MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 41


Ventiquattresima domenica dopo Pentecoste


24 novembre 1946

   Introito: Salmo 85 (84), 2; Geremia 29, 11-12.14.
   Orazione: Eccita, te ne preghiamo o Signore, la volontà dei tuoi fedeli, in modo che producendo con più ardore il frutto dell'opera divina, ricevano dalla tua pietà rimedi in maggiore abbondanza.
   Epistola: Colossesi 1, 9-14.
   Graduale: Salmo 44 (43), 8-9; 130 (129), 1-2.
   Vangelo: Matteo 24, 15-35.
   Offertorio: Salmo 130 (129), 1-2.
   Segreta: Sii propizio, o Signore, alle nostre preghiere e, accettando le offerte e le suppliche del tuo popolo, rivolgi a te il cuore di tutti noi, in modo che, liberati dalle cupidigie terrene, non abbiamo che desideri di cielo.
   Comunione: Marco 11, 24.
   Dopocomunione: Concedici, te ne preghiamo o Signore, che per questi sacramenti da noi ricevuti col beneficio della loro virtù medicinale, venga sanato ciò che è di vizioso nell'anima nostra.
  

   Dice Azaria:
   «Nell'Orazione della Messa propria di S. Giovanni della Croce1 è compendiata, con poche parole, tutta la teoria per essere perfetti cristiani: rinnegare sé stessi e amare la Croce. Il santo Dottore e Riformatore del Carmelo è grande in Cielo per avere saputo fare queste due cose in modo perfetto.
   Poco sarebbe stato aver riformato le antiche Costituzioni. Anche i capi delle Nazioni riformano le Costituzioni degli Stati. Ma pochi di essi sono santi. Anche i padroni di un'azienda riformano gli usi e costumi del lavoro. Ma pochi di essi sono santi.
   E ugualmente poco, anzi men che nulla, più ancora: causa di condanna, sarebbe stata per S. Giovanni della Croce aver scritto i trattati di mistica, se alle parole non avessero corrisposto le sue azioni. Anche gli scrittori scrivono pagine morali per fare brillare la figura di un personaggio o di più personaggi dei loro libri, ma poi, nella vita quotidiana, conducono una vita che è l'antitesi della tesi morale che hanno sostenuta nel loro libro. Perciò non sono santi, pur avendo scritto pagine morali e anche mistiche. Il loro non è stato profumo della loro vita che esala in parole, convinzione della loro mente che si fissa sulla carta, ma unicamente pezzo di bravura formato per averne plauso e guadagno. Sono perciò degli istrioni. Questo soltanto.
   Se S. Giovanni della Croce avesse scritto quei lavori di mistica unicamente per capacità di scrittore e poscia fosse stato un tiepido, anche solamente un tiepido, avrebbe scritto da sé la sua condanna ad una pena più o meno lunga. Perché la Giustizia gli avrebbe chiesto: "Perché sei stato ipocrita? A te non giova la scusa che hanno gli ignoranti del non conoscere. Tu hai conosciuto l'amore e lo hai descritto, ma poi non ne sei stato arso. Perciò va' ad imparare ad amare e ad essere sincero".
   Ma S. Giovanni della Croce riformò eroicamente sé stesso prima che altri, e praticò la perfezione che descriveva per lasciare un codice di perfezione alle anime. E per questo fu grande, per questo è santo.
   E per le stesse ragioni ogni cristiano può essere santo: rinnegando sé stesso, ossia riformando l'io umano in un io spirituale perfetto, e amando la Croce. Senza imitazione del Divino Crocifisso non si può riformare sé stessi, e senza amore alla croce non si può operare trasformazione dell'io. Perché riformare l'io vuol dire lavorare di cesoie e di cauterio sulla pianta ribelle dell'umanità, lavorarvi non una ma cento e mille volte, perché essa è pianta ribelle che dai luoghi stessi delle amputazioni getta nuovi polloni, o respinge gli innesti che la costringono a cambiare natura e a stare soggetta al volere del più alto: lo spirito.
   In quanto ti ho detto, riferendomi al Santo oggi commemorato, non vi è forse già trattato ciò che dice l'Epistola? Quell'epistola scritta tanti secoli prima della venuta di S. Giovanni della Croce, ma che illustra le virtù del cristiano e indica quali vie sono da tenersi per avere le virtù sempre secondo una linea. Perché la verità non muta. Essa è quella che è oggi, come era venti secoli or sono, e come sarà l'ultimo giorno. Non c'è che una via per giungere al Cielo. Quella del rinnegamento di sé stessi e dell'amore alla croce. Via che è, come dice Paolo: sapienza e intelligenza spirituale e conoscenza della volontà di Dio.
   Conoscenza di questa divina Volontà che vi propone, e anche vi impone, ogni cosa al fine di potervi dare gloria e gioia, e sapienza e intelligenza spirituali, che si sviluppano rigogliose dal rinnegamento di tutto ciò che appesantisce lo spirito, e dalla meditazione amorosa del Modello Divino che rinnegò sé stesso sino alla morte di croce, vi concedono di "diportarvi in maniera degna di Dio", in modo da piacergli in ogni azione, facendo azioni che abbiano a frutto la vita eterna oltre la vita, e la virtù a sostegno e a sigillo. Oh! la gioiosa e attiva vita di quelli che sanno rinnegare sé stessi e amare la croce!
   È simile ad una feconda giornata di primavera nella quale tutto coopera a far aprire fiori sulle piante e a fecondarli perché non sia vana fioritura. Dall'una azione altre se ne creano, da un sacrificio si suscita un perfezionamento. Da un palpito d'amore ne viene un amore al sacrificio. Da un amore al sacrificio un'azione d'amore. Da un'azione d'amore un coraggio a maggior rinnegamento e a più grande imitazione del Crocifisso Divino. È una catena. Gli anelli si saldano agli anelli, si seguono sempre più robusti, sempre più nella luce, nell'alto, verso Dio, la Patria, la gioia. E l'artefice della sua perfezione procede: ringraziando Dio Padre di "farlo degno di partecipare alla sorte dei santi" che vivono nella Luce qui e godono della Luce nel Cielo, liberi dalle seduzioni delle Tenebre, perché le Tenebre non trovano dove appigliarsi per nuocere in un cuore che ha amputato sé stesso di tutti i punti di presa atti al Grande Nemico per entrare e rovinare.
   Coraggio, Maria. Sino all'annichilimento assoluto della creatura perché la causa di Dio trionfi. E la sua gloria aumenti di molti altri spiriti, sui quali il Sangue di Cristo attende di scendere per redimere e perdonare.
   Ricordati che le piccole voci, che sono sempre anime vittime, sono anche dei piccoli Mosè. E la sorte dei Mosè è di pregare sul monte, mentre gli atleti del Signore combattono fra i nemici del Signore per la sua gloria.
   La gloria di Dio viene dalla conoscenza di Dio. Dove è ignoranza di Dio non vi è neppure la sua gloria, perché l'ignoranza combatte il Signore perché non lo conosce. Non conoscendolo non lo ama e non ne ricerca le parole. Vive perciò nel peccato più per ignoranza che per volontà di peccare.
   Aiuta con tutta te stessa gli atleti che vengono a combattere Satana e l'ignoranza, le eresie e le tiepidezze. Il tuo Amore, Gesù Ss., attende anche da te un'offerta di anime. Piccola voce, piccola ostia, sii anche una piccola missionaria, sostenendo i missionari coi tuoi sacrifici.
   A gloria del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo».

 
   1 S. Giovanni della Croce, mistico e poeta spagnolo, primo carmelitano scalzo, dottore della Chiesa (1542-1591). La sua festa liturgica si celebrava il 24 novembre, che in quell'anno coincideva con la 24ª ed ultima domenica dopo Pentecoste. L'Orazione della Messa propria recitava: O Dio, che hai reso esimio il tuo fedele servo S. Giovanni nell'amore alla croce e nell'abnegazione di se stesso, concedici d'imitarlo per giungere poi con lui all'eterna felicità. La lettura, comune dei Dottori, era da 2 Timoteo 4, 1-8.