MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 43


Immacolata Concezione e seconda domenica d'Avvento


8 dicembre 1946

   Immacolata Concezione di Maria
   Introito: Salmo 30 (29) 2; Isaia 61, 10.
   Orazione: O Dio, che con l'immacolata Concezione della Vergine preparasti una degna dimora al tuo Figlio, fa', te ne preghiamo, che, come in previsione della morte dello stesso tuo Figliuolo la rendesti immune da ogni macchia, così, per intercessione di Lei, ci conceda di venire a Te purificati.
   Lettura: Proverbi 8, 22-35.
   Graduale: Giuditta 13, 18 (volgata 13, 23); 15, 9 (volgata 15, 10); Cantico dei cantici 4, 7.
   Tratto: Giuditta 15, 9 (15, 10); Salmo 87 (86), 1-3.5; Cantico dei cantici 4, 7.
   Vangelo: Luca 1, 26-28.
   Offertorio: Luca 1, 28.
   Segreta: Accogli, o Signore, l'ostia di salute che ti offriamo nella solennità dell'immacolata Concezione della beata Vergine Maria e fa' che, come cantiamo lei immune da ogni macchia perché prevenuta dalla grazia, così per sua intercessione siamo liberati da ogni colpa.
   Comunione: Cose gloriose sono dette di te, o Maria: perché grandi cose ha compiuto in te colui che è potente.
   Dopocomunione: I sacramenti che abbiamo ricevuti guariscano in noi, o Signore Dio nostro, le ferite di quella colpa dalla quale in modo singolare hai preservato l'immacolata Concezione della beata Maria.
  

   Seconda domenica d'Avvento
   Introito: Salmo 80 (79), 2; Isaia 30, 30.
   Orazione: Eccita, o Signore, i nostri cuori a preparare le vie del tuo Unigenito, affinché per la sua venuta meritiamo di servirti con anima purificata.
   Epistola: Romani 15, 4-13.
   Graduale: Salmo 50 (49), 2-3.5; 122 (121), 1.
   Vangelo: Matteo 11, 2-10.
   Offertorio: Salmo 85 (84), 7-8.
   Segreta: Làsciati placare, te ne preghiamo o Signore, dalle nostre umili suppliche e dalle nostre offerte e, siccome non abbiamo alcun sostegno di meriti, soccorrici coi tuoi aiuti.
   Comunione: Baruc 4, 36; 5, 5.
   Dopocomunione: Saziati dal cibo del nutrimento spirituale, ti supplichiamo umilmente, o Signore, ad insegnarci, con la partecipazione di questo mistero, il disprezzo delle cose terrene e l'amore delle celesti.
  

   Dice Azaria:
   «Meditiamo cantando le glorie di Maria Ss. La S. Messa di questa festività è tutta un inno alla potenza di Dio e alla gloria di Maria. Mettiamoci, per ben comprenderla questa liturgia di luce e fuoco, nei sentimenti della Regina e Maestra di ogni creatura che ami il Signore.
   Regina e Maestra! Degli uomini. Ma anche degli angeli. Vi sono misteri che voi non sapete, che non ci è concesso di svelare completamente. Ma sollevarne un velo è concesso perché qualche anima molto amata ne goda. Ed io lo sollevo per te. Un lembo di velo. Dall'ostacolo rimosso ti si concederà di affissare lo sguardo spirituale sull'infinita Luce che è il Cielo, e nella Luce meglio comprenderai. Guarda, ascolta e sii beata.
   Quando il peccato di Lucifero sconvolse l'ordine del Paradiso e travolse nel disordine gli spiriti meno fedeli, un grande orrore ci percosse tutti, quasi che qualcosa si fosse lacerato, si fosse distrutto, e senza speranza di vederlo risorgere più. In realtà ciò era. Si era distrutta quella completa carità che prima era sola esistente lassù, ed era crollata in una voragine dalla quale uscivano fetori d'Inferno.
