MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 585



DLXXXV. Il sabato avanti l’entrata in Gerusalemme. Giudei e pellegrini a Betania. Il Sinedrio ha deciso.

   27 marzo 1947.

   585.1Amore e livore spingono molti dei pellegrini riuniti a Gerusalemme, e degli stessi gerosolimitani, a venire a Betania senza neppure attendere che il tramonto sia compiuto. Anzi! Il sole ha appena cominciato il suo tramonto quando i primi di essi vengono alla casa di Lazzaro. E a Lazzaro, che chiamato dai servi si stupisce di questa violazione del sabato, perché i primi venuti sono proprio i più noti fra i più intransigenti giudei, essi dànno questa risposta veramente farisaica: «Dalla porta del Gregge non si vedeva già più la palla del sole, e allora abbiamo iniziato il cammino, pensando che certo non avremmo passato la misura prescritta prima che il sole calasse dietro le cupole del Tempio».
   Lazzaro ha un sorrisetto ironico sul volto asciutto. Perché è sano, di bell’aspetto, ma grasso non è certo. E risponde loro, con garbo ma anche con un lieve sarcasmo: «E che volete vedere? Il Maestro rispetta il suo sabato. E riposa. Egli non si limita a non vedere la palla del sole per considerare cessato il riposo. Ma attende che sia spento l’ultimo raggio per dire: “Il sabato è finito”».
   «Lo sappiamo che è perfetto! Lo sappiamo! Ma se abbiamo sbagliato, ragion di più per vederlo. Un poco solo, tanto da essere da Lui assolti».
   «Mi spiace. Ma non posso. Il Maestro è stanco e riposa. Io non lo disturberò».

   585.2Ma altra gente viene, e questa è fatta di pellegrini di ogni luogo, che pregano, che insistono per vedere Gesù. Con gli ebrei sono mescolati dei gentili, con questi dei proseliti. E osservano, e sbirciano Lazzaro come fosse un essere irreale. E Lazzaro sopporta la noia di questa celebrità non cercata, rispondendo paziente a chi lo interroga. Ma non dà ordine ai servi di aprire il cancello.
   «Sei tu l’uomo risuscitato da morte?», chiede uno che, all’aspetto, è certo un sangue misto, perché di ebraico non ha che il caratteristico naso piuttosto grosso e spiovente, mentre l’accento e la foggia del vestire lo denunciano come straniero.
   «Lo sono, per dare gloria a Dio che mi trasse da morte per farmi servo del suo Messia».
   «Ma fu vera morte?», chiedono altri.
   «Domandatelo a quei notabili giudei. Essi vennero ai miei funerali e molti furono presenti alla mia risurrezione».
   «Ma che provasti? Dove eri? Che ricordi? Quando tornasti vivo, che accadde in te? Come ti risuscitò?… Non si può vedere il sepolcro dove eri? Di che moristi? Stai proprio bene ora? Neppure i segni delle piaghe hai più?».
   Lazzaro, paziente, cerca di rispondere a tutti. Ma, se gli è facile dire che sta proprio bene e che anche i segni delle piaghe si sono cancellati ormai, nei mesi che sono trascorsi da quando è risorto, non può dire ciò che provò e come lo risuscitò. E risponde: «Non so. Mi trovai vivo nel mio giardino, fra i servi e le sorelle. Liberato dal sudario, vidi il sole, la luce, ebbi fame, mangiai, gioii della vita e del grande amore del Rabbi per me. Il resto, più di me, lo sanno coloro che erano presenti. Eccone là tre che parlano. E là due che sopraggiungono». (Sono, questi ultimi, Giovanni e Eleazaro sinedristi, mentre i tre che parlano fra loro sono due scribi e un fariseo che ho visto infatti alla risurrezione di Lazzaro, ma dei quali non ricordo il nome).
   «Essi non parlano a noi gentili! Andate voi che siete giudei ad interrogarli…

