MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 589



DLXXXIX. Da Betania a Gerusalemme, predisponendo gli apostoli alla Passione imminente.

   3 marzo 1945.

   589.1Gesù cammina fra i frutteti e gli uliveti tutti in fiore. Paiono fiori persino le argentee foglie degli ulivi così imperlate di rugiada, che scintilla percossa dal primo raggio dell’aurora e mossa da un lieve vento profumato. Ogni fronda è un lavoro d’orafo, e l’occhio ne guarda ammirato la bellezza. I mandorli, già tutti coperti del loro verde, emergono dalle masse biancorosate delle altre piante da frutto e sotto le viti mostrano i frastagli delle prime foglie tenerelle, così lucide e setose che sembra siano una scaglia di smeraldo sottilissimo o un brandello di seta preziosa. In alto, un cielo di un turchese scuro, unito, placido, solenne. Ovunque canti di uccelli e profumi di fiori. Un’aria fresca ristora e allieta. È veramente la letizia d’aprile che ride per ogni dove.

   589.2Gesù è in mezzo ai suoi apostoli. Tutti e dodici, e parla.
   «Ho mandato avanti le donne perché voglio parlare a voi soli. Nei primi tempi che ero con voi vi ho detto, a quelli che erano con Me: “Non turbate la Madre con racconti di male azioni verso il Figlio”. Parevano azioni tanto gravi, quelle… Ora, voi tre testimoni di quelle che furono l’inizio della catena con cui sarà condotto a morte il Figlio dell’uomo — tu, Giovanni, tu, Simone, e tu, Giuda di Keriot — potete ben vedere che quelle erano paragonabili a granello di rena che cada dall’alto rispetto al macigno, ai macigni che sono le azioni di ora. Ma allora era in voi, in Me e nella Madre, l’impreparazione alla malvagità umana. Nel bene come nel male, ecco, l’uomo non diviene sommo d’improvviso. Ma sale o sprofonda per gradi. E così nel dolore. Ora, voi che siete buoni, siete saliti nel bene e potete constatare, senza quello scandalo che allora ne avreste avuto, a quale punto di pervertimento può scendere l’uomo che si insatanassa, così come Io e la Madre possiamo sopportare senza morirne tutto il dolore che viene dall’uomo. Abbiamo irrobustito la nostra anima. Tutti. Nel Bene, nel Male o nel Dolore. Pure ancora non abbiamo toccato la vetta. Non abbiamo ancora toccato la vetta… Oh! se sapeste quale e quanto è alta la vetta del Bene, del Male, del Dolore! Ma vi ripeto le parole di allora. Non ripetete alla Madre quanto il Figlio dell’uomo sta per dirvi. Ne avrebbe troppo dolore. Colui che deve essere ucciso beve la pietosa mistura che sbalordisce per potere attendere, senza fremere ad ogni istante, l’ora del supplizio. Il vostro silenzio sarà come la bevanda pietosa, per Lei, Madre del Redentore!

   589.3Ora Io voglio, perché nulla vi rimanga oscuro, aprirvi il senso delle profezie[121]. E vi chiedo di stare con Me molto, molto. Nel giorno sarò di tutti. La notte vi prego di essere con Me, perché Io voglio essere con voi. Ho bisogno di non sentirmi solo…».
   Gesù è mestissimo. Gli apostoli lo vedono e sono in affanno. Gli si stringono intorno. Anche Giuda sa stringersi al Maestro come fosse il più affettuoso dei discepoli. Gesù li carezza e prosegue:
   «Voglio, in quest’ora che ancora mi è donata, ultimare la conoscenza del Cristo in voi. All’inizio con Giovanni, Simone e Giuda, ho fatto conoscere la verità delle profezie sulla mia nascita. Le profezie mi hanno dipinto, come meglio non potrebbe il pittore più sommo, dalla mia alba al mio tramonto. Anzi, sono proprio l’alba ed il tramonto le due fasi più illustrate dai profeti. Ora il Cristo sceso dal Cielo, il Giusto che le nubi hanno lasciato piovere sulla Terra, il Germoglio sublime, sta per essere ucciso. Spezzato come cedro dal fulmine. Parliamo allora della sua morte. Non sospirate, non crollate il capo. Non mormorate in cuor vostro, non maledite gli uomini. Non serve a nulla.

   589.4Noi saliamo a Gerusalemme. Pasqua è prossima ormai.
   “Questo mese sarà per voi il primo dei mesi dell’anno”. Questo mese sarà per il mondo il principio di un nuovo tempo. Non cesserà mai più. Inutilmente, di tanto in tanto, l’uomo cercherà di metterne di nuovi. Coloro che vorranno mettere un tempo nuovo, portante il loro nome idolo, saranno fulminati e percossi. Non c’è che un Dio in Cielo e un Messia sulla Terra: il Figlio di Dio, Gesù di Nazaret. Egli, poiché tutto di Sé dà, può tutto volere e mette il suo regale sigillo non su ciò che è carne e fango, ma su ciò che è tempo e spirito.

   589.5“Nel decimo giorno di questo mese ciascuno prenda un agnello per famiglia e per casa. E se non basta il numero delle persone della casa a consumare l’agnello, prenda il vicino coi suoi fino a poter consumare tutto l’agnello”. Perché il sacrificio e l’ostia devono essere completi e consumati. Non una briciola deve rimanere di essi. Non rimarrà. Troppi sono quelli che stanno per pascersi dell’agnello. Un numero senza numero, per un convito senza limite di tempo, e non occorre altro fuoco per consumare i resti, perché resti non ce ne sono. Quelle parti che saranno offerte e respinte dall’odio saranno consumate dal fuoco stesso della vittima, dal suo amore.
   Vi amo, o uomini. Voi, dodici miei amici che ho scelto Io stesso, voi in cui sono le dodici tribù di Israele e le tredici vene dell’Umanità. Tutto ho radunato in voi e tutto in voi vedo radunato… Tutto».
   «Ma nelle vene del corpo di Adamo è anche quella di Caino. Nessuno di noi ha alzato la mano sul compagno. Abele dove è allora?», chiede l’Iscariota.
   «Tu lo hai detto. Nelle vene del corpo di Adamo è anche quella di Caino. E l’Abele sono Io, il dolce Abele pastore di greggi, grato al Signore perché offriva le sue primizie e ciò che era senza imperfezione, prima, fra tutte le offerte, se stesso. Vi amo, o uomini. Anche se non mi amate, Io vi amo. L’amore accelera e compisce l’opera dei sacrificatori.

   589.6“L’agnello sia senza macchia, maschio, di un anno”. Non vi è tempo per l’Agnello di Dio. Egli è. Pari nell’ultimo giorno come lo era nel primo di questa Terra. Colui che è come il Padre, non conosce nella sua divina natura invecchiamento. E la sua Persona conosce una sola vecchiezza, una sola stanchezza: quella della delusione di essere venuto per troppi invano.
   Quando saprete come fui ucciso — e gli occhi che vedranno il loro Signore mutato in lebbroso coperto di piaghe ora brillano di pianto al mio fianco e più non vedono questa ridente collina, perché il pianto li accieca con la sua liquida visiera — dite pure: “Non di questo è morto. Ma dall’essere stato sconosciuto ai suoi più cari e respinto da troppa umanità”.
   Ma se non ha tempo il Figlio di Dio, e perciò differisce dall’agnello del rito, ad esso è pari perché senza macchia e maschio sacro al Signore. Sì. Inutilmente i carnefici, coloro che mi uccideranno con l’arme, o col volere, o col tradire, vorranno scusare se stessi dicendo: “Egli era colpevole”. Nessuno che sia sincero può accusarmi di peccato. Lo potete voi?
   Siamo di fronte alla morte. Io lo sono. Ancora altri lo sono. Chi? Vuoi sapere chi, Pietro? Tutti. La morte avanza ora per ora e ghermisce chi men se lo crede. Ma anche coloro che hanno ancora molta vita da tessere, ora per ora sono di fronte alla morte, ché il tempo è baleno rispetto all’eternità e perché nel­l’ora della morte anche la più lunga vita si riduce a nulla e le azioni di decenni e decenni lontani, sin da quelli della prima età, tornano in folla a dire: “Ecco, ieri facevi questo”. Ieri! Sempre ieri è quando si muore! E sempre polvere è l’onore e l’oro per cui tanto spasimò la creatura! E perde ogni sapore il frutto per cui si fu folli! La donna? La borsa? Il potere? La scienza? Che resta? Nulla! Solo la coscienza e il giudizio di Dio, davanti al quale va la coscienza, povera e ignuda di umane protezioni e dovizie, e carica solo delle sue azioni.