   Si era distrutta l'assoluta carità degli angeli, ed era sorto l'Odio. Sbigottiti, come lo si può essere in Cielo, noi, i fedeli al Signore, piangemmo per il dolore di Dio e per il corruccio suo. Piangemmo sulla manomessa pace del Paradiso, sull'ordine violato, sulla fragilità degli spiriti. Non ci sentimmo più sicuri di essere impeccabili, perché fatti di puro spirito. Lucifero e i suoi uguali ci avevano provato che anche l'angelo può peccare e divenire demonio. Sentimmo che la superbia poteva, era latente, e poteva svilupparsi in noi. Tememmo che nessuno, fuorché Dio, potesse resistere ad essa se Lucifero aveva ad essa ceduto. Tremammo per queste forze oscure che non pensavamo potessero invaderci, che potrei dire: ignoravamo che esistessero, e che brutalmente ci si disvelavano. Abbattuti, ci chiedevamo, con palpiti di luce: "Ma dunque l'esser così puri non serve? Chi mai allora darà a Dio l'amore che Egli esige e merita, se anche noi siamo soggetti a peccare?".
   Ecco allora che, alzando il nostro contemplare dall'abisso e dalla desolazione alla Divinità, e fissando il suo Splendore, con un timore sino allora ignorato, contemplammo la seconda Rivelazione del Pensiero Eterno. E se per la conoscenza della prima venne il Disordine creato dai superbi che non vollero adorare la Parola Divina, per la conoscenza della seconda tornò in noi la pace che si era turbata.
   Vedemmo Maria nel Pensiero eterno. Vederla e possedere quella sapienza che è conforto, sicurezza e pace, fu una sola cosa. Salutammo la futura nostra Regina con il canto della nostra Luce, e la contemplammo nelle sue perfezioni gratuite e volontarie. Oh! bellezza di quell'attimo in cui a conforto dei suoi angeli l'Eterno presentò ad essi la gemma del suo Amore e della sua Potenza! E la vedemmo umile tanto da riparare da sé sola ogni superbia di creatura.
   Ci fu maestra da allora nel non fare dei doni uno strumento di rovina. Non la sua corporea effige, ma la sua spiritualità ci parlò senza parola, e da ogni pensiero di superbia fummo preservati per aver contemplata per un attimo, nel Pensiero di Dio, l'Umilissima. Per secoli e secoli operammo nella soavità di quella fulgida rivelazione. Per secoli e secoli, per l'eternità, gioimmo e gioiamo e gioiremo del possedere Colei che avevamo spiritualmente contemplata. La Gioia di Dio è la nostra gioia e noi ci teniamo nella sua Luce per essere di essa compenetrati e per dare gioia e gloria a Colui che ci ha creati.
   Ora dunque ripieni dei suoi stessi palpiti meditiamo la Liturgia che parla di Lei.
   "Con gioia". Carattere della vera umiltà è la vera gioia che nessuna cosa turba.
   Chi è umile in modo relativo ha sempre un motivo di turbamento anche nei suoi più schietti trionfi. Il vero e completo umile, invece, non ha turbamento di sorta. Quale che sia il dono o il trionfo che lo riveste di speciale veste, egli è gioioso e non teme, perché sa e riconosce che quanto lo fa diverso dai più non è cosa che egli si è fatta con mezzi umani, ma è cosa che viene da altre sfere e che nessuno gli può rapire. La contempla e considera come vestimento di gran valore che gli è stato dato per portarlo un tempo e che deve essere usato con quella cura che si ha per ciò che non è nostro e va reso senza lesioni a chi lo ha donato.
   Sa anche che questo rivestimento regale, non chiesto per avidità di apparire, gli è stato dato da una Sapienza infinita che ha giudicato bene di darlo. Non c'è dunque affanno per ottenerlo o per conservarlo. L'umile che è veramente tale non brama cose straordinarie e non si turba se chi ha dato leva. Dice: "Tutto è bene perché la Sapienza così vuole". Perciò l'umile è sempre nella gioia. Perché non brama, perché non è avaro di ciò che gli viene dato, perché non si sente menomato se gli vien tolto.
