MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 158


27 ottobre 1943

   Dice Gesù:
   «Vi è battesimo[490] e battesimo, figlia che amo. Tutti voi che siete cattolici avete il Battesimo che lava la colpa d’origine e che dovrebbe avere le stesse conseguenze di santità per tutti, se tutti miraste al Cielo in luogo di essere confitti con gli occhi dello spirito e con le radici del vostro essere nel fango della Ter­ra.
   Il Battesimo, sacramento da Me istituito in luogo del battesimo di Giovanni precursore, ha in sé tutti gli elementi per portarvi alla santità. Vi dà la Grazia e chi ha la grazia ha tutto.
   Ma siete voi che della Grazia non tenete conto e la gettate come inutile dono. Fra il severo dovere per essere fedeli a questa Grazia, la quale altro non è che Dio in voi con tutti i suoi doni, e il facile compromesso con la carne ed il sangue, col denaro, col Male pur di godere, o credere di godere durante quei pochi attimi di eternità che sono la vostra vita della Terra, voi preferite il compromesso.
   Quando il Figlio di Dio, Colui che vi ama, viene fra le turbe segnate del suo indelebile segno, quel segno che è più glorioso di una corona regale perché vi dà una regalità ultraterrena di figli e eredi dell’Altissimo Re, trova che pochi hanno lottato contro l’istinto e contro Satana, o lavato le macchie di Satana e dell’istinto col pentimento, in modo da avere terso e operante quel segno di predestinazione. A quei pochi, i diletti del Cuore mio, Io, Figlio di Dio al quale ogni potere di giudizio è deferito[491] dal Padre, vengo ad impartire un battesimo di fuoco ardente, che arde e consuma in loro ogni umanità per fare libero lo spirito e renderlo capace di ricevere lo Spirito che parla.
   Selezione severa e elezione dolorosa nel suo gaudio. Poiché chi non è mondo, chi non è mantenuto o reso mondo dall’amore e dal pentimento, non può essere accettato per mio grano. La pula sterile e vuota, il loglio e la cuscuta dannosa, gli inutili viticci parassiti saranno separati dal mio rigoroso esame.
   La pula sono gli orgogliosi: orgogliosi di cuore o di pensiero per la loro scienza razionalizzante e errata, i farisei e gli scribi del tempo attuale. Il loglio e la cuscuta, i ribelli alla Legge e gli avvelenatori dei cuori: i corruttori, gli scandalosi per i quali meglio sarebbe stato se fossero stati espulsi dal seno materno già estinti. I viticci sono i deboli, i tiepidi che vogliono beneficiare della comunione dei santi ma senza sforzarsi di dare ad essa il contributo della benché minima fatica. Sono i pigri dello spirito, coloro che hanno sempre bisogno di sprone, di sostegno, di calore per vivere la loro povera vita spirituale; senza i coefficienti di diversi aiuti, striscerebbero al suolo incapaci di tendersi al cielo e sarebbero calpestati dal Maligno: calpestati, dico, non colti. Sono sprezzati anche da esso. Non se ne cura perché sa che da se stessi si dànno la morte dell’anima.
   Elezione dolorosa perché bisogna, come spiga destinata a divenire farina di Dio, accettare i colpi della trebbia, l’immolazione della macina, la purificazione del frullone, ossia dolori, dolori, dolori, mortificazioni, ascetismo senza misura.
   Oh! per essere farina da ostie occorre sapersi far spogliare di ogni impurità dall’amore. Nessun’altra cosa come l’amore è assoluta nell’operare questa depurazione della vostra personalità per renderla atta a vivere in Cielo.
   Ma pensa, anima mia, pensa dopo tanto dolore a come ti parrà bello il mio Paradiso. Tutto l’amaro, che qui bevi per amore del tuo Re, lo troverai lassù mutato in dolcezza. Tutte le ferite, che qui t’hanno straziata, là saranno gemme eterne. Tutto il dolore sarà gioia.
   Il tempo passa, ad ogni attimo passa. Io resto e con Me resta la mia Eternità. Ed Io ed essa saremo il tuo dono, quello che ti sei guadagnato col tuo amore e col tuo dolore. Un’eternità di luce e di sempiterna gioia. Un’eternità con Dio, con Dio, Maria.
   Pensa questo sempre. Anelerai al dolore come all’aria che respiri.»

