MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 588



DLXXXVIII. Giuda Iscariota dai Capi del Sinedrio.

   29 marzo 1947.

   588.1Giuda giunge a notte alla casa di campagna di Caifa. Ma c’è la luna che fa da complice all’assassino illuminandogli la strada. Deve essere ben sicuro di trovare là, in quella casa fuori le mura, coloro che egli cercava, perché altrimenti penso che avrebbe cercato di entrare in città e sarebbe andato nel Tempio. Invece sale sicuro fra gli ulivi del piccolo colle. È più sicuro questa volta dell’altra[113]. Perché ora è notte, e le ombre e l’ora lo proteggono da ogni possibile sorpresa. Le vie della campagna sono deserte, ormai, dopo essere state percorse per tutto il giorno dalle turbe dei pellegrini che vanno a Gerusalemme per la Pasqua. Persino i poveri lebbrosi sono nei loro spechi e dormono i loro sonni di infelici, smemorati per qualche ora dalla loro sorte. 

   Ecco Giuda alla porta della casa biancheggiante al lume della luna. Bussa. Tre colpi, un colpo, tre colpi, due colpi… Persino il segnale convenzionale sa a meraviglia! E deve essere proprio un segnale sicuro, perché la porta si socchiude senza il preventivo sbirciare del portinaio dallo spioncino aperto nella porta.
   Giuda sguscia dentro e al servo portinaio, che l’ossequia, chiede: «L’adunanza è raccolta?».
   «Sì, Giuda di Keriot. Al completo, potrei dire».
   «Conducimi ad essa. Devo parlare di importanti cose. Svelto!».
   L’uomo chiude con tutti i chiavistelli la porta e lo precede per l’andito semibuio, fermandosi davanti ad un uscio pesante al quale bussa. Il brusio delle voci cessa nella stanza chiusa e lo sostituisce il rumore della serratura e il cigolio della porta, che si apre gettando un cono di luce viva nel corridoio buio.
   «Tu? Entra!», dice quello che ha aperto la porta e che non so chi sia. E Giuda entra nella sala, mentre chi gli ha aperto chiude a chiave di nuovo.

   588.2Vi è un movimento di stupore o, per lo meno, di agitazione, vedendo entrare Giuda. Ma lo salutano in coro: «La pace a te, Giuda di Simone».
   «La pace a voi, membri del Sinedrio santo», saluta Giuda.
   «Vieni avanti. Che vuoi?», gli chiedono.
   «Parlarvi… Parlarvi del Cristo. Non è più possibile che si vada avanti così. Io non vi posso più essere di aiuto se voi non vi decidete a prendere decisioni estreme. L’uomo è in sospetto, ormai».
   «Ti sei fatto scoprire, stolto?», lo interrompono.
   «No. Ma voi stolti, voi che per una stupida fretta avete fatto delle mosse sbagliate. Lo sapevate bene che io vi avrei servito! Non vi siete fidati di me».
   «Hai memoria labile, Giuda di Simone! Non ti ricordi come ci lasciasti l’ultima volta? Chi poteva pensare che tu ci eri fedele, a noi, quando proclamasti a quel modo che non potevi tradire Lui?», dice Elchia ironico, serpentino più che mai.
   «E credete che sia facile giungere ad ingannare un amico, l’unico che veramente mi ami, l’Innocente? Credete che sia facile giungere al delitto?». Giuda è già agitato.

   588.3Cercano di calmarlo. E lo blandiscono. E lo seducono, o almeno tentano di farlo, facendogli osservare che il suo non è un delitto, «ma un’opera santa verso la Patria, alla quale egli evita rappresaglie dai dominatori, che già danno segni di intolleranza per queste continue agitazioni e divisioni di partiti e di folle in una provincia romana, e verso l’Umanità, se proprio egli è convinto della natura divina del Messia e della sua missione spirituale».
   «Se è vero ciò che Egli dice — lungi da noi il crederlo — non sei tu il collaboratore della Redenzione? Il tuo nome andrà associato al suo nei secoli, e la Patria ti annovererà fra i suoi prodi e ti onorerà delle più alte cariche. Un seggio è pronto per te fra noi. Salirai, Giuda. Darai leggi ad Israele. Oh! non dimenticheremo ciò che tu hai fatto per il bene del sacro Tempio, del sacro Sacerdozio, per la difesa della Legge santissima, per il bene di tutta la Nazione! Fai solo di aiutarci e poi, noi te lo giuriamo, io te lo giuro a nome del potente padre mio e di Caifa portante l’efod, tu sarai l’uomo più grande di Israele. Più dei tetrarchi, più dello stesso mio padre, ormai Pontefice deposto. Come un re, come un profeta sarai servito e ascoltato. Che se poi Gesù di Nazaret non fosse che un falso Messia, anche se in realtà non sarebbe passibile di morte perché le sue azioni non sono da ladrone, ma da folle, ecco che ti ricordiamo le parole ispirate di Caifa pontefice — tu sai che colui che porta l’efod e il razionale parla per suggerimento divino e profetizza il bene e il da farsi per il bene — Caifa, ricordi? Caifa ha detto[114]: “È bene che un uomo muoia per il popolo e non perisca tutta la Nazione”. Fu parola di profezia».
   «In verità fu tale. L’Altissimo parlò per bocca del Sommo Sacerdote. Sia ubbidito!», dicono in coro, già teatrali e simili ad automi che devono fare quei dati gesti, quei laidi burattini che sono i membri del gran consiglio del Sinedrio.

