MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 198


7 dicembre 1943

   Dice Gesù:
   «Satana sedusse i figli di Dio con pensiero di superbia. Inoculò agli innocenti la sete d’esser grandi di tutte le grandezze: del potere, del sapere, del possedere.
   “Diverrete simili a Dio”[666]. Da secoli era spento il sibilo del Serpente, ma il suono che più non fendeva l’aria era fuso col murmure del sangue nel cuore dell’uomo. È tuttora fuso a questo vostro sangue a voi più caro dell’anima vostra. E vivete nuocendovi in anima e corpo per ubbidire all’imperativo del vostro sangue avvelenato da Satana.
   Ma sbagliate nell’applicare valore e significato alle cose e alle parole. Esser simili a Dio ve l’aveva già dato[667] per dote il Padre Creatore. Ma una simiglianza nella quale non ha nulla a che fare ciò che è carne e sangue, ma sibbene lo spirito, perché Dio è essere spirituale e perfetto e vi aveva fatto grandi nello spirito e capaci di raggiungere la perfezione mediante la Grazia, piena in voi, e l’ignoranza del Male.
   Io venni a mettere cose e parole nella luce giusta e con le parole e cogli atti vi mostrai che la vera grandezza, la vera ricchezza, la vera sapienza, la vera regalità, la vera deificazione non sono quelle che voi credete.
   Non ho voluto nascita in una reggia, non fasto nella mia vita, non corte di dignitari, non ministri, non cocchi e cavalli, non cattedre illustri, non palazzi e beni.
   Sono venuto mite ed umile in veste di povero bambino che non ha neppure l’asilo di una povera stanza, ma una spelonca, rifugio di animali, per le sue prime giornate nel mondo. Sono venuto in veste di profugo in contrade straniere, fuggiasco davanti al basso potere degli uomini, ho conosciuto la fame e l’avvilimento di esser dei senza tetto che devono strappare a piccoli morsi il loro sostentamento con mille umili lavori. Sono venuto in veste di figlio di operaio, e povero per giunta: un operaio di paese al quale contadini, carrettieri, massaie chiedono manici per i loro attrezzi agricoli, raggi e cerchi per le ruote dei loro carri rurali, riparazioni a madie e a sgabelli e fabbrica di poveri letti per i vari sposi, umili come il falegname di Nazaret, che dovevano farsi una casa o una cuna per il primo piccolino.
   Sono venuto in veste di pellegrino che non ha pietra su cui posare il capo e si deve stendere là dove il Creatore gliene fa trovare una, che non ha cibo fuorché quello dato dalla carità di chi lo accoglie e che può essere il pane e il sale, o la ciotola di latte di capra, o il pesce arrostito sulla brace dei contadini, dei pastori, dei pescatori, come il ricco banchetto[668] del Fariseo in cui le succose pietanze m’erano amare perché non condite d’amore ma di sola curiosità, o i pasti a Betania, riposo dell’anima del Cristo che là ritrovava la mamma in Marta piena di cure materiali e in Maria piena di adorazione e si sentiva compreso da una mente dotta di amico.
   Sono entrato[669] come figlio di Davide nella città regale - che, mentre entravo, già mi espelleva quasi fossi un aborto vergognoso - a cavallo di un’asinella offertami dalla generosità di un semplice che mi aveva conosciuto Maestro e Figlio di Dio.
   Sono morto nudo e su un letto d’obbrobrio che neppure era mio nel suo rozzo legno, e sono stato composto e sepolto in bende ed aromi acquistati da chi mi amava e in sepolcro offerto dalla pietà di chi mi amava.
   Fui grande perché volli esser piccolo. Ricordatevelo, voi che essendo piccoli volete esser grandi, a qualunque costo, anche illecito. E il mio Regno non avrà né fine, né confine, perché a costo del mio annichilimento totale Io me lo sono conquistato.
   Se mi aveste fatto regnare in luogo di uccidermi prima sulla Croce e poi nelle vostre coscienze, avreste conosciuto ère di pace, lunghe quanto la Terra dal momento in cui su essa posai il mio piede di Innocente, poiché Io sono il Re della pace, sono la Pace stessa. Vi avrei dato la pace nelle nazioni e la pace nelle coscienze, perché col mio Sangue (sarebbe bastato il sangue della circoncisione a redimere l’umanità) vi sono venuto a liberare dalla fossa senz’acqua che Satana vi aveva scavato e dove perivate e perite perché, nonostante da essa Io vi abbia tratti, in essa avete voluto tornare, dato che il Seduttore l’ha pavimentata d’oro e dipinta nella parete di destra di immagini lubriche e in quella di sinistra di immagini di potere. Tre cose che per voi hanno il massimo valore.
   Eppure Io mi sono lasciato tendere sulla croce per fare del mio martirio freccia perforante i Cieli chiusi e aprente il varco al perdono di Dio. E nonostante mi abbiate odiato Io continuo a chiamarvi a raccolta, come tromba impugnata da alfiere, per fare di voi il mio esercito pacifico che conquista i Cieli.
   Venite. Prima che l’ora sia giunta in cui più non potrete venire, venite a Me. Siate vestiti delle mie assise e contrassegnati del mio segno. L’angelo di Dio preservò[670] i figli di Israele dallo sterminio d’Egitto per il sangue dell’agnello cosparso sugli stipiti e gli architravi. Io, Agnello del mio Padre e Signore, salvo al Padre mio i suoi figli per il mio Sangue, di cui ho tinto non la materia del legno e della pietra che muoiono, ma la vostra anima immortale.
   Ai segnati del mio Sangue le trombe dell’universale appello saranno vita nuovamente infusa e dalle pieghe del suolo, in cui dormivano da secoli, le ossa dei giusti sorgeranno a vestirsi, con giubilo, di carne perfetta, perché nutrita del Pane vivo sceso dal Cielo per voi e del Vino spremuto dalle vene del Santo che vi verginizza l’anima e la fa degna di entrare nella Gerusalemme del Cielo.»