   589.7“Prendano il suo sangue e ne mettano sugli stipiti e l’architrave, e l’angelo non percuoterà al suo passaggio le case su cui è il segno del sangue”. Prendete il mio Sangue. Mettetelo non sulle pietre morte. Ma sul morto cuore. È la nuova circoncisione. Ed Io mi circoncido per tutto il mondo. Io non sacrifico l’inutile parte, ma stronco la mia magnifica, sana, pura virilità, completamente la sacrifico, e dalle membra mutilate, dalle vene aperte, prendo il Sangue mio e traccio sull’Umanità anelli di salvezza, anelli di eterni sponsali col Dio che è nei Cieli, col Padre che attende, e dico: “Ecco. Ora non puoi più respingerli, perché respingeresti il tuo Sangue”.
   “E Mosè disse: ‘… e poi tuffate un mazzetto di issopo nel sangue e aspergetene gli stipiti’”. Non basta allora il sangue? Non basta. Al mio Sangue deve essere congiunto il pentimento vostro. Senza il pentimento, amaro e salutare, inutilmente Io per voi sarò morto.
   Questa è la prima parola che nel Libro parli dell’Agnello redentore. Ma il Libro ne è sparso. Così come ad ogni nuovo sorgere di sole più fitta si fa la fioritura su questi rami, così, man mano che un anno succede ad un finito e si approssima al tempo della Redenzione, ecco spesseggia la fioritura.

   589.8Ed ora Io con Zaccaria vi dico, a voi per Gerusalemme: “Ecco il Re che viene pieno di mansuetudine, cavalcando un’asina e un asinello. Egli è povero”. Ma disperderà i potenti che opprimono l’uomo. Egli è mite, eppure il suo braccio alzato a benedizione vincerà il demonio e la morte. “Egli annuncerà la pace, perché ne è il Re”. Egli, essendo confitto, stenderà il suo dominio da mare a mare. “Egli che non grida, che non spezza, che non smorza colui che non è lume ma fumo, colui che non è forza ma debolezza, colui che merita ogni rimprovero, farà giustizia secondo verità”. Il tuo Messia, o città di Sionne, il tuo Messia, o popolo del Signore, il tuo Messia, o popolo della Terra.
   “Senza essere triste né turbolento”, e voi vedete come non vi sia in Me la tristezza crucciosa del vinto, né quella astiosa del perverso, ma solo la serietà di chi vede a che punto può giungere il possesso di Satana nell’uomo, e voi vedete come, potendo incenerire e disperdere con un solo palpito del mio volere, Io per tre anni abbia teso le mani ad invito d’amore, a tutti, senza soste, e ora ancora queste mie mani si tenderanno e verranno ferite! “Senza essere triste né turbolento giungerò a stabilire il mio Regno”. Quel Regno di Cristo in cui è la salvezza del mondo.
   Mi dice il Padre, Signore eterno: “Io ti ho chiamato, ti ho preso per mano, ti ho fatto alleanza fra i popoli e Dio, luce ti ho fatto delle nazioni”. E Luce sono stato. Luce per aprire gli occhi ai ciechi, parola per dare loquela ai sordi, chiave per aprire i sotterranei carceri di quelli che erano nelle tenebre dell’errore.

