MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 183


22 novembre 1943

   Dice Gesù:
   «Amiamoci, o diletta, e parliamo d’amore perché nulla è più dolce, a chi ama, di questo.
   La redenta del Vangelo,[602] come i tre magi che adorarono la mia Divinità incarnata, umiliò tre doni ai piedi miei: il cuore attraverso al pianto, la carne attraverso ai capelli, la mente attraverso il profumo. Tu devi ugualmente dare tutto senza trattenere per te nulla, neppure il soffio vitale.
   “Acque possenti non valgono a spegnere l’amore - e le fiumane non lo travolgono. Se alcuno desse ogni sostanza in cambio d’amore, in grande disprezzo cadrebbe”.
   Le acque che sono volte a spegnere l’amore sono date da tutte le cose della vita, le sollecitudini e anche le necessità. Le fiumane, dall’altrui volere che tenta impedire allo spirito di darsi tutto al suo Dio.
   Ma il vero amante non tiene conto delle prime e non si spaurisce per le seconde. Sopra tutto quanto costituisce per gli altri la preoccupazione della vita, egli mette ciò che è la sua necessità vitale: amare il suo Dio. Spirito assorto, e potrei dire: “assurto” in Dio, vive già proiettato al di fuori di quello che costituisce la cosiddetta “vita” per gli altri. Egli, capovolgitore santo dei valori umani, non vede che uno scopo da raggiungere: l’interesse non suo proprio ma di Dio; non si preoccupa che di una cosa: conquistare la Vita senza tener conto della povera vita terrena che è fiore che poco dura sullo stelo. Mite, poiché è già uno col suo Dio, diviene leone quando deve difendere quel suo tesoro, e persecuzioni famigliari e sociali non riescono a travolgere questo spirito indiato, ma anzi, come flutto di mare irato, lo trasportano velocemente verso la riva, sul cuore di Dio.
   Oh! beatissimi tormenti dei miei amatori, di questi conoscitori e gustatori della Verità, i quali, come l’autore del Cantico, dicono, e non con parole vane ma con le parole vere di tutta una vita vissuta e consumata a questo fine, che quando anche uno tutto desse del suo avere per conquistare l’Amore, ancora poco darebbe, perché anche il dono del giorno terreno è moneta irrisoria se confrontata al possesso dell’Amore che è infinito.
   Dàmmi dunque tutto di te, senza riserva. Il ferro che nel crogiolo si fonde ne esce più bello. L’anima, che l’amore fonde e consuma, rinasce come fiore d’eternità nelle aiuole celesti.
   È là che ti voglio. Ma prima devi ancora subire il lavoro dei nostri due amori: il tuo di creatura per Me, il mio di Dio per te. Quando queste due violenze avranno fatto in te rapina di tutto il tuo io, allora verrò per condurti alla Pace.»

[602] redenta del Vangelo, di cui si è parlato nel “dettato” che precede; magi, di cui si narra in Matteo 2, 1-12. La citazione nel capoverso seguente è da Cantico dei cantici 8, 7.