MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 579



LDXXIX. Sconosciuti giudei riferiscono sulle accuse raccolte dal Sinedrio. Allegoria per Gerusalemme.

   15 marzo 1947.

   579.1Grande numero di persone sono affollate sui prati di Niche, dove i fieni si asciugano al sole. E due carri pesanti e coperti sono presso questi prati, in attesa. E comprendo la ragione dell’attesa quando vedo condurre ad essi tutte le discepole e salirvi dopo che il Maestro le licenzia e benedice. Anche Maria Ss. se ne va con le altre discepole, se ne va anche il giovanetto di Enon, e molti discepoli si pongono ai lati dei carri e, quando questi si muovono al passo lento dei bovi, anche i discepoli si incamminano. Sui prati restano gli apostoli, Zaccheo e i suoi amici, e un gruppetto di personaggi molto ammantellati, quasi non volessero esser molto riconosciuti.

   579.2Gesù torna lentamente sui suoi passi, al centro del prato, e si siede su un mucchio di fieno già semisecco che presto sarà portato al fienile. È assorto, e tutti rispettano questa sua concentrazione in Se stesso, stando, in tre gruppi distinti, un poco scosti da Lui e l’un dall’altro.
   La meditazione si prolunga. E si prolunga l’attesa. Il sole si fa sempre più forte e picchia sul prato, che odora forte di steli che asciugano. Chi attende si rifugia ai margini del prato, là dove le ultime piante del frutteto gettano un’ombra refrigerante.
   Gesù resta solo. Solo sotto al sole già forte, tutto bianco nella veste di lino e nel copricapo di bisso leggero, che si smuove leggermente al passar della brezza. Forse è quello tessuto da Sintica. Da qualche stalla vicina viene un mugghiar lento, lamentoso di vaccine, e un pigolio di nidiaci viene dai rami del frutteto e dalle aie. Uccelli implumi e pulcini petulanti. La vita che continua, rinnovandosi ad ogni primavera. I colombi roteano alti, prima di tornare ai nidi sotto la gronda con un volo fermo e sicuro. Non so se nella vicina casa di Niche, o se da qualche campo, una voce di donna canta una cullante ninna-nanna, e la vocina dell’infante, prima alta e tremula come un belar di agnellino, si abbassa e poi tace… Gesù pensa. Pensa ancora. Sempre. Insensibile al sole.

   579.3L’ho notata più volte la resistenza superiore di Gesù benedetto ai rigori delle stagioni. Non ho mai capito se Egli sentisse caldo e freddo fortemente, e li sopportasse senza lamentarsene per spirito di mortificazione, oppure se, come signoreggiava sugli elementi scatenati, così signoreggiasse il freddo o il caldo eccessivo. Non so. So che, pur vedendolo bagnato a dovere sotto gli acquazzoni, sudato a dovere sotto i solleoni, mai ho notato in Lui atti di disagio per freddo o caldo, né gli ho visto prendere quelle misure preventive che l’uomo solitamente prende contro gli eccessi del sole o del gelo.
   Mi fu osservato un giorno che in Palestina non si sta a capo scoperto e che perciò io dicevo male dicendo che la testa bionda di Gesù splende scoperta sotto al sole. Sarà benissimo che in Palestina non si possa andare a capo scoperto. Io non ci sono stata e non so. Ciò che so è che Gesù solitamente andava senza nulla in capo. E, se ha il copricapo all’inizio dell’andare, presto se lo leva, come insofferente di impicci, e lo porta in mano, usandolo più che altro per levarsi dal volto la polvere e il sudore. Se piove, alza un lembo del mantello sul capo. Se c’è il sole, specie se è in cammino, cerca un filare d’ombra, anche intermittente, a riparo dai raggi solari. Ma difficilmente ha, come oggi, un velo leggero sul capo.
   È questa una osservazione che a taluni potrà sembrare inutile. Ma anche questa fa parte di ciò che vedo, e la dico mentre Gesù pensa…

   579.4«Ma gli farà male a stare là tanto!», esclama uno del gruppo, che non è il gruppo apostolico e non quello di Zaccheo.
   «Andiamolo a dire ai suoi discepoli… Inoltre… io vorrei… Vorrei non attardarmi troppo», risponde un altro.
   «Eh! sì. I monti Adomin sono poco sicuri la notte…».
   Vanno presso gli apostoli e parlano con loro.
   «Va bene. Anderò a dir loro che ve ne volete andare», dice l’Iscariota.
   «No. Non così. Vorremmo essere almeno ad Ensemes avanti la sera».
   Giuda se ne va sorridendo ironico. Si curva sul Maestro e gli dice: «Dicono che è perché ti può far male il sole — ma il vero è che a loro può far male esser troppo visti — ma i giudei vogliono essere licenziati».
   «Vengo… Pensavo… Hanno ragione», e Gesù si alza.
   «Tutti, meno che io…», borbotta l’Iscariota.
   Gesù lo guarda e tace. Vanno insieme presso questi uomini che Giuda ha chiamato giudei.
   «Vi avevo già congedati tutti. L’ho detto da ieri. Non parlerò che a Gerusalemme…».
   «È vero. Ma è che noi ti vorremmo parlare, noi che…

   579.5Possiamo parlarti in disparte?».
   «Accontentali. Hanno paura di noi, o di me più propriamente», dice ancora Giuda di Keriot con quel sorriso da serpente.
   «Non abbiamo paura di alcuno. Se volevamo, sapevamo come fare per tutelare la nostra tranquillità. Ma ancora tutti non sono vili in Palestina. Siamo discendenti dei prodi di Davide e, se tu sei non schiavo e sprezzato ancora, alle nostre stirpi devi fare omaggio. Prime al fianco del re santo, prime al fianco dei Maccabei. E prime anche ora, quando c’è da dare onore al Figlio di Davide e consiglio. Perché grande Egli è. Ma ogni creatura, per grande che sia, può aver bisogno di un amico nelle ore decisive della vita», risponde con veemenza uno tutto vestito di lino anche nel manto e nel copricapo, che poco lascia scoperto del suo volto severo.
   «Ha noi per amici. Lo siamo da tre anni, da quando voi…».
   «Non lo conoscevamo. Troppe volte fummo ingannati coi falsi Messia per credere facilmente ad ogni asserzione. Ma gli ultimi eventi ci hanno illuminati. Le sue opere sono da Dio, e noi lo diciamo Figlio di Dio».
   «E pensate che abbia bisogno di voi?».
   «Come Figlio di Dio, no. Ma come Uomo, sì. Egli è venuto per essere l’Uomo. E l’Uomo ha sempre bisogno di uomini suoi fratelli. Del resto, perché temi? Perché non vuoi che noi si parli? Te lo chiediamo».
   «Io? Parlate! Parlate! I peccatori sono più ascoltati dei giusti».
   «Giuda! Io credevo che tali parole dovessero parerti fuoco alle labbra! Come osi giudicare là dove non giudica il tuo Maestro? È detto[66]: “Se i vostri peccati fossero come scarlatto diventeranno bianchi come la neve e se fossero vermigli come la cocciniglia diverranno bianchi come la lana”».
   «Ma non sai Tu che fra questi…».
   «Silenzio!

   579.6Parlate voi».
   «Signore, noi lo sappiamo. È pronta per Te l’accusa. Ti si accusa di violare la Legge e i sabati, di amare più quelli di Samaria che noi, di difendere pubblicani e meretrici, di ricorrere a Belzebù e ad altre forze tenebrose, di magia nera, di odiare il Tempio e volerne la distruzione, di…».
   «Basta. Accusare ognuno può. Provare l’accusa è più difficile».
   «Ma essi hanno fra loro chi la sostiene. Credi forse che giusti siano là dentro?».
   «Vi risponderò con le parole[67] di Giobbe, che è una figura del Paziente che Io sono: “Lungi da me il pensiero di stimarvi giusti tutti. Ma fino all’ultimo sosterrò la mia innocenza, non rinuncerò alla mia giustificazione che ho cominciata, perché il mio cuore non mi rimprovera nulla in tutta la mia vita”. Ecco, tutto Israele può testimoniare, perché da Me non mi giustifico, con le parole che anche il mentitore può dire, tutto Israele può testimoniare che Io ho sempre insegnato il rispetto alla Legge, anzi più, che ho perfezionato l’ubbidienza alla Legge, e i sabati non sono stati violati da Me…

   579.7Che vuoi dire? Parla! Hai fatto un gesto e poi ti sei trattenuto. Parla!».
   Uno del gruppetto… misterioso dice: «Signore, all’ultima seduta del Sinedrio fu letta una denuncia contro di Te. Veniva dalla Samaria, da Efraim dove Tu eri, e diceva che più e più volte era provato che Tu violavi il sabato e…».
   «E ancor ti rispondo con Giobbe: “E quale è la speranza dell’ipocrita, se rapisce per avarizia e Dio non libera l’anima di lui?”. Questo infelice, che finge un volto e sotto ha un altro cuore e vuole commettere la grande rapina per avarizia del mio bene, già cammina sulla strada d’Inferno, e vano gli sarà aver denaro, e sperare onori, e sognare di salire là dove Io non volli per non tradire il decreto santo. Ma ci occuperemo forse di lui, se non per pregare per lui?».
   «Il Sinedrio però ti ha deriso dicendo: “Ecco l’amor dei samaritani per Lui! Lo accusano per ingraziarsi noi tutti”».
   «E siete voi certi che fosse mano samaritana che scrisse quelle parole?».
   «No. Ma Samaria in questi giorni ti fu dura…».
   «Perché i messi del Sinedrio l’hanno sovvertita ed eccitata con falsi consigli, suscitando speranze folli che Io ho dovuto stroncare. Del resto è detto[68], e di Efraim e di Giuda, e dir si può di ogni luogo, perché volubile è il cuor dell’uomo che scorda i benefizi e si piega alle minacce: “La vostra bontà è come nuvola mattutina, come rugiada che al mattino sparisce”. Ma questo non prova che essi, i samaritani, sono gli accusatori dell’Innocente. Uno sbagliato amore me li gettò contro feroci, ma è amore che delira.

   579.8Quale altra prova, prova l’accusa di preferenza per i samaritani?».
   «Ti si accusa che tanto li ami da sempre dire: “Ascolta, Israe­le”, anziché dire: “Ascolta, Giuda[69]”. E che non puoi rimproverare Giuda…».
   «In verità? La sapienza dei rabbi qui si perde? E non sono Io il Germe di giustizia spuntato da Davide per il quale, come dice Geremia, Giuda sarà salvato? Allora il Profeta prevede che Giuda, soprattutto Giuda, avrà bisogno di salvezza. E questo Germe, dice sempre il Profeta, sarà chiamato il Signore, il nostro Giusto, “perché, dice il Signore, non mancherà mai a Davide un discendente assiso sul trono della casa di Israele”. E che? Ha errato il Profeta? Era ebbro forse? Di che? Certo di penitenza e non d’altro. Perché, per accusare Me, nessuno potrà sostenere che Geremia fosse uomo di crapula. Eppure egli dice che il Germe di Davide salverà Giuda e siederà sul trono di Israele. Dunque si direbbe che, per i suoi lumi, il Profeta vede che più che Giuda sarà eletto Israele, che il Re andrà ad Israele, e già grazia sarà se Giuda avrà unicamente salvezza. Il Regno sarà dunque detto di Israele? No. Di Cristo sarà detto. Di Colui che unisce le parti disperse e ricostruisce nel Signore dopo avere, secondo l’altro Profeta, in un mese — che dico in un mese? — in men di un giorno, giudicato e condannato i tre falsi pastori e chiusa a loro la mia anima, perché la loro restò chiusa a Me e, desiderandomi in figura, non seppero amarmi in natura. Or dunque, Colui che mi manda e che mi ha dato le due verghe spezzerà l’una e l’altra, perché la Grazia sia persa per i crudeli, perché il Flagello non più dal Cielo ma dal mondo venga. E nulla è più duro dei flagelli che gli uomini dànno agli uomini. Così sarà. Oh! così! Io sarò percosso e le pecore saran disperse per due terzi. Solo un terzo, sempre solo un terzo se ne salveranno e persevereranno sino alla fine. E questa terza parte pas­serà per il fuoco per il quale Io passo per primo, e sarà purificata e provata come argento e oro, e ad essa verrà detto: “Tu sei il mio popolo” ed essa mi dirà: “Tu sei il mio Signore”. E ci sarà chi avrà pesato i trenta denari, prezzo dell’orrenda opera, infame mercede. E là da dove uscirono non potranno più entrare, perché griderebbero d’orrore anche le pietre vedendo quelle monete, lorde di sangue dell’Innocente e del sudore del perseguitato dalla disperazione più atroce, e serviranno, così come è detto, a comperare, dagli schiavi di Babilonia, il campo per gli stranieri. Oh! il campo per gli stranieri! Sapete chi sono essi? Quei di Giuda e Israele, quelli che presto, in secoli e secoli, non avranno più patria. E neppur la terra del loro antico suolo li vorrà accogliere. Li vomiterà da sé anche morti, posto che essi vollero rigettare la Vita. Orrore infinito!…».

   579.9Gesù tace come oppresso, a capo chino. Poi lo alza e gira lo sguardo, vede i presenti: gli apostoli, i discepoli occulti, Zaccheo con i suoi. Sospira come chi si desta da un incubo. Dice: «Che altro dicevate? Ah! che mi si accusa di amare pubblicani e meretrici. È vero. Sono i malati, i morenti. Io, Vita, mi do ad essi come vita. Venite, redenti del mio gregge», ordina a Zaccheo e ai suoi. «Venite e ascoltate il mio comando. A molti, ed erano più bianchi di voi, ho detto: “Non venite a Gerusalemme”. A voi dico: “Venite”. Potrà parere ingiustizia questa…».
   «Lo è, infatti», interrompe l’Iscariota.
   Gesù è come non udisse. Continua parlando a Zaccheo e ai suoi compagni: «Ma vi dico: venite, appunto perché voi siete piante più bisognose d’altre di rugiada, perché la vostra buona volontà sia sovvenuta dal Potente e voi cresciate ormai liberamente nella Grazia. Sulle altre cose… risponderà il Cielo stesso con segni inconfondibili. In verità potrà essere distrutto il Tempio vivo e in tre giorni essere riedificato, ed in eterno. Ma il Tempio morto, che sarà soltanto scosso e crederà di aver vinto, perirà per non più risorgere. Andate! E non temete. In penitenza attendete il mio Giorno e l’aurora di esso vi porterà definitivamente alla Luce», dice rivolto a quelli ammantellati. E poi a Zaccheo: «E anche voi andate. Ma non ora. Siate in Gerusalemme per l’aurora del dì dopo il sabato. A fianco dei giusti voglio i risorti, perché nel Regno del Cristo infiniti sono i posti. Quanti sono gli uomini di buona volontà». E si avvia verso la casa di Niche attraverso il folto frutteto ombroso.

   579.10Un piccolo sentiero getta un nastro gialliccio fra il verde del suolo, e una chioccia croccolante lo traversa, seguita dai suoi pulcini color dell’oro, e davanti a tanti ignoti la madre trepida, si accovaccia e stende le ali a difesa, croccolando più forte, timorosa di insidie ai suoi nati. Ed essi, con un pigolio che si spegne al sicuro, accorrono e si nascondono nella piuma materna, e sembra non siano più…
   Gesù si ferma a contemplarla… e delle lacrime scendono dai suoi occhi.
   «Piange! Perché piange? Egli piange!», mormorano tutti: apostoli, discepoli, peccatori redenti. E Pietro dice a Giovanni: «Chiedigli il perché del suo pianto…». E Giovanni, nel suo atto solito, un poco curvo in ossequio, il volto levato da sotto in su a guardarlo nel volto, chiede: «Perché piangi, Signor mio? Forse per quanto ti fu detto e dicesti prima?».
   Gesù si scuote, ha un mesto sorriso e, accennando la chioccia che continua a tutelare amorosamente la sua prole, dice: «Io pure, Uno col Padre mio, vidi Gerusalemme, così come è detto[70] da Ezechiele, nuda e piena di vergogna. E vidi e le passai vicino e, venuto il tempo, il tempo del mio amore, stesi il mio manto sopra di lei e copersi la sua nudità. Volevo farla regina dopo esserle stato padre e proteggerla, così come quella chioccia i suoi nati… Ma, mentre dei piccoli figli della gallina hanno riconoscenza per le premure della madre e si rifugiano sotto le sue ali, Gerusalemme respinge il mio manto… Ma Io manterrò il mio disegno d’amore… Io… Il Padre mio, poi, farà secondo la sua volontà».
   E Gesù scende fra l’erba per non turbare la chioccia, e passa, e lacrime scendono ancora sul volto affilato e pallido.
   Tutti lo imitano, seguendolo e bisbigliando, sino al limite della casa di Niche. E là Gesù solo entra con gli apostoli in casa, e gli altri proseguono verso le loro mète…

[66] È detto, in: Isaia 1, 18.
[67] le parole, che sono in: Giobbe 27, 5-8.
[68] è detto, in: Osea 6, 4.
[69] Giuda (come in 84.6 e in altri punti) è il nome del regno che poi fu chiamato Giudea. Le citazioni sono da: Geremia 32, 6-9; 33, 15-17; Zaccaria 11, 4-17.
[70] è detto, in: Ezechiele 16. Il paragone che segue è simile a quello contenuto nell’apostrofe a Gerusalemme, in 363.10 e in 596.21. Una profezia su Gerusalemme è in 590.8.