   585.3Ma tu facci vedere il sepolcro dove eri». Sono insistenti come più non potrebbero.
   Lazzaro si decide. Dice qualcosa ai servi e poi si rivolge alla gente: «Andate su quella strada che è fra questa e l’altra mia casa. Vi verrò incontro per condurvi al sepolcro, per quanto non vi sia da vedere che un foro aperto in uno strato di roccia».
   «Non importa! Andiamo! Andiamo!».
   «Lazzaro! Fermati! Possiamo venire noi pure? O per noi è vietato ciò che si concede a stranieri?», dice uno scriba.
   «No, Archelao. Vieni pure, se non ti è contaminazione avvicinarti ad un sepolcro».
   «Non è tale, poiché non contiene la morte».
   «Ma la contenne per quattro giorni. Per molto meno si è reputati immondi in Israele! Colui che sfiora con la veste uno che toccò un cadavere, voi dite che è immondo. E il mio sepolcro manda ancora zaffate di morte, nonostante sia aperto da tanto».
   «Non importa. Ci purificheremo».
   Lazzaro guarda i due farisei Giovanni e Eleazaro, e dice loro: «Anche voi venite?».
   «Sì, veniamo».

   585.4Lazzaro va svelto verso il lato limitato dalle siepi, alte e compatte come muri, e apre un cancello inserito in una di esse e si affaccia sulla strada che conduce alla casa di Simone, facendo cenno a chi attende di venire avanti.
   Li conduce verso il sepolcro. Un rosaio in fiore ne contorna l’entrata, ma non è valido ad annullare l’orrore che emana una tomba aperta. Sulla roccia inclinata sotto l’arco fiorito si leggono le parole: «Lazzaro, vieni fuori!».
   I malevoli le vedono subito e dicono subito: «Perché hai fatto scolpire là quelle parole? Non dovevi![98]».
   «Perché? Nella mia casa posso fare ciò che voglio, e nessuno può accusarmi di peccato se ho voluto fissare sulla roccia, perché fossero incancellabili, le parole del grido divino che mi rese la vita. Quando io sarò là dentro e non potrò più celebrare la potenza misericordiosa del Rabbi, voglio che il sole le legga ancora sulla pietra e che le imparino le piante dai venti, le carezzino gli uccelli e i fiori, continuando per me a benedire il grido del Cristo che mi trasse da morte».
   «Sei un pagano! Un sacrilego, sei! Tu bestemmi il nostro Dio. Tu celebri il sortilegio del figlio di Belzebù. Bada, Lazzaro!».
   «Vi ricordo che sono nella mia casa e che siete nella mia casa, venuti non chiamati e per scopi indegni. Siete peggio di questi, che sono pagani ma riconoscono un Dio nel risuscitatore».
   «Anatema! Tale il Maestro, tale il discepolo. Orrore! Andiamo! Via da questa cloaca impura. Corruttore d’Israele, il Sinedrio ricorderà le tue parole».
   «E Roma i vostri complotti. Uscite!». Lazzaro, sempre mite, si ricorda di esser figlio di Teofilo e li scaccia come un branco di cani.

   585.5Restano i pellegrini di ogni paese e chiedono, e guardano, e implorano di vedere il Cristo.
   «Lo vedrete in città. Ora no. Non posso».
   «Ah! ma viene in città? Proprio? Non menti? Viene anche se lo odiano tanto?».
   «Viene. Andate ora, tranquilli. Vedete come riposa la casa? Non si vede persona né si sente una voce. Avete visto quanto volevate: il risorto e il luogo della sua sepoltura. Ora andate. Ma non fate che la curiosità sia sterile. Possa l’avermi visto, io, vivente prova del potere di Gesù Cristo, l’Agnello di Dio e il Messia Ss., portarvi tutti sulla sua via. Per questa speranza io sono contento d’esser risorto, perché spero che il miracolo possa scuotere i dubbiosi e convertire i pagani, facendoli persuasi tutti che uno solo è il vero Dio e uno solo è il vero Messia: Gesù di Nazaret, Maestro santo».
   La gente sfolla malvolentieri, e se uno va dieci vengono, perché nuova gente continua a venire. Ma Lazzaro riesce, con l’aiuto di alcuni servi, a spingere fuori tutti e a chiudere i cancelli.