   Maria Ss. ebbe questa gioia. Dal suo nascere al suo assurgere la ebbe sulla Terra, anche fra le lacrime del suo lungo Calvario di madre del Cristo, anche sotto il mare di strazio del Calvario di suo Figlio. Ebbe, nel suo dolore che non fu simile a nessun altro, la gioia esultante di fare, sino al sacrificio totale, ciò che Dio voleva, ciò che Dio le aveva significato di pretendere da Lei da quando l'aveva rivestita con le vesti della salvezza e coperta col manto di giustizia come sposa ornata di gioielli.
   Misura quale caduta sarebbe stata quella di Maria se, avendo avuto la Concezione Immacolata, la giustizia, e ogni altro gioiello divino, avesse calpestato ogni cosa per seguire la voce dell'eterno Corruttore? Ne misuri la profondità? Non ci sarebbe più stata redenzione per gli uomini, non più Cielo per gli uomini, non più possesso di Dio per gli uomini. Maria vi ha dato tutto questo perché con la vera gioia degli umili ha portato le sue vesti di Beneamata dall'Eterno e ha cantato le lodi di Lui, di Lui solo, pur fra i singhiozzi e le desolazioni della Passione.
   Ha esultato! Che profonda parola! Ha sempre esultato magnificando con lo spirito il suo Signore, anche quando la sua umanità conosceva lo scherno di tutto un popolo, ed era sommersa e torchiata dal suo dolore e dal dolore della sua Creatura. Ha esultato pensando che quel suo dolore, quel dolore del suo Gesù, dava gloria a Dio salvando uomini a Dio.
   Sopra i gemiti della Madre, sopra i suoi lamenti di Donna, cantava la gioia del suo spirito di Corredentrice. Cantava con la sommissione a quell'ora, con la speranza nelle parole della Sapienza, con l'amore che benediceva Dio di averla trafitta.
   La lunga passione di Maria ha completato Maria, unendo alle grandi cose che Dio in Lei aveva fatte, le grandi cose che Ella sapeva fare per il Signore. Veramente mentre le sue viscere di Madre gridavano lo strazio della sua tortura, il suo spirito fedele cantava: "Io ti esalto, o Signore, perché mi hai protetta e non hai permesso che i miei nemici potessero rallegrarsi a mio riguardo".
   Vedi che umiltà? Chiunque altro avrebbe detto: "Sono contento di aver saputo rimanere fedele anche nella prova. Sono contento di aver fatto la Volontà di Dio". Non sono queste parole di peccato. Ma un filo di orgoglio è ancora in esse. "Io sono contento perché ho fatto". L'iodella creatura che si sente autore unico del bene compiuto. Maria Ss. dice: "Io ti esalto perché Tu mi hai protetta". Dà a Dio il merito di averla tenuta santa in quelle ore di lotta.
   Dio aveva preparata una degna dimora al suo Verbo. Ma Maria ha saputo serbare quella dimora degna di Dio, che in Lei doveva incarnarsi. Imitatela, o creature. In misura minore, come si conviene a voi, che non dovete concepire il Cristo, ma per quanto vi è necessario a portare il Cristo in voi, Dio vi dà i mezzi ed i doni atti a fare di voi dei templi e altari. Imitate Maria, sapendo serbare la dimora del vostro cuore degna del Santo che chiede di entrare in voi per godere di voi e vivere fra i figli degli uomini, da Lui amati senza misura.
   E se non avete saputo imitarla, e la vostra dimora è ormai una dimora profanata o smantellata dai troppi che l'hanno abitata, ricostruitela in Maria, che è l'amabile e instancabile Madre che genera i figli al Signore, perché attraverso a Maria si va alla Vita, e perciò chi è languente o morto, e non osa alzare gli occhi al Signore, può tornare vivo e gradevole all'Eterno se entra nel Seno, nel Cuore che hanno dato al mondo il Salvatore.
