MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 598



DXCVIII. Giovedì santo. Preparativi per la Cena pasquale. La voce del Padre. Il segno convenuto con il Traditore. L’ossequio di persone ragguardevoli.

   3 aprile 1947.

   598.1Un nuovo mattino. Così sereno! Così festoso! Non ci sono più neppure le nuvole rare che ieri vagavano lentamente sul cobalto del cielo. Non c’è neppure l’afa pesante che ieri era gravosa tanto. Una brezza sottile alita sui volti. E sa di fiori, sa di fieni, sa di aria pulita. E smuove lentamente le foglie degli ulivi. Sembra voglia far ammirare l’argenteo delle fogliette lanceolate e spargere fiori, piccoli, candidi, odorosi, sui passi di Cristo, sul suo capo biondo, baciarlo, rinfrescarlo — perché ogni minuto calice ha la sua stilluzza di rugiada — baciarlo, rinfrescarlo e poi morire prima di vedere l’orrore incombente. E si inchinano le erbe dei clivi scuotendo le campanelle, le corolle, le palmette dei mille fiori. Stelle dal cuore d’oro, le grosse margherite selvagge stanno alte sullo stelo come per baciargli la mano che sarà trafitta, e le pratoline e le matricarie gli baciano i piedi generosi, che si fermeranno dall’andare per il bene degli uomini solo quando saranno inchiodati per dare un bene maggiore ancora, e le rose canine odorano e il biancospino che non ha più fiori agita le foglie dentellate. Pare che dica: «No, no» a quelli che lo useranno per dare tormento al Redentore. E «no» dicono le canne del Cedron. Anche loro non vogliono colpire, la loro volontà di piccole cose non vuol fare male al Signore. E forse anche i sassi delle chine si felicitano di essere fuori di città, sull’Uliveto, perché in tal modo, no, non feriranno il Martire. E piangono gli esili convolvoli rosati, che Gesù amava tanto, e i corimbi delle acacie candide come grappoli di farfalle strette a uno stelo, forse pensando: «Non lo vedremo più». E i miosotis, così esili e puri, lasciano cadere la loro corolla al tocco della veste porpurea che Gesù ha indossato di nuovo. Deve essere bello morire quando cosa che è di Gesù colpisce. Tutti i fiori, anche uno sperso mughetto, forse caduto là incidentalmente e che si è radicato fra le radici sporgenti di un olivo, è felice di esser scorto e colto da Tommaso e offerto al Signore… E felici sono i mille uccelli fra i rami di salutarlo con canti di gioia. Oh! che non lo bestemmiano gli uccelli che Egli ha sempre amato! Persino un branchetto di pecore sembra volerlo salutare benché siano in pianto, orbate come sono dei figli venduti per il sacrificio pasquale. E belando, un lamento di madri per l’aria, chiamando i figli che non torneranno più, vengono a sfregarsi presso Gesù, guardandolo con lo sguardo mite.

   598.2La vista delle pecore richiama gli apostoli al pensiero del rito e interrogano Gesù quando sono quasi al Getsemani. «Dove andremo a consumare la Pasqua? Che luogo scegli? Dillo, e noi andremo ad apparecchiare ogni cosa», dicono.
   E Giuda di Keriot: «Dammi ordini e andrò».
   «Pietro. Giovanni. Sentitemi».
   I due, che erano un poco avanti, si fanno vicino a Gesù che li ha chiamati.
   «Precedeteci ed entrate in città per la porta del Letame. Appena entrati, incontrerete un uomo che torna da En Rogel con una brocca di quella buon’acqua. Seguitelo finché entra in una casa. Direte a colui che è in essa: “Il Maestro dice: ‘Dove è la stanza dove Io possa mangiare la Pasqua coi miei discepoli?’”. Egli vi mostrerà un gran cenacolo pronto. Apparecchiate in esso ogni cosa. Andate solleciti e poi raggiungeteci al Tempio».
   I due partono in tutta fretta.
   Gesù procede invece lentamente. Tanto è ancor fresca mattina e le strade che immettono nella città mostrano appena i primi pellegrini. Valicano il Cedron sul ponticello che è prima del Getsemani. Entrano in città. Le porte, forse per un contrordine di Pilato, rassicurato dalla assenza di dispute intorno a Gesù, non sono più sorvegliate dai legionari. Infatti la massima calma regna in ogni luogo.

