MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 36


Diciannovesima domenica dopo Pentecoste


20 ottobre 1946

   Introito: Io sono la salute del popolo, dice il Signore; da qualunque tribolazione grideranno a me, li esaudirò, e sarò il loro Signore in eterno. - Salmo 78 (77), 1.
   Orazione: O Dio onnipotente e misericordioso, allontanaci placato ogni avversità, affinché liberi nell'anima e nel corpo attendiamo con libertà di spirito al tuo servizio.
   Epistola: Efesini 4, 23-28.
   Graduale: Salmo 105 (104), 1; 141 (140), 2.
   Vangelo: Matteo 22, 1-14.
   Offertorio: Salmo 138 (137), 7.
   Segreta: Fa', te ne preghiamo o Signore, che questi doni, da noi offerti agli occhi della tua maestà, ci riescano salutari.
   Comunione: Salmo 119 (118), 4-5.
   Dopocomunione: La tua azione medicinale, o Signore, ci liberi benignamente dalle nostre malvagità e ci faccia sempre seguire i tuoi comandamenti.
  

   Dice Azaria:
   «Quanto affanno è nell'uomo per la propria salute e prosperità! Se si considera con attenzione, l'uomo è tormentato e legato da quest'ansia perenne, come un galeotto al suo banco. È un'ossessione che leva alla vita anche quel poco di felicità materiale che la buona salute o i buoni affari possono dare. La paura del domani! Lo spavento delle malattie! L'incubo di una possibile perdita di denaro, dell'impiego, dell'azienda, il terrore di sconvolgimenti meteorologici per le campagne, di epidemie per gli allevatori di animali, di rivolte operaie per gli industriali, di rivolte nazionali per la maggioranza del popolo.
   E l'uomo, che non può fare nulla contro queste cose immateriali in sé stesse, sebbene compiute da forze materiali, l'uomo che non può respingere il microbo, il furto, il licenziamento, il fulmine, la grandine, il vento, il terremoto, la morìa, la rivolta, vive col capestro al collo della sua paura. Questo vivere senza pace è conseguenza dell'aver fatto del materialismo la legge della vita. Se l'uomo fosse spirituale, nei suoi affetti e pensieri, non tremerebbe così. Per prima cosa: perché alzerebbe lo sguardo a Dio, pregandolo; seconda: perché direbbe: "Questo è il passaggio, il Cielo è la mèta. Il passaggio sarà penoso, ma la mèta è luminosa e gaudiosa. Sopportiamo oggi per godere domani, in eterno. Tremiamo soltanto di perdere la mèta e non di perdere qualcosa nel passaggio, qualcosa che non potremo portare di là, nella mèta. Industriamoci soltanto con la costanza e la fede, con la carità, con la speranza e le altre virtù, a costruirci il tesoro da portare con noi nel luogo di mèta! E confidiamo nel Signore che dice: 'Io sono la salute del popolo, da qualunque tribolazione grideranno Io li esaudirò'".
   Ma la richiesta che è nell'Orazione come si può conciliare con l'offerta delle anime vittime? Io parlo a te perché lo sei, come lo sono tutte le piccole voci, e attraverso a te parlo alle altre anime vittime. Come potete voi dire la preghiera dell'Orazione se vi siete offerte all'immolazione e se Dio vi ha accettate? Farete un cammino all'indietro, allontanandovi dal vostro luogo di supplizio? Supplicherete forse il Padre di rendervi salute, benessere, affetti, tutto quanto gli avete offerto per essere vittime? Oppure non pregherete dicendo queste parole? No. Potete dirle. Ma elevando tanto alto il vostro spirito da chiedere il perfetto, ossia che Dio vi "allontani placato ogni avversità spirituale affinché, liberi nell'anima (dalle tentazioni e turbamenti) e nel corpo (dalle paure del domani e dagli appetiti naturali della carne, appetiti che non è peccato sentirli ma è merito non accontentarli), possiate attendere con libertà di spirito al servizio di Dio". Diviene preghiera perfetta, tutta soprannaturale, angelicale, tanto è superiore al comune pregare dell'uomo, nel quale le preoccupazioni materiali causano il 98% delle sue preghiere.
   E meditiamo Paolo che continua ad enumerare le condizioni per essere realmente dei cristiani. Rinnovarsi nello spirito della mente. Ossia assumere un pensiero che contempli e giudichi eventi e azioni da subire o da fare da un punto di vista soprannaturale.
   L'uomo, anche cattolico, non si sforza a vivere e ad agire nella morale cristiana. Vive in un continuo compromesso fra il cristianesimo e la carne, il cristianesimo e il mondo, il cristianesimo e Satana, dimentico di una grande parola: "Non si possono servire contemporaneamente due padroni". Invece l'uomo serve più padroni: sé stesso, il mondo, Satana. Può mai allora essere di Dio se è già di tre Mammona esigenti e feroci?
   Come l'uomo si rende e resta schiavo di questi Mammona? Assumendo sin dalla fanciullezza i pensieri della carne, del mondo, di Satana. Li assorbe anche senza avvertirli, per spirito imitativo, da ciò che lo circonda e che soltanto eccezionalmente è perfetto, anche nel nucleo principale che è la famiglia. Ma, divenuto maturo, capace perciò di distinguere completamente ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è spirito del secolo e ciò che è spirito soprannaturale, ciò che è cristianesimo e ciò che non lo è, il cristiano, che vuole essere realmente tale, ha il dovere di rinnovarsi nello spirito della mente, di rivestirsi dell'uomo nuovo, che è quello nato dalle conseguenze del sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo, l'uomo nuovo, creato, ricreato nella giustizia e nella vera santità. E come è quest'uomo nuovo? Sincero come lo fu Gesù Cristo anche di fronte al pericolo di morte per dire la verità. Perché la sincerità è uno dei caratteri principali di Gesù Cristo, ed Egli lo ha imposto come uno dei caratteri principali ai suoi seguaci dicendo: "Il vostro parlare sia sì, sì; no, no".
   Ed è logico che così sia. Gesù Cristo è l'Antagonista di Satana. Satana è Menzogna. Gesù Cristo è Verità. Può mai uno che si dice di Cristo assumere il carattere di Satana? Perciò l'uomo rinnovi il suo pensiero con una fedeltà eroica alla sincerità. Sincerità con tutti e in tutti i casi, senza riflettere a possibili utili venienti dal mentire e a possibili danni venienti dall'essere sinceri. Come una lebbra è la bugia, e sempre più si aggrava dopo la prima macchia. Nessuno vorrebbe essere lebbroso. Nessuno voglia essere bugiardo. La menzogna è, oltre che danno a sé stessi, danno al proprio spirito, e anche danno ai fratelli. Sia che voi mentiate con loro, ingannandoli sul conto di altri, o su vostri sentimenti, sia che voi diciate falsa testimonianza, calunnia o mormorazione, sia che, per non farveli nemici, voi non diciate loro: "Tu sbagli per questo e questo. Tu hai questo e quel difetto", voi danneggiate i fratelli che sono "membra" con voi, e perciò devono servire ad essere servite da altre membra, così come avviene nel vostro corpo, con mutuo scambio di aiuti e funzioni fra organi e membra.
   Se vi adirate, guardatevi dal peccare. Convivere è tanto difficile in una società in cui virtù è eccezione e vizio è regola. Se fosse virtù la regola, sarebbe dolce il convivere fra voi. Ma domina il vizio multiforme, il peccato settemplice, regnano gli egoismi, ed è brutto e difficile vivere. Il prossimo si procura a vicenda continui motivi di inquietudine.
   Osservate però come è equilibrato l'Apostolo nell'esigere la virtù dai cristiani. Non impone una virtù inumana, impossibile, quale sarebbe quella di non inquietarsi per nessun motivo. Anche se l'inquietudine non trabocca e [non] passa a manifestazioni palesi, un'offesa, una disubbidienza, un inganno, non possono che turbare la quiete del cuore, agitarlo, sommuoverlo. Ecco che sorge uno sdegno per il colpevole che ha offeso, disubbidito, tradito. È umano.
   Però nel vero cristiano, essendo più forte lo spirito che la carne, presto il movimento umano si placa e, fermo restando l'amaro della esperienza fatta, si perdona, non si reagisce verso chi ci ha procurato questa amara esperienza, e nessuna vendetta viene fatta verso il colpevole. Ecco allora che, come dice Paolo: "Se vi adirate potete e dovete non peccare". Non si può impedire all'io di soffrire per un'offesa ricevuta, ma ciò non è peccare. Peccare è quando si ribatte offesa a offesa mancando alla carità.
   Il sole non tramonti sull'ira vostra. Ricorda la parola evangelica: "Se mentre sei per fare la tua offerta all'altare ti ricordi che tuo fratello è teco irato, posa l'offerta ai piedi dell'altare e va' prima a riconciliarti col fratello". Il sacrificio del vostro risentimento, se siete voi gli offesi, della vostra superbia se siete gli offensori, vale ben più del sacrificio materiale e della preghiera macchinale. E nulla è l'offerta o la preghiera, e anche il Sacramento, se non è preceduta dalla carità che è perdono e umiltà. Il sole non tramonti sulla vostra ira. Sì. Come raccomandarsi a Dio nella preghiera della sera, quella preghiera santa e atta ad allontanare i fantasmi della notte e le suggestioni sataniche, così acute in quelle ore, se avete in voi Satana avendo del rancore verso chi vi ha offeso o danneggiato? Come dire la Orazione delle orazioni se non perdonate? "Come noi li rimettiamo ai nostri debitori", dite. Ma se non perdonate, non rimettete niente. Perdonate dunque giornalmente ciò che giornalmente di male vi viene fatto. Né fate posto al diavolo. Sì, chi non perdona non ama, chi non ama scaccia Dio e accoglie Satana. È una verità poco meditata ma verissima.
  Chi rubava non rubi più. In quanti modi si può rubare te lo ha già detto1 il Ss. Signore Gesù. Molti si ribellerebbero se venisse detto loro: "Siete ladri", e infatti non hanno rubato un soldo o un acino d'uva mai. Ma il ladrocinio non è solo di monete o di cibi o di gemme. E i ladri sono molto più numerosi di quel che non si creda. Ladri morali senza numero, ladri spirituali su doni spirituali avuti da un terzo. Veramente in troppi non ricordano e non meditano che il decimo comandamento ordina di non desiderare la roba d'altri. Ora: se è già peccato desiderare, non sarà furto prendere ciò che è d'altri, sia che sia un affetto umano (la moglie altrui, sedurre la figlia altrui e strapparla al suo dovere di figlia), sia che sia un impiego, sia che sia un dono di Dio, col vestirsene come di gloria propria, magari denigrando chi lo ha avuto da Dio per persuadere altri che non può essere esso il beneficato, tormentandolo, facendolo dubitare della sua ragione e della sua anima, dell'origine del dono, e così via, per poi godere della sua eredità come di cosa propria? Sì. Questo è furto, e aggravato da menzogna e premeditazione. E guai a chi lo compie. Solo una sincera confessione del peccato, una restituzione e rintegrazione del preso o del menomato, può ottenere perdono.
   "Ma faccia qualche onesto lavoro per aiutare i bisognosi", consiglia l'Apostolo. Lavoro onesto! Quanto avrei da dire! Ma tu comprendi e io tacerò, e ambedue perdoniamo per amore alla carità e perché io possa sollevare il mio spirito e tu il tuo come il sacrificio della sera a spargere odor gradito ai piedi di Dio. Spiriti puri da ogni più lieve nube contro la carità, profumati di pazienza e mansuetudine, aromatizzati da perdono, sempre, sempre.
   Sempre così, anima mia, e allora, pur continuando ad andare fra le tribolazioni, o anima vittima che sali da anni il tuo calvario, e sempre su sentiero più arduo quanto più sei vicina alla vetta e alla consumazione, Dio sarà con te e ti conforterà, stendendo la sua mano a difesa tua contro i tuoi suppliziatori o avversari, perché non vadano oltre il limite. Quel limite che Dio sa, che la sua prudenza vuole rispettato. Perché pretendere di ferire e di combattere oltre sarebbe tentare le forze della tua anima, e questa è imprudenza che Dio non permette.
   Dio permette le prove per dare maggior beatitudine, ma non permette i capricci e le voglie ingiuste, perché vuole la salvezza e non la morte degli spiriti, e specie di quelli che si sono generosamente dati per la sua gloria.
   E termino con l'augurio liturgico: "Possa la tua condotta seguire sino alla fine i santi voleri di Dio".
   Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo».

 
  1 lo ha già detto, in alcuni discorsi riportati nell'opera L'Evangelo come mi è stato rivelato, per esempio in quello del capitolo 131 (volume 2°).