   Il Signore Gesù ti ha spiegato1 la luce del capitolo sapienziale. Io non mi permetto di parlare dove Egli ha parlato. Ma a conferma del mio dire ti faccio notare le parole che la Sapienza applica a Maria: "La mia delizia è stare coi figli degli uomini". Con questi figli, che le sono costati tanto pianto. Ma è delle vere madri piangere e amare, e amare per quanto si è pianto, amare tanto da portare all'amore, piangere tanto da convertire i perversi. Perché troverebbe delizia a stare fra gli uomini questa Benedetta la cui dimora è ab eterno il Cielo, questa Benedetta che ebbe ad abitazione il Seno meraviglioso di Dio, e che fu abitazione a Dio, questa Benedetta il cui Popolo è quello degli Angeli e dei beati, se non per ricostruire i poveri cuori che il mondo e Satana, che la carne e le passioni hanno devastato? Perché troverebbe delizia, se non perché stando fra voi vi ripartorisce a Dio?
   Sentitela cantare nella sua luce di perla: "Beati quelli che battono le mie vie". Le vie di Maria finiscono nel Cuore di Dio. "Ascoltate i miei consigli per diventare saggi, non li ricusate". Una Madre, e santa quale Ella è, non può che dare parole di vita. Ma considerate quanto, nella già piena di Grazia, e perciò di Sapienza, avrà lasciato la Parola portata per nove mesi nel seno, e sul seno per tanti anni. Sul seno nell'infanzia e puerizia, e nella morte, nel Cuore purissimo per 33 anni. Mai è stato inerte Dio-Figlio per la sua amabile Madre. Mai, Egli che non è mai inattivo neppur coi colpevoli uomini. Perciò tutta la Sapienza si è fusa con tutta la Purezza, e Maria non può che parlare con la parola di Dio, con quella parola che il Cristo ha detto Vita di chi l'ascolta. Canta Maria, Lei che sa ciò che è in Lei: "Beato l'uomo che mi ascolta e veglia alla mia porta e attende all'ingresso della mia casa". Abitacolo di Dio, Ella sa che chi in Lei entra trova Dio. Ossia, così come Ella canta: "Chi troverà Lei avrà trovato la Vita e riceverà dal Signore la salute".
   Veramente chi vive in Lei ha salute, vita, sapienza, gloria, letizia e onore perché Ella è tutto questo, avendo le sue radici in Dio stesso, fondata come è sul monte di Dio per esserne il Tempio, amata più di ogni altra creatura dal Signore Altissimo, dovendo Essa in eterno essere la Madre dell'Uomo.
  Oh! parola poco meditata, meno ancora compresa, nella quale è compendiata tutta la figura di Maria. Cosa è Maria? È la Riparatrice. Ella annulla Eva. Ella riporta le cose sconvolte al punto dove erano quando le sconvolse il Serpente maligno ed Eva imprudente. L'angelo la saluta: "Ave". Si dice che Ave è il capovolgimento di Eva. Ma Ave è ancora un'eco che ricorda il Nome Ss. di Dio, così come lo ricorda ancor più vivamente, e come te l'ho spiegato2, il nome del Verbo: Jeoscué.
   Nel tetragramma sacro che i figli del Popolo di Dio avevano formato per pronunciare nel segreto tempio dello spirito l'irripetibile Nome, già è "Ave". Il principio della parola con cui Dio mandò a far della Tutta Bella la Santa Madre e Corredentrice. Ave: quasi che, come realmente avvenne, Egli, annunciandosi col suo Nome, entrasse a farsi carne in un seno, nell'Unico Seno che poteva contenere l'Unico.
   Ave, Maria, Madre dell'Uomo come Eva, più di Eva, che hai riportato l'uomo, attraverso all'Uomo, alla sua Patria, alla sua eredità, alla sua figliolanza, alla sua Gioia.
   Ave, Maria, Seno di santità in cui è rideposto il seme della Specie, perché l'eterno Abramo abbia i figli di cui l'invidia satanica lo aveva fatto sterile.
   Ave, Maria, Madre Deipara del Primogenito eterno, Madre pietosa dell'Umanità, lavata nel tuo pianto e nel Sangue che è tuo sangue.
   Ave, Maria, Perla del Cielo, Luce di Stella, Bellezza soave, Pace di Dio.
   Ave, Maria piena di Grazia in cui è il Signore, mai divisa da Lui che in Te prende le sue delizie e i suoi riposi.
  Ave, Maria, Donna benedetta fra tutte le donne, amore vivente, fatta dall'Amore sposa all'Amore, Madre dell'Amore.
