MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 568



DLXVIII. Inizio del viaggio per la Samaria partendo da Efraim alla volta di Silo.

   24 febbraio 1947.

   568.1«Lascia che ti seguiamo, Maestro. Non ti daremo noia», supplicano molti di Efraim riuniti davanti alla casa di Maria di Giacobbe, che piange tutte le sue lacrime appoggiata allo stipite della porta spalancata.
   Gesù è in mezzo ai suoi dodici apostoli; più là, in gruppo intorno a sua Madre, sono Giovanna, Niche, Susanna, Elisa, Marta e Maria, Salome e Maria d’Alfeo. Tanto gli uomini che le donne sono in assetto di viaggio, con vesti cinte e un poco rimboccate alla vita, per lasciare più libero il piede, e con dei sandali nuovi molto legati, non solo alla caviglia ma anche al basso della gamba, con striscioline di cuoio intrecciate, come fanno quando devono fare strade piuttosto impervie. Gli uomini si sono caricati anche delle sacche delle discepole.
   La gente supplica per ottenere da Gesù il consenso di seguirlo, mentre i piccoli stridono, coi visetti volti in su e le braccia alzate: «Un bacio! Prendimi in braccio! Torna, Gesù! Torna presto a dirci tante belle parabole! Ti conserverò le rose del mio giardino! Io non mangerò frutta per serbarle a Te! Torna, Gesù! La mia pecorina figlia e voglio regalarti l’agnellino, ti farai con la sua lana una veste come la mia… Se vieni presto, ti darò le focacce che la mamma mi fa col primo grano…». Pigolano come tanti uccellini intorno al loro grande Amico e gli tirano la veste, si appendono alla cintura per veder di arrampicarsi fra le sue braccia, amorosamente dispotici, tanto che Gesù è impedito di rispondere agli adulti perché c’è sempre una nuova faccina da baciare.
   «Ma via! Basta! Lasciate stare il Maestro! Donne! E riprendete i vostri bambini!», gridano gli apostoli ai quali preme iniziare il cammino in quelle prime ore del giorno. E allungano anche qualche bonario scappellotto ai bimbi più invadenti.
   «No. Lasciateli stare. Mi è più fresca dolcezza questa, di questa dell’aurora. Lasciateli fare e lasciatemi fare. Lasciate che Io mi conforti in questo amore puro da calcoli e da turbamenti», dice Gesù difendendo i suoi minuscoli amici sui quali, aprendo come fa le braccia, cade l’ampio manto di Gesù, e li accoglie sotto le sue azzurre ali protettrici. I piccoli si stringono sotto quel tepore e in quella penombra azzurra, tacendo felici come pulcini sotto le ali materne.

   568.2Gesù può finalmente parlare agli adulti: «Venite pure, se credete di poterlo fare».
   «E chi ce lo vieta, Maestro? Siamo nella nostra regione!».
   «I grani, le viti ed i frutteti esigono tutto il vostro lavoro, e le pecore sono in tempo di tosa e d’accoppiatura, e quelle già accoppiate nell’altra epoca stanno per figliare, ed è tempo di fieni…».
   «Non importa, Maestro. Alle tose e alle monte delle pecore bastano i vecchi ed i fanciulli, e le donne al loro figliare, e così pure ai fieni. I frutteti e i campi possono attendere. Ché se il grano indurisce già dentro la spiga, ancor tempo c’è alla falce, e ormai vigneti, ulivi e frutteti non han che da gonfiare al sole i frutti delle loro molte nozze. Noi non possiam nulla per essi sino al tempo del cogliere, così come fa la madre di famiglia che non può fare nulla al pane sinché il lievito non ha gonfiato nella farina. Il sole è il lievito dei frutti. È lui che fa ora, come prima ha fatto il vento nello sposare i fiori lungo i rami. E poi!… Si perdesse anche qualche grappolo e qualche frutto, o i vilucchi e i logli soffocassero qualche spiga, sarebbe sempre poco danno in confronto di perdere una tua parola!», dice un vecchio che ho sempre visto molto onorato in paese.
   «Hai detto bene. Andiamo, allora.