   589.9Ed ora, Io che sono tutto questo, vado a morire. Entro nel buio della morte. La morte, capite?… Le prime cose annunziate, ecco che si stanno compiendo, dico Io pure con il profeta. Le altre ve le dirò prima che ci separi il Demonio.
   Ecco Sionne là in fondo. Andate a prendere l’asina e l’asinello. Dite all’uomo: “Occorrono per il Rabbi Gesù”. E dite alla Madre che sto giungendo. Ella è là su quel balzo con le Marie. Mi attende. È il mio trionfo umano… Sia il suo trionfo. Uniti sempre. Oh! uniti!…
   E chi è il cuore di iena che con un colpo della zampa unghiuta svelle il cuore del cuore materno: Me, suo Figlio? Un uomo? No. Ogni uomo nasce da una donna. E per istintivo e per morale riflesso non può infierire su una madre, perché pensa alla “sua”. Un uomo dunque non è. Chi, allora? Un demonio. Ma può un demonio offendere la Vincitrice? Per offenderla deve toccarla. E Satana non sopporta la luce verginale della Rosa di Dio. E allora? Chi dite che sia? Non parlate? Io allora lo dico. Il demone più astuto si è fuso all’uomo più corrotto e, come il veleno chiuso nei denti dell’aspide, sta chiuso in lui che può avvicinare la Donna e così, proditoriamente, morderla.
   Maledetto sia l’ibrido mostro che è Satana e che è uomo! Lo maledico? No. Non è da Redentore questa parola. E allora dico all’anima di questo ibrido mostro ciò che dissi[122] a Gerusalemme, mostruosa città di Dio e di Satana: “Oh, se in quest’ora che ancora ti è data tu sapessi venire al Salvatore!”. Non vi è amore più grande del mio! E non vi è più grande potere. Anche il Padre acconsente se Io dico: “Voglio”, né Io so dire che parole di pietà per coloro che sono caduti e che mi tendono dal loro abisso le braccia.
   Anima del più grande peccatore, il tuo Salvatore alle soglie della morte si curva sul tuo abisso e ti invita a prendere la sua mano. Non sarà impedita la mia morte… Ma tu… ma tu… saresti salvo, tu che Io amo ancora, e l’anima del tuo Amico non fremerebbe di orrore pensando che per opera dell’amico conosce l’orrore del morire e di questo morire…».
   Gesù tace… oppresso…

   589.10Gli apostoli bisbigliano fra loro e si chiedono: «Ma di chi parla? Chi è?».
   E Giuda, spudorato nel mentire: «È certo uno dei falsi farisei… Io penso Giuseppe o Nicodemo, oppure Cusa e Mannanen… A tutti premono la testa e gli averi… So che Erode… E so che il Sinedrio… Egli troppo si è fidato di loro! Vedete che anche ieri non erano presenti?! Non hanno l’ardire di affrontarlo…».
   Gesù non sente. È andato avanti e ha raggiunto la Madre, che è con le Marie e con Marta e Susanna. Non manca che Giovanna di Cusa nel gruppo delle pie donne. 

   589.11Quando[123] farete opera completa, qui metterete le altre parti che darò e che dirò.

[121] profezie. Seguiranno citazioni da: Esodo 12, 1-14.21-22; Isaia 42, 1-9; Zaccaria 9, 9-10. Quattro capoversi più sotto, dopo la prima citazione tra virgolette, MV aggiunge a matita sul quaderno autografo: (Profezie dalla Pasqua mosaica).
[122] dissi, in 590.8, in una visione che precede come data di stesura ma che sarà in 590.4/9.
[123] Quando … è un’annotazione a matita di MV sul quaderno autografo.