   585.6Fa per ritirarsi ordinando: «Sorvegliate che non forzino le chiusure o le scavalchino. Presto scenderà la sera e se ne andranno ai loro ricoveri», quando vede uscire da dietro una macchia di mirti Eleazaro e Giovanni. «Che? Non vi avevo visto e credevo…».
   «Non ci cacciare. Siamo penetrati in un folto per non esser visti. Dobbiamo parlare al Maestro. Siamo venuti noi perché meno sospettati di Giuseppe e Nicodemo. Ma non vorremmo essere visti da nessuno fuorché da te e dal Maestro… Sono fidati i tuoi servi?».
   «In casa di Lazzaro usa il costume di vedere e sentire solo ciò che piace al padrone e di non sapere per gli estranei. Ma venite. Per questo sentiero, fra queste due pareti di verzura più opache di un muro». Li conduce nel viottolo che è fra la duplice barriera impenetrabile dei bossoli e degli allori. «State. Vi condurrò Gesù».
   «Che nessuno se ne accorga!…».
   «Non temete».

   585.7L’attesa dura poco. Presto sul sentiero, semi-oscuro per l’intreccio dei rami, appare Gesù, tutto bianco nella veste di lino, e Lazzaro resta al limite del sentiero come fosse di guardia o per prudenza. Ma Eleazaro gli dice, e più che dire gli fa cenno: «Vieni qui». Lazzaro si avvicina mentre Gesù saluta i due, che lo ossequiano profondamente.
   «Maestro, e tu Lazzaro, ascoltate. Non appena s’è sparsa la voce che Tu sei venuto e che qui sei, il Sinedrio si è riunito in casa di Caifa. Tutto è abuso di quanto si fa… E ha deciso… Non ti lusingare, Maestro! Stai guardingo, Lazzaro! Non vi seduca la finta pace, l’apparente sonnolenza del Sinedrio. È una finta, Maestro. Una finta per attirarti e prenderti senza che la folla si agiti e si prepari a difenderti. È segnata la tua sorte e il decreto non si muta. Che sia domani o fra un anno, si compirà. Il Sinedrio non dimentica mai le sue vendette. Attende, sa attendere l’occasione propizia, ma poi!… E anche tu, Lazzaro. Vogliono levarti di mezzo, prenderti, sopprimerti, perché per tua causa troppi li abbandonano per seguire il Maestro. Tu, lo hai detto con giusta parola, sei la testimonianza del suo potere. E la vogliono distruggere. Le folle presto dimenticano, essi lo sanno. Scomparsi tu e il Rabbi, si spegneranno molti ardori».
   «No, Eleazaro! Fiammeggeranno!», dice Gesù.
   «Oh! Maestro! Ma che sarà se Tu sarai morto? Che ci farà che la fede in Te fiammeggi, anche che ciò sia, se Tu sarai spento? Io speravo poterti dire soltanto una cosa lieta e farti un invito: la mia sposa presto darà alla luce il figlio che la tua giustizia ha fatto fiorire rimettendo pace[99] fra due cuori in tempesta. Nascerà per Pentecoste. Io ti vorrei dire di venire a benedirlo. Se Tu entri sotto il mio tetto, ogni sciagura sarà per sempre lontana da esso», dice il fariseo Giovanni.
   «Ti do sin da ora la mia benedizione…».
   «Ah! Tu non vuoi venire da me! Non mi credi leale! Lo sono, Maestro! Dio mi vede!».
   «Lo so. È che… non sarò più fra voi per Pentecoste».
   «Ma il bambino nascerà nella casa di campagna…».
   «Lo so. Ma Io non ci sarò. Eppure tu, la tua sposa, il nascituro e i figli che già hai, hanno la mia benedizione. Grazie di essere venuti. Ora andate. Conducili per il sentiero oltre la casa di Simone. Che non siano visti… Io torno in casa. La pace a voi…».

[98] Non dovevi, in ossequio alla prescrizione di: Levitico 26, 1.
[99] rimettendo pace, come narra il capitolo 409.