MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 29


Dodicesima domenica dopo Pentecoste


1 settembre 1946

   Introito: Salmo 70 (69), 2-4.
   Orazione: O Dio onnipotente e misericordioso, che ai tuoi fedeli concedi il favore di prestarti degno e lodevole servizio, concedici, te ne preghiamo, di correre senza inciampi verso ciò che hai promesso.
   Epistola: 2 Corinzi 3, 4-9.
   Graduale: Salmo 34 (33), 2-3; 88 (87), 2.
   Vangelo: Luca 10, 23-37.
   Offertorio: Esodo 32, 11.13-14.
   Segreta: Riguarda propizio, te ne preghiamo o Signore, le ostie che presentiamo sui sacri altari, e fa' che ci ottengano il perdono e rendano onore al tuo nome.
   Comunione: Salmo 104 (103), 13-15.
   Dopocomunione: La santa partecipazione a questo mistero ci vivifichi, te ne preghiamo o Signore, e ci ottenga perdono e protezione.
  

   Dice Azaria:
   «Uniamoci all'altare dove in quest'ora (sono le 15,30 pom.) si celebra una S. Messa1. Consolante pensiero! Non c'è un momento nelle 24 ore che in un punto del globo non sia consumato il Sacrificio eterno. Come più grande questa celebrazione continua dell'Agnello divino dall'immolazione, che stupisce gli uomini di ora, delle ostie animali nel Tempio sul Moria!
   Ma non ti voglio stancare, anima mia, appena uscita da una agonia tanto profonda, vittima con la Vittima per i peccati del mondo. E non ti parlo che dell'epistola. Ma in compenso, per fartela comprendere, ti faccio considerare qualche versetto che precede l'epistola di oggi e la chiarifica.
   Ascolta. "Ma grazie sian rese a Dio che ci fa sempre trionfare in Cristo Gesù e per mezzo nostro spande in ogni luogo il profumo della sua conoscenza. Noi siamo infatti davanti a Dio il buon odore di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono, per questi un odore di morte che dà la morte, per quelli un odore di vita che dà la vita".
   Ecco ciò che sono i servi di Dio, i suoi strumenti nelle diverse missioni alle quali Dio li consacra. Sia che siano apostoli o vittime, sia che siano dottori o fedeli, sia che siano "voci", devono essere gli altari dell'incenso e dell'olocausto dai quali deve esalare a Dio non già l'odore di Paolo o di Pietro, di Benedetto o Bonaventura, di Maddalena o Teresa, di Maria, te, o di altri, ma unicamente il profumo di Cristo. Spargerlo in onore a Dio, spargerlo per profumare i fratelli e impregnarli di esso. Apostoli o vittime, strumenti o voci, i servi di Dio devono essere talmente un'unica cosa col Cristo Gesù da portarlo fra gli uomini in una perpetua incarnazione, onde il mondo lo conosca e di libera volontà si dia vita o morte, accettando o respingendo il Signore senza poter dire a sua scusa: non lo abbiamo conosciuto.
   Paolo chiede: "E per tali cose chi di noi più adatto?".
   Infatti chi, se non coloro che per amore tutti si consacrano al servizio di Dio, sono indicati a compiere questo lavoro? Non già quelli che lo fanno per abitudine o per necessità, non già quelli che lo fanno per forza - e ci sono anche questi - non già quelli che lo fanno per riflessione umana, ma soltanto quelli che lo fanno per amore, con una immolazione conosciuta soltanto da Dio e dagli angeli, possono profumare il mondo, perché l'odore dell'olocausto non si sprigiona quando esso è ancora lontano dal sacrificatore e dall'ara, ma quando ha già subìto il martirio e si consuma totalmente, ardendo fra le fiamme del rogo.
   Chi, se non coloro che fanno il sacrificio mossi soltanto da amore, di modo che non si permettono di adulterare la parola di Dio per averne un utile, ma "nella sua purezza, come viene da Dio, la danno ai fratelli", anche se da questo viene a loro dolore e astio di coloro per i quali la parola di Dio diviene morte, non ricevendola essi con amore, ma schernendola come pazzia?
   Paolo, parlando a nome degli Apostoli di cui è l'ultimo, per partecipazione al corpo apostolico, ma non è ultimo veramente per valore, dice: "Siete voi la nostra lettera... conosciuta e letta da tutti gli uomini, essendo noto che voi siete una lettera di Cristo redatta da noi, scritta non con l'inchiostro ma con lo spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole vive dei cuori di carne".
   E queste parole, che sono di Paolo, sono in realtà parole dello Spirito di Dio, il quale a voi si rivolge, o strumenti di Dio, parlando per le labbra dell'Apostolo: "Voi siete una pagina vivente del Cristo redatta da Noi: Padre, Figlio, Spirito Santo, col nostro Spirito, sul vostro stesso cuore". Ecco ciò che siete, veri strumenti di Dio.
   E voi questo lo dovete credere, non già per gloriarvene, ma per riconoscere l'opera del Signore in voi e dargliene lode, e avere culto del dono che ricevete, e usarlo con venerazione e giustizia per voi e per i fratelli, perché col dono Dio vi dà le capacità di trattarlo, e queste capacità si perdono soltanto quando uno strumento decade per superbia, menzogna, disubbidienza, egoismo.
   Molti, troppi si credono maestri soltanto perché conoscono le parole. Ma non è il conoscere le parole quello che vivifica, è saperle far vivere in voi. Molti si gloriano di essere i "dottori" perché portano la veste di dottori e spregiano chi non l'ha, e vorrebbero imporre silenzio a chi parla in nome di Dio. Ma quale è la mano che può interdire allo Spirito del Signore di parlare negli esseri che sanno essere spirituali nel dare e nel ricevere, nell'imparare e nel praticare?
   E qui leggiamo la considerazione paolina. "Se il ministero di morte... fu circondato di tal gloria... di quale maggior gloria non dovrà essere circondato il ministero dello Spirito?".
   Ma questo andrebbe detto ai negatori e ai derisori, a coloro che credono poter dire a Dio: "Perché a questo [che è] nulla, e non a noi?". E a questi risponderà il Signore un giorno, e sarà tardi per loro.
   Tu, anima mia, lascia pur cadere tutto quanto potrebbe esser gloria caduca, e veglia e veglia su ciò che è dono incorruttibile e gloria che rimane. Veglia e veglia onde non sia profanato, alterato, umiliato ciò che viene da Dio. Tu al tuo dovere sino all'ora di nona e all'ultimo palpito, essi ai loro fumi. E morendo riaffida al Signore il dono dicendo: "Nelle tue Mani affido il mio spirito e la parola del tuo Spirito perché Tu li salvi da corruzione e smembramento".
   Sta' in pace. Dio è con te».

 
  1 S. Messa, che a quel tempo si celebrava nel corso della mattinata e mai di pomeriggio o di sera. Solo portandosi idealmente in vari punti del globo si poteva trovare, per il cambiamento del fuso orario, la celebrazione in ogni momento del giorno e della notte.