reagiscono, e contemporaneamente accorrono fuor dalla casa, nell’orto, e poi su per la scala e sul terrazzo, quelli che erano in casa. Appare per primo il volto pallido e triste, angosciato di Maria da dietro le spalle di Gesù, e la Madre lo abbraccia e lo stringe come se volesse difenderlo dalle contumelie che salgono dal basso: «Tu ci hai traditi! Ti sei rifugiato da noi facendoci credere che ci amavi, mentre poi ci disprezzi! Disprezzati saremo più ancora per tua colpa!», e così via.
   Si appressano a Gesù anche le discepole, gli apostoli, ultima, spaurita, Maria di Giacobbe. Gli urli dal basso spiegano le origini del tumulto, origini lontane ma sicure: «Perché ci hai mandato, allora, i tuoi discepoli a dirci che sei perseguitato?».
   «Non ho mandato nessuno. Ecco là quelli di Sichem. Si facciano avanti. Che ho detto a loro un dì sulla montagna?».
   «È vero. Egli ci ha detto che non può essere che adoratore nel Tempio sinché il tempo nuovo non sarà per tutti. Maestro, non noi colpevoli, credilo. Ma questi, illusi da tuoi falsi messi».
   «Lo so. Ma ora andate. Io a Sichem verrò ugualmente. Non ho paura di alcuno. Ma ora andate per non nuocere a voi stessi e a quelli del vostro sangue. Vedete là che, scendendo per la via, luccicano al sole le corazze dei legionari? Certo vi hanno seguiti a distanza, vedendo tanto corteo, rimanendo nel bosco in attesa. Le vostre urla ora li attirano qui. Andate, per vostro bene».
   Infatti, lontano sulla via maestra che si vede salire verso i monti, quella sulla quale Gesù trovò l’affamato, si vede un brillare di luci semoventi, avanzanti. La gente si disperde lentamente. Restano quelli di Efraim, i galilei, i discepoli.
   «Andate voi pure alle vostre case, o efraimiti. E partite voi di Galilea. Ubbidite a chi vi ama!».
   Anche questi vanno!

   566.21Restano solo i discepoli che Gesù ordina di far entrare nella casa e nell’orto. Pietro con altri scende ad aprire.
   Giuda di Keriot non scende. Ride! Ride dicendo: «Ora vedrai i “buoni samaritani” come ti odieranno! Per costruire il Regno Tu disperdi le pietre. E pietre disperse da una costruzione divengono arma per colpire. Tu li hai sprezzati! Ed essi non dimenticheranno».
   «Mi odino. Non per paura del loro odio eviterò di fare il mio dovere. Vieni, Madre. Andiamo a dire ai discepoli ciò che devono fare prima di congedarli», e fra Maria e Lazzaro scende la scala entrando nella casa dove si pigiano i discepoli convenuti ad Efraim, ai quali impartisce ordine di spargersi per ogni dove ad avvisare tutti i compagni di essere a Gerico per la neomenia di nisam e di attenderlo sino al suo arrivo, e ai cittadini dei luoghi per dove passeranno che Egli lascia Efraim e di ricercarlo a Gerusalemme per la Pasqua.
   Poi li divide per gruppi di tre affidando a Isacco, Erma e Stefano il nuovo discepolo Samuele, che Stefano saluta così: «La gioia di vederti nella luce tempera il mio affanno di vedere che ogni cosa diviene pietra al Maestro», ed Erma invece saluta così: «Hai lasciato un uomo per un Dio. E Dio ora è veramente con te». Isacco, umile e schivo, dice solo: «La pace sia con te, fratello».
   Offerto pane e latte, che gli efraimiti con buon pensiero pensano di offrire, anche i discepoli partono ed è infine pace…