   Lo stesso giorno

   Dice Maria:
   «Un altro regalo della Mamma in occasione della mia Festa.
   Vi sono altre due frasi[671] nei vangeli che mi si riferiscono e che voi interpretate più o meno bene. Io te le spiego.
   Dice Matteo: “Mentre Gesù parlava, sua Madre e i suoi fratelli stavano fuori cercando di parlargli. Uno disse: ‘Tua Madre e i tuoi fratelli ti cercano’. Ma Egli rispose: ‘Chi è mia Madre e chi sono i miei fratelli? Ecco mia Madre e i miei fratelli: chiunque fa la Volontà del Padre mio’”.
   Ripudio della sua Mamma? No. Lode alla Madre sua che fu perfetta nel fare la Volontà del Padre. Bene lo sapeva il mio Gesù quale volontà io eseguivo! Una volontà che avevo fatta mia e davanti alla quale non arretravo per quanto ogni scoccare di minuto mi ripetesse, come colpo su un chiodo infisso nel cuore: “Ciò termina col Calvario”. Bene sapeva che avevo meritato d’esser Madre di Dio per avere fatto questa Volontà e, se non l’avessi fatta, Egli non mi avrebbe avuto per Madre.
   Perciò, fra tutti coloro che l’ascoltavano, legata a Lui da un vincolo superiore al sangue, da un vincolo soprannaturale, io ero, prima in epoca e in cognizione, fra tutti i discepoli - perché il Verbo di Dio m’aveva istruita sin da quando lo portavo nel seno - io ero “la sua Madre” nel senso che Egli dava al suo dire divino, e unito al riconoscimento umano degli ascoltatori Egli mi dava il suo riconoscimento divino di vera Madre, perché davo vita alla Volontà del Padre suo e mio.
   Luca racconta che, mentre Gesù parlava, una donna disse: “Beato il seno che ti ha portato e le mammelle che hai succhiato”. Al che il Figlio mio rispose: “Beati piuttosto coloro che odono la parola di Dio e l’osservano”.
   L’esser Madre di Gesù fu una grazia di cui non m’era lecito gloriarmi. Fra i milioni e milioni di anime create dal Padre, Egli, per un decreto imperscrutabile, scelse la mia ad esser senza macchia. Non vuole l’Eterno che in Cielo io mi umilii, perché m’ha fatta Regina nell’istante felice in cui, lasciata la Terra, sono stata cinta dall’abbraccio del Figlio mio, nostalgia acuta del tempo della separazione, desiderio che mi consumò come lampada che arde. Ma se lo permettesse, io starei in eterno prostrata davanti al suo Fulgore per umiliargli tutta me stessa in ricordo del suo decreto di benignità che m’ha dato un’anima battezzata in anticipo su tutte le anime, non coll’acqua ed il sale ma col fuoco del suo Amore.
   L’avere Egli succhiato al mio seno neppure poteva suscitarmi vampe di superbia. Egli avrebbe ben potuto venire sulla Terra ed essere Evangelizzatore e Redentore senza avvilire la sua Divinità incarnata ai naturali bisogni di un infante. Come al Cielo salì dopo la sua Missione, così dal Cielo poteva scendere per iniziarla dotato di un corpo adulto e perfetto, necessario alla vostra pesantezza di carnali. Tutto può il mio Signore e Figlio ed io non sono stata che uno strumento per rendere più comprensibile e più persuasiva a voi la reale Incarnazione di Dio, purissimo Spirito, nelle vesti di Gesù Cristo figlio di Maria di Nazareth.
   Ma l’avere osservato la parola di Dio e affinato i sensi del­l’a­nima con una purezza totale sin dall’infanzia, questo era grandezza; e l’aver ascoltato la Parola che m’era Figlio per renderla mio pane e sempre più fondermi al mio Signore, questa era beatitudine.
   “Oh, santa Parola! Dono dato ai diletti di Dio, veste di fuoco che cingi di splendori, Vita che divieni la Vita di coloro a cui ti dài, che Tu sia sempre più da essi amata, come io ti amai, in ardore e umiltà.
   Opera in questi miei figli,[672] o Parola santissima, poiché io li ho presi per miei ai piedi della Croce per dare conforto al mio strazio di Madre a cui è stato ucciso il Figlio adorato, e conducili al Cielo per una via di verità splendenti e di ardenti opere.
   Conducimeli sul Cuore dove Tu hai dormito infante e posato ucciso, dove ancora sono stille del tuo Sangue santissimo e del mio pianto, perché il resto della loro umanità dilegui a quel contatto ed essi, luminosi della tua Luce, entrino con Te nella Città dove tutto è eterna perfezione e dove Tu regni e regnerai, Figlio mio santo!”
   Dice Gesù:
   «Di’ al Padre che fra le ragioni probatorie vi è quella di dettati che, per il loro contenuto, non possono certo uscire da un cuore che avvenimenti speciali inducono ad agitarsi creando pensieri contrari a quelli che scrivi: fra questi noti il Padre quelli scritti nei giorni della morte di tua madre[673] e recentemente quello del 6 corrente. Aggiunga questa ragione alle altre. È una prova sicura della fonte non umana dei tuoi scritti.»

[666] Diverrete simili a Dio, come in Genesi 3, 5. Accanto alla data, la scrittrice mette il rinvio a Zaccaria 9, 9-11.13.16-17.
[667] dato, in Genesi 1, 27.
[668] banchetto, di cui si narra in Luca 7, 36-50; a Betania, con Marta, Maria e Lazzaro, come in Luca 10, 38-42 e in Giovanni 11, 1-3; 12, 1-11.
[669] entrato… sepolto…, come si narra in Matteo 21, 1-11; 27, 57-60; Marco 11, 1-11; 15, 42-46; Luca 19, 28-44; 23, 50-56; Giovanni 12, 12-15; 19, 38-42.
[670] preservò, come si narra in Esodo 12, 1-14.
[671] due frasi, quella di Matteo 12, 46-50; Marco 3, 31-35; Luca 8, 19-21; e quella di Luca 11, 27-28.
[672] miei figli è diventato tuoi figli nella trascrizione della “Preghiera della Vergine al Verbo” su un foglietto inserito alla fine del decimo quaderno autografo, che comprende i “dettati” dal 29 novembre all’11 dicembre. Sull’altra facciata dello stesso foglietto, Maria Valtorta ha di nuovo scritto la preghiera nella seguente forma sotto la dicitura “La stessa detta dai fedeli”:

O santa Parola! Dono dato ai diletti di Dio, veste di fuoco che cingi di splendori, Vita che divieni la Vita di coloro a cui ti dài, che Tu sia sempre più amata con ardore ed umiltà. Opera in questi figli tuoi e di Maria, che li ha presi per suoi ai piedi della Croce per dare conforto al suo Cuore di Madre a cui è stato ucciso il Figlio adorato e per dare gloria al tuo Divino Cuore, o Parola santissima del mio Signore Iddio. Conducili al tuo Cuore ed a quello immacolato della Madre tua, dove Tu hai dormito infante e posato ucciso, dove ancora sono stille del tuo Sangue e del suo pianto materno, perché il resto della loro umanità dilegui a quel contatto ed essi, luminosi della tua Luce, entrino con Te nella Città dove tutto è eterna perfezione e dove Tu regni e regnerai, Figlio santo di Dio, incarnata Parola del Padre.

[673] madre, deceduta il 4 ottobre; quello del 6 corrente, che è stato riportato come il secondo “dettato” del 5 dicembre.