MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 578



DLXXVIII. Incontro con discepoli e uomini di valore condotti da Mannaen. Arrivo a Gerico.

   11 marzo 1947.

   578.1Già le bianche mura delle case di Gerico e i suoi palmizi si stagliano contro il cielo, di un azzurro intenso di ceramica o di smalto, quando, presso un boschetto di tamerici scapigliate, di mimose sensitive, di biancospini dalle lunghissime spine, di altre piante per lo più spinose, che sembrano essere state rovesciate là dalla montagna aspra che è alle spalle di Gerico, Gesù si incontra con un folto gruppo di discepoli capitanati da Mannaen. Sembrano in attesa. Lo sono, infatti, e lo dicono dopo aver salutato il Maestro, aggiungendo che altri si sono spinti su altre strade per sapere, dato che il ritardo di tutta una notte nel giungere a Gerico li aveva impressionati.
   «Io sono venuto qui con questi. E non ti lascerò più sinché non ti saprò in salvo presso Lazzaro», dice Mannaen.
   «Perché? C’è pericolo di qualche cosa?…», chiede Giuda Taddeo.
   «Siete in Giudea… Il decreto lo conoscete. E l’odio anche. Tutto perciò è da temersi», risponde Mannaen e, rivolto a Gesù, spiega: «Ho preso con me i più forti, perché era presumibile che, se non ti avevano preso, di qua saresti passato. E come valor di discepoli e di uomini confidiamo poter impressionare i malvagi e farti rispettare».
   Infatti sono con lui gli ex discepoli di Gamaliele, il sacerdote Giovanni, Nicolai d’Antiochia, Giovanni d’Efeso e altri vigorosi uomini nel fior della vita, di aspetto signorile più del comune, che non conosco. Di alcuni di questi Mannaen fa le presentazioni velocemente, mentre altri non li presenta. Uomini di tutte le regioni palestinesi, fra questi due della corte di Erode Filippo. Nomi delle più antiche famiglie di Israele risuonano così sulla via presso il boschetto scapigliato, nel quale il vento fa tremolare le fogliuzze delle mimose e curva i virgulti novelli dei biancospini.

   578.2«Andiamo. Non è nessuno con le donne, da Niche?», chiede Gesù.
   «I pastori. Tutti meno Gionata, che attende Giovanna nel palazzo di Gerusalemme. Ma sono cresciuti a dismisura i tuoi discepoli. Ieri erano circa cinquecento in tua attesa in Gerico. Tanto che se ne erano impressionati i servi di Erode e lo avevano riferito a lui. Ed egli non sapeva se tremare o infierire. Ma è ossessionato dal ricordo di Giovanni e non osa più alzare la mano su alcun profeta…».
   «Bene! Questo non ti farà male!», esclama Pietro e si sfrega le mani contento.
   «È quello che ha meno valore, però. È un idolo che ognuno può muovere a suo piacere, e chi lo tiene in mano sa muoverlo».
   «E chi lo tiene? Pilato forse?», domanda Bartolomeo.
   «Pilato per fare non ha bisogno di Erode. È un servo, Erode. Ai servi non ci si rivolgono i potenti», risponde Mannaen.
   «E chi allora?», interroga Bartolomeo.
   «Il Tempio», dice sicuro uno che è con Mannaen.
   «Ma per il Tempio Erode è anatema. Il suo peccato…».
   «Sei molto ingenuo con tutto il tuo sapere e i tuoi anni, o Bartolomeo! Non sai dunque che molte, troppe cose sa superare il Tempio pur di raggiungere i suoi scopi? Per questo esso non è più degno di essere», dice con atto di severo sprezzo Mannaen.
   «Tu sei israelita. Non devi parlare così. Il Tempio è sempre il Tempio per noi», ammonisce Bartolomeo.
   «No. È il cadavere di ciò che era. E un cadavere si muta in carogna immonda quando da tempo è morto. Per questo Dio ha mandato il Tempio vivo. Perché potessimo prostrarci al Signore senza che fosse una pantomima immonda».