   In Te purezza, in Te pace, in Te sapienza, in Te ubbidienza, in Te umiltà, in Te perfette le tre e le quattro virtù...
   Maria, il Cielo delira d'amore nel contemplare Maria. Il suo canto aumenta sino a note incomparabili. Nessun mortale, per santo che sia, può comprendere cosa sia per tutto il Cielo Maria.
   Tutte le cose sono state fatte per il Verbo. Ma anche tutte le opere più grandi sono state fatte dall'Amore Eterno in Maria e per Maria. Perché Colui che è potente l'ha amata senza limite, e l'ama. E la Potenza di Dio sta nelle sue mani di Giglio purissimo per essere sparsa su chi a Lei ricorre.
  Ave! Ave! Ave! Maria!...».
  

   Messa seconda d'Avvento.
   «Ave Maria, attraverso la quale il Signore viene a salvare le nazioni e a far intendere la gloria sua nella letizia del Salvatore concesso al mondo.
   La liturgia della S. Messa della seconda domenica di Avvento si affianca molto bene alla liturgia della S. Messa propria dell'Immacolata Concezione, perché è ancora per Maria che il Salvatore viene a salvare i popoli e ad essere l'Agnello che è pastore, e Pastore buono, venuto a guidare i giusti nei pascoli del Signore. I giusti, ombreggiati in Giuseppe, mite e giusto come pecorella ubbidiente ad ogni comando dell'Eterno, Supremo Pastore dei popoli.
   Ed è ancora per Maria che i poveri e deboli uomini riescono ad ottenere i mezzi di salute e le ricchezze eterne. Giovanni precorse il Cristo preparandogli le vie. Maria precorre il Cristo preparandogli la via nei vostri cuori. Aprite il cuore a Maria, mettete il vostro spirito nelle sue materne mani perché essa lo prepari alla Divina venuta. Imitate Maria in questo tempo di Avvento, e sarete pronti a ricevere il Natale ed i suoi frutti soprannaturali in modo degno dell'elogio angelico.
   Paolo dice che tutto quanto è stato scritto per farvi sapienti nel Signore, è stato scritto perché si conservi la speranza. Quale speranza? Quella delle promesse divine. Ma le promesse, che sono certe - e perciò bisogna, più ancor che sperare: credere, assolutamente credere che si compiranno - avranno compimento se voi saprete perseverare e operare con pazienza e con la forza che viene dalle consolazioni, di cui è ripiena la Scrittura, nelle diverse contingenze della vita.
   Perché questa vita è lotta continua, sempre nuova, piena di incognite e di sorprese, lotta che stancherebbe anche un eroe, se questo non fosse sorretto da qualcosa più che terreno. Questo qualcosa è Dio e la sua Legge, e le sue promesse, è la certezza della vita futura, la fede certa che l'Uomo che si è immolato per voi non poteva che essere che Dio, perché nessuno, che non sia stato Cristo, ha mai saputo vivere e morire come Egli visse e morì. Queste le cose che alimentano le forze di voi, lottatori al presente, vincitori domani. Queste le certezze e consolazioni che il Dio della pazienza e delle consolazioni vi infonde perché sappiate lottare con Cristo e per il Cristo, giungendo alla gloria che per il Cristo potete avere.
   E con la fede e la speranza ecco, nelle parole di Paolo, ancora ricordata la carità, senza la quale ogni altra cosa è vana. Anche la vita di più austera virtù sarebbe vana se non fosse congiunta alla carità. Colui che praticasse le più austere penitenze, che fosse temperante, onesto, continente, che credesse in Dio, che sperasse in Lui, che fosse osservante dei Comandi e Precetti, ma che non amasse il suo prossimo, mortificherebbe le sue virtù in modo tale da espiare ben lungamente il suo peccato di egoismo.