   598.3Oh! non si può dire che non abbiano saputo contenersi i giudei! Nessuno ha molestato il Maestro né i suoi discepoli. Ossequi bene educati, se non affettuosi, lo hanno sempre salutato, anche se quelli che li davano erano i più astiosi del Sinedrio. Una sopportazione inarrivabile ha accompagnato anche la requisitoria di ieri.
   Ed ecco che proprio anche ora, poiché la casa di campagna di Caifa è proprio vicina a quella porta, ecco che proprio ora passa, venendo da essa, un folto gruppo di farisei e di scribi, fra i quali il figlio di Anna ed Elchia con Doras e Sadoc, ed è un piegarsi di schiene ammantate ampiamente, che ossequiano fra ondeggiamenti di vesti e frange e copricapi amplissimi. Gesù saluta e passa, regale nella sua veste di lana rossa e nel manto più cupo di tinta, il copricapo di Sintica nella mano, il sole che fa dei suoi capelli rosso-rame un serto d’oro e un velo lucente giù sino agli omeri. Le schiene si alzano dopo il suo passaggio e appaiono i volti: di iene idrofobe.
   Giuda di Keriot, che guardava sempre intorno con la sua faccia di traditore, con la scusa di riallacciarsi un sandalo si fa ai margini della via e, lo vedo bene, fa un cenno a quei tali che lo attendano… Lascia che il gruppo di Gesù e dei discepoli vada avanti, sempre lavorando intorno alla fibbia del suo sandalo per darsi un contegno, poi rapido passa vicino a quelli e sussurra: «Alla Bella. Verso sesta. Un di voi», e sfreccia via veloce raggiungendo i compagni. Franco, spudoratamente franco!…

   598.4Salgono al Tempio. Pochi ebrei ancora. Ma molti gentili. Gesù va ad adorare il Signore. Poi torna indietro e ordina a Simone e Bartolomeo di comperare l’agnello facendosi dare denari da Giuda di Keriot.
   «Ma potevo fare io!», dice questi.
   «Avrai altro da fare. Lo sai. Vi è quella vedova alla quale portare l’obolo di Maria di Lazzaro e dirle che dopo le feste vada a Betania, da Lazzaro. Lo sai dove sta? Hai capito bene?».
   «So, so! Mi ha mostrato il luogo Zaccaria che la conosce bene». E aggiunge: «Sono molto contento di andare. Più che andare per l’agnello. Quando vado?».
   «Più tardi. Non mi fermerò molto qui. Riposerò oggi, volendo esser forte per questa sera e per la mia orazione notturna».
   «Va bene».
   Ecco, io mi chiedo: Gesù, che aveva così taciuto nei giorni scorsi ogni suo proposito per non dare particolari a Giuda, perché ora dice, ripete ciò che farà nella notte? La Passione è già iniziata con la cecità di preveggenza, o è questa preveggenza tanto aumentata che Egli legge nei libri dei Cieli che quella è «la notte» e che perciò bisogna farlo sapere a chi attende di saperlo per consegnarlo ai nemici, o lo ha sempre saputo che in quella notte deve iniziarsi la sua immolazione? Io non so darmi risposta. Gesù non mi dà risposta. E io resto nei miei perché, mentre osservo Gesù che risana gli ultimi malati. Gli ultimi… Domani, fra poche ore, non potrà più… La Terra sarà privata del potente Risanatore di corpi. La Vittima, però, sul suo patibolo inizierà la serie, ininterrotta da venti secoli, dei suoi risanamenti di spiriti.

   598.5Oggi io contemplo più che descrivere. Il mio Signore mi fa proiettare la vista spirituale da ciò che io vedo accadere, nel­l’ultimo giorno di libertà di Cristo, a ciò che è nei secoli… Oggi io contemplo più i sentimenti, i pensieri del Maestro che non gli avvenimenti intorno a Lui. Sono già nella comprensione angosciosa della sua tortura del Getsemani…

   598.6Gesù è sopraffatto come il solito dalla folla che è già cresciuta, che ora è, nella più parte, ebrea e che si dimentica di affrettarsi al luogo del sacrificio degli agnelli per avvicinarsi a Gesù, Agnello di Dio che sta per essere immolato. E ancora chiede, e ancora vuole spiegazioni.
   Molti sono ebrei venuti dalla Diaspora, i quali, saputo per fama del Cristo, del Profeta galileo, del Rabbi di Nazaret, sono curiosi di sentirlo parlare e ansiosi di levarsi ogni possibile dubbio. E questi si fanno largo supplicando quelli di Palestina così: «Voi sempre lo avete. Voi sapete chi è. Voi avete la sua parola quando volete. Noi siamo venuti da lontano e ripartiremo subito dopo aver compiuto il precetto. Lasciateci andare a Lui!». La folla si apre a fatica per cedere il posto a questi. E questi si avvicinano a Gesù e l’osservano curiosamente. Parlottano fra loro, gruppo per gruppo.
   Gesù li osserva, anche se contemporaneamente ascolta un gruppo di persone venute dalla Perea. Poi, licenziate queste che gli hanno offerto denaro per i suoi poveri, così come molti fanno, ed Egli lo ha passato a Giuda come sempre, si accinge a parlare.

   598.7«Uni nella religione, ma diversi di provenienza, molti fra i presenti si chiedono: “Chi è costui che è detto il Nazareno?”, e la loro speranza e il loro dubbio cozzano insieme. Ascoltate[176].
   È detto di Me: “Un germoglio spunterà dalla radice di Jesse, un fiore verrà da questa radice e sopra di Lui riposerà lo Spirito del Signore. Egli non giudicherà secondo quello che apparisce agli occhi, non condannerà per ciò che si sente con gli orecchi, ma giudicherà con giustizia i poveri, prenderà le difese degli umili. Il germoglio della radice di Jesse, posto quale segno fra le nazioni, sarà invocato dai popoli e il suo sepolcro sarà glorioso. Egli, alzata una bandiera alle nazioni, riunirà i profughi d’Israele, i dispersi di Giuda, li raccoglierà dai quattro punti della Terra”.
   È detto di Me: “Ecco, il Signore Dio viene, con possanza, il suo braccio trionferà. Porta seco la sua mercede, ha davanti agli occhi l’opera sua. Come un pastore pascerà il suo gregge”.
   È detto di Me: “Ecco il mio Servo col quale Io starò, nel quale si compiace l’anima mia. In Lui ho diffuso il mio spirito. Egli porterà giustizia fra le nazioni. Non griderà, non spezzerà la canna fessa, non spegnerà il lucignolo fumigante, farà giustizia secondo verità. Senza essere né triste né turbolento, giungerà a stabilire sulla Terra la giustizia, e le isole aspetteranno la sua legge”.
   È detto di Me: “Io, il Signore, ti ho chiamato nella giustizia, ti ho preso per mano, ti ho preservato, ti ho fatto alleanza del popolo e luce delle nazioni per aprire gli occhi ai ciechi e trarre dal carcere i prigionieri e dalla sotterranea prigione quelli che giacciono nelle tenebre”.
   È detto di Me: “Lo Spirito del Signore è sopra di Me, perché il Signore mi ha unto ad annunziare la Buona Novella ai mansueti, a curare quelli che hanno il cuore affranto, a predicare la libertà agli schiavi, la liberazione ai prigionieri, a predicare l’anno di grazia del Signore”.
   È detto di Me: “Egli è il Forte, pascerà il gregge con la fortezza del Signore, con la maestà del nome del Signore Dio suo. A Lui si convertiranno, perché sin da ora sarà glorificato, fino agli ultimi confini del mondo”.
   È detto di Me: “Io stesso andrò in cerca delle mie pecorelle. Andrò in cerca delle smarrite, ricondurrò le scacciate, legherò le fratturate, ristorerò le deboli, terrò d’occhio le grasse e robuste, le pascerò con giustizia”.
   È detto: “Egli è il Principe di pace e sarà la pace”.
   È detto: “Ecco, viene il tuo Re, il Giusto, il Salvatore. Egli è povero, cavalca un asinello. Egli annunzierà pace alle nazioni. Il suo dominio sarà da mare a mare sino agli estremi della Terra”.
   È detto: “Settanta settimane sono state fissate per il tuo popolo, per la tua città santa, affinché sia tolta la prevaricazione, abbia fine il peccato, sia cancellata l’iniquità, venga l’eterna giustizia, siano compiute visione e profezia, e sia unto il Santo dei santi. Dopo sette più sessantadue verrà il Cristo. Dopo sessantadue sarà ucciso. Dopo una settimana Egli confermerà il testamento, ma a mezzo della settimana verranno meno le ostie e i sacrifici, e sarà nel Tempio l’abbominazione della desolazione, e durerà sino alla fine dei secoli”.

   598.8Mancheranno dunque le ostie in questi giorni? L’altare non avrà vittima? Avrà la gran Vittima. Ecco, la vede il profeta: “Chi è costui che viene con le vesti tinte di rosso? È bello nel suo vestito e cammina nella grandezza della sua forza”.
   E come si è tinto di porpora, Colui che è povero, la veste? Ecco, lo dice il profeta: “Ho abbandonato il mio corpo ai percuotitori, le mie guance a chi mi strappa la barba, non ho allontanato il volto da chi mi oltraggia. E la mia bellezza e il mio splendore si è perduto, e gli uomini non mi hanno più amato. Disprezzato mi hanno gli uomini, considerato l’ultimo! Uomo di dolori, sarà velato il mio volto e vilipeso, e mi guarderanno come un lebbroso, mentre è per tutti che Io sarò piagato e morto”.
   Ecco la Vittima! Non temere, o Israele! Non temere! Non manca l’Agnello pasquale! Non temere, o Terra! Non temere! Ecco il Salvatore! Come pecora sarà condotto al macello, perché lo ha voluto, e non ha aperto bocca per maledire quelli che l’uccidono. Dopo la condanna sarà innalzato e consumato nei patimenti, le membra slogate, le ossa scoperte, i piedi e le mani trafitti. Ma dopo l’affanno, col quale giustificherà molti, possederà le moltitudini perché, dopo aver consegnato la sua vita alla morte per la salute del mondo, risorgerà e governerà la Terra, nutrirà i popoli delle acque viste da Ezechiele, uscenti dal vero Tempio che, anche se è abbattuto, risorge per sua stessa forza, del vino di cui si è anche imporporata la candida veste d’Agnello senza macchia, e del Pane venuto dal Cielo.

