MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 595



DXCV. Martedì notte al Getsemani con gli apostoli.

   7 marzo 1945.

   595.1«Voi oggi avete udito parlare gentili e giudei. E avete visto come i primi a Me si inchinassero ed i secondi per poco non mi percuotessero. Tu, Pietro, per poco vieni alle mani, vedendo che ad arte mi venivano mandati contro agnelli, arieti e giovenchi per farmi crollare al suolo fra gli escrementi. Tu, Simone, pur tanto prudente come sei, hai aperto la bocca all’insulto verso i membri più astiosi del Sinedrio, che villanamente mi urtavano dicendomi: “Scansati, demonio, mentre passano i messi di Dio”. Tu, Giuda, cugino, e tu Giovanni, mio prediletto, avete urlato e svelti mi avete sottratto, l’uno dall’essere investito prendendo il cavallo alle briglie, l’altro mettendosi a Me davanti e ricevendo l’urto della stanga a Me diretto quando, con riso di scherno, Sadoch mi è marciato addosso col suo pesante carro, spinto volutamente in corsa veloce su Me. Io vi ringrazio del vostro amore, che vi fa insorgere[146] contro gli offensori dell’Inerme. Ma vedrete ben altre offese ed atti crudeli. Quando questa luna riderà in cielo per la seconda volta dopo questa sera, le offese, per ora verbali o appena abbozzate se materiali, diverranno concrete, più fitte dei fiori che ora sono sugli alberi da frutto, e sempre più vi si affollano per fretta di fiorire.

   595.2Avete visto — e vi siete stupiti — un fico seccato e tutto un pometo senza fiori. Il fico, come Israele, ha negato ristoro al Figlio dell’uomo ed è morto nel suo peccato. Il pometo, come i gentili, attende l’ora che oggi ho detto, per fiorire e annullare l’ultimo ricordo della ferocia umana con la dolcezza dei fiori profusi sul capo e sotto i piedi del Vincitore».
   «Quale ora, Maestro?», domanda Matteo. «Hai parlato tanto e di tante cose oggi! Non ricordo bene. E vorrei tutto ricordare. Forse l’ora del ritorno di Cristo? Anche qui hai parlato di rami che si fanno teneri e mettono foglie».
   «Ma no!», esclama Tommaso. «Il Maestro parla come se questa congiura che lo attende sia imminente. Come può allora in poco tempo avvenire tutto quello che Egli dice[147] precedere il suo ritorno? Guerre, distruzioni, schiavitù, persecuzioni, vangelo predicato a tutto il mondo, desolazione di abominazione nella casa di Dio, e poi terremoti, pesti, falsi profeti, segni nel sole e nelle stelle… Eh! ci vogliono secoli a fare tutto questo! Starebbe fresco quel padrone del pometo se il suo orto avesse ad attendere quell’ora per fiorire!».
   «Non mangerebbe più i suoi pomi, perché io dico che sarà la fine del mondo, allora», commenta Bartolomeo.
   «Per compiere la fine del mondo non occorrerebbe che un pensiero di Dio e tutto tornerebbe nel nulla. Perciò potrebbe anche quel pometo poco avere da attendere. Ma come ho detto avverrà. E perciò vi saranno secoli da questo a quello. Ossia al definitivo trionfo e ritorno del Cristo», spiega Gesù.
   «E allora? Che ora?».
   «Oh! io la so l’ora!», piange Giovanni. «Io la so. E sarà dopo la tua morte e la tua risurrezione!…», e Giovanni lo abbraccia stretto.
   «E piangi se risorge?», motteggia Giuda Iscariota.
   «Piango perché prima ha da morire.

   595.3Non schernirmi, demonio. Io capisco. E non posso pensare a quell’ora».
   «Maestro! Mi ha detto demonio. Ha peccato contro il compagno».
   «Giuda, sai di non meritarlo? E allora non te la prendere per la sua colpa. Io pure sono stato chiamato “demonio” e lo sarò ancora chiamato così».
   «Ma Tu hai detto che chi insulta il fratello è colpev…».
   «Silenzio. Davanti alla morte finiscano finalmente queste odiose accuse, dispute e menzogne. Non turbate chi muore».
   «Perdonami, Gesù», mormora Giovanni. «Ho sentito rivoltarsi qualcosa in me al suono del suo ridere… e non ho potuto trattenermi». Giovanni è tutto abbracciato, petto a petto, a Gesù e gli piange sul cuore.
   «Non piangere. Ti capisco. Lasciami parlare».
   Ma Giovanni non si stacca da Gesù neppure quando Egli si siede su un radicone sporgente. Gli resta con un braccio dietro la schiena e uno intorno al petto e la testa sulla spalla, e piange senza rumore. Solo brillano al raggio della luna le gocce del suo pianto, che cadono sulla veste porpurea di Gesù e sembrano rubini, gocce di pallido sangue colpite da una luce.

   595.4«Voi avete udito parlare giudei e gentili, oggi. Non vi deve dunque stupire se Io dico[148]: “Dalla mia bocca è uscita parola di giustizia, sempre. E non sarà revocata”. Se dirò, sempre con Isaia, parlando dei gentili che a Me verranno dopo che sarò innalzato da terra: “Dinanzi a Me piegherà ogni ginocchio, per Me e in Me giurerà ogni lingua”. E ancora non dubiterete, dopo che avete notato i modi dei giudei, che è facile dire senza tema di errore che a Me saranno condotti svergognati tutti quelli che mi si oppongono.
   Il Padre mio non mi ha fatto suo servo solo per fare rivivere le tribù di Giacobbe, per convertire ciò che rimane di Israele: i resti, ma mi ha donato a luce delle Nazioni affinché Io sia il “Sal­vatore” per tutta quanta la Terra. Per questo, in questi trentatré anni di esilio dal Cielo e dal seno del Padre, Io ho continuato a crescere in Grazia e Sapienza presso Dio e presso gli uomini, raggiungendo l’età perfetta, e in questi ultimi tre anni, dopo avere arroventato l’anima e la mente mia nel fuoco del­l’amore e averla temprata col gelo della penitenza, ho fatto “della mia bocca come una spada tagliente”.

   595.5Il Padre santo, che è mio e vostro, mi ha fin qui custodito sotto l’ombra della sua mano, perché ancora non era l’ora dell’Espiazione. Ora mi lascia andare. La freccia scelta, la freccia della sua divina faretra, dopo aver ferito per sanare, ferito gli uomini per far breccia nei cuori alla Parola e alla Luce di Dio, ora va rapida e sicura a ferire la Seconda Persona, l’Espiatore, l’Ubbidiente per tutto Adamo disubbidiente… E come guerriero colpito Io cado, dicendo per troppi: “Invano Io mi sono affaticato senza ragione, senza nulla ottenere. Ho consumato le mie forze per nulla”.
   Ma no! No, per il Signore eterno che non fa mai nulla senza scopo! Indietro Satana che mi vuoi piegare allo sconforto e tentare alla disubbidienza! All’alfa e all’omega del mio ministero tu sei venuto e vieni. Ebbene, ecco, Io mi levo (e realmente si alza in piedi) a battaglia. Mi misuro con te. E, lo giuro a Me stesso, ti vincerò. Non è orgoglio dirlo. È verità. Il Figlio dell’uomo sarà nella sua carne vinto dall’uomo, il miserabile verme che morde e avvelena dal suo fango putrido. Ma il Figlio di Dio, la Seconda Persona della inesprimibile Triade, non sarà vinta da Satana. Tu sei l’Odio. E sei potente nel tuo odiare e nel tuo tentare. Ma con Me sarà una forza che ti sfugge, perché tu non la puoi raggiungere e non la puoi fissare. L’Amore è con Me!

   595.6So la sconosciuta tortura che mi attende. Non quella che domani vi dirò, perché sappiate che nulla di quanto per Me o intorno a Me si faceva e si agitava, che nulla di quanto in cuor vostro si formava, mi era ignoto. Ma l’altra tortura… Quella che non da lance e bastoni, non da scherni e percosse vien data al Figlio dell’uomo, ma da Dio stesso, e che non sarà conosciuta che da pochi per quello che realmente sarà di atroce, e accettata per possibile da ancor meno. Ma in quella tortura, in cui due saranno i principali torturatori: Dio con la sua assenza e tu, demonio, con la tua presenza, la Vittima avrà seco l’Amore. L’Amore vivente nella Vittima, forza prima della sua resistenza alla prova, e l’Amore nel confortatore spirituale, che già palpita le sue ali d’oro per ansia di scendere ad asciugare i miei sudori, e raccoglie tutte le lacrime degli angeli nel celeste calice e vi stempera il miele dei nomi dei miei redenti e amanti, per temperare con quella bevanda la grande sete del Torturato e la sua amarezza senza misura.
   E tu sarai vinto, demonio. Un giorno, uscendo da un ossesso, mi hai detto[149]: “Aspetto a vincerti quando sarai Tu uno sbrendolo di carne sanguinante”. Ma Io ti rispondo: “Non mi avrai. Io vinco. La mia fatica fu santa, la mia causa è presso il Padre mio. Egli difende l’operato del suo Figlio e non permetterà che defletta lo spirito mio”.
   Padre, Io ti dico, fin da ora ti dico per quell’ora atroce: “Nel­le tue mani abbandono lo spirito mio”.

   595.7Giovanni, non mi lasciare… Voi andate. La pace del Signore sia dove non è ospite Satana. Addio».
   Tutto ha termine.

[146] vi fa insorgere, come si intuisce nell’ultimo capoverso di 594.5.
[147] quello che Egli dice, avendo già accennato (per esempio, in 265.7/10) ai temi del discorso escatologico che deve ancora fare.
[148] dico, inizio di citazioni o allusioni riferite a: Isaia 45, 23-25; 49, 2-6.
[149] mi hai detto, in 420.6.