   588.4Giuda è suggestionato, sedotto… ma una radichetta di buon senso, se non di bontà, sussiste ancora in lui e lo trattiene dal pronunciare le parole fatali.
   Circondandolo con deferenza, con simulato affetto, lo incalzano: «Non credi a noi? Guarda: siamo i capi delle ventiquattro famiglie sacerdotali, gli Anziani del popolo, gli scribi, i più grandi farisei d’Israele, i rabbi sapienti, i magistrati del Tempio. Il fior di Israele è qui, intorno a te, pronto ad acclamarti, e ad una voce ti dice: “Fa’ questo, ché è santo”».
   «E Gamaliele dove è? E Giuseppe e Nicodemo dove sono? E dove Eleazaro l’amico di Giuseppe, e dove Giovanni di Gaas? Io non li vedo».
   «Gamaliele è in grande penitenza, Giovanni presso la moglie incinta e sofferente questa sera, Eleazaro… non sappiamo perché non sia venuto. Ma un malore può colpire chiunque e all’improvviso, non ti pare? Riguardo a Giuseppe e Nicodemo, non li abbiamo avvisati di questa seduta segreta, e per tuo amore, per cura del tuo onore… Perché, nello sfortunato caso che la cosa fallisse, il tuo nome non andasse riportato al Maestro… Noi tuteliamo il tuo nome. Noi ti amiamo, Giuda, novello Maccabeo[115] salvatore della Patria».
   «Il Maccabeo combatté la buona battaglia. Io… commetto un tradimento».
   «Non osservare le particolarità dell’atto, ma la giustizia del fine.

   588.5Parla tu, o Sadoc, scriba d’oro. La tua bocca fluisce preziose parole. Se Gamaliele è dotto, tu sapiente sei, perché sulle tue labbra è la sapienza di Dio. Parla tu a costui che tituba ancora».
   Quella buona pelle di Sadoc si fa avanti e con lui il decrepito Canania: una volpe scheletrita e morente al fianco di un astuto sciacallo robusto e feroce.
   «Ascolta, o uomo di Dio!», comincia pomposamente Sadoc prendendo una posa ispirata e oratoria, il braccio destro messo ciceronianamente in avanti, il sinistro occupato a sorreggere tutto quell’ingombro di pieghe che costituisce la sua veste di scriba. E poi alza anche il sinistro braccio, lasciando che il suo monumento di vesti si scomponga e si disordini, e così, a volto e braccia levate verso il soffitto della stanza, tuona: «Io te lo dico! Te lo dico davanti all’altissima Presenza di Dio!».
   «Maran-Atà[116]!», fanno eco tutti curvandosi, come se un soffio supremo li curvasse, e poi rialzandosi con le braccia incrociate sul petto.
   «Io te lo dico. È scritto nelle pagine della nostra storia e del nostro destino! È scritto nei segni e nelle figure lasciate dai secoli! È scritto nel rito che non ha sosta dalla notte fatale agli egizi! È scritto nella figura di Isacco! È scritto nella figura di Abele. E ciò che è scritto si avveri».
   «Maran Atà!», dicono gli altri con un coro basso e lugubre, suggestionante, con i gesti di prima, i volti bizzarramente colpiti dalla luce dei due lampadari accesi agli estremi della sala, di mica pallidamente violacea, emananti una luce fantasmagorica. E veramente questa accolta di uomini, quasi tutti bianco-vestiti, coi coloriti pallidi od olivastri della loro razza, resi ancor più pallidi e olivastri dalla luce diffusa, sembrano proprio un’adunanza di spettri.
   «La parola di Dio è scesa sulle labbra dei profeti per segnare questo decreto. Egli deve morire! È detto!».
   «È detto! Maran Atà!».
   «Egli deve morire, e segnata è la sua sorte!».
   «Egli deve morire. Maran Atà!».
   «Nei più minuti particolari è descritto il suo destino fatale, e fatalità non si infrange!».
   «Maran Atà!».
   «Persino è segnato il prezzo simbolico che sarà versato a colui che si fa strumento di Dio per la consumazione della promessa».
   «È segnato! Maran Atà!».
   «Come Redentore, o come falso profeta, Egli deve morire!».
   «Deve morire! Maran Atà!».
   «L’ora è venuta! Jeové lo vuole! Io sento la sua voce! Essa grida: “Si compia”!».
   «L’Altissimo ha parlato! Si compia! Si compia! Maran Atà!».

   588.6«Ti fortifichi il Cielo come fortificò Giaele e Giuditta, che donne erano e seppero essere eroi; come fortificò Jefte che, padre, seppe alla Patria sacrificare la figlia; come fortificò David contro il Golia[117]; e compi il gesto che farà eterno Israele nella memoria dei popoli!».
   «Ti fortifichi il Cielo. Maran Atà!».
   «Sii vincitore!».
   «Sii vincitore! Maran Atà!».
   Si alza la chioccia voce senile di Canania: «Colui che tituba all’ordine sacro è dannato al disonore e alla morte!».
   «È dannato. Maran Atà!».
   «Se non vorrai ascoltare la voce del Signore Iddio tuo e non metterai in atto il suo comando e ciò che Egli per nostra bocca ti ordina, tutte le maledizioni su te!».
   «Tutte le maledizioni! Maran Atà!».
   «Ti percuota il Signore con tutte le maledizioni mosaiche[118] e ti disperda di fra le genti».
   «Ti percuota e disperda! Maran Atà!».
   Un silenzio di morte segue a questa scena suggestionante… Tutto si immobilizza in una immobilità paurosa.

   588.7Finalmente ecco la voce di Giuda che si alza, e quasi faccio fatica a riconoscerla tanto è mutata: «Sì. Io lo farò. Lo devo fare. E lo farò. Già l’ultima parte delle maledizioni mosaiche è la mia parte, e ne devo uscire perché troppo ho tardato già. E folle divento non avendo tregua e riposo, e cuore pauroso, e occhi smarriti, e anima consumata dalla tristezza. Tremante di essere scoperto e fulminato da Lui nel mio duplice giuoco — ché io non so, io non so sino a che punto Egli sa il mio pensiero — vedo la mia vita sospesa a un filo, e mattina e sera invoco di finire quest’ora per lo spavento che sbigottisce il mio cuore. Per l’orrore che compiere devo. Oh! affrettate quest’ora! Traetemi da queste mie angosce! Tutto sia compiuto. Subito! Ora! E io sia liberato! Andiamo!».
   La voce di Giuda si è affermata e fatta forte mano a mano che ha parlato. Il gesto, prima automatico e insicuro, come di sonnambulo, si è fatto libero, volontario. Egli si raddrizza in tutta la sua altezza, satanicamente bello, e grida: «Cadano i lacci di un folle terrore! Io sono libero da una soggezione paurosa. Cristo! Non ti temo più e ti consegno ai tuoi nemici! Andiamo!». Un grido di demone vittorioso, e veramente si avvia con baldanza alla porta.

   588.8Ma lo fermano: «Piano! Rispondi a noi: dove è Gesù di Nazaret?».
   «Nella casa di Lazzaro. A Betania».
   «Noi non possiamo entrare in quella casa ben munita di servi fedeli. Casa di un favorito di Roma. Andremmo incontro a noie sicure».
   «All’aurora noi veniamo in città. Mettete le guardie sulla via di Betfage, fate tumulto e prendetelo».
   «Come sai che viene per quella via? Potrebbe prendere anche l’altra…».
   «No. Ha detto ai seguaci che per essa entrerà in città, dalla porta di Efraim, e di essere ad attenderlo presso En Rogel. Se voi lo prendete prima…».
   «Non possiamo. Dovremmo entrare in città con Lui fra le guardie, e ogni via che conduce alle porte e ogni via cittadina sono piene di folla dall’alba a notte. Accadrebbe tumulto. E non deve accadere».
   «Salirà al Tempio. Chiamatelo per interrogarlo in una sala. Chiamatelo a nome del Sommo Sacerdote. Egli verrà, perché ha più rispetto di voi che della sua vita. Una volta che è solo con voi… non vi mancherà il modo di portarlo in luogo sicuro e condannarlo nell’ora propizia».
   «Avverrebbe ugualmente tumulto. Te ne dovresti essere accorto che la folla è fanatica per Lui. E non il popolo solo, ma anche i grandi e le speranze di Israele. Gamaliele perde i suoi discepoli, e così Gionata ben Uziel e altri fra noi, e tutti ci lasciano, sedotti da Lui. E persino i gentili lo venerano, o lo temono, il che è già venerare, e sono pronti a rivoltarsi a noi se lo malmeniamo. Fra l’altro, alcuni dei ladroni, che avevamo assoldati per fare i falsi discepoli e suscitare risse, sono stati arrestati e hanno parlato sperando clemenza per la delazione, e il Pretore sa… Tutto il mondo gli va dietro, mentre noi non concludiamo nulla. Ma bisogna agire con sottigliezza, perché non se ne avvedano le turbe».
   «Sì. Così bisogna fare! Anche Anna se ne raccomanda. Dice: “Che non accada durante la festa e non nasca tumulto fra il popolo fanatico”. Così ha ordinato, dando ordini anche perché sia trattato con rispetto nel Tempio e altrove e non sia molestato, onde poterlo trarre in inganno».