   578.3«Taci!», sussurra a Mannaen un altro che è con lui, perché parla troppo chiaramente. È uno di quelli non presentati e che sta tutto coperto.
   «E perché dovrei tacere se così parla il mio cuore? Pensi che il mio parlare possa nuocere al Maestro? Se così è, io tacerò. Non per altra ragione. Anche mi condannassero, saprò dire: “Questo è mio pensiero, e non castigate altri che me”».
   «Mannaen ha ragione. Basta di tacere per paura. È l’ora che ognuno prenda il suo posto pro o contro e dica ciò che ha in cuore. Io penso come te, fratello in Gesù. E se ciò può causarci la morte, morremo insieme confessando ancora la verità», dice Stefano con impeto.
   «Siate prudenti! Prudenti siate!», esorta Bartolomeo. «Il Tempio è sempre il Tempio. Fallirà, certo non è perfetto, ma è… è… Dopo Dio non vi sono persone più grandi e forze più grandi del Sommo Sacerdote e del Sinedrio… Rappresentano Dio, e dobbiamo vedere ciò che rappresentano, non ciò che sono. Sbaglio forse, Maestro?».
   «Non sbagli. In ogni costituzione occorre saper vedere l’origine di essa. In questo caso l’Eterno Padre, che ha costituito il Tempio e le gerarchie, i riti e l’autorità degli uomini preposti a rappresentarlo. Occorre saper deferire al Padre il giudizio. Egli sa quando e come intervenire. Come provvedere perché la corruzione, dilagando, non corrompa tutti gli uomini e li faccia dubitosi di Dio… E in questo ha saputo veder giusto Mannaen, vedendo la ragione della mia venuta in quest’ora. Occorre infine temperare la staticità tua, Bartolmai, con lo spirito innovatore di Mannaen, acciò sia giusta la misura e perciò perfetto il sentire. Ogni eccesso è sempre dannoso. A chi lo compie, a chi lo subisce, o a chi lo nota scandalizzandosene e, se non è anima onesta, servendosene per denunce contro i fratelli. Ma questa è azione da Caino. E non sarà fatta dai figli della Luce, essendo opera di Tenebre».

   578.4Quello che, tutto ammantellato, di modo che se ne vedono appena gli occhi neri, vivissimi, ha ammonito Mannaen a non parlare troppo, si inginocchia e prende la mano di Gesù dicendo: «Tu sei buono, Maestro. Troppo tardi ti ho conosciuto, o Parola di Dio! Ma ancora in tempo per amarti come meriti, se non per servirti a lungo come avrei voluto, come ora vorrei».
   «Non è mai troppo tardi per l’ora di Dio. Essa viene al giusto momento. E concede tanto di tempo per servire, come volontà vuole, la Verità».
   «Ma chi è?», bisbigliano fra loro gli apostoli, e lo chiedono ai discepoli. Inutilmente. Nessuno sa chi è o, sapendolo, vuol dirlo.
   «Chi è, Maestro?», chiede Pietro quando può accostarsi a Gesù, che cammina al centro del gruppo, avendo dietro le donne, davanti i discepoli, ai fianchi i cugini e intorno gli apostoli.
   «Un’anima, Simone. Nulla più di questo».
   «Ma… te ne fidi anche se non sai chi sia?».
   «Io so chi è. E so il suo cuore».
   «Ah! ho capito! È come per la Velata dell’Acqua Speciosa… Non chiederò più altro…», e Pietro è felice perché Gesù, scostandosi da Giacomo, se lo prende vicino.

   578.5Gerico è ormai raggiunta. Dalla porta delle mura erompe la gente osannante, e a fatica Gesù può procedere per traversare la città andando da Niche, che è fuori Gerico dal lato opposto. Suppliche perché parli. Bimbi alzati in alto, quasi per farne siepe viva e invalicabile, calcolando sull’amore di Gesù ai piccoli. Grida di: «Puoi parlare. Colui è già fuggito a Gerusalemme», e cenni con queste parole verso lo splendido e chiuso palazzo di Erode.
   Mannaen conferma: «È vero. Se ne è andato nella notte, silenziosamente. Ha paura».
   Ma niente ferma Gesù. Egli va dicendo: «Pace! Pace! Chi ha pene o dolori venga da Niche. Chi mi vuole udire venga a Gerusalemme. Qui sono il Pellegrino. Come voi tutti. Nella casa del Padre Io parlerò. Pace! Pace e benedizione! Pace!».
   È già un piccolo trionfo, un preludio della entrata in Gerusalemme, ormai prossima tanto.
   Mi stupisce l’assenza di Zaccheo sinché non lo vedo, ritto sul limitare del podere di Niche, in mezzo ai suoi amici e coi pastori e le discepole. Tutti corrono incontro a Gesù e si prostrano e fanno ala mentre Egli, benedicendo, inoltra sotto il frutteto, verso la casa ospitale.