MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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LEZIONI SULL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI LEZIONE XXV


RM-7 1-25

7-11 giugno 1948


    Dice il Dolce Ospite:
    «Carità, fede, speranza permettono all’uomo carnale di seguire la legge spirituale, così in contrasto con la legge del peccato vivente nelle sue membra.
    “E chi vi libera da questo corpo di morte? La Grazia di Dio per Gesù Cristo Signor nostro”.
    Essa non abolisce l’uomo, ma fa dell’uomo vecchio un uomo nuovo. Né si limita a rigenerarvi una volta sola mediante le acque salutari del Battesimo, sepolcro del Peccato originale, seno dal quale emerge una creatura nuova, innocente, santa, divinizzata. Ma tante volte vi rigenera e aiuta quante l’uomo si pente dopo una caduta volontaria in materia grave, o piange sulla sua debolezza, causa di involontarie cadute, o anche solo si turba, sentendo agitarsi in sé il vento dei fomiti e temendo che esso provochi tempesta di sensi nella quale si perda la vicinanza di Dio e venga soverchiata la sua voce pacifica, sempre simile “al soffio di un’aura leggera”. Altrettante volte vi rigenera, o vi conforta, o vi rassicura, quante volte di ciò abbisognate, coi suoi divini aiuti, per Gesù Cristo, e mediante i Sacramenti, mezzi da Lui istituiti per rigenerarvi e rinforzarvi nella Grazia.
    E chi potrà resistere a Colui che vinse il demonio, il peccato e la morte? Nessuno e nulla, se voi gli rimanete fedeli. Fedeli nell’uomo interiore, che è quello che ha realmente valore, come Gesù disse a Nicodemo, e non a lui solo.
    Perché è lo spirito quello che anima la carne inferma, così come il sangue mantiene la vita nel corpo dell’uomo. Ma se l’uomo perde tutto il suo sangue, o se il sangue tutto si corrompe, non giova all’uomo aver sane le membra. La morte lo coglierà lo stesso, perché il liquido vitale è il sangue e, perduto o corrotto che questo sia, il corpo perisce, mentre che un corpo ancorché molto ferito, ma non svenato o corrotto nel sangue, certo guarirà.
    Rimanete dunque fedeli nell’uomo interiore, e non temete.
    Gli angeli, che vedono Dio e ne conoscono il pensiero, vi hanno annunciato questa grazia nella notte della Nascita del Figlio di Dio e di Maria: la grazia della pace agli uomini di buona volontà.
    Dio sa e vede. Dio è Padre ed Amore. Dio è Giustizia e Misericordia. Sa compatire e premiare. Ma vuole “la buona volontà”. Non sempre essa permane buona e costante realtà. Ha flessioni, e cadute anche. Ma l’Occhio Divino che vi vede cadere o flettere, vede anche chi vi assale nella buona volontà interiore, e vede la vostra pena per essere caduti o per esservi piegati nell’urto di un assalto improvviso, e perdona perché non vede in voi il consenso “al male che odiate, ma l’aspirazione a compiere il bene, anche se non sempre riuscite a compierlo, vede che non il vostro io intellettuale, ma le conseguenze, nella parte inferiore, della colpa d’Adamo: i fomiti, operano in voi.
    E da questo contrasto tra le due forze che combattono in voi e le due volontà che si contrastano - una mossa dall’amore di Dio e verso Dio, l’altra dall’Odio che tiene desto il suo veleno, per odio a voi e a Dio - il Signore trae le ricchezze che vi daranno accesso al Regno dei Cieli.
    Sono esse la vostra veste di nozze, quella veste di cui Gesù parlò nella parabola del convito per le nozze regali. E guai a chi non fila e tesse la sua veste di nozze durante la sua giornata terrena, traendo materia per filare e strumento per tessere dall’assidua volontà interiore di fare ciò che la Legge di Dio propone o Dio presenta, e dalla lotta continua tra la volontà dell’uomo interiore e la legge del peccato che è nelle membra, o tra la volontà buona e quanto di male vi circonda: il mondo, e vi tenta: il demonio. Guai a quelli che non si tessono quotidianamente la veste di nozze e non l’ornano con i gioielli conquistati, patendo la “grande tribolazione” che li fa degni di stare intorno al trono dell’Agnello con le palme dei vittoriosi tra le mani!
    Non avete mai riflettuto a quelle palme viste da Giovanni nelle mani degli eletti? Nel simbolismo cristiano si suole mettere tra le mani dei martiri la palma gloriosa. Ma Giovanni, che fu rapito dallo Spirito di Dio a contemplare, a conoscere, a scrivere i misteri eccelsi e quelli dei tempi ultimi, dice che le palme sono nelle mani degli eletti, dei 144.000 che stanno intorno al trono dell’Agnello.
    La moltitudine dei santi, degli eletti, non è composta solo di martiri che abbiano sofferto il martirio cruento. Ma veramente ogni santo è degno di portare la palma dei martiri perché ogni santo è un martire dell’Amore e dell’Odio, dello spirito e della carne, e tutte le potenze dei Cieli, quelle del mondo, quelle dell’io carnale e quelle degli abissi della Tenebra, lo hanno assalito sulla Terra per provarlo, tentarlo, martirizzarlo quotidianamente.
    Veramente che è astuto, tenace, feroce il martirio che dà colui che Cristo chiama “omicida fin dal principio”! Né vi è omicida pari a lui. Perché nessun assassino può fare violenza altro che alla carne dell’uomo. Ma Satana uccide, o tenta [di] uccidere, la parte immortale dell’uomo, privandola non dell’esistenza - perché l’anima, creata che sia, non perisce più in eterno - ma della Vita, ossia del suo Dio. E ciò fa perché mentre Dio ha, per fine della sua creazione, il premio da darsi agli uomini, ossia il riunire a Sé gli uomini dopo la loro morte - con lo spirito subito dopo la morte, con lo spirito riunito alla carne dopo la risurrezione e giudizio finale - per farli beati della sua Conoscenza e Visione e per giubilare tra il Popolo dei suoi figli, così Satana ha per fine della sua ribellione quello di privare il Creatore di quante più creature a Lui paternamente dilette può, e di privare quante più creature può del godimento del loro Creatore.
    La scimmia di Dio vuole essa pure darsi il suo popolo, e lo fa predando, perché è ladrone, mentre Dio, per crearsi il suo Popolo, ha dotato l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, di tutti i doni soprannaturali atti a condurlo al Regno eterno e, non ancora contento, ha dato il suo Figlio Unigenito e diletto perché venisse immolato onde essere Salvatore degli uomini. E ciò perché, mentre Satana è principio del male, è odio, è menzogna, è disordine, è ladrone, Dio è Principio del Bene, è Amore, è Verità, è Ordine, è divinamente munifico Datore d’ogni grazia.
    Dal momento che Satana volle essere uguale a Dio in ogni sua azione, libertà, potenza e volontà d’azione, desiderando disordinatamente di essere esso, creatura creata, uguale a Colui che è Increato - perché Dio come il Padre da cui è generato: Unigenito Figlio - e desiderandolo perché il creato potesse dire di esso ciò che è detto del Verbo Incarnato al principio del Vangelo di Giovanni, dettato, all’Evangelista dell’Amore e della Luce, dallo Spirito di Dio che è Amore e Luce: “Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui”, da quel momento il fulminato arcangelo è sacrilego, omicida, predone.
    Era Lucifero. Si pensò: Luce. Ma essere “apportatore di luce” non è essere la Luce. Ben diverso è il “portare” dall’“essere”. La Luce: il Figlio di Dio, il Verbo del Padre, l’Increato ed Eterno, Immenso e Perfettissimo, “generato, non fatto, consustanziale al Padre”, per mezzo del Quale “tutte le cose sono state fatte”, non ha nulla di uguale e comune con la creatura angelica creata ad essere apportatrice di luce e messaggera di Dio, quale, in origine, era Lucifero, che prevaricò volendo essere la Luce, perché liberamente e volontariamente volle essere infedele al Signore suo Creatore e alla Grazia sua. Delirante orgoglio del volersi credere Dio, e quindi non soggetto all’ubbidienza e adorazione a Dio, che folgorò il ribelle.
    Da quel momento Satana vuole il suo popolo da contrapporre al Popolo di Dio. E questo fine persegue senza soste, in odio a Dio e alle creature che Dio ama da Padre. E la sua intelligenza, conservata anche dopo la folgorazione divina - intelligenza acutissima, quale si conveniva al principe del popolo angelico - e il suo potere, usa a questo scopo, spiando ogni azione dell’uomo, ascoltando ogni sua parola, traendo dalla cognizione di ogni azione e parola umana, dalla costituzione fisica dell’individuo, dalle malattie, dalle sventure, dagli studi, dagli affetti, dalle occupazioni, da tutto, tanti terreni per gettarvi la sua zizzania, creando prodigi atti a sedurre e trarre in errore.
    Quei prodigi di cui parla Gesù Cristo, predicendo i tempi ultimi e mettendo in guardia gli uomini verso essi prodigi e verso le voci dei falsi profeti e falsi cristi, che sorgeranno e appariranno qua e là, e che altro non saranno che satanici tranelli e satanici profeti servi dell’Anticristo profetizzato, suscitati per sedurre gli uomini alla Menzogna e a false dottrine di menzogna e farli trovare impreparati al momento tremendo del regno dell’Anticristo sulla Terra e della consecutiva ultima venuta del Figlio dell’Uomo, del Cristo Vincitore per l’Ultimo Giudizio di separazione degli agnelli e delle pecore dai capretti e dagli arieti, di elezione e condanna, di benedizione e maledizione. Quei prodigi dei quali parla Paolo nella IIª Epistola a quei di Tessalonica (c. II). Quei prodigi di cui parla Giovanni nel XIII capo del suo Apocalisse.
    Sì. Veramente che è astuto, tenace, feroce il martirio che Satana dà agli spiriti fedeli al Signore!
    Né meno costante, mordente, pungente e consumante è il martirio che dànno all’uomo interiore le forze del fomite individuale e di quanto si è instaurato nel mondo da quando Satana ne è il principe tenebroso: la concupiscenza triplice, la zizzania maledetta gettata nei campi del Signore, per nuocere al grano eletto, per soffocarlo, piegarlo al suolo, o pervertirlo al punto di renderlo capace di disprezzare Iddio e idolatrare se stesso.
    Né è meno causa di martirio il dolore, che può essere di genere diverso, ma che è sempre dolore, e talora grandissimo, il quale non manca mai nella vita degli eletti.
    Dolore permesso da Dio, e che può venire da malattie, da sventure, da astio, o invidia, o odio di creature. Astio, invidia e odio che possono giungere al delitto materiale o a quello morale, levando al prossimo la vita o la riputazione o la libertà, oppure conculcandolo nei suoi diritti, appropriandosi delle cose altrui, siano esse ricchezze materiali o ricchezze intellettuali, alterando la verità delle cose sino a presentare come opere di un demente, o di un demonio, o di un simulatore, ciò che è opera e azione di un genio o di un giusto eletto da Dio ad opere straordinarie.
    Dolore permesso da Dio, ma condannato da Dio, dato dalle creature alle creature loro simili, dato in mille modi, per torturare il giusto con calunnie, derisioni, esperimenti, odiosi a Dio, sulla psiche del santo per aizzarlo, per mettergli dubbi in cuore su se stesso, sull’accettazione divina del suo sacrificio, su ciò che vede o sente; esperimenti senza prudenza, carità e giustizia, compiuti con fine non retto che offende e addolora insieme Dio e la creatura, esperimenti illeciti perché oltrepassano quel limite sacro che la carità di prossimo ha messo, e che con nessuna speciosa scusa andrebbe oltrepassato.
    Dolore che può venire dall’io per la sofferenza di sentirsi ancora tanto dissimile, imperfetto, debole, lontano da quella perfezione alla quale ogni giusto aspira giungere, per puro amore di Dio e per ubbidienza al consiglio di Gesù.
    Anime generose, non vi crucciate. Sopportate voi stesse, così come sopportate gli altri. Abbiate pazienza per le vostre piccole miserie spirituali come l’avete nelle piccole malattie del corpo. Abbiatela, e sempre unita a confidenza, anche nei momenti, paragonabili a malattie pericolose e improvvise, nei quali “perché la grandezza dei doni straordinari non vi faccia insuperbire, vi viene dato lo stimolo della carne, un angelo di Satana che vi schiaffeggi”. È una vicinanza e uno stimolo che vi ripugnano come una lordura che vi sfiori, o una nausea che si agiti in voi e trabocchi in vomito. Ma sopportateli con pazienza. Senza consentire ad essi, e senza sconfidarvi o accasciarvi per causa di essi.
    Rimanete nella pace pensando all’amor di Dio che soccorre la vostra debolezza con la potenza della sua grazia, proprio con maggior abbondanza in quelle ore in cui lo stimolo della carne o l’angelo di Satana vengono a insinuarvi il pensiero che, nonostante ogni dono soprannaturale o straordinario, l’uomo rimane l’uomo, creatura in cui la natura spirituale divinizzata dalla grazia si trova in contrasto con la natura umana soggetta ai disordinati appetiti della concupiscenza, e che quindi voi non potete rimanere fedeli alla giustizia. Rimanete indifferenti a queste voci inferiori o sataniche che parlano per scoraggiarvi. Rimanete nella pace e non turbatevi per il lezzo dei fermenti, del mondo, di Satana.
    Non turbatevi pensando che Dio si possa allontanare da voi per questo ribollire di fomiti e questo scatenarsi di assalti che si è formato improvviso in voi e intorno a voi, per turbarvi e farvi dubitare della vostra missione di veri figli di Dio. Soltanto se consentiste, allontanereste il Signore. Perché è il consenso alla tentazione quello che ha valore, come è il consenso all’ispirazione quello che ha valore, sia nel male che nel bene, sia nell’odio che nell’amore, di rendere reale un atto meritevole di condanna o di premio.
    Se non c’è consenso, le voci basse restano rumore inutile. Se non c’è consenso, le voci dell’alto restano appelli inutili. Se non c’è consenso al male, rimanete fedeli a Dio anche se tentati rudemente sino ad essere momentaneamente sopraffatti. Se non c’è consenso al Bene, soltanto in questo caso, mancate all’Amore. Perché l’amore è consenso. Se non c’è consenso reciproco tra due esseri, non si crea l’amore. Ma se non c’è consenso, ossia ubbidienza pronta alle voci dell’Amore Eterno, non esiste reciproco amore tra Dio che ama e la creatura che ama poco o male, e l’amore vero non si crea e non cresce.
    Anche l’odio è consenso. Però l’odio non ha bisogno del consenso reciproco tra odiante e odiato. Ma ha però sempre bisogno del consenso di un complice per sorgere. Parlo dell’odio spirituale. Questo complice non può essere che il vostro io, ossia voi stessi, con la vostra volontà e ragione uscenti dall’ordine per entrare nel disordine. Perché anche nell’odio fra creature, anche se motivato da colpe certe dell’odiato verso l’odiante, sempre si instaura un disordine nei rapporti tra uomo e uomo. Perché l’ordine è nell’amore, l’ordine è amore, e chi esce dall’amore esce dall’ordine.
    Nell’odio, poi, della creatura verso il suo Creatore - e il peccato è odio al Creatore del quale si viene, peccando, a disprezzare la Legge, così come la giustizia è amore della creatura per il suo Creatore del quale si viene, amando, a praticare in spirito e verità la Legge - è sempre unicamente l’io il complice o l’elemento indispensabile perché odio o amore siano.
    Come non c’è amore se la libera volontà e ragione dell’uomo non consentono ai comandi ed alle ispirazioni di Dio e non secondano i desideri sorti nell’anima - quei desideri che lo stesso Dio suscita nello spirito dell’uomo perché il suo grado di gloria sia sempre più grande e, dopo averli suscitati, aiutando potentemente le volontà e facoltà limitate dell’uomo, fa sì che egli possa realizzare i desideri santi che il Signore ha suscitato nel suo spirito - così altrettanto, se non c’è consenso della volontà e ragione agli stimoli interni ed esterni della carne, del mondo e di Satana, se non c’è secondamento degli appetiti irascibili o concupiscibili, ossia se l’anima non offende con piena avvertenza e volontà il suo Signore, non c’è odio della creatura verso il suo Creatore.
    Il martirio del dolore è sempre nella vita degli eletti, i quali mostrano la loro giustizia anche mediante il loro amore al dolore, non soltanto sopportato con rassegnazione, ma anche chiesto come ottavo sacramento e nona beatitudine, per essere unti vittime e per essere vera effigie di Gesù-Vittima.
    Sono il sacramento non istituito e la beatitudine non proposta, apertamente, dal Maestro Divino e Sacerdote Eterno. Ma coloro che sanno leggere e comprendere il Vangelo, non nella lettera ma nel suo spirito, trovano questa beatitudine sempre proposta dalle stesse azioni di Gesù, l’Uomo del Sacrificio e del Dolore, e trovano questo sacramento, che non abbisogna di materia e forma né di ministro per rendersi sensibile ed efficace segno di grazia, ma è esso stesso materia e forma di grazia, e facendo dell’uomo una vittima rassegnata o, raggiungendo un grado più alto di identificazione col Maestro Divino e Redentore Ss., una vittima volontaria e accettata da Dio, fa di lui il ministro della sua immolazione e un piccolo cristo, continuatore del Sacrificio divino di Gesù Cristo.
    Perché è per il dolore e la morte che Gesù fu “Gesù”, ossia Salvatore. Fu per il dolore e la morte che Gesù raggiunse il fine per cui si fece Uomo e compì il disegno di Dio: quello di fare del suo Unigenito - il Verbo - l’Uomo-Dio, perché potesse essere Redentore e Datore della Grazia ai figli di Adamo, diseredati, per colpa di lui, da tal sublime dono.
    Ed è ancora e sempre per il dolore e l’olocausto che l’uomo salva, continuando l’opera di salute iniziata dal Cristo. Il dolore, meditato, compreso, contemplato soprannaturalmente, non è castigo del rigore divino, ma è grazia dell’amore divino. Grazia che Dio concede ai suoi figli migliori per farne dei cristi per compartecipazione.
    Sì. Per compartecipazione al calice amaro, alla dolorosa passione, dal Getsemani al Golgota, alla Croce, che fu il giogo di Cristo, giogo pesantissimo, schiacciante, giogo che non potrebbe venire portato se l’amore a Dio e al prossimo non lo rendesse “soave e leggero”, se non alla carne, almeno al cuore, alla mente, allo spirito. Fu il perfetto amore a Dio e al prossimo che fece correre il Verbo di Dio incontro alla sua Croce con santa ansia di “aver tutto compiuto”.
    Tutta la sua Vita, ossia la sua Eternità di Verbo, fu un anelito a questo compimento. Tutta la sua Vita, sia quando era ancora col Padre nel Cielo, sia quando scese ad incarnarsi nel seno di Maria, sia quando ebbe il primo respiro, come quando cresceva in età, grazia, sapienza, stando soggetto a Maria e Giuseppe, come poi alla Legge e ai Voleri supremi del Padre Ss. sino a consumarsi per poter esalare lo spirito dicendo: “È compiuto”, ebbe questo anelito. Aveva insegnato che se il granello non muore non dà frutto. Ed era morto, Egli, il Vivente, l’Eterno, per farsi, da granello di spiga verginale, Pane di Vita agli uomini.
    Il dolore e l’olocausto è compartecipazione alla sorte del Granello Ss. nato da spiga immacolata e verginale: Gesù; è compartecipazione all’amore perfetto del Figlio dell’uomo per i suoi fratelli al punto di dare la vita per loro; è compartecipazione alla santità del Cristo, santità che si raggiunge attraverso alla rinuncia, al sacrificio, alla morte anche.
    Gesù fu esaltato dal Padre e ricevette Nome superiore ad ogni altro nome, e tale che a quel Nome tutto si deve prostrare, adorando, in Terra e in Cielo, dopo che si umiliò sino alla morte di croce.
    Quindi chi ama la sua anima e vuol dare ad essa la vita eterna e beata, deve odiare la sua carne, amando anche le persecuzioni e le infermità che distruggono la materia, amando anche l’innalzamento, materiale o spirituale, sulla croce di un qualsivoglia martirio, sulla croce che stacca dalla Terra e solleva verso il Cielo in una elevazione mistica, in una continua “messa” del cristiano, veramente formato, che si muta da uomo in ostia, in piccola ostia che vuol esser consumata con la grande Ostia: Gesù Eucarestia, in sacrificio latreutico, eucaristico, propiziatorio, impetratorio.
    E col martirio del dolore è quello dell’amore. Non meno struggente, nella sua ardente dolcezza, di quello del dolore.
    Il martirio dell’amore! Le esigenze dell’amore. L’assolutismo dell’amore che isola in una santa follia la creatura abbracciata dall’Amore e immersasi con pieno e volontario consenso nell’oceano fiammeggiante dell’amore. La generosità totale dell’amore, ormai regnante con potenza di re assoluto in uno spirito, generosità che non misura più cosa alcuna, né rinunce, né pene, né perdoni, né soccorsi di misericordia corporale e spirituale, purché Dio abbia gloria e il prossimo abbia sollievo, perdoni e grazie.
    L’adesione assoluta e continua della creatura datasi all’amore, alla Ss. Volontà di Dio, conservante, della sua libera volontà di uomo, un unico ramo: quello di voler fare ciò che Dio vuole. Fare ciò che il Dio, vivente nelle anime, inabitante nelle anime che amano, indica, comanda o propone di fare. Questo amore ubbidiente, attivo, costante, mette la vita divina in voi e completa l’identificazione vostra con Dio che è Amore, oltre che Spirito, come spirito è l’anima vostra; che è Libero, come voi siete liberi di volere; che è l’Eterno come eterno è, da quando è creato, lo spirito vostro.
    Somiglianza divina di natura spirituale, di moti d’amore, di luci intellettive, mette l’amore, il più grande dei comandamenti, in voi; e, non per prevaricazione arbitraria come quella di Adamo, seguente l’insinuazione e suggestione del Serpente e mordente al frutto proibito per divenire “come dèi”, ma per partecipazione a quella che è essenza dell’Essere Supremo: l’amore, vi fa “dèi e figli dell’Altissimo”. Perché l’amore presuppone la Grazia nello spirito che ama, e la Grazia è partecipazione di vita divina; è, attraverso la capacità di intuire ciò che è Iddio, operare secondo il suo volere, amare come siete amati, preparazione a vedere ciò che credeste, a conoscere il Mistero di Dio e tutti i misteri di Dio, e tutti i misteriosi moventi delle azioni di Dio, talora incomprensibili sinché siete nell’esilio terrestre e nelle sue nebbie, a contemplare faccia a faccia Iddio, a possedere la piena conoscenza di ogni Verità, a divenire una sol cosa con Dio, nella perfezione dell’unione che solo può aversi in Cielo, dopo la prova e dopo l’elevazione alla gloria, nella perfezione dell’Amore che ormai avrà raggiunto la misura perfetta, anzi le tre misure perfette.
    L’amore è veramente il dono dei doni, mezzo al mantenimento del dono della Grazia, alla crescita delle virtù, al raggiungimento del fine ultimo. Per questo viene donato dallo Spirito Santo, Spirito dello Spirito divino, essenza dell’amore perfettissimo e reciproco del Padre e del Figlio, procedente dal loro bacio, dalla loro attrazione mutua, dalla loro contemplazione giubilante.
    La volontà dell’uomo può rendere attivissimo questo dono dello Spirito d’Amore, sufficiente per se stesso a far conseguire il fine per cui gli uomini furono creati: la predestinazione alla Grazia e alla Gloria. Perché, in verità, tutti coloro che sono mossi dall’amore divengono “figli di Dio” (Paolo ai Romani c. 8 v. 16) poiché ogni loro azione ispirano all’amore, ossia al bene verso Colui che sentono esservi, anche se esattamente non lo conoscono, e verso i loro simili; e vivono perciò secondo la legge naturale-morale, messa e conservata da Dio Creatore nel cuore dell’uomo.
    È di costoro che S. Paolo scrive: “Quando i Gentili, che non hanno legge, fanno naturalmente ciò che la legge impone, e non avendo legge son legge a se stessi, e mostrano che il timor della legge è scritto nel loro cuore, testimone la loro coscienza... saranno giustificati nel giorno in cui Dio, per mezzo di Gesù Cristo, giudicherà le azioni segrete degli uomini”.
    Infatti chiunque agisca con retta coscienza, seguendo i dettami della legge morale, dimostra di avere un’anima naturalmente cristiana, aperta al Bene e al Vero, e Gesù, morto perché gli uomini avessero la Vita eterna - gli uomini di buona volontà - sarà la loro giustificazione. Perché tutti coloro che, anche non sapendo di Dio quale è conosciuto dai Cattolici, credono fermamente che un Dio è, un Dio giusto, provvido e rimuneratore ad ognuno di ciò che ognuno ha meritato, appartengono - per la carità che per Lui sentono e per la carità e giustizia che hanno verso il loro prossimo e verso se stessi, per il desiderio di Dio, per la contrizione perfetta delle colpe potute commettere - all’anima della Chiesa.
    Come ho detto che il dolore è l’ottavo sacramento e la nona beatitudine, così dico che l’amore, veramente vissuto e praticato, e il pentimento sincero del male potuto involontariamente commettere, sono battesimo di desiderio, valido a dare la partecipazione implicita al Corpo Mistico e quindi la partecipazione alla Grazia. Solo Dio e gli uomini in cui Dio opera conoscono le azioni divine per portare le creature umane a quella salvezza e a quel conoscimento celeste della Verità per cui sono state create.
    L’amore è santa attività che muove tutte le forze dell’uomo volgendole al loro ultimo fine. L’amore è sapienza. E la sapienza è libertà dalle cose caduche e limitate. E la libertà da ciò che limita e tiene attaccati alla Terra, apre allo spirito gli spazi dell’infinito perché esso vi voli, si lanci incontro alla Eterna Verità che si abbassa verso il suo amatore, e già si concede facendosi gustare ed amare, per quanto creatura ancor mortale può, strappando l’uomo alle nebbie del suo triste esilio per elevarlo a Sé e disvelarsi in parte per esserne sempre più amato, senza, con ciò, renderlo distaccato ed estraneo ai bisogni dei fratelli. Ché, anzi, l’uomo perduto in Dio adora Dio e attinge da Lui grazie e benefizi, non per se solo, ma anche per fratelli sui quali li sparge con azione santa e continua di carità.
    Per questi molti martirii, dati dal dolore e dall’amore, coloro che resteranno fedeli all’uomo interiore avranno in Cielo la veste e la palma descritte da Giovanni. Perché con la loro volontà si saranno fatta quella veste, mondando le loro stole nel Sangue dell’Agnello che avrà cancellato, sotto la sua onda purificatrice, le ombre dei trascorsi iniziali e quelle delle imperfezioni terminali, e i martirii sopportati, quello dell’amore più d’ogni altro, secondando, con tutte le forze dell’uomo, l’azione della Grazia divina, avuta per Gesù Cristo Signor vostro, faranno che costoro siano i vincitori dal nome nuovo, ai quali verrà data la manna nascosta, la corona di vita, la potestà sulle nazioni, la gloria di sedere intorno al Trono eccelso, stando in eterno dinanzi all’Agnello, alla Stella del Mattino che li guidò durante la via dalla Terra al Cielo, alla Stella del loro mattino terreno, di cui invocarono sollecito termine ad ogni palpito del cuore col grido dell’anima amante: “Vieni, Signore Gesù”, alla Stella del loro mattino celeste ed eterno, del giorno in cui entreranno per sempre nel Regno celeste.»