   588.9«E allora che volete fare? Io ero ben disposto questa notte, ma voi esitate…», dice Giuda.
   «Ecco, tu dovresti condurci a Lui in un’ora che è solo. Tu sai le sue abitudini. Ci hai scritto che Egli ti tiene vicino più che tutti. Perciò tu devi sapere ciò che Egli vuol fare. Noi staremo sempre pronti. Quando tu giudichi propizia l’ora e il luogo, vieni, e noi verremo».
   «È detto. E che compenso ne avrò?». Ormai Giuda parla freddamente, come si trattasse di un commercio qualunque.
   «Ciò che è detto dai profeti[119], per essere fedeli alla parola ispirata: trenta denari…».
   «Trenta denari per uccidere un uomo, e quell’Uomo? Il prezzo di un comune agnello in questi giorni di festa?! Siete folli! Non che io abbia bisogno di denaro. Ne ho buone scorte. Non pensate perciò di persuadermi per ansia di denaro. Ma è troppo poco per pagare il mio dolore di tradire Colui che mi ha sempre amato».
   «Ma te lo abbiamo detto ciò che ti faremo. Gloria, onori! Ciò che tu speravi da Lui e che non hai avuto. Noi medicheremo la tua delusione. Ma il prezzo è fissato dai profeti! Oh! una formalità! Un simbolo e nulla più. Il resto verrà poi…».
   «E il denaro quando?».
   «Il momento che tu ci dirai: “Venite”. Non prima. Nessuno paga prima di aver già le mani sulla merce. Non ti pare giusto, forse?».
   «Giusto è. Ma almeno triplicate la somma…».
   «No. Così è detto dai profeti. Così si deve fare. Oh! sapremo ubbidire ai profeti! Non tralasceremo un iota di quanto hanno scritto di Lui. Eh! Eh! Eh! Noi siamo fedeli alla parola ispirata! Eh! Eh! Eh!», ride quel ributtante scheletro di Canania.
   E molti gli fanno coro con delle risate lugubri, basse, insincere, veri cachinni di demoni che non sanno che ghignare. Perché il riso è proprio dell’animo sereno e amante, e il ghigno dei cuori turbati e saturi di livore.

   588.10«Tutto è detto. Puoi andare. Noi attendiamo l’alba per rientrare in città per diverse vie. Addio. La pace sia con te, pecora spersa che ritorni al gregge di Abramo. La pace a te! La pace a te! E la riconoscenza di tutto Israele! Conta su noi! Un tuo desiderio ci è legge. Dio sia con te, come lo fu con tutti i suoi servi più fedeli! Tutte le benedizioni su te!».
   Lo accompagnano con abbracci e proteste di amore sino all’uscio… lo guardano allontanarsi per il corridoio semibuio… ascoltano lo sferragliare dei chiavistelli del portone che si apre e chiude…

   588.11Rientrano nella sala, giubilanti.
   Solo due o tre voci si levano, quelle dei meno demoniaci: «E ora? Come faremo con Giuda di Simone? Ben lo sappiamo che non potremo dargli ciò che gli abbiamo promesso, fuorché quei poveri trenta denari!… Che dirà egli, quando si vedrà da noi tradito? Non avremo fatto un danno maggiore? Non andrà egli dicendo al popolo ciò che facemmo? Che sia uomo di non fermo pensiero noi lo sappiamo».
   «Siete ben ingenui e stolti nell’avere questi pensieri e nel darvi questi affanni! È già stabilito ciò che faremo a Giuda. Stabilito dall’altra volta. Non ricordate? E noi non cambiamo pensiero. Dopo che tutto sarà finito, del Cristo, Giuda morrà. È detto».
   «Ma se parlasse prima?».
   «A chi? Ai discepoli e al popolo, per essere lapidato? Egli non parlerà. L’orrore della sua azione gli è bavaglio…».
   «Ma potrebbe pentirsi in futuro, avere rimorsi, divenire folle anche… Perché il suo rimorso, se avesse a destarsi, non potrebbe che fare di lui un pazzo…».
   «Non ne avrà tempo. Provvederemo prima. Ogni cosa a suo tempo. Prima il Nazareno e poi colui che lo ha tradito», dice lentamente, terribilmente, Elchia.
   «Sì. E badate! Non una parola agli assenti. Già troppo hanno conosciuto del nostro pensiero. Non mi fido di Giuseppe e Nicodemo. E poco degli altri».
   «Dubiti di Gamaliele?».
   «Egli si è astratto da noi da molti mesi. Senza un diretto ordine ponteficale non prenderà parte alle nostre sedute. Dice che scrive la sua opera con l’aiuto del figlio. Ma parlo di Eleazaro e Giovanni».
   «Oh! non ci hanno mai contraddetti», dice pronto un sinedrista che ho visto altre volte con Giuseppe d’Arimatea, ma del quale non ricordo il nome.
   «Anzi! Ci hanno contraddetti troppo poco. Eh! Eh! Eh! E bisognerà sorvegliarli! Molte serpi hanno preso covo nel Sinedrio, io credo… Eh! Eh! Eh! Ma saranno snidate… Eh! Eh! Eh!», dice Canania andando curvo e tremolante, appoggiato al suo bastone, a cercarsi un comodo posto su uno dei larghi e bassi sedili coperti di pesanti tappeti che sono lungo le pareti della sala, e soddisfatto si stende e si addormenta presto, la bocca aperta, brutto nella sua vecchiezza cattiva.
   Lo osservano. E Doras, figlio di Doras, dice: «Egli ha la soddisfazione di veder questo giorno. Mio padre lo sognò, ma non l’ebbe. Ma porterò nel cuore il suo spirito, perché sia presente nel giorno della vendetta sul Nazareno e abbia la sua gioia…».

   588.12«Ricordatevi che dovremo a turno, e turno numeroso, essere costantemente nel Tempio».
   «Lo saremo».
   «Dovremo ordinare che a qualunque ora Giuda di Simone sia introdotto dal Sommo Sacerdote».
   «Lo faremo».
   «Ed ora prepariamoci il cuore al compito finale».
   «È già pronto! È già pronto!».
   «Con astuzia».
   «Con astuzia».
   «Con finezza».
   «Con finezza».
   «Per calmare ogni sospetto».
   «Per sedurre ogni cuore».
   «Qualunque cosa dica o faccia, nessuna reazione. Ci vendicheremo di tutto in una volta sola».
   «Così faremo. E sarà feroce vendetta».
   «Completa!».
   «Tremenda!».
   E si siedono, cercando riposo in attesa dell’alba. 


   588.13
30-3-47 (Domenica delle Palme).
   Dice Gesù:
   «Qui metterai la visione: “Da Betania a Gerusalemme” (del 3 marzo 1945). E ora: vedi![120]».

[113] dell’altra, cioè della volta precedente, in 535.6/13.
[114] ha detto, in 549.15.
[115] Maccabeo è Giuda Maccabeo, le cui gesta sono narrate in: 1 Maccabei 3-9; 2 Maccabei 8-15.
[116] Maran-Atà, espressione già incontrata in 438.1 (ultima riga) e in 475.6 (dove MV attribuisce ad essa il significato di Così sia ), potrebbe corrispondere ad un’invocazione aramaica che significa “Signore, vieni!”, come in: 1 Corinzi 16, 22. La incontreremo ancora in 639.2.5.
[117] fortificò David contro il Golia, come si legge in 1 Samuele 17, 32-51 nel contesto dell’intero capitolo 17. L’indice tematico alla fine del volume rimanda alle note su Davide e sugli altri personaggi qui menzionati.
[118] maledizioni mosaiche, che sono in: Levitico 26, 14-46; Deuteronomio 28, 15-68.
[119] è detto dai profeti, come in: Zaccaria 11, 12-13.
[120] vedi! introduce la visione del 30 marzo 1947, che troveremo nel successivo capitolo 590.