   Più tardi, verso notte

   Dice Gesù:
   «“Aprimi, mia diletta. Il tuo Sposo ti chiede d’entrare. Alla tua bocca che tanto aveva desiderio di esser baciata ho concesso di baciare, alle tue braccia che tante volte erano state strette dal braccio dell’Amore ho dato di stringere l’Amore”. Questo è il canto[492] di questa mattina.
   Lo vedi se Chi ti ha dato il giglio sa darti tutto quanto desideri? Ho dato Me, Giglio nato da Maria che è Giglio immacolato. Ora sono insieme a te in Corpo ed Anima, in Sangue e Divinità. Sono con te come su un altare.
   Qui, nella tua camera dove splende la tua fede più di una lampada e profuma il tuo amore più di un incenso, come nella grotta di Betlemme ho messo la mia cuna, la mia piccola cuna che contiene Me grande come in Cielo. Anche nel frammento più minuscolo Io sono come in seno al Padre e intorno a Me sono gli angeli che adorano. La tua fede ti fa credere questo, e per questa fede che tu sia benedetta.
   Ti voglio dire un segreto. La santa che ami fin dalla fanciullezza: Maria di Magdala,[493] penitente ormai nelle terre di Francia e sola fra le rupi, sapeva astrarre lo spirito, preso nel gorgo dell’amore, tanto da mandarlo là dove Io ero nelle sacre Specie. E questo suo desiderio, di adorarmi nel Sacramento come m’a­veva adorato vivente sulla Terra, mi commuoveva più ancora delle sue penitenze.
   Troppo poco sono adorato dai cristiani, dai cavillatori che per adorarmi hanno bisogno di più di un apparato. Oh! ma amatemi solo per forza d’amore! Vedetemi e credetemi solo per forza di fede! Sappiate che non ho avuto adorazioni più vive di quelle dei volontari reclusi o esiliati nelle celle e nei deserti, e che non ho avuto altare più degno di quello del piccolo Tarcisio[494] imporporante del suo sangue i sacri lini.
   Per trovare qualcosa di più perfetto dovete pensare agli ineffabili trasporti di mia Madre curva sulla mia cuna o al palpitante altare, più candido del giglio e fatto luminoso dall’a­mo­re, del suo corpo castissimo portante Me o delle sue braccia, del suo seno, fatti guanciale ai sonni del Dio Bambino.
   Maria: sii Maria. Maria adoratrice del Pane vivo disceso dal Cielo, della Carne e del Sangue del Figlio di Dio e di Maria, come lo fu la Madre nostra. Chiedile di insegnarti i suoi eucaristici ardori.
   Maria, fa’ della tua casa una Nazareth e una Betania. Già lo è, poiché Io vi sono, e più rendila tale con un amore totale al tuo Gesù eucaristico. Non è di ostacolo la malattia al cuore amante. Infinite sono le chiese dove sono solo. Vieni col tuo spirito in esse. Supplisci alle altrui mancanze d’amore.
   Impara da Me a dire[495]: “Ho ardentemente desiderato. Ho ardentemente desiderato di venire a Te, Gesù che stai tutto solo su tanti altari, per dirti che ti amo con tutta me stessa. Ho ardentemente desiderato di vederti, o mio eucaristico Sole. Ho ardentemente desiderato di consumare il mio Pane che sei Te. Per tanto desiderio abbi pietà della tua serva, Signore. Lasciami venire al tuo celeste altare ad adorarti in eterno, o Agnello di Dio. Fa’ che io ti veda con l’anima rapita nella tua gloria, o mio divino Sole che ora mi appari velato per debolezza della mia condizione di vivente. Lascia che io ti ami, come ti vorrei amare, per la beata eternità. Aprimi le porte della Vita, Gesù vita mia. Vieni, Signore Gesù, vieni. Nella Comunione di Luce perisca ciò che è carne, e lo spirito conquisti Te, mio Unico e Trino Iddio, solo amore dell’anima mia”.»

[490] battesimo, di cui si parla in Matteo 3, 11; Marco 1, 8; Luca 3, 16. La scrittrice mette all’inizio, accanto alla data, il rinvio a Matteo 3, 11-12, che comprende le figure del “grano” e della “pula”, citate più sotto. Sarà utile rinviare anche a Luca 3, 17 e a Matteo 13, 24-30.36-43.
[491] è deferito, come è detto in Giovanni 5, 27.
[492] il canto, sostanzialmente tratto da Cantico dei cantici 1, 2; 5, 2. Segue il riferimento ad un “giglio”, di cui la scrittrice ha parlato il 10 maggio e che ella chiamava “del divino Seminatore”, perché era nato in una vecchia cassetta che si trovava sul balcone di casa e nella cui terra nessuno aveva mai piantato un bulbo.
[493] Maria di Magdala, già menzionata il 13 ottobre.
[494] Tarcisio, o Tarsicio, santo fanciullo del terzo secolo, subì in Roma il martirio per aver voluto difendere l’Eucaristia da una profanazione.
[495] dire, come Gesù nell’ultima Cena, in Luca 22, 14-16.