MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 9


Pasqua di Risurrezione


21 aprile 1946

   Introito: Salmo 139 (138), 1-2.5-6.18.
   Orazione: O Dio, che in questo giorno, debellata la morte, per mezzo del tuo Unigenito ci hai riaperte le porte dell'eternità, i nostri voti, che tu ci ispiri prevenendoci con la tua grazia, portali a compimento.
   Epistola: 1 Corinzi 5, 7-8.
   Graduale: Salmo 118 (117), 1.24; 1 Corinzi 5, 7.
   Sequenza: Alla Vittima pasquale offrano lodi i cristiani. L'Agnello ha redento le pecorelle: Cristo, innocente, ha riconciliati col Padre i peccatori. Morte e vita si son battute in un meraviglioso duello: l'autore della vita, dopo la morte, vive e regna. Raccontaci, o Maria Maddalena, che hai tu veduto per via? Ho visto il sepolcro vuoto di Cristo vivente e la gloria di lui risorto. Gli Angeli testimoni, il sudario e le vesti. È risorto Cristo, mia speranza: Egli vi precederà in Galilea. Sappiamo che Cristo è veramente risorto da morte. Abbi pietà di noi, o Re vincitore. Così sia. Alleluia.
   Vangelo: Marco 16, 1-7.
   Offertorio: Salmo 76 (75), 9-10.
   Segreta: Accogli, te ne preghiamo Signore, le preghiere del tuo popolo con le oblazioni delle ostie, affinché, santificate dal mistero pasquale per tua virtù, ci siano di efficace rimedio per l'eternità.
   Comunione: 1 Corinzi 5, 7-8.
   Dopocomunione: Infondi in noi, o Signore, lo spirito della tua carità, affinché stiano in perfetta concordia, per tua bontà, quelli che tu hai saziati con i sacramenti pasquali.
  

  Dice Azaria:
   «Il mio Signore mi ordina di portarti queste parole: "La parola dell'Introito, che la liturgia ha come se Io la dicessi al Padre mio, Io te la dico per tuo conforto. Credi alla mia Parola. Io sono risorto e sono ancora con te".
   Avere il Signore con sé è certezza di aiuto ed è pace di non aver demeritato. Consèrvati in questa unione e non temere.
   Sono oltre due mesi che nelle nostre S. Messe ti dico: "Non temere". E un angelo non dice lusinghe vane. Dice ciò che è vero. In Nome di Dio io, tuo custode, ti assicuro che non hai a temere perché Gesù Ss. è con te, la sua Mano trafitta è posata su te a difesa ed Egli - Egli: la Sapienza Incarnata - ti istruisce e ti parla con la sapienza meravigliosa che tutte le sapienze supera.
   Tu non hai, per conservare questi doni, che di conservarti in modo da potere sempre dire con verità davanti a Colui che non può essere ingannato: "Signore, Tu mi scruti e mi conosci: o che io segga o che io mi alzi in piedi, Tu lo sai. Tu sai, o Dio onniveggente, se io mi seggo, ossia se mi lascio invadere dall'accidia spirituale, o se io sorgo a battaglia continua contro le forze del Male che vorrebbero spegnere Te in me, e spegnere la mia luce che da Te mi viene per farmi 'tenebre', Tu sai la verità delle mie azioni e delle mie sofferenze, e in nome e a ricordo di tutte le volte che il tuo Verbo incarnato fu mal giudicato, perché mal conosciuto, io ti prego a sorreggermi e a difendermi negli sconforti che vengono dagli uomini ottusi che dimenticano il 'Non giudicate' insegnato dal tuo Verbo, e giudicano anche ciò che non sanno".
   È il destino di quelli che sono i "segregati", secondo la parola paolina, l'essere non capiti. Te ne ha parlato molto tempo fa il mio Signore e non ripeto, per reverenza, la lezione. Ma tu la puoi leggere per capire e compatire l'incapacità degli uomini a capire i segregati da Dio. Nel Cielo, dove non ci saranno più differenze perché tutta l'intelligenza, tutta la sapienza, tutta la giustizia, tutta la carità saranno date in uguale misura con l'uguale possesso di Dio, sia coloro che non furono compresi perché percorrenti una via straordinaria, come coloro che per via ordinaria giunsero al medesimo S. Regno di Dio, si capiranno.
   Per ora esiste e persiste l'incapacità di capirsi come esisté per il Cristo e i suoi contemporanei, e come esisté fra i primi apostoli e discepoli, pure congiunti da un solo scopo e tendenti ad una sola mèta. Gli Atti parlano. Eppure si amavano. Si amavano in un unico Cristo. La sua gloria volevano. Ma erano grandi spiriti in corpi d'uomo, perciò schiavi ancora delle reazioni e miserie dell'uomo, di quest'uomo che non muore mai completamente, e che ha dei sopravventi impensati anche nei più santi. E in questo è tanta spiegazione di quegli screzi e incompatibilità che, pur rimanendo alla superficie del magnifico blocco base della Apostolica Chiesa, l'hanno rigato, dando modo ai nemici di Essa di criticare e di tentare di sminuire.
   Ma l'uomo è sempre uomo. E Dio, anche nei migliori e nei beneamati, allo scopo di spronarli a sempre più eroica virtù, permette che resistano delle particelle di umanità, provocanti reazioni non biasimevoli ai suoi Occhi, ma atte a procurare loro, da parte del mondo imperfettissimo e che si crede più perfetto dei servi di Dio, critiche, biasimi, canzonature, offese e giudizi malevoli. Queste particelle non nuocciono al disegno di Dio e dell'anima di tendere alla perfezione e di portare alla perfezione; anzi aiutano, tenendo bassa l'anima, potata del ramo venefico, il più venefico, nato dalla mala pianta di Lucifero, della superbia.
   L'unione dei meriti infiniti di Gesù Ss. con la buona volontà dell'uomo e con l'umiltà, che le vostre stesse debolezze e imperfezioni alimentano, vi concede che per la Grazia, ispiratrice di desideri santi, e per la dolorosa morte e gloriosa Risurrezione del Figlio Unigenito di Dio, voi possiate compiere le aspirazioni che Dio vi ha messe in cuore e per le porte dell'eternità, riaperte dalla Vittima immolata e dal Trionfatore eterno, possiate giungere al beato Regno che non conosce fine.
   Ma occorre, come dice Paolo, "levare il vecchio fermento".
   Il fermento delle passioni si rinnovella con maggior sveltezza di quello che fa il lievito nella farina che la massaia intride e tiene al tepore. L'anima volonterosa sempre lo leva e sempre lo ritrova. Il mondo, gli avvenimenti, le delusioni, le constatazioni, le gioie, le pene, tutto tende a mettere nell'anima un lievito di malizia, di impurità, di menzogna, di rivolta. No, no, care anime. Un solo lievito deve essere in voi. Quello santo, puro, vero, della Parola di Dio, dell'Amore di Dio. Perché la Parola è Amore.
   La Parola si è immolata anche per potervi ora istruire. Anche per questo. La Parola si è immolata facendosi Uomo per potere parlare agli uomini e dare loro la Parola vera, lievitante il vero conoscimento della Legge, che è Amore, in luogo dell'acido lievito impuro, malizioso, malvagio che era ormai, vecchio e nocivo, fra i figli di Dio. La Parola si è immolata facendosi Vittima per potere portare il Paraclito, Lievito d'Amore per cui tutte le particelle della farina del Frumento Gesù, le sue innumerevoli parole gonfiassero, lievitando in purezza, verità, sapienza, comprensione, santità negli intelletti umani.
   Ma se il Lievito buono viene mescolato a quello vecchio e malvagio, non si migliora il malvagio, ma anzi si corrompe il buono, e perciò non serve averlo ricevuto il Lievito santo che da Dio viene. Perciò occorre sgombrare ogni particella di lievito malvagio e farsi puri, nuovi come fanciulli da poco nati, e farlo continuamente, per impedire l'opera di Satana e della carne, farlo con sorveglianza assidua, senza sconforti, senza pigrizie, senza presunzioni. Fare, fare, fare perché, finché l'uomo è sulla Terra, Satana, carne e mondo fanno. E sempre novellamente ricevere nel cuore mondo il Lievito santo, onde sempre siate pasta nuova, senza muffe né corruzioni, formata secondo la forma di Dio e degna di Dio.
   Questo giorno, come ogni cosa che esiste, è stato fatto da Dio. Ma veramente questo è giorno perfetto, giorno che supera ogni altro giorno creativo perché in esso splende, in tutta la sua potenza, la Potenza e la Misericordia divine ed eterne.
   Solo un Dio poteva spingere la Misericordia a farsi vittima per i peccatori, e solo un Dio poteva da Sé stesso risorgere per testimoniare che vero Dio è, come con la morte aveva testimoniato di essere vero Uomo, per dire che la Vita: Dio, è più forte della Morte: Satana, che l'Autore del Tutto non può essere ucciso da una parte. E Dio, Autore del Tutto, non poté essere ucciso dall'uomo, e ucciso rimanere. Perché se è vero che per l'amore all'uomo gustò la cenere amara della morte, è anche vero che vinse la morte e per sempre, né tutte le forze del Male, abbiano il nome del grande Satana o dei piccoli satana, non potranno mai più uccidere il Vivente.
   Maria, piccola Maria di Gesù, tu pure, con la grande Maria di Lazzaro, "hai visto il sepolcro di Cristo vivente e la gloria di Lui risorto, e gli angeli testimoni, e il sudario e le vesti", come dice la sequenza pasquale. Per questo dono, dolce ti sia ogni amara pena che da tutti, fuorché da Dio, ti viene. E ogni dono che ti viene dato ti sia aiuto al conseguimento del Cielo, non imitando coloro che, di un beneficio gratuitamente dato, ne usano con superbia, disubbidienza, imprudenza, credendosi già sicuri perché beneficati, non pensando che il dono è prova e che come viene dato può essere levato, e insieme ad esso, se esso, in luogo di produrre amore alla verità, ubbidienza, giustizia, fermenta menzogna, superbia e disubbidienza, può essere levato l'immediato possesso del premio eterno, o, se l'ingratitudine del beneficato raggiunge la gravità, levato in eterno il possesso del premio, che è Dio stesso.
   I Giudei, i Principi dei Sacerdoti, gli Scribi e Farisei ebbero tempo a ravvedersi e rendere benigno a loro il Dono infinito del Verbo fatto Uomo in Israele, fino al momento in cui la Giustizia non disse: "Basta". Dopo, quando non la Dottrina, non la Morte, non i segni degli elementi e il compiersi delle profezie, dopo, quando non il nuovo sussulto del Creato al tornato respiro nel Corpo esanime poterono piegare alla Verità le superbe menti d'Israele, dopo "si alzò Dio a fare giustizia".
   E giustizia fu, paziente giustizia, la separazione netta dei caproni dai capretti, ossia di quelli che assolutamente respinsero il dono da quelli, come Gamaliele e altri, che dopo lo spirare del Cristo andarono battendosi il petto e dicendo: "Abbiamo peccato! Egli era ciò che diceva di essere! Dio abbia pietà di noi". Non ancora agnelli, ma già predisposti a divenirlo, furono separati giustamente, divinamente giustamente, dagli indomiti e infernali caproni che il dono di Dio avevano volto in loro rovina.
   E fra quelli che da capretti seppero divenire agnelli, e ai quali la Misericordia concesse perdono per il loro pentimento, quanti sono fra i santi che con la Vergine Madre, con gli apostoli e i martiri nominati nel Prefazio, vengono ricordati oggi ed invocati perché aiutino i viventi della Terra a divenire i "viventi" del Cielo, unendosi nell'orare e nell'offrire, onde i giorni dei credenti scorrano nella pace spirituale, e non siano colpiti da eterna dannazione, ma annoverati nel gregge degli eletti.
   Hanno pure conquistato il Regno costoro che capretti erano! Perché tutto può Iddio, sol che l'uomo ci metta buona volontà.
   Non temete perciò, voi, care voci, e non raccogliete le insinuazioni del mondo che troppo sovente si crede dotto, solo perché molte teorie ha nella testa, e che si chiede: "È mai possibile che un nulla divenga qualcosa, se noi non lo diveniamo?".
   Questa ragione, tutta composta della superbia dell'io, è già risposta a questa domanda. E risponde da sé: "Sì, è possibile che ciò sia; per prima ragione perché tutto è possibile a Dio e lecito a Dio, e per seconda perché appunto Dio, a confondere i superbi, prende le nullità e le fa ciò che Egli vuole".
   La Piena di Grazia l'ha detta questa verità: "Ha abbattuto i potenti ed ha esaltato gli umili".
   E pecca di superbia colui che vorrebbe mettere limiti a Dio, o suggerire a Dio le azioni da farsi.
   Non superbia, ma carità sia in voi, o giudici; in voi, o giudicati. Perché chi perde la carità perde Iddio.
   Non umanità di pensiero, ma fede nella potenza del Signore.
   Non superbia, ma abdicazione di giudizio al Giudizio perfetto.
   Carità nell'accettare, carità nell'esaminare, carità nel sopportare.
   Carità per non accrescere il peso che grava su coloro che hanno il peso di un dono straordinario a renderli sbigottiti e timorosi di conoscere morte di spirito per quel dono.
   Carità pensando che chi dice "raca" al fratello fa peccatoe, a sguardi umani, troppo sovente appariscono per stolti o indemoniati coloro che sono soltanto i "segregati" a servizio di Dio.
   Carità pensando che la condanna che date senza avere giustizia di prove, vi sarebbe incresciosa se vi venisse data.
   E a voi, voci crocifisse, dico:
   Carità! Carità nel perdonare a chi parla senza sapere ciò che dice, a chi giudica senza averne diritto, e perciò senza lume spirituale, a chi vi affligge in mille modi. Carità e silenzio.
   Chiusi nel cuor vostro, come gli Apostoli nel Cenacolo, aumentate la vostra fede. Non rinnegate il dono per paura degli uomini. E avrete il Paraclito che già si annuncia ad aiutarvi a convertire i superbi ed a rispondere a coloro che vi perseguitano.
   Egli, Gesù, lo ha detto prima di andare alla morte. Egli ve lo ripete ora che da morte è uscito. Egli lo farà, perché Gesù, Dio, non mente.
   Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo».