MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 166


4 novembre 1943

   Riguardo[528] al desiderio che lei ha, che io le dica ciò che conoscevo della Sacra Scrittura, le posso formalmente assicurare di conoscere unicamente i 4 Vangeli. Quelli li conosco a memoria e da anni. Ho poi letto una volta, 13 o più anni fa, il Cantico dei Cantici e in una edizione protestante, che poi ho consegnato all’allora parroco di S. Paolino: Mons. Guidi, ora defunto. Ho letto, in un libro di coltura, i Proverbi di Salomone. E la mia conoscenza si finisce lì.
   Leggere la Bibbia è per me come camminare in un mondo sconosciuto e che mi rimarrebbe impenetrabile, perché per conto mio ne capisco solo il significato superficiale e quello che mi commentano le annotazioni in calce alle pagine, che, rilevo, sono diverse da quelle che mi dà il Maestro.
   Quando ero a scuola, mi avevano fatto studiare la Storia Sacra su un piccolo testo adatto alla nostra età fanciulla, e lei sa come sono quei testi: ridotti ai minimi termini. Ricordavo i punti salienti, più nomi che fatti, e confesso che, se eccettuo Adamo, Abramo, Esaù, Mosè, Lot, Rut, Ester e pochi altri, non ricordavo più nulla. Un bell’asinello, non c’è che dire! Del Nuovo Testamento, poi, conoscevo, oltre i Vangeli, quei brani riportati nelle epistole e basta.
   Anche ora che ho la Bibbia[529] a disposizione, perché lei ci ha pensato, non sono andata, e per ordine soprannaturale, oltre Ester. E le confesso che molte e molte pagine dei Re[530] e i Paralipomeni mi hanno fatto dormire, mentre Tobia mi è piaciuto molto. Dopo, il Maestro mi ha tanto presa che non ho potuto andare avanti ordinatamente, tanto che sono incagliata al 13° capitolo di Giobbe. Il resto, tolto nei punti che il Maestro di volta in volta mi spiega, è per me parola ignota.
   Ripeto che nei giorni in cui Gesù tace ed io lo invito, con la confidenza dell’amore, aprendo qua e là il Libro, non mi fermo neppure a leggere. Guardo un punto e se sento che Gesù dà segno di parlare bene, e se no apro altrove finché parla. Se dopo tre o al massimo quattro tentativi, in punti diversi, aperti a caso fra le 1838 pagine del Libro, capisco che non vuole parlare, mi rassegno e leggo per conto mio dal punto dove sono rimasta e che ora è la pagina 729.[531]
   Più dettagliata di così non potrei essere e più ubbidiente. E lo sono stata fra molti ostacoli, che vanno dalle continue interruzioni alle vertigini causate dal mio stato trovato ieri molto grave dal medico. Lo stato polmonare e del cuore è degno di tutti i timori umani. Di tutte le gioie soprannaturali, per me.
   Lo so che ho polso debolissimo, filiforme, aritmico, depressibile. Lo sento. Non per niente sono stata infermiera. Lo so che la paralisi mi può prendere da un minuto all’altro. Lo so che vertigini e collassi sono dati da anemia cerebrale e atrofia cardiaca. Lo so che respiro con solo metà polmone a sinistra e che a destra è come se il polmone fosse un ramo secco. So tutto. Ma queste sono le mie ricchezze e le fonti della mia pace.
   Per il passato mi affido alla Misericordia di Dio. Per il presente mi affido al suo aiuto. Per il futuro mi brilla come sole giocondo la prospettiva di andare presto da Colui che amo. Perciò ogni aggravamento non ha tocco funebre, ma suona come campana a festa annunciandomi l’approssimarsi della mia entrata nella Vita.

   4 novembre, ore 9,30 (dopo aver finito di scrivere le mie impressioni)

   Dice Gesù:
   «Hai detto bene.[532] È masticare della paglia, ed Io voglio che tu ti nutra di grano schietto. La paglia non nutre, empie senza nutrire. E così è di molta scienza.
   Quello che è sempre un pericolo in ogni scienza, è addirittura pernicioso quando è scienza delle cose di Dio. Ma è così, ormai. I dottori della scienza sacra dimenticano troppo di che trattano, a servizio di chi sono e di quali potenze parlano. Dimenticano anche a chi parlano e le conseguenze del loro insegnamento che, come onde, si ripercuotono al largo dopo aver colpito direttamente i primi che li leggono. Potrebbero esser “luci”. Sono fumo che vela la luce anche dove è.
   Amano fare sfoggio di erudizione umana. In verità ti dico che, se è più facile[533] che passi un cammello per una cruna che non un ricco si salvi, ancor più difficile sarà che un ecclesiastico umanamente dotto, o chiunque tratta di cose di religione con scienza umana, si salvino. Non solo avranno a rispondere per essersi satollati, empiti fino a traboccarne, di umana erudizione, negando il posto e espellendo da sé quanto è scienza santa, ma dovranno rispondere dell’incalcolabile male che hanno fatto ad altri, cominciando dai loro confratelli per scendere ai semplici fedeli e ai semplici uomini.
   In verità ti dico che la luce che innimberà la fronte di un umile credente, che sa dire unicamente le sue orazioni senza altre vertigini di coltura, farà arrossire di vergogna costoro, che come Epulone[534] hanno voluto tutti i cibi sulla loro mensa dimenticandone uno solo: quello della carità. E la Carità sarà chiusa per loro, sarà molto avara con loro. Come loro furono chiusi ed avari con Essa.
   Non è capito dai dotti il Cantico che adombra gli amorosi rapporti fra Dio e la Chiesa e fra Dio e le anime. Non lo può essere. Solo gli amorosi di Dio sentono il suono della ottava corda,[535] quel suono che è dato dal tocco del dito di Dio mosso dal­l’amore. Gli altri hanno le orecchie chiuse a quella voce celeste, che è la vera voce regina fra le voci che come coro la contornano e che sono voci per i sensi umani. Non è capito dai dotti, che fanno una nuova Babele[536] là dove si alza, come stelo di mistico cero, la Parola che non ha bisogno di erudizione umana per essere compresa, ma di purezza d’animo e di amore. E non sono capiti da coloro per i quali l’Amore si fa Pane, si fa Voce, si fa Lu­ce.
   Levatevi le frange e le filatterie[537] nelle quali vi pavoneggiate e vestitevi di una semplice tunica di puro lino cinta da porpurea fascia. È stata la veste del Cristo Maestro e sia la vostra. Purezza, o portatori della religione. Purezza sia la vostra veste. Purezza di carne, doppia purezza di cuore, tripla purezza di pensiero.
   Non distribuite, a chi vi chiede il pensiero di Dio, un pensiero contaminato dal vostro pensiero separato da Dio e saturo di erudizione umana. Amore, amore, amore intorno e dentro di voi. Intorno perché le folle lo vedano, e dentro perché è da quanto è nell’interno che si irraggia essenza all’esterno. E non potete infondere ciò che non possedete, non potete parlare, con giusta voce, di ciò che non comprendete.
   Le anime non hanno bisogno di scienza, ma di luce. Per la scienza ci sono già fin troppi volumi e troppi dotti. Date le parole della Sapienza alle folle. E datele con parole di sapienza attinte da Me.
   E ora che abbiamo parlato di ciò, prosegui a scrivere ancora sulla Sapienza[538]. Ho incastonato questa chiosa in mezzo al commento perché è il suo posto. Te l’ho concessa dopo l’ubbidienza perché l’ubbidienza mi rende benigno e più Maestro che mai. Ti voglio tenere come un bimbo buono per mano, e più sarai con anima di bambino buono e più ti sarò Padre e Maestro.
   “La sapienza custodì colui che Dio fece per primo... essa lo trasse dal suo peccato e gli diede il potere di governare le cose”.
   Adamo nel Paradiso terrestre, puro e ubbidiente, era direttamente istruito da Dio. Quando Adamo si macchiò della colpa[539], demeritò dell’insegnamento di Dio. Ultima cura paterna fu di dare vesti ai due e insegnare loro come coprire ciò che ormai era stimolo ai sensi contaminati. Come avrebbe potuto la prima coppia regolarsi sulla Terra se una forza spirituale non l’avesse guidata?
   Dio è sempre padre, figli che non ci pensate. E anche quando colpisce, non colpisce che per bontà e con bontà. Non vi getta nudi e derelitti su vie di rovina lasciandovi soli. Se vi attirate il castigo, Egli ad esso unisce spirituali aiuti. Ma voi, fatti di carne e sangue, questi non li apprezzate. Voi volete solo ciò che è gioia e cibo della vostra carne e del vostro sangue.
   Adamo non udì più la voce dell’Offeso. Ma l’Offeso non lo lasciò senza luci, poiché lo amava come opera delle sue mani. Gli dette luci di istinto e luci di pentimento. Le prime per la sua carne, le seconde per la sua anima. Col pentimento sincero meritò salvezza e coll’istinto regnò sulle cose.
   Nei figli le luci, che altro non sono che Sapienza, furono maestre di progresso. Meno in chi rigettando la Sapienza ascoltò l’Errore, ossia Satana, che gli armò la mano[540] della selce con cui fu spento l’innocente.
   La Sapienza istruì l’onesto perché salvasse la stirpe dell’uomo e le razze delle bestie nel castigo delle acque aperte sul mondo divenuto cloaca.
   La Sapienza accese al gran sacrificio Abramo e condusse in salvamento il suo cuore di padre, come condusse fuor del fuoco venuto dal Cielo il giusto e l’ubbidiente.
   La Sapienza non abbandona chi a Lei si affida con cuore puro e retto pensiero. Ma fugge da chi di suo vuol scegliersi il suo pasto e la sua via, e colui conosce i sentieri dell’errore e mangia il cibo della morte.
   Come sole che sempre più alto sale sulla volta del cielo e sempre più sfolgora e accende, così la Sapienza sempre più alta brillò agli uomini che la seppero amare. Dette progresso di spirito e progresso di intelligenza. Sfolgorò nel miracolo del Sinai[541], in cui dette agli uomini la Legge che non muta. E volesse ora la vostra durezza aprirsi davanti al sangue che bevete - perché di sangue sono divenuti i fiumi e i mari della Terra, e di sangue si nutre la spiga e il grappolo che vi dan pane e vino - volesse ora aprirsi a riaccogliere la Sapienza come si aprì[542] agli ebrei d’Egitto.
   Anche questo è castigo di Misericordia, figli. Siete voi che lo mutate in castigo di Giustizia. Riconoscetemi per Padre e non per re inesorabile. Fatemi Re, ma re d’amore, re della vostra casa: padre, padre vostro e non giudice.
   E non siete tutti - voi che vivete in Me e voi che da Me vi siete allontanati - tormentati ad un modo? I primi per il dolore dato dagli uomini, i secondi per il dolore non confortato da Dio? Non soffrite forse tutti, ora, sulla Terra? Fame è anche per i neutri, strage di pestilenze, pericoli di nuovi flagelli è su tutti, anche sui lontani, sui più neutri di tutti.
   Venite a Me per salvarvi! Piangete non solo di rimpianto per il benessere materiale che avete perduto, ma per il rimorso di avere demeritato da Dio. Piangete, ma piangete battendovi il petto, piangete sulle mie mani che, se vi hanno colpito, lo hanno fatto per amore, per svegliarvi dal sonno[543] morboso in cui eravate caduti e dove perirete se vi resterete.
   Cessate di adorare chi non è Dio. Non vi siete ancora persuasi che ciò che adorate contro la Legge vi diventa punizione? Non dite che non credevate, che non sapevate. Da un secolo vado aumentando le “voci” e le apparizioni, miracoli le une e le altre di Bontà, per richiamarvi alla mia Via. Da un secolo aumento il peso dei castighi per richiamarvi alla mia Legge. Non fate conto di nulla. E più Dio si allontana e più voi, in luogo di chiamarlo, vi allontanate.
   Come vi chiamerò per darvi nome esatto? Vi chiamerò “Malizia”, perché di malizia vi siete empiti, alla Malizia vi siete venduti.
   No, non potete accusarmi di nulla. Non sono Io che vi distruggo. Siete voi che avete chiuso le porte all’Amore, che vi vegliava come un padre curvo sulle cune dei figli, e avete aperto le porte a Satana.
   Nella mia Giustizia, che non può restare passiva, Io ancora sono indulgente. Vi ricordo, fra gli scrosci delle sventure, che Io sono Dio e non ve ne sono altri fuori di Me. Vi ricordo che Io sono il Potente e Perfetto e voi il fango che è qualcosa finché resta sotto l’azione della Grazia, rugiada santa che impedisce al fango di divenire polvere. Vi ricordo che chi si scosta da Me cade negli eccessi e provoca rovina. Vi ricordo che la parola e le promesse degli uomini sono nuvola che passa e che sovente si dissolve in fulmini, e che una sola è la Parola e la Promessa che salva. Quella del vostro Dio.
   E se a sorreggere la vostra tesi di indemoniati mi dite che nel punire cadono coi colpevoli anche i giusti,[544] Io vi dico che non Io ma voi siete i loro uccisori, e di quel sangue ve ne chiederò conto, o razza di iene che solo sbranando vivete, o razza di serpenti che passate strozzando o contaminate col vostro veleno menti e cuori.
   No, che non sarò severo con chi non seppe ciò che era Dio. Ma con voi cristiani, che siete dei Giuda, sarò di una severità spietata.»

[528] Riguardo… È la continuazione immediata, senza uno stacco, del testo che precede. Ma accanto a questo capoverso la scrittrice annota la nuova data: 4-11.
[529] la Bibbia che lei usava, e che le era stata regalata dal Padre Migliorini, è tradotta e commentata dal P. Eusebio Tintori o.f.m. Edita dall’Istituto Missionario Pia Società S. Paolo, risulta stampata ad Alba nel 1942.
[530] dei Re erano quattro libri, che nelle nuove versioni sono diventati di Samuele i primi due libri e dei Re gli altri due; i Paralipomeni hanno preso il titolo di Cronache nelle nuove versioni.
[531] la pagina 729 contiene, del libro di Giobbe, le ultime parole del capo 11, tutto il capo 12 e i primi tre versetti del capo 13.
[532] Hai detto bene, il giorno prima, alla fine.
[533] se è più facile… come in Matteo 19, 24; Marco 10, 25; Luca 18, 25.
[534] come Epulone nella parabola di Luca 16, 19-31.
[535] ottava corda, alludendo al canto dei Salmi. “Sull’ottava” si legge nel titolo di Salmo 6, 1; 12, 1.
[536] Babele, cioè confusione, come in Genesi 11, 9.
[537] le frange e le filatterie, come in Matteo 23, 5.
[538] sulla Sapienza, cioè sul libro della Sapienza, di cui la scrittrice inserisce, a matita, il rinvio a C. 10, 11-12, che riteniamo debba essere interpretato: Sapienza 10-12. La citazione testuale, che segue, è da Sapienza 10, 1-2.
[539] colpa, nel racconto di Genesi 3.
[540] gli armò la mano, come a Caino in Genesi 4, 8; istruì l’onesto, che era Noè, nel racconto di Genesi 6, 9-22; 7, 1-5; gran sacrificio, che è narrato in Genesi 22, 1-18; il giusto e l’ubbidiente, probabile riferimento ad Abramo e Lot, secondo quanto è detto in Genesi 19, 29.
[541] miracolo del Sinai, narrato in Esodo 19, 16-25; 20; Deuteronomio 5, che comprendono “la Legge che non muta”, commentata nel “dettato” del 21 ottobre.
[542] si aprì (sottinteso: il mare) come si narra in Esodo 14, 15-31.
[543] sonno è nostra correzione da sogno
[544] … i giusti… A questo punto la scrittrice annota in calce, a matita: Che abbia voluto alludere al Giusto, al suo Vicario minacciato da bombe due volte nemiche?