   598.9Sitibondi, venite alle acque! Affamati, nutritevi! Esausti, bevete il mio vino, e voi malati! Venite voi che non avete denaro, voi che non avete salute, venite! E voi che siete nelle tenebre! E voi che siete morti, venite! Io sono Ricchezza e Salute, Io sono Luce e Vita. Venite voi che cercate la via! Venite voi che cercate la verità! Io sono Via e Verità! Non temete di non poter consumare l’Agnello perché mancano le ostie veramente sante in questo Tempio profanato. Tutti avrete da mangiare del­l’Agnello di Dio venuto a togliere i peccati del mondo, come ha detto di Me l’ultimo dei profeti del mio popolo. Di quel popolo al quale Io chiedo: Popolo mio, che ti ho fatto? In che ti ho contristato? Che potevo darti di più di ciò che Io non ti abbia dato? Ho istruito i tuoi intelletti, ho guarito i tuoi malati, beneficato i tuoi poveri, sfamato le tue turbe, ti ho amato nei tuoi figli, ho perdonato, ho pregato per te. Ti ho amato sino al Sacrificio. E tu che appresti al tuo Signore? Un’ora, l’ultima, ti è data, o mio popolo, o mia città regale e santa. Convertiti in ques­t’ora al Signore Dio tuo!».

   598.10«Ha detto le parole vere!».
   «Così è detto! E Lui veramente fa quello che è detto!».
   «Come un pastore ha avuto cura di tutti!».
   «Come fossimo le pecore disperse, malate, nella caligine, è venuto a portarci alla via giusta, a guarirci anima e corpo, a illuminarci».
   «Veramente tutti i popoli vanno a Lui. Osservate là quei gentili come sono ammirati!».
   «Pace ha predicato».
   «Amore ha dato».
   «Non capisco ciò che dice del sacrificio. Parla come se dovesse essere ucciso».
   «Così è, se è l’Uomo visto dai profeti, il Salvatore».
   «E parla come se tutto il popolo dovesse malmenarlo. Ciò non accadrà mai. Il popolo, noi, lo amiamo».
   «È nostro amico. Lo difenderemo».
   «Galileo è, e noi di Galilea daremo la vita per Lui».
   «Di Davide è, e non alzeremo la mano che per difenderlo, noi di Giudea».
   «E noi, che ci amò come amò voi, noi dell’Auranite, della Perea, della Decapoli, noi potremo dimenticarlo? Tutti, tutti lo difenderemo».
   Queste le voci fra la folla ormai numerosa molto. Labilità delle intenzioni umane! Giudico dalla posizione del sole essere verso le nove antimeridiane dell’ora nostra. Ventiquattr’ore più tardi questa gente sarà da molte ore intorno al Martire per torturarlo con l’odio e le percosse, e urlerà chiedendo la sua morte. Pochi, molto pochi, troppo pochi fra le migliaia di persone che si affollano da ogni parte della Palestina e oltre, e che hanno avuto luce, salute, sapienza, perdono dal Cristo, saranno coloro che non solo non cercheranno di strapparlo ai nemici, perché la loro pochezza rispetto alla moltitudine dei percuotitori lo vieta, ma anche non sapranno confortarlo dandogli prova d’amore col seguirlo con volto amico. Le lodi, i consensi, i commenti ammirati si spargono per l’ampio cortile come onde che dall’alto del mare vadano lontano a morire sul lido.

   598.11Degli scribi, dei giudei, dei farisei tentano di neutralizzare l’entusiasmo del popolo, e anche il fermento del popolo contro i nemici del Cristo, dicendo: «Vaneggia. La stanchezza sua è tanta e lo conduce a delirare. Vede persecuzioni dove sono onori. Il suo dire ha fiumi della solita sua sapienza, ma mescolati a frasi di delirio. Nessuno gli vuol fare del male. Abbiamo capito. Capito chi è…».
   Ma la gente è incerta di tanta conversione di umori, e qualcuno fra essa si ribella dicendo: «Egli mi guarì un figlio demente. So ciò che è la pazzia. Non così parla uno che è folle!».
   E un altro: «Lasciali dire. Sono vipere che hanno paura che il bastone del popolo spezzi loro le reni. Cantano la dolce canzone dell’usignolo per ingannarci, ma se ascolti bene c’è dentro il fischio del serpe».
   E un altro ancora: «Scolte del popolo di Cristo, all’erta! Quando nemico carezza ha il pugnale nascosto nella manica e tende la mano per colpire. Occhi aperti e cuore pronto! Gli sciacalli non possono diventare docili agnelli».
   «Dici bene: il gufo alletta e incanta gli uccellini ingenui con l’immobilità del suo corpo e con la mendace letizia del suo saluto. Ride e invita col suo grido, ma è già pronto a divorare».
   E così via, da gruppo a gruppo.

   598.12Ma vi sono anche i gentili. Questi gentili che sono stati costanti e sempre più numerosi ad ascoltare il Maestro in questi giorni di festa. Sempre ai margini della folla, perché l’esclusivismo ebreo-palestinese è forte e li respinge volendo i primi posti intorno al Rabbi, essi hanno desiderio di avvicinarlo e parlargli.
   Un folto gruppo di essi occhieggia Filippo, che la folla ha spinto in un angolo. Si accostano a lui dicendo: «Signore, noi desideriamo vedere da vicino Gesù, il tuo Maestro. E parlargli almeno una volta».
   Filippo si alza sulle punte dei piedi per vedere se scorge qualche apostolo più vicino al Signore. Vede Andrea e gli grida, dopo averlo chiamato: «Qui sono dei gentili che vorrebbero salutare il Maestro. Chiedigli se vuole accoglierli».
   Andrea, separato da Gesù di qualche metro, pigiato nella folla, si fa largo senza riguardi, lavorando generosamente di gomiti e urlando: «Fate largo! Fate largo, dico. Devo andare dal Maestro». Lo raggiunge e gli trasmette il desiderio dei gentili.
   «Conducili in quell’angolo. Io verrò a loro».
   E mentre Gesù cerca di passare fra la gente, Giovanni, che è tornato con Pietro, Pietro stesso, Giuda Taddeo, Giacomo di Zebedeo e Tommaso, che lascia il gruppo dei suoi parenti, trovato fra la folla, per aiutare i compagni, lottano a fargli strada.

   598.13Ecco Gesù là dove già sono i gentili che lo ossequiano.
   «La pace a voi. Che volete da Me?».
   «Vederti. Parlarti. Le tue parole ci hanno conturbati. Desideravamo sempre di parlarti per dirti che la tua parola ci colpisce. Ma attendevamo di farlo in momento propizio. Oggi… Tu parli di morte… Noi temiamo di non poter più parlarti se non prendiamo quest’ora. Ma è possibile che gli ebrei possano uccidere il loro figlio migliore? Noi siamo gentili e la tua mano non ci beneficò. La tua parola ci era sconosciuta. Avevamo sentito parlare di Te vagamente. Ma non ti avevamo mai visto né avvicinato. Eppure, lo vedi! Noi ti rendiamo omaggio. Tutto il mondo con noi ti onora».
   «Sì, l’ora è venuta nella quale il Figlio dell’uomo deve essere glorificato dagli uomini e dagli spiriti».
   Ora la gente è di nuovo intorno a Gesù. Ma con la differenza che in prima fila sono i gentili e indietro gli altri.
   «Ma allora, se è l’ora della tua glorificazione, Tu non morrai come dici, o come abbiamo capito. Perché non è essere glorificato morire in tal modo. Come potrai riunire il mondo sotto il tuo scettro, se Tu muori prima di averlo fatto? Se il tuo braccio si immobilizzerà nella morte, come potrà trionfare e radunare i popoli?».
   «Morendo dò vita. Morendo edifico. Morendo creo il Popolo nuovo. È nel sacrificio che si ha la vittoria. In verità vi dico che, se il granello di frumento caduto sulla terra non muore, rimane infecondo. Ma se invece muore, ecco che produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perderà. Chi odia la sua vita in questo mondo la salverà per la vita eterna. Io poi ho il dovere di morire per dare questa vita eterna a tutti coloro che mi seguono per servire la Verità. Chi mi vuole servire venga: non è limitato il posto nel mio regno a questo o a quel popolo. Chiunque mi vuol servire venga e mi segua, e dove Io sono sarà pure il mio servo. E chi mi serve l’onorerà il Padre mio, unico, vero Iddio, Signore del Cielo e della Terra, Creatore di tutto quanto è, Pensiero, Parola, Amore, Vita, Via, Verità; Padre, Figlio, Spirito Santo, Uno essendo Trino, Trino essendo unico, solo, vero Dio.

   598.14Ma ora l’anima mia è turbata. E che dirò? Dirò forse: “Padre, salvami da quest’ora”? No. Perché Io sono venuto per questo: per giungere a quest’ora. E allora dirò: “Padre, glorifica il tuo Nome!”».
   Gesù apre le braccia in croce, una croce porpurea contro il candore dei marmi del portico, e alza il volto, offrendosi, pregando, salendo coll’anima al Padre.
   E una voce, più forte del tuono, immateriale nel senso che non è simile a nessuna voce d’uomo, ma sensibilissima per tutti gli orecchi, empie il cielo sereno della bellissima giornata d’aprile e vibra, più potente di accordo d’organo gigante, bellissima nella sua tonalità, e proclama: «E Io l’ho glorificato e ancora lo glorificherò».
   La gente ha avuto paura. Quella voce, così potente che ne ha vibrato il suolo e ciò che su esso si trova, quella voce misteriosa, diversa da ogni altra, veniente da una fonte che è sconosciuta, quella voce che empie tutto, da settentrione a mezzogiorno, da oriente a occidente, terrorizza gli ebrei e stupisce i pagani. I primi si gettano, sol che possano farlo, al suolo, mormorando nel tremore: «Ora morremo[177]! Abbiamo sentito la voce del Cielo. Un angelo gli ha parlato!», e si battono il petto in attesa della morte. I secondi gridano: «Un tuono! Un boato! Fuggiamo! La Terra ha ruggito! Ha tremato!». Ma fuggire è impossibile in quella ressa che si accresce di quelli che, ancor fuor dalle mura del Tempio, accorrono entro di esse gridando: «Pietà di noi! Corriamo! Qui è luogo santo. Non si fenderà il monte dove sorge l’altare di Dio!». E perciò ognuno resta dove è, dove lo blocca la folla e lo spavento.