   Santo l'amore a Dio, santa l'ubbidienza ai precetti, santa la temperanza e buona l'onestà. Ma se non vi è amore al prossimo, non è tutto ciò come un albero troppo mortificato che resta solo duro tronco, senza rami né foglie, senza fiori né frutti, inutile al viandante accaldato che cerca l'ombrìa o il riparo dall'acquazzone, inutile allo sconfortato che dalla vista dei suoi fiori trae quasi una parola di speranza per l'avvenire, inutile all'affamato che non può sostenere le languenti forze con il frutto colto ai suoi rami e sentire che c'è un Dio che veglia sui bisogni dei figli, inutile persino all'uccello che invano cerca un rifugio contro il tronco spoglio? Veramente la rigida virtù che è priva di amore è una triste visione di tronco poderoso, ma brullo e destinato a morire. È egoismo ancora. È ancora fariseismo. È un paganesimo che si sostituisce al vero culto. Perché la vera Religione si appoggia sulle due colonne dei due amori di Dio e di prossimo, e tutto l'edificio è precario se sostenuto da una sola colonna, disarmonico sempre.
   La Legge è di amare Dio e di amarsi fra fratelli, accogliendosi gli uni gli altri, sorreggendosi, istruendosi, compatendosi come Cristo fece.
   Tu, piccola voce, vedi come Cristo amasse i circoncisi, perché loro diritto di essere amati essendo del Popolo della promessa, e gli incirconcisi, come era suo diritto di amarli, essendo il popolo nuovo del Re dei re. Tanto li ha amati che i primi ne fecero un ingiusto capo di accusa contro di Lui, così come ora i "circoncisi" di ora, quelli che per essere, o per credersi d'essere gli eletti fra le nazioni, delle pagine che rivelano l'impareggiabile amore del Maestro divino per i Gentili se ne fanno scandalo e oggetto di negazione.
   Non comprendevano i rabbi di allora, e non comprendono i rabbi di ora, la suprema carità che vede negli uomini tanti fratelli e che li ama, se sono santi e del popolo di Dio perché tali; e li ama, se non sono santi, per farli tali.
   Io ti dico però con Paolo che questi ultimi, dei tempi d'ora, superano nell'amore che rendono all'amore quelli che si credono i perfetti. Sempre così, ora come 20 secoli fa. I sapienti insapienti, ossia quelli che sanno la lettera ma non lo spirito di essa, non sanno comprendere, e credere, e accettare che Gesù Cristo, il Salvatore, è venuto, e viene, più per i Gentili che per i suoi, più per le pecore senza pastore, o per quelle inselvatichite, o anche ferite e rognose, che per le 99 pecorelle già in salvo nel suo Ovile.
   Gesù Cristo è stato, è, e sarà, Colui che è Salute per tutti quelli che lo sanno cercare o desiderare.
   Or dunque senza differenza per quelli che sono del gregge e per quelli che non lo sono, sappiate amare, soffrire, operare, pensando che 20 secoli or sono il Cielo si è aperto per concedere non a Betlem o a Nazaret o a Gerusalemme o all'intera Palestina, all'ancor più vasto Israele disseminato per il mondo, il Salvatore e Maestro, ma per darlo a tutti gli uomini.
   Questo è lo spirito di preparazione alla venuta del Cristo, suprema carità di Dio: uno spirito di amore universale perché tutti gli uomini vadano al Regno di Dio, alla casa del Padre.
   A te, poi, spetta un compito d'amore più grande ancora, e tu sai perché e per chi. Ma non ti sconforti la grandezza dell'amore che ti si chiede. Tanto è quello che hai ricevuto. Sii dunque generosa nel dare. Nel dare in tutti i modi. Sino alla consumazione totale. Sii eroica. Sei vittima. Sii eroica. Il tempo passa e la pace viene. Sii eroica. Dopo, tutto ti parrà così poco rispetto a ciò che avrai.
   Alza il tuo spirito! Guarda la gioia che ti viene dal tuo Dio, guarda il tuo Dio che è la tua gioia, e che viene a te per confortarti.
   Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo».

 
 1 ti ha spiegato, in vari punti dell'opera L'Evangelo come mi è stato rivelato, cominciando dai capitoli 1, 5 e 6 nel volume 1°.

  2 te l'ho spiegato, nella lezione sulla Messa della festa di Cristo Re. Il tetragramma, che significa "quattro lettere", era il non pronunciabile nome ebraico di Dio formato di quattro consonanti: Jhwh.