MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 118


12 settembre 1943

   Dice Gesù:
   «Fra i puri credenti, fra questi spiriti umili e semplici, di cui ieri ti ho parlato e ai quali concedo il possesso della Verità, Io suscito speciali anime, le eleggo prima della loro incorporazione nella vita perché Io so tutto dell’uomo che è vissuto, che vive e che vivrà, e so perciò già in anticipo come ogni spirito agirà sulla Terra, meritando o demeritando.
   E non dite che ciò è ingiustizia perché non vi forzo a meritare. No: ciò è fedeltà alla mia opera e alla mia promessa di creare l’uomo capace di guidarsi e libero di guidarsi. Io ai figli do gli aiuti, tutti gli aiuti, ma non li forzo a servirsene. Lo desidero con tutto il mio amore, ma rispetto il desiderio dell’uomo. Dio ha spinto il suo amore sino a sacrificare il suo Verbo perché vi portasse la Parola e il Sangue. Ma di più non può fare, non vuole fare. Che merito avreste ad esser buoni se vi impedissi d’esser malvagi?
   Alle anime, perciò, che eleggo, perché so in anticipo che saranno sante per amore o diverranno sante dopo l’errore per pentimento sincero e duplice amore, Io do anche ