MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 19


Domenica fra l'Ottava del Corpus Domini


23 giugno 1946

   Introito: Salmo 18 (17), 2-3.19-20.
   Orazione: Fa' che abbiamo continuamente, o Signore, il timore unito all'amore del tuo santo nome, perché tu non cessi di governare quelli che stabilisci solidamente nella tua dilezione.
   Epistola: 1 Giovanni 3, 13-18.
   Graduale: Salmo 7, 2; 120 (119), 1-2.
   Vangelo: Luca 14, 16-24.
   Offertorio: Salmo 6, 5.
   Segreta: L'ostia da consacrarsi al tuo nome ci purifichi, o Signore, e di giorno in giorno ci elevi alle operazioni della vita celeste.
   Comunione: Salmo 13 (12), 6.
   Dopocomunione: Ricevuti i sacri doni, ti preghiamo, o Signore, a far sì che con la frequenza dei misteri cresca l'opera della nostra salute.
  

   Dice Azaria:
   «Nel tempo passato, nel tempo presente, nel tempo futuro, e nel tempo eterno, il Signore ti trasse al largo e ti salvò perché ti volle bene, e ti salva e salverà perché ti vuole bene. Ma tu lo devi riconoscere e non temere. Lo hai sempre riconosciuto, anche quando il tuo amore era ancora molto imperfetto e combattuto dalla giovinezza e dalle prove e pene della tua giovinezza. Lo devi riconoscere anche ora, e sempre, fino a quando sarai con Lui.
   Le azioni degli altri non devono sovrapporsi come veli spessi fra Lui e te, per modo che tu non conosca più il suo Volto, la sua Voce, il suo amore, la sua pace e verità. Io non dirò parola su quelli che spezzano la pace e la fiducia di un cuore col loro modo di agire che sconforta le anime e le rende dubbiose. Ma dico a te: le loro azioni se anche ti feriscono, non ti vincano con le paure e i dubbi sulla verità della Voce e sulla sua provenienza.
   Ti ha curato il Signore, povera anima, e tu lo hai riconosciuto. Perché non è possibile fare errore fra Dio e Satana, fra voci celesti e voci infernali, se chi le ode tiene presente non le delizie delle parole ma gli effetti che esse producono.
   Satana può scimmiottare Dio nell'eloquio, ma non può comunicare quella grazia e pace che sempre producono le parole divine o di spiriti di luce. Non può produrre grazia e santità, perché le sue parole sono sempre mescolate a insinuazioni che non possono essere accolte da un'anima in grazia. E non può produrre senso di pace, perché l'anima in grazia trasale d'orrore per le voci infernali e, anche se l'individuo non ha altri segni per riconoscere chi è lo spirito che parla, basta questo brivido d'anima per dare all'uomo il segnale che è la Tenebra quella che in quel momento si manifesta. Satana può ingannare i peccatori intontiti dal peccato, gli svagati e irriflessivi, i curiosi che per troppo voler sapere si accostano imprudentemente a tutte le fonti. Ma non può ingannare uno spirito retto e unito a Dio. Tutto ciò che può, è turbarlo, accostandosi ad esso, o ferendolo per azione propria, o di infelici che raramente sapendo di farlo, molto più facilmente ignorando di farlo, sono, ad un dato momento, gli strumenti usati da Satana per dare dolore e sgomento agli strumenti di Dio. Ma allora Dio interviene e vi trae fuori, al largo, e vi salva, immergendovi nel suo oceano di pace e di amore. Come ha fatto con te, perché ti vuole bene.
   Oggi è anche vigilia alla Natività del Battista e l'Introito di quella S. Messa canta: "Non temere, o Zaccaria, perché è stata esaudita la tua preghiera..." Io ti dico: "Non temere, o Maria, perché è stata esaudita la tua preghiera". Gesù esaudisce le preghiere di quelli che lo amano. Ed è intervenuto per non farti perire in un mare di sconforto. Ma, non parlando a te sola, ma a tutte le anime, io dico che sempre il Signore ama e porta al largo, in salvo, quelli che a Lui si affidano senza paura.
   Vincete la paura che paralizza l'amore, la confidenza e la preghiera. Vincete la paura che mostra ancora in voi ignoranza di Dio e della sua potenza, e che mostra anche una non buona fede in Dio. La fede buona e vera è umile e tutto accetta perché dice: "Se Dio lo dice o me lo fa dire segno è che è cosa vera". Ma questa fede totale non è mai congiunta a paura, diffidenza, dubbio o, peggio ancora, a cocciuta ed intima persuasione che Dio non può quella data cosa. Tutto può Dio. Tutto dovete sperare che Dio possa. Tutto dovete credere che Dio possa.
   Non uccidete l'amore con il dubbio o la negazione. Mai. Non spezzate la catena d'amore che vi congiunge a Dio con la frase dei dubbiosi e di quelli che vogliono giudicare Dio secondo la loro misura, la frase di Zaccaria, così punita: "Come è possibile questo se... ?". Zaccaria rimase col suo interrogativo sigillato sulle labbra finché non seppe nuovamente credere e lodare il Signore riconoscendolo capace di operare ogni prodigio.
   Non meritate mai, o care anime, la punizione della mutezza spirituale per delle diffidenze verso l'Onnipotente. E pregate per essere mantenuti in questo spirito di fede assoluta nel Signore Dio vostro e di timore unito all'amore del Signore Benedetto secondo che ricordano le Orazioni delle S. Messe di oggi.
   Osservate la bella fede del Battista1 in Colui che non conosceva che per ciò che di Lui dicevano i profeti. Nulla indicava il Messia nell'umile viandante che veniva verso le sponde del Giordano. Ma la fede, quando è assoluta, quando è fusa con una assoluta carità, dà prescienza e possibilità di vedere e intendere Dio anche quando si cela sotto un'apparente forma di vita comune. E Giovanni vide il Messia Divino nell'uomo galileo, e come il santo timore di Dio aveva fatto di lui un santo, così il santissimo amore lo fece veggente.
   Il timore di Dio che preserva dalle colpe dà vista sicura allo spirito dell'uomo, e lo spirito che "vede" non può non credere in Dio e nelle sue Parole, e così salvarsi da morte spirituale. Giovanni, il Precursore, predicava il timore di Dio per sgombrare le vie al Cristo che veniva a salvare il suo popolo. Gesù, il Salvatore, predicò l'amore per portare il suo popolo sulle vie della salvezza.
   Il timore sempre precede l'amore; è, dirò così, l'incubazione dell'amore, è la metamorfosi del sentimento in un grado più alto. Il timore è ancora dell'uomo, l'amore è già dello spirito. L'uomo che teme Dio è innegabilmente su via buona se il suo timore di Dio è giusto, ossia non è ignorante e sragionevole paura di Dio; ma però è sempre via battuta da chi non ha sprigionato ancora le ali per volare ad una conoscenza più alta di ciò che è Dio. Ossia: Misericordia e Amore. L'uomo che teme si sente ancora il "castigato" per la Colpa antica e per le sue attuali. L'uomo che ama si sente il "perdonato" per i meriti di Cristo e rivestito di essi, tanto che il Padre lo vede non più come suddito, ma come figlio. Buono il timore per tenere morso e redini alla materia, ma ottimo l'amore per mettere calore di santità nello spirito.
   Il colpevole col solo timore si pente, ma il suo pentimento è ancora muto e oscuro perché soffocato, come una fiamma sotto al moggio, dalla paura del Dio Giudice. Il colpevole che al timore congiunge l'amore ha sospiri, e la sua anima è già in una luce, che lo aiutano [i sospiri] a parlare, e [la luce] a vedere, al Padre e il suo stato spirituale, per cui non solo le colpe gravi ma anche le veniali e le imperfezioni si disvelano come basso strato di erba sotto alberi altissimi e, vedendo, può non solo risegare gli alberi ma anche strappare gli steli, facendo mondo il terreno per seminarvi le virtù grate a Dio.
   Il colpevole, poi, che ha l'amore come sua forza, non solo ha il pentimento perfetto, perché si pente non già per tema di castigo ma per spasimo di aver addolorato il suo amato Dio, ma ha nell'amore stesso la sua prima assoluzione. E, veramente, poche volte colui che ama con tutto sé stesso giunge alle colpe mortali. Solo un assalto improvviso e feroce di Satana e della carne lo possono abbattere per un momento. Ma generalmente l'amore preserva dal cadere, e tanto è più forte e altrettanto è più debole il peccare, sia in numero che in gravità, sino a ridursi il peccare, a ridursi in imperfezioni appena apparenti in coloro che hanno raggiunto l'assoluto nell'amore, e perciò la santità.
   Giovanni apostolo, il beato e amoroso Giovanni, vi dà nell'epistola la misura di ciò che può la carità, e le altezze che raggiunge, e, per contrapposto, vi fa vedere l'abisso in cui precipita chi non ha la carità. "Noi sappiamo di essere stati trasportati da morte a vita perché amiamo i fratelli".
   Da morte a vita! Che frase lapidaria, Maria! L'uomo è morto, è un morto se non ama. L'uomo risuscita e acquista vita, dopo esser stato un morto, se ama. Come questo miracolo? I poveri, i veri poveri del mondo, ossia quelli che non conoscono Dio, non possono comprendere questa verità e la deridono come parola di delirio. Ma chi crede, chi realmente crede, la comprende.
   Dio è Carità. Perciò chi ama è in Dio. Chi è Colui che dà o rende la vita? Dio. Sia che dal limo tragga l'uomo, e lo vivifichi con l'alito divino spirato sulla forma di creta, sia che cooperi alla procreazione degli uomini col creare un'anima per l'embrione animale che si è concepito in un seno; l'anima: la vita dell'uomo che non è un bruto e che, senza questa vita della sua esistenza, non sarebbe neppur materialmente vivo perché a lui, per esserlo, non basta avere il respiro come l'animale nelle narici, ma deve possedere questa spirituale gemma, questa vena spirituale che lo tiene congiunto al Seno Ss. del suo Creatore e nutrito di Lui che è Spirito e Luce e Sapienza e Amore. E sia, infine, che a colui che ha già reso la sua anima, Egli rinfonda detta anima risuscitandolo. È sempre il "Voglio" divino quello che fa vivere la creatura.
   Ma la creatura ha una vita nella vita: la sua anima. E questa, che non muore per la morte fisica, essendo immortale, può ben morire se, come ho detto sopra, si recide dal Seno del suo Signore. L'odio, qual che ne sia la forma e la testimonianza, è il coltello che recide il legame col Signore, e l'anima, separata dal suo Dio, muore.
   Perciò soltanto la carità fa, dei morti, dei vivi. Perché senza carità morti siete. E morti erano molti, i più, prima che la Carità fatta Carne venisse ad insegnare l'Amore come Salute.
   Perciò può ben dire Giovanni apostolo che i veri cristiani sanno di essere trasportati da morte a vita per la Carità che ha loro comandato di amare i fratelli sino all'olocausto, dando l'esempio dell'amore perfetto. Il comando d'amore, che i buoni accolgono, è come il soffio della vita ispirato sulla creta per farne l'Adamo, o il "fiat" che si ripete per ogni infusione d'anima in un germe d'uomo, e soprattutto come il grido del Risuscitatore: "Io te lo dico: alzati!" e il "Lazzaro, vieni fuori!" ai risuscitati di Palestina.
   Dio, che rientra con l'amore, riporta i morti a vita per l'amore. Ma chi non ama resta nella morte, ossia nel peccato, perché il peccato, in tutte le sue forme, è odio. Il figlio che non rispetta i genitori e li opprime di pretese e di egoismo, colui che nuoce al suo prossimo con la violenza, il furto, la calunnia, l'adulterio, è omicida. Non occorre uccidere per essere omicida. Anche chi fa morire di vergogna o di dolore, anche chi porta le anime alla disperazione per azioni che levano loro pace e fede e onore e stima, e mezzo di lavorare, e vivere, e far vivere ai suoi famigliari; anche chi porta con la sua ferocia sanguinaria o con la sottile persecuzione morale a disperare di Dio e a morire odiandolo, sono omicidi dei fratelli, ed è come tentassero di uccidere Dio, in una nuova Crocifissione, perché Dio è nei fratelli vostri e i vostri fratelli sono in Dio di cui sono figli, e l'omicida dei fratelli, colui che odia i fratelli materialmente o moralmente o spiritualmente, non colpisce essi solo, ma colpisce, attraverso essi, Dio, e come tutti i deicidi è un morto.
   Nel Regno di Dio i morti non entrano. Il Regno di Dio si inizia nello spirito dell'uomo sulla Terra con l'unione con Dio, si completa in Cielo col pieno possesso di Dio. Qui, sulla Terra, Dio in voi; in Cielo: voi in Dio. Ma Dio non entra nella putrefazione di morte, e la putredine di morte non entra in Cielo. Nella Gerusalemme eterna come non vi saranno templi "perché suo tempio è il Signore nel quale tutti saremo"; come non vi sarà bisogno di sole o di luna, perché suo splendore è Dio, e suo luminare l'Agnello; come non avrà porte, perché non ci sarà più nemico per Essa, né Tenebra ad odiarla, così non ci sarà in essa nessuno di impuro e corrotto, nulla di morto, ma solo coloro che avranno scritto il loro nome nel libro della Vita, ossia nella Carità che Vita è. "Da questo abbiamo conosciuto la carità di Dio: dall'avere dato la sua vita per noi".
   Ecco la misura del perfetto amore: l'immolazione. E Gesù-Amore ve l'ha data con Sé Stesso morto su un patibolo dopo avervi dato dottrina e miracoli, ossia ancora amore, ma non perfetto amore. La perfezione dell'amore è nel sacrificio. Egli stesso, alle soglie ormai della Passione, quando già poteva dire di aver finito la predicazione, quando avrebbe dovuto essere sconfortato perché al fiume delle parole dette non corrispondeva che un minuscolo ruscello di convertiti, esclamò: "Quando sarò innalzato da terra trarrò tutti a Me". Perciò il Cristo sapeva che solo l'immolazione avrebbe vinto gli ostacoli di Satana e della carne, e le parole sarebbero germinate sotto la pioggia del suo Sangue.
   L'immolazione. La generosità. Generosità materiale nelle opere di misericordia corporale. Generosità morale nelle opere di misericordia spirituale. Supergenerosità, perché spirituale, sapendo morire d'amore per dare vita agli spiriti dei fratelli morti nello spirito, comunicando la carità di cui sono privi. L'esempio è la più santa e attiva delle lezioni e l'azione è l'unica cosa vera. Perciò sappiate amare "con le opere e in verità", non solo a parole, e la carità di Dio sarà in voi.
   E tu, anima mia? Per te ecco l'epistola della S. Messa della vigilia di San Giovanni Battista2. Te ne ha già parlato il Signore molti mesi fa di questo brano di Geremia. Ma non ti farà male, per persuaderti che tu sei ciò che sei perché Dio vuole che ciò tu sia, ed è volontà di Dio, parola di Dio ciò che in te avviene e risuona, che tu rilegga le azioni che la Divinità compie per preparare le sue "voci".
   "Avanti di formarti nel seno di tua madre ti conobbi".
   Certo, anima mia! Dio non ignora le sue creature. Ne rispetta la libertà d'azione; sa per che vie passeranno per santificarsi o per dannarsi, vede ciò che sarà per loro causa di male o causa di bene, conosce già chi si immolerà nascostamente per contendere un'anima a Satana, al senso della creatura che possiede quell'anima, e coopera con le sue luci, ispirazioni e meriti di Gesù, a lottare contro Satana e il senso per salvare un suo figlio al Cielo. E Dio, per sua aspirazione di Padre, non avrebbe voluto che santi fra gli uomini. Ma il Male è contro il Bene, e se la battaglia aumenta i meriti del vincitore, è anche vero che la battaglia lascia molti deboli uccisi nel fango...
   Dio, prima ancora che tu fossi, ti conobbe. Conobbe la piccola Maria, la piccola "voce", tutta ardimento nella sua piccolezza, e per questo ti ha amato. Le operazioni di grazia che ha operato in te le conoscerai tutte quando sarai in Cielo. Ma credi al tuo angelo: come ogni battito di cuore spinge il sangue nelle vene del petto e lo muta in onde di latte nella madre amorosa, nutrice del suo nato, e dal capezzolo lo versa nella bocca dell'infante, e questo se ne nutre e cresce senza neppur sapere di trarre vita e crescita da quel liquido tiepido e dolce, così in te, a tua stessa insaputa, il Padre Ss. ha versato le sue operazioni e ti ha formata a ciò che sei ora. Ma anche: come il poppante sorride istintivamente alla mammella che lo nutre senza neppur sapere ciò che di preciso da essa gli viene, e tende ad essa le piccole mani e la bocca avida, così tu, istintivamente, hai teso a Lui te stessa e non hai voluto che Lui. Reciproca azione di amore che ha permesso a Dio di formarti, e a te di formarti, perché la riuscita del Volere di Dio ha sempre due fonti che la formano: il Suo amore e l'amore della creatura, fusi in un solo amore e desiderio: fare ciò che è buono.
   "Io non so parlare", disse Geremia. E tu dicesti e dici: "Io non sono degna. Perché a me? Possibile che il nulla sia scelto da Te?".
   E il Signore, a Geremia e a te: "Non dire così perché qualunque commissione ti affiderò tu la farai e dirai ciò che Io ti ordinerò. Non temere davanti agli uomini perché Io sono con te per liberarti".
   Oh! il Signore come si compiace dei nulla umili e ubbidienti! Non temere, anima mia, la tua "nullità" non sarebbe che capace di amare. Ma "il Signore stese la sua mano e toccò la sua 'Vittima' e ti disse: 'Ecco! Io metto le mie parole sulla tua bocca per il bene dei tuoi fratelli'".
   "Quando sarò innalzato trarrò tutti a Me", ha detto il Redentore.
   Tu hai chiesto e ottenuto la croce, e innalzata su essa hai sperato, col tuo sacrificio, di attirare tanti al Signore. E il Signore non questa sola calamita, ma anche l'altra: la Parola, ti ha dato, per attirare i fratelli a Dio.
   Resta sulla croce, sino alla fine, e attira i fratelli a Dio, soffrendo e ricevendo le parole, morendo ad ogni attimo e dando, ad ogni attimo, per amore, con amore, con un amore che nessun sgomento vince: "Perché l'amore totale è più forte della morte e le acque non lo possono estinguere né i fiumi sommergerlo".
   Non sia neppur scosso il tuo né dalle apatie degli uomini, né dal livore di Satana.
   Resta là dove Dio ti ha tratto: nel suo amore. E non temere perché Egli, prima ancora che tu lo invochi, agisce, liberando l'anima tua da chi ti perseguita.
   Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo».


   1 la bella fede del Battista, nell'episodio del battesimo di Gesù al fiume Giordano, è rilevabile non tanto dal racconto del Vangelo quanto piuttosto dal capitolo 45 dell'opera L'Evangelo come mi è stato rivelato.

   2 di San Giovanni Battista è scritto di S.G.B. La lettura della Messa in memoria della sua Natività, al 24 giugno, era da Isaia 49, 1-3.5-7, cui si collegano i passi di Geremia 1, 5.9, che si leggevano nel Graduale della stessa Messa. I concetti ivi espressi si trovano applicati alla missione della scrittrice in un "dettato" del 9 ottobre 1943, nel volume I quaderni del 1943.