   568.3Maria di Giacobbe, Io ti ringrazio e benedico perché mi fosti madre buona. Non piangere! Non deve piangere chi ha fatto opera buona».
   «Ah! io ti perdo e non ti vedrò più!».
   «Noi certamente ci vedremo ancora».
   «Torni qui, Signore?», chiede con un sorriso fra le lacrime la donna. «Quando?».
   «Qui non tornerò, così come ora…».
   «E allora dove ci vedremo mai se io, povera e vecchia, non posso venire per le vie del mondo a cercarti?».
   «In Cielo, Maria. Nella Casa del Padre nostro. Là dove è posto per i giudei come per i samaritani, dove è un posto per quelli che mi ameranno in spirito e verità. Tu lo fai già, perché mi credi il Figlio di Dio vero…».
   «Oh! se lo credo! Ma per noi non c’è speranza, perché Tu solo ci ami senza differenze».
   «Quando Io me ne sarò andato, questi (accenna agli apostoli) verranno in mia vece. E in ricordo di Me non chiederanno chi è colui che chiede di entrare nel gregge del vero e unico Pastore».
   «Io sono vecchia, Signore. Non vivrò tanto da vedere questo. Tu sei giovane e forte, e per lungo tempo ti avrà tua Madre, e ti avranno quelli che ti amano e sono del tuo popolo…

   568.4Perché piangi, o Madre del Benedetto?», chiede stupita di veder cadere delle lacrime dagli occhi della Vergine Madre.
   «Nulla ho fuorché il mio dolore… Addio, Maria. Dio ti benedica per quanto facesti al Figlio mio. E ricorda che, se il tuo dolore è grande, un dolore più grande[42] del mio non c’è e non ci sarà sulla Terra. Mai! Ricordati della dolorosa Maria di Nazaret… Addio!». E Maria si stacca piangendo, dopo aver baciato la vecchierella sull’uscio della casa, mettendosi in cammino fra le donne e con Giovanni a lato.
   Giovanni che le dice, col suo solito atto di stare un po’ curvo e col volto alzato a guardare Colei alla quale parla: «Non piangere così, Maria. Se molti lo odiano, molti lo amano il tuo Gesù. Solleva il tuo spirito, o Madre, nel guardare questi che ora e nei secoli ameranno la tua Creatura con tutto loro stessi», e termina piano, quasi sussurrandolo a Maria sola, che guida e sorregge tenendola presso il gomito perché non incespichi nei sassi della viottola, acciecata come è dalle lacrime: «Non tutte le madri potranno veder amata la loro creatura… Ve ne saranno alcune che grideranno angosciate: “Perché io l’ho concepita?”».

   568.5Gesù li raggiunge, essendo Maria e Giovanni rimasti soli, un poco indietro dalle discepole. È con Gesù Giacomo d’Alfeo. Gli altri sono dietro in gruppo. Pensierosi e tristi così come lo sono le discepole, che sono avanti a tutti. Ultimi, in un mucchio, molti uomini di Efraim parlottanti fra loro.
   «Gli addii sono sempre tristi, Mamma. Soprattutto quando non si sa che una fine è principio a cosa più perfetta. È la triste conseguenza del peccato. E resterà anche oltre il perdono. Ma con più ardimento gli uomini la sopporteranno avendo amico Iddio».
   «Hai ragione, Gesù. Ma vi è un dolore che Dio lascia gustare pur essendo il più paterno Amico che possa essere. Per me è tale. Oh! Dio è buono! Buono tanto. Non vorrei che Giacomo e Giovanni né alcun altro traesse scandalo dal mio pianto. Dio è buono. Fu sempre buono con la povera Maria. Me lo sono detto ogni giorno da quando so pensare. Ed ora… ora lo dico ogni ora, ogni attimo d’ora. Sempre più me lo dico, più il dolore incombe… Dio è buono. Ti ha dato a me, Figlio amoroso e santo, e tale anche sol come creatura, da compensare ogni dolore di donna… Ti ha dato a me, povera fanciulla elevata a Madre del suo Verbo incarnato… E questa gioia di poterti dire “Figlio”, o mio adorato Signore, è tanta che non dovrebbe il pianto cader dal mio ciglio per martirio alcuno, se perfetta io fossi come Tu insegni. Ma sono una povera donna, Figlio mio! E Tu sei la mia Creatura… E… quale quella madre che possa non piangere quando sa odiata la sua creatura, e sa?… Figlio mio, soccorri la tua serva… Certo era ancora in me superbia quando pensavo di essere forte… Ma allora… era ancor lontano il tempo… Ora è qui… Lo sento… Soccorrimi, Gesù, mio Dio! Certo, se Dio mi lascia soffrire così, è per fine di bontà per me. Perché, se volesse, potrebbe non farmi soffrire di ciò che accade… Egli ti ha pur formato nel seno mio così!… Come… Non vi è paragone a dir come Tu ti sei fatto… Ma vuole che io soffra… e ne sia benedetto… sempre. Ma Tu aiutami, Gesù. Aiutatemi tutti… tutti… perché è un così amaro mare quello in cui io mi disseto…».
   «Diciamo la preghiera. Noi quattro. Noi che ti amiamo con tutto il cuore, Mamma. Qui, Io tuo Figlio, e Giovanni e Giacomo che ti amano come se tu fossi loro madre… Padre nostro che sei nei Cieli…», e Gesù, reggendo il piccolo coro delle tre voci che lo seguono in sordina, dice tutta l’orazione dominicale, calcando molto su certe frasi quali: «la tua volontà sia fatta»… «non ci indurre in tentazione». Poi dice: «Ecco. Il Padre ci aiuterà a fare la sua volontà, anche se essa è tale che la nostra debolezza di umani pensa non poterla compiere, e non ci indurrà nella tentazione di pensarlo men buono perché, mentre berremo il calice amarissimo, ci darà il suo angelo a tergerci le labbra amareggiate con un conforto celeste».
   Gesù tiene per mano la sua Mamma, che ha coraggiosamente lottato col pianto sino a respingerlo in fondo al cuore. Ai loro lati — vicino a Maria, Giovanni; vicino a Gesù, Giacomo d’Alfeo — i due apostoli li guardano commossi.

   568.6Le discepole si sono voltate qualche volta, sentendo il pianto di Maria e la preghiera dei quattro. Ma si sono astenute dal riunirsi a loro.
   Dietro, gli apostoli si sono chiesti: «Ma perché piange così Maria?». Gli apostoli, ho detto, ma voglio dire tutti meno Giuda di Keriot, che procede un po’ isolato e pensieroso molto, quasi cupo, tanto che Tommaso lo nota e dice agli altri: «Ma che ha Giuda da essere così? Sembra uno che vada alla morte!».
   «Mah! Avrà paura a tornare in Giudea», gli risponde Matteo.
   «Io… Cosa ti ha detto il Maestro per i denari?», chiede lo Zelote.
   «Niente di speciale. Mi ha detto: “Ora torniamo nelle condizioni di prima. Giuda il tesoriere e voi i distributori delle elemosine. Per le spese le discepole vogliono sovvenirci”. Non mi è sembrato vero! Ne ho maneggiato tanto del denaro che l’ho in odio».
   «E sovvengono bene le discepole. Questi sandali così sicuri… Non sembra neppure di camminare in montagna. Chissà cosa costano!», dice Pietro guardando il suo piede, calzato di quei sandali nuovi che proteggono il calcagno e la punta e sorreggono la caviglia nelle sottili strisce di cuoio.
   «Ci ha pensato Marta. Si vede la sua mano ricca e previdente. Le altre volte si legavano anche noi così, ma quelle funicelle erano un supplizio. Non si perdeva la suola, ma si perdeva la pelle della gamba…», dice Andrea.
   «E ci si pungeva dita e calcagni… Ecco perché quello lì dietro li portava sempre così!», dice Pietro accennando a Giuda di Keriot.

   568.7La strada sale, sale verso la cresta del monte. Guardando indietro si vede Efraim tutta bianca nel sole, e pare già tanto in basso rispetto a loro che vanno…
   Poi gli apostoli si fondono con le discepole per aiutarle a superare il sentiero molto ripido in quel punto, e anzi Bartolomeo, rimasto indietro, dice a quelli di Efraim: «Avete insegnato un sentiero penoso, amici».
   «Sì. Ma passato quel bosco vi è una strada facile che in poco porta a Silo. Potrete allora riposare là più ore che non arrivandovi a notte da altra via», risponde uno.
   «Hai ragione. La via più è faticosa e più rapida porta alla mè­ta».
   «Il tuo Maestro lo sa. Perciò non si risparmia. Ah! noi non potremo dimenticare!… Soprattutto che Egli ci ha beneficato in questi ultimi giorni, dopo aver sentito alcuni della nostra regione che lo hanno insultato così ingiustamente. Solo Lui è buono e perciò benefica anche quelli che lo odiano».
   «Voi non lo avete odiato».
   «Noi no. Ma anche tanti altri, noi non odiamo; eppure siamo odiati senza ragione».
   «Fate anche voi come Egli fa, senza paura, e vedrete che…».
   «E voi perché non lo fate, allora? È la stessa cosa. Noi di qua, voi di là, in mezzo un monte: quello alzato da comuni errori. In alto il comune Dio. Ma perché allora né noi né voi saliamo l’erta per trovarci lassù, ai piedi di Dio, e vicini fra noi?».
   Bartolomeo capisce il rimprovero giusto, perché egli, nella sua innegabile virtù, ha ben forte il baco di essere israelita e inesorabile per tutto ciò che non è Israele, e gira il discorso senza rispondere direttamente. Dice: «Non c’è bisogno di salire. Dio è sceso fra noi. Basta seguirlo».
   «Seguirlo, sì. Vorremmo. Ma se entrassimo in Giudea con Lui non gli faremmo forse del male? Lo sai anche tu di che lo si accusa e di che ci si accusa: di essere samaritani, vale a dire demoni».
   Bartolomeo sospira e poi li lascia in asso dicendo: «Mi fanno cenno di andare…», e allunga il passo.
   Quelli di Efraim lo guardano andare e uno mormora: «Ah! non è come Lui! Che cosa perdiamo perdendolo!», e ha un gesto di sconforto.