   598.15Sulle terrazze del Tempio accorrono i sacerdoti, gli scribi, i farisei che erano sparsi per i meandri di esso, e leviti, e strategoi. Agitati, sbalorditi. Ma di tutti loro non scendono, fra la gente che è nei cortili, altro che Gamaliele con suo figlio. Gesù lo vede passare, tutto candido nella veste di lino, che è così bianca da splendere persino sotto il forte sole che la investe.
   Gesù, guardando Gamaliele ma come parlando per tutti, alza la voce dicendo: «Non per Me, ma per voi è venuta questa voce dal Cielo».
   Gamaliele si arresta, si volge, trivella con gli sguardi dei suoi occhi profondi e nerissimi — che l’abitudine ad essere un maestro venerato come un semidio fa involontariamente duri come quelli dei rapaci — lo sguardo zaffireo, limpido, dolce nella sua maestà, di Gesù…
   E Gesù prosegue: «Ora si ha il giudizio di questo mondo. Ora il Principe delle Tenebre sta per essere cacciato fuori. Ed Io, quando sarò innalzato, trarrò tutti a Me, perché così salverà il Figlio dell’uomo».

   598.16«Noi abbiamo imparato dai libri della Legge che il Cristo vive in eterno. E Tu ti dici il Cristo e dici che devi morire. E ancora dici che sei il Figlio dell’uomo e salverai essendo esaltato. Chi sei dunque? Il Figlio dell’uomo o il Cristo? E chi è il Figlio dell’uomo?», dice la folla che si rinfranca.
   «Sono un’unica Persona. Aprite gli occhi alla Luce. Ancora per un poco la Luce è con voi. Camminate verso la Verità sinché avete la Luce fra voi, affinché non vi sorprendano le tenebre. Coloro che camminano nel buio non sanno dove vadano a finire. Finché avete fra voi la Luce credete ad Essa, per essere figli della Luce». Tace.
   La folla è perplessa e divisa. Una parte se ne va scrollando il capo. Una parte osserva l’atteggiamento dei principali dignitari: farisei, capi dei sacerdoti, scribi… e specie di Gamaliele, e regola i propri moti su questo atteggiamento. Altri ancora approvano col capo e si inchinano a Gesù con chiari segni di volergli dire: «Crediamo! Ti onoriamo per ciò che sei». Ma non osano schierarsi apertamente in suo favore. Hanno paura degli occhi attenti dei nemici di Cristo, dei potenti, che li sorvegliano dall’alto delle terrazze che sovrastano i superbi porticati che cingono i cortili del Tempio.

   598.17Anche Gamaliele, dopo essere rimasto pensieroso qualche minuto, e par che interroghi i marmi che pavimentano il suolo per avere risposta alle sue interne domande, si riavvia verso l’uscita dopo aver scrollato testa e spalle come per disappunto o sprezzo… e passa diritto davanti a Gesù senza più guardarlo.
   Gesù invece lo guarda, con compassione… e alza di nuovo la voce, fortemente — è come un bronzeo squillo — per superare ogni rumore ed essere sentito dal grande scriba che se ne va deluso. Par che parli per tutti, ma parla per lui solo, è palese.
   Dice a voce altissima:
   «Chi crede in Me non crede, in verità, in Me, ma in Colui che mi ha mandato, e chi vede Me vede Colui che mi ha mandato. E questo Colui è bene il Dio d’Israele! Perché non c’è altro Dio fuor che Lui.
   Per questo dico: se non potete credere a Me come a colui che è detto figlio di Giuseppe di Davide ed è figlio di Maria, della stirpe di Davide, della Vergine vista dal profeta, nato a Betlemme, come è detto dalle profezie, precorso dal Battista, ancor come è detto da secoli, credete almeno alla Voce del vostro Dio che vi ha parlato dal Cielo. Credete in Me come Figlio di questo Dio d’Israele. Ché, se non credete a Chi vi ha parlato dal Cielo, non Me offendete, ma il Dio vostro di cui sono Figlio.
   Non vogliate rimanere nelle tenebre! Io sono venuto Luce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle tenebre. Non vogliate crearvi dei rimorsi, che non potreste più placare quando Io fossi tornato là donde sono venuto, e che sarebbero un ben duro castigo di Dio sulla vostra pervicacia. Io sono pronto a perdonare sinché sono fra voi, sinché il giudizio non è fatto, e per quanto sta a Me ho desiderio di perdonare. Ma diverso è il pensiero del Padre mio. Perché Io sono la Misericordia ed Egli è la Giustizia.
   In verità vi dico che, se uno ascolta le mie parole e non le osserva poi, Io non lo giudico. Non sono venuto nel mondo per giudicare, ma per salvare il mondo. Ma anche se Io non giudico, in verità vi dico che vi è chi vi giudica per le vostre azioni. Il Padre mio, che mi ha mandato, giudica coloro che respingono la sua Parola. Sì, chi mi disprezza e non riconosce la Parola di Dio e non riceve le parole del Verbo, ecco che ha chi lo giudica: la stessa Parola che Io ho annunziata, quella lo giudicherà nel giorno estremo.
   Dio non si irride, è detto. E il Dio irriso sarà terribile a coloro che lo giudicarono pazzo e mentitore.
   Ricordate tutti che le parole che mi avete sentito dire sono di Dio. Perché Io non ho parlato di mio, ma il Padre che mi ha mandato, Egli stesso mi ha prescritto quello che debbo dire e di che devo parlare. E Io ubbidisco al suo comando perché Io so che il suo comandamento è giusto. Vita eterna è ogni comando di Dio. Ed Io, vostro Maestro, vi do l’esempio di ubbidienza ad ogni comando di Dio. Perciò siate certi che le cose che vi ho dette e vi dico, le ho dette e le dico così come mi ha detto il Padre mio di dirvele. E il Padre mio è il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe; il Dio di Mosè, dei patriachi e dei profeti, il Dio d’Israele, il Dio vostro».
   Parole di luce, che cadono nelle tenebre che già si incupiscono nei cuori!
   Gamaliele, che si era nuovamente fermato, a capo chino, riprende ad andare… Altri lo seguono crollando il capo o sogghignando…

   598.18Anche Gesù se ne va… Ma prima dice a Giuda di Keriot: «Va’ dove devi andare», e agli altri: «Ognuno è libero di andare. Dove deve o dove vuole. Con Me restino i discepoli pastori».
   «Oh! prendi anche me con Te, Signore!», dice Stefano.
   «Vieni…».
   Si separano. Non so dove va Gesù. Ma so dove va Giuda di Keriot. Va alla porta Speciosa o Bella, salendo i diversi scalini che dall’atrio dei Gentili portano a quello delle donne, e dopo averlo attraversato, salendo al termine di esso altri scalini, occhieggia nell’atrio degli Ebrei e con ira batte il piede al suolo non trovando chi cerca.
   Torna indietro. Vede una delle guardie del Tempio. La chiama. Ordina, con la sua solita arroganza: «Va’ da Eleazar ben Anna. Che venga subito alla Bella. Lo attende Giuda di Simone per cose gravi».
   Si appoggia a una colonna e attende. Poco tempo. Eleazaro figlio di Anna, Elchia, Simone, Doras, Cornelio, Sadoc, Nahum e altri accorrono con un grande svolazzio di vesti.
   Giuda parla a voce bassa ma concitata: «Questa sera! Dopo la cena. Al Getsemani. Veniteci e prendetelo. Datemi il denaro».
   «No. Te lo daremo quando tu verrai a prenderci questa sera. Non ci fidiamo di te! Ti vogliamo con noi. Non si sa mai!», ghigna Elchia. Gli altri assentono in coro.
   Giuda avvampa di sdegno per l’insinuazione. Giura: «Lo giuro su Jeové che dico il vero!».
   Sadoc gli risponde: «Va bene. Ma è meglio fare così. Quando è l’ora tu vieni, prendi i preposti alla cattura e vai con loro, ché non avvenga che le guardie stolte arrestino Lazzaro, al caso, e facciano accadere guai. Tu indicherai ad esse, con un segno, l’uomo… Devi capire! È notte,… ci sarà poca luce… le guardie saranno stanche, assonnate… Ma se tu guidi!… Ecco! Che dite?». Si volge ai compagni il perfido Sadoc e dice: «Io proporrei per segnale un bacio. Un bacio! Il miglior segno per indicare l’amico tradito. Ah! Ah!».
   Ridono tutti. Un coro di demoni sghignazzanti.
   Giuda è furente. Ma non arretra. Non arretra più. Soffre per lo scherno che gli fanno, non per quello che sta per fare. Tanto che dice: «Ma ricordate che voglio le monete contate nella borsa prima di uscire di qui con le guardie».
   «Le avrai! Le avrai! Anche la borsa ti daremo, perché tu possa conservare quelle monete come reliquia del tuo amore. Ah! Ah! Ah! Addio, serpe!».
   Giuda è livido. È già livido. Non perderà mai più quel colore e quell’espressione di spavento disperato. Essa, anzi, coll’andar delle ore si accentuerà sempre più, sino ad essere insostenibile alla vista quando penzolerà dall’albero… Fugge via… 

   598.19Gesù si è rifugiato nel giardino di una casa amica. Un quieto giardino delle prime case di Sion. Mura alte e antiche lo cingono. È silenzioso e fresco, coperto come è dalle fronde semoventi di vecchi alberi. Una voce di donna canta poco lontano una dolce ninna-nanna.
   Devono essere passate delle ore, perché i servi di Lazzaro, di ritorno dopo essere andati non so dove, dicono: «I tuoi discepoli sono già nella casa dove si prepara per la cena, e Giovanni, dopo aver portato con noi i frutti ai figli di Giovanna di Cusa, se ne è andato a prendere le donne per accompagnarle da Giuseppe di Alfeo, che è venuto solo oggi, quando sua madre non sperava più di vederlo, e poi da lì alla casa della cena, perché è il vespero».
   «Andremo anche noi. Sono venute le ore delle cene…». Gesù si alza rimettendosi il manto.
   «Maestro, lì fuori ci sono delle persone. Persone di censo. Vorrebbero parlarti senza esser viste dai farisei», dice un servo.
   «Falli entrare. Ester non si opporrà. Non è vero, donna?», ­dice Gesù rivolgendosi ad una matura donna che sta accorrendo per ­salutarlo.
   «No, Maestro. La mia casa è tua, lo sai. Per troppo poco hai usato di essa!».
   «Tanto che basti a dire al mio cuore: era casa amica». Ordina al servo: «Conduci chi attende».

   598.20Entrano una trentina di persone di dignitoso aspetto. Ossequiano. Uno parla per tutti: «Maestro, le tue parole ci hanno scosso. Abbiamo sentito in Te la voce di Dio. Ma ci dicono folli perché crediamo in Te. Che fare allora?».
   «Non a Me crede chi crede in Me, ma crede a Colui che mi ha mandato e del quale oggi avete sentito la voce santissima. Non Me vede chi vede Me, ma vede Colui che mi ha mandato, perché Io sono una sola cosa col Padre mio. Per questo vi dico che dovete credere per non offendere Dio che mi è e vi è Padre, e vi ama sino a sacrificarvi il suo Unigenito. Ché, se è dubbio nei cuori che Io sia il Cristo, non vi è dubbio che Dio sia nel Cielo. E la voce di Dio, che Io ho chiamato Padre, oggi al Tempio, chiedendogli di dare gloria al suo Nome, ha risposto a Colui che Padre lo chiamava, e senza dirgli “mentitore o bestemmiatore” come molti dicono. Dio ha confermato chi Io sono. La sua Luce. Io sono la Luce venuta al mondo. Io sono venuto Luce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle Tenebre. Se uno ascolta le mie parole e poi non le osserva, Io non lo giudico. Non sono venuto a giudicare il mondo ma a salvare il mondo. Chi mi disprezza e non riceve le mie parole ha chi lo giudica. La Parola da Me annunciata, quella sarà che lo giudicherà nel giorno estremo. Perché era sapiente, perfetta, dolce, semplice, così come è Dio. Perché quella Parola è Dio. Non sono Io, Gesù di Nazaret, detto il figlio di Giuseppe legnaiolo della stirpe di Davide e figlio di Maria, fanciulla ebrea, vergine della stirpe di Davide sposata a Giuseppe, che ho parlato. No. Io non ho parlato di mio. Ma è il Padre mio, Colui che è nei Cieli e ha nome Jeové, Colui che oggi ha parlato, Colui che mi ha mandato, che mi ha prescritto quello che devo dire e di che ho da parlare. E Io so che nel suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che dico le dico come me le ha dette il Padre, e in esse è Vita. Per questo vi dico: ascoltatele. Mettetele in pratica e avrete la Vita. Perché la mia parola è Vita. E chi l’accoglie, accoglie, insieme a Me, il Padre dei Cieli che mi ha mandato a darvi la Vita. E chi ha in sé Dio ha in sé la Vita.

   598.21Andate. La pace venga a voi e vi permanga».
   Li benedice e congeda. Benedice anche i discepoli. Trattiene solamente Isacco e Stefano. Gli altri li bacia e li congeda. E quando sono andati, esce per ultimo insieme ai due e va con essi, per le viette più solitarie e già scure, alla casa del Cenacolo. E, giunto là, abbraccia e benedice con particolare amore Isacco e Stefano, li bacia, li benedice di nuovo, li guarda andare e poi bussa ed entra… 

   598.22Dice Gesù:
   «Metterai qui le visioni dell’addio a mia Madre, del Cenacolo, della Cena. E ora facciamo noi due, Io e te, la vera commemorazione pasquale. Vieni…».

[176] Ascoltate. È l’inizio di un’altra serie di citazioni, testuali o parafrasate, che rimandano (nella successione biblica) a: Salmo 78, 23-25; Isaia 9, 5; 11, 1-4.10-12; 40, 10-11; 42, 1-7; 50, 6; 53, 2-12; 55, 1-3; 61, 1-2; 63, 1; Ezechiele 34, 11.16; 47, 1-12; Daniele 9, 24-27; Osea 14, 2; Michea 5, 3-4; Zaccaria 9, 9-10. L’ultimo dei profeti, cui si allude in 598.9, è Giovanni Battista. Le profezie cui si allude in 598.17 sono quelle di: Isaia 7, 14; Michea 5, 1.
[177] morremo, come se avessero visto Dio, stando a quanto si legge in: Esodo 20, 19; 33, 20; Giudici 6, 22-23; 13, 22. Analoghe espressioni in 349.9, 619.6 e 630.27.