   566.22Ma mentre si prepara l’agnello, Gesù ha ancora da fare. Va vicino a Lazzaro e gli dice: «Vieni con Me lungo il torrente». Lazzaro ubbidisce con la sua usuale prontezza.
   Si dilungano dalla casa un duecento metri. Lazzaro tace attendendo che Gesù parli. E Gesù parla: «Ti volevo dire questo. Mia Madre è molto abbattuta. Tu lo vedi. Manda qui le tue sorelle. Io realmente mi spingerò verso Sichem con tutti gli apostoli e le discepole. Ma le manderò poi avanti, a Betania, mentre Io mi fermerò a Gerico qualche tempo. Posso ancora osare di tenere meco delle donne qui in Samaria. Ma non altrove…».
   «Maestro! Temi proprio… Oh! se così è, perché mi hai risuscitato?».
   «Per avere un amico».
   «Oh!!! Se è per questo, allora, eccomi. Ogni dolore, se ti posso confortare della mia amicizia, mi è nulla».
   «Lo so. Per questo ti uso e ti userò come il più perfetto amico».
   «Devo realmente andare da Pilato?».
   «Se lo credi. Ma per Pietro. Non per Me».
   «Maestro, io ti farò sapere… Quando lasci questo luogo?».
   «Fra otto giorni. Vi è appena tempo per andare dove voglio ed essere poi da te prima della Pasqua. Ritemprarmi in Betania, l’oasi di pace, prima di tuffarmi nel tumulto di Gerusalemme».
   «Lo sai, Maestro, che il Sinedrio è ben deciso a creare le accuse, posto che non ci sono, per costringerti a fuggire per sempre? Questo lo so dal sinedrista Giovanni, che ho incontrato per caso a Tolemaide, felice del nuovo figlio che gli sta per nascere. Mi ha detto: “Ne ho dolore che così deciso sia il Sinedrio. Perché avrei voluto il Maestro presente alla circoncisione del figlio mio, che spero maschio. Deve nascere ai primi di tamuz. Ma sarà ancora fra noi il Maestro per quel tempo? E io vorrei… Perché il piccolo Emanuele, e quel nome ti dica come penso, lo avesse a benedirlo al suo primo atto nel mondo. Perché mio figlio, lui beato, non avrà da lottare per credere, così come noi dovemmo. Crescerà nel tempo messianico e gli sarà facile accettare l’idea”. Giovanni c’è arrivato a credere che Tu sei il Promesso».
   «E quest’uno su molti mi ripaga di ciò che gli altri non fanno. Lazzaro, salutiamoci qui, in pace. E grazie di tutto, amico mio. Tu lo sei un vero amico. Con dieci tuoi pari sarebbe ancor stato dolce vivere fra tanto odio…».
   «Ora hai tua Madre, mio Signore. Ella vale dieci e cento Lazzari. Ma ricorda sempre che qualunque sia cosa che ti può abbisognare, sol che io possa, te la procurerò. Ordinami e io sarò tuo servo, in ogni cosa. Non sarò sapiente, né santo, come altri che ti amano, ma un altro più fedele di me, se escludi Giovanni, non lo potrai trovare. Non credo di essere superbo dicendo questo.

   566.23E ora che abbiamo parlato di Te, ti dirò di Sintica. L’ho vista. È attiva e saggia come solo una greca, che ha potuto divenire tua seguace, può essere. Essa soffre di essere lontana. Ma dice che gode di preparare la tua via. Spera vederti prima di morire».
   «Mi vedrà certamente. Non deludo le speranze dei giusti».
   «Ha una piccola scuola, molto frequentata da fanciulle di ogni luogo. Ma la sera ha con sé qualche povera fanciullina di razza mista, e di nessuna religione perciò. E le istruisce su Te. Le ho detto: “Perché non ti fai proselite? Ti aiuterebbe molto”. Mi ha risposto: “Perché non voglio dedicare me stessa a quelli di Israele, ma agli altari vuoti che attendono un Dio. Li preparo a riceverlo il mio Signore. Poi, a suo Regno stabilito, andrò nella mia Patria, e sotto il cielo dell’Ellade consumerò la vita a preparare i cuori ai maestri. Questo io sogno. Ma se morirò prima, per malattia o persecuzione, me ne andrò ugualmente felice, perché segno sarà che ho compiuto il mio lavoro e che Egli chiama a Sé la sua serva che lo ha amato dal primo incontro”».
   «È vero. Sintica mi ha realmente amato dal primo incontro».
   «Io le volevo tacere come sei angustiato. Ma Antiochia risuona come una conchiglia di tutte le voci del vasto impero di Roma, e perciò anche di quanto qui avviene. E Sintica non ignora le tue pene. E ancor più le duole di essere lontana. Voleva darmi del denaro, che non volli, dicendole di usarlo per le sue bambine. Ma ho preso un copricapo da lei tessuto con bisso di due grandezze. Lo ha tua Madre. Sintica ha voluto, col filo, scrivere la tua e la sua storia e quella di Giovanni di Endor. E sai come? Tessendo tutt’intorno al quadrato una bordura in cui è raffigurato un agnello che difende da un branco di iene due colombe, delle quali una ha le ali spezzate e l’altra ha spezzata la catena che la teneva legata. E la storia procede, alternandosi, sino al volo verso l’alto della colomba dalle ali spezzate e la volontaria prigionia dell’altra ai piedi dell’agnello. Sembra una di quelle storie che col marmo fanno gli scultori greci sui festoni dei templi e sulle stele dei loro morti, o anche i pittori dipingono sui vasi. Voleva mandartelo dai miei servi. L’ho preso io».
   «Lo porterò perché viene da una buona discepola. Andiamo verso la casa. Quando conti di partire?».
   «Domani all’aurora. Per far riposare i cavalli. Poi non sosterò sino a Gerusalemme e andrò da Pilato. Se potrò parlargli ti manderò le sue risposte da Maria».
   Rientrano in casa lentamente, parlando di cose minori.

[32] meno lo Zelote e Pietro, invece di meno Pietro, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.
[33] non essendosi forse voluto unire, invece di non unendosi, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.
[34] è detto, in: Numeri 9, 10-11. Riguarda la Pasqua supplementare, più volte considerata nell’opera, che ne presenterà una celebrazione nel capitolo 636.
[35] vista dai grandi profeti, come in: Isaia 2, 3.