   568.8«Lo sai, Elia, che Egli ieri sera portò una grossa somma al sinagogo perché la passi a Maria di Giacobbe acciò non soffra più la fame?».
   «Io no. E perché non l’ha data a lei?».
   «Per non essere ringraziato dalla vecchia. Ella non lo sa ancora. Io lo so, perché il sinagogo me lo ha detto per consigliarsi se sia bene comperarle i luoghi di Giovanni, che il fratello vuole vendere, o se passarle il denaro poco per volta. Io ho consigliato di comperare i luoghi di Giovanni. Per lei daranno grano, olio e vino a sufficienza per vivere senza fame. Mentre il denaro… Quel…».
   «Ma allora è proprio grossa la somma?!», dice un terzo.
   «Sì. Il nostro sinagogo ha avuto molto, anche per altri poveri della città e delle campagne. Perché “possano fare anche essi festa nella Pasqua d’Azzimi, per salutare il tempo nuovo”, ha detto il Maestro».
   «Avrà detto l’anno nuovo».
   «No. Ha detto: “il tempo nuovo”. Tanto che il sinagogo non userà quei denari prima della festa d’Azzimi».
   «Oh! e che avrà voluto dire?», chiedono in molti.
   «Che vorrà dire? Non so. Nessuno sa. Neppure Giovanni il suo diletto, né Simone di Giona che è il capo dei discepoli. Ne ho chiesto a loro e il primo si è fatto pallido, il secondo è rimasto assorto come chi cerca di indovinare».
   «E Giuda di Keriot? Egli è molto fra loro. Forse più degli altri due. Egli sa tutto, dice. Saprà anche questo. Andiamolo ad interrogare. Gli piace dire ciò che sa».

   568.9Si danno a raggiungere Giuda, che è ancora isolato come all’inizio, solo ormai sul sentiero, perché gli altri hanno girato una svolta e sembra siano stati inghiottiti dal verde folto della pendice.
   «Giuda, ascoltaci. Il Maestro dice di volere una gran festa per Pasqua d’Azzimi, per salutare il tempo nuovo. Che vorrà dire?».
   «Io non so. Sono forse nel pensiero del Maestro, io? Chiedetelo a Lui che vi ama tanto», e affretta il passo lasciandoli delusi.
   «Anche lui non è il Maestro. Non c’è nessuno che abbia la sua pietà…», dicono scrollando il capo.
   «Ebbene, che forse noi seguiamo loro? Lui seguiamo! E bene facciamo a fare così. Andiamo. Chissà che dalle sue labbra non si possa, prima che Egli vada in Giudea, saper cosa volle dire».
   E affrettano il passo raggiungendo gli altri, seduti in riposo sotto un bosco di roveri centenari, avendo davanti agli sguardi uno dei più bei panorami della Palestina.

[42] un dolore più grande…, come in: Lamentazioni 1, 12. Maria Ss. ha detto (in 370.17) che al proprio dolore Ella unisce “il dolore di tutte le madri infelici” e che il suo dolore “è dato dall’odio non di uno, ma di tutto un mondo”. E Gesù farà contemplare (in 603.2/3) il dolore assolutamente grande della Madre insieme con il dolore assolutamente completo del Figlio, il quale deve espiare tutte le colpe dell’uomo, come è detto nel secondo capoverso di 317.5 e nel capitolo 613. Il loro dolore, secondo l’opera valtortiana, continuerebbe misteriosamente nella gloria celeste, come diremo in nota a 634.7.