MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 32


Quindicesima domenica dopo Pentecoste


22 settembre 1946

   Introito: Salmo 86 (85), 1-4.
   Orazione: La tua misericordia, o Signore, purifichi e protegga continuamente la tua Chiesa e, giacché senza di te non può sussistere, sia sempre governata dalla tua grazia.
   Epistola: Galati 5, 25-26; 6, 1-10.
   Graduale: Salmo 92 (91), 2-3; 95 (94), 3.
   Vangelo: Luca 7, 11-16.
   Offertorio: Salmo 40 (39), 2-4.
   Segreta: I tuoi sacramenti, o Signore, ci custodiscano e ci difendano sempre dai diabolici assalti.
   Comunione: Giovanni 6, 51 (volgata 52).
   Dopocomunione: La virtù del dono celeste s'impossessi, te ne preghiamo o Signore, delle nostre anime e dei nostri corpi, in modo che non domini più in noi il nostro senso, ma sempre l'effetto del sacramento.
  

   Dice Azaria:
   «Anima mia, come un viandante che passando per via incontra un oggetto repellente, ma dopo il primo involontario sguardo passa oltre, senza soffermarsi a considerare, e si lascia alle spalle la ripugnante vista, sforzandosi di neppur più ricordarla, fissando invece i fiori, le piante, i buoni viandanti che incontra, così fa' tu dopo questa nuova dolorosa conoscenza di ciò che si cela in certi cuori, e guarda avanti, guarda le buone cose di Dio, i buoni fratelli, guarda il tuo Signore in cui confidi. Lasciati alle spalle anche il ricordo delle doppiezze, degli interessi, degli egoismi, delle avidità, delle superbie, del disamore celato sotto un falso scenario di amore. Lascia nel fango ciò che è fango, e procedi, e apri le ali, alzati, vola dove l'Amore ti vuole, allietati nel tuo Signore, e con l'ilare e attiva carità dei figli di Dio prega per la Chiesa di Dio nella quale tanto è il bisogno di Grazia.
   Grazia è Salute, Sapienza, Amore. Ora molto è più necessaria alla Chiesa, nei suoi membri preposti alla cura delle anime, più Amore e Sapienza che Scienza. Ma abbonda questa a scapito delle altre cose. E la luce spirituale si spegne, sostituendosi ad essa il rossastro bagliore dei loro fuochi umani. Offri tutto il tuo dolore e il tuo disgusto, tutto il tuo sacrificio e il tuo perdono, perché la Grazia rianimi i troppi spiriti languenti che sono nel Sacerdozio.
   Sarai più beata per questo che per quello che ti darebbe e ti darà la tua missione di portavoce. È un dono questo che tu ricevi. Il tuo amore, dolore, disgusto, sacrificio, perdono, sono invece doni che tu dai. E tu lo hai sentito1 il Ss. Signore Gesù dire: "Dare è più grande che ricevere".
  Ricevere impone anche un peso di obblighi. Dare è alleggerimento allo spirito, è mettere le ali e accendersi dei fuochi celesti. Dài dunque senza misura e, per la promessa che non è menzogna, "misura traboccante ti sarà versata in grembo" qui e ti coprirà di luce beata nell'altra vita.
   Tu vedi! Essi sanno a memoria le parole ispirate e quelle evangeliche. Sanno a memoria ciò che è lettera, ma non possiedono lo spirito della lettera. E perché questo, questo che impedisce loro di procedere su vie di reale giustizia? Perché la volontà è fiacca in loro - parlo di quella spirituale - la Grazia è ostacolata, anche quando non è messa in fuga da vere e proprie colpe, da spirito di vanagloria. Vanagloria della carica ricoperta, vanagloria della parola facile nella predicazione, vanagloria sopraesistente ad un inizio reale di virtù poi rilassate, ma che hanno creato una fama di santità che è accettata da chi ne ha fruito anche dopo che la virtù è sminuita, e persino vanagloria della propria prestanza fisica, vanagloria del sapere acquisito. Quanta vanagloria! Vanagloria dei successi ottenuti, delle chiese costruite, dei conventi fondati, vanagloria, vanagloria, vanagloria.
   "Se viviamo di spirito, camminiamo secondo lo spirito, senza provocarci o invidiarci a vicenda", dice l'Apostolo nell'Epistola di oggi.
   Confrontiamo le azioni. Da un lato sei tu, col tuo disinteressato spogliarti di ciò che ti poteva dar gloria anche umana. Su questo ti ha tentato2 Satana più e più volte. Su te, di mente e posizione elevata, non poteva tentare che questo, e lo ha fatto. Su te, in ristrettezze e bisognosa di cure, era facile assalire suscitando la paura del domani e prospettando l'utile di una pubblicazione tua. Ecco che il Tentatore per farti cadere ha stuzzicato il tuo morale e il tuo materiale: l'orgoglio della mente, il bisogno della carne. Avessi accettato il suo maledetto consiglio, mentendo a Dio e agli uomini, e rubando a Dio, tutto sarebbe finito. Non hai mai riflettuto che il vero Vangelo ordinato è cominciato dopo che tu hai superato le tentazioni in tal senso di appropriazione indebita, di scopo di lucro e gloria? Prima hai dovuto vincere, e poi avere.
   Ora osserviamo l'altro lato. Senza merito alcuno da parte loro, a loro Dio offerse un dono3, un grande dono, mettendo alcune clausole. Se avessero meditato le parole di accompagnamento al dono, avrebbero compreso che non era che la prova del loro spirito. Severo l'accenno all'altro Ordine al quale il tuo spirito tendeva e tende per vera vocazione che un imperscrutabile pensiero di Dio ti ha contrastato. Perché, ti chiedi, io, francescana nello spirito sin dalla fanciullezza, così totalmente francescana, fedelmente francescana, per quanto un deplorabile disinteresse dei tuoi confratelli non si occupi di te, ho dovuto subire l'imposizione di un altro Terz'Ordine, non chiesto? Perché non sono stata neppure interrogata in una cosa di così grande importanza? Il tuo perché continuo quando baci i due scapolari. Il perché lo saprai in Cielo. Dio si usa di terzi per provare i primi, ricordatelo sempre. E in questa frase è la spiegazione quale la puoi avere per ora.
   Severo l'accenno all'altro Ordine. Li avrebbe dovuti far meditare. E meditare li avrebbero dovuti fare le clausole unite al dono condizionato ad esse. Non hanno meditato. La vanagloria li ha presi nei suoi tentacoli, ne ha strozzato la carità, la giustizia, il discernimento, l'ubbidienza. Li ha fatti crudeli, invidi, provocatori e torturatori di un'innocente.
   Parla a te, Paolo, o parla a loro? A loro parla, come a quelli che dovrebbero essere maestri nello spirito. Tu non puoi parlare ad essi. Ognuno al suo posto. Parlano, attraverso a te, ad essi la Sapienza e le tue azioni, e non servono. Ma Paolo, l'Apostolo delle Genti, può parlare ad essi. Caritatevole, ma fermo, egli dice loro: "Se uno fosse caduto in qualche fallo... istruitelo con spirito di dolcezza".
   Ecco un loro errore nell'errore di giudizio che non è sincero. Dicono che tu puoi essere ingannata? Ma allora perché, con amore, non ti mostrano in che? Perché? Perché non è vero il loro asserto, e non hanno base per provare le loro dimostrazioni. E a questo primo errore di volerti mortificare, per non confessare che Dio ti ha amata straordinariamente, ecco che uniscono quello di essere senza dolcezza con te.
   "E bada bene a te stesso, che tu pure non sia tentato". Oh! quanto la carità mi fa tacere in questo senso. La disubbidienza alla parola di Dio, l'arroganza e il disordine verso le regole canoniche e i presuli delle diocesi, la vanagloria di sentirsi e mostrarsi dotti di sapienza e spiritualità non propria, non sono forse state le tentazioni accolte da essi e divenute loro seconda natura?
   "Portate gli uni i pesi degli altri, e così adempirete la Legge di Cristo". A te, sopraffaticata dalla tua missione, Gesù Ss. non voleva dare altri pesi, e ad essi aveva consegnato ciò che tu non potevi portare perché lo portassero, da tuoi buoni fratelli. Essi non lo hanno voluto, e anzi, rigettandolo sulle tue spalle, lo hanno aggravato delle loro azioni. La carità è così perita.
   "Se uno crede di essere qualcosa, mentre non è nulla, questi illude sé stesso". L'Unico che è, è Dio. Gli uomini, tutti, sono ciò che Dio e la loro volontà vogliono. Dio sceglie i suoi strumenti e i suoi servi. Se essi rispondono alle chiamate e agli ordini di Dio allora si mutano in ciò che Dio vorrebbe che fossero. Quelli che si gloriano di essere qualcosa o sono illusi e rientrano nella classe di "coloro che non sanno ciò che fanno", oppure sono scientemente colpevoli di rivestirsi di meriti non loro, e sono dei satana.
   Agli illusi Paolo consiglia: "Ciascuno esamini le proprie opere e avrà così da gloriarsi soltanto in sé stesso e non per altri, perché ciascuno porterà il suo peso". Gloriarsi in sé stesso dell'aiuto che Dio gli ha dato, della missione che gli ha presentato, eleggendolo con speciale amore, e della sua propria rispondenza alla volontà del Signore. Non d'altro gloriarsi. E umiliarsi riconoscendo i propri errori, causa delle proprie sventure e delle altrui, e dolersi non delle sventure proprie che sono espiazione all'errore, ma di aver danneggiato il prossimo.
   Agli avari e invidi, che avidamente prendono e del preso fanno uso ingiusto, Paolo dice: "Chi è catechizzato… faccia parte dei suoi beni a chi lo catechizza".
   Il primo verso il quale essi hanno obbligo di far parte è colui che disinteressatamente, sentendosi gerarchicamente inferiore, ha loro dato. E se anche egli non ha bisogno della Parola, ché la riceve direttamente, di molte altre cose ha bisogno da chi è suo superiore gerarchico. E non è valido agli occhi di Dio la loro storpia giustificazione: "Egli ha già Dio che lo dirige". Mai dalla voce di Dio fu detto: "Costui non ha bisogno del sacerdote perché Io lo istruisco e curo".
   Quando mai il Cristo ha detto ai suoi lebbrosi guariti: "Non vi occorre andare dal Sacerdote perché Io, direttamente, ho constatato che siete mondati"? E quando mai il Cristo ha detto: "Non vado al Tempio perché Io non ho bisogno di esso per essere nella Legge e con Dio"? Cristo ha sempre indicato il Tempio e il Sacerdozio come tramite fra gli uomini e Dio. Chi si ricusa di tutelare un'anima perché Dio la usa è un disertore nella propria milizia.
   "Non vogliate ingannarvi"! Oh! Che vale il dire: "Ora noi siamo quelli che diciamo queste cose"? Anche certi strumenti e certi animali ripetono le parole che vengono loro insegnate o trasmesse. Ma sono forse gli strumenti e gli animali quelli che hanno creato quelle parole con un loro proprio pensiero? Il meccanismo o la pappagallesca loquela possono dire: "Ciò che dico è mio"? Ingannare sé stessi e gli uomini che vale, quando dal Cielo c'è chi vi guarda e vede anche il più piccolo dei vostri pensieri?
   Volete schernire Iddio? Pensate poter falsificare le sue parole e credere che Egli non le riconosca? Volete schernirlo?
   Dio non si irride! Non appoggiatevi sul pericoloso e presuntuoso sostegno di questo pensiero: "Fino ad ora ho fatto ciò che ho voluto, anche contro ciò che si diceva volere di Dio, e non me ne è venuto del male, ma anzi sempre più del benessere". Non sapete ciò che vi può portare il minuto che segue. E, dopo i molti minuti della Terra, c'è un'eternità per scontare le irrisioni date a Dio e le durezze date ai fratelli. Nell'eternità si miete ciò che qui si è seminato. Per questo si dovrebbe instancabilmente fare opere di spirito e fare perciò il bene se non si vuole poi mietere triboli per i fuochi purgativi o, non lo voglia Iddio, per i bracieri infernali. Fare il bene sinché avete tempo di farlo. Tutti, e specie quelli che sono rivestiti di una veste che li fa osservare dal mondo, da questo mondo che perisce più per lo spegnersi delle luci preposte ad illuminare che non per le dottrine perverse suscitate da Satana.
   Questo dice Paolo ai suoi successori: i maestri di spirito. Ma a loro è inutile dirlo. A te l'ho detto, perché senta il dovere di intensificare sempre più preghiera e sacrificio per essi, e perché tu possa dire parole giuste - te le ho indicate - a chi si interesserà al tuo caso.
   Fidati del tuo compagno angelico. Io ti tengo per mano, ti proteggo sotto le mie ali, ti purifico l'aria che il tuo spirito respira e che le altrui azioni rendono acre e malsana. E cantiamo insieme, nella gioia di fare, tu e io, il nostro dovere: "È bello dar lode al Signore, cantare inni al suo nome per proclamare al mattino la sua misericordia e la sua fedeltà durante la notte. È bello dar lode a Colui che ci ascolta, ci posa sulla roccia, e guida su vie sicure".
   Questo, anima mia, è il nuovo cantico che Dio ti pone sulle labbra con la liturgia di oggi.
   Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo!».

 
   1 lo hai sentito è detto in riferimento all'opera L'Evangelo come mi è stato rivelato, che più di una volta riporta tale sentenza di Gesù, come si rileva in una nota nel capitolo 411 (volume 6°). 

  2 ti ha tentato, come si legge, per esempio, nel volume I quaderni del 1944 sotto la data del 27 agosto. 

  3 dono… clausole… accenno all'altro Ordine… sono argomenti di uno scritto che si può leggere nel volume I quaderni del 1944 sotto la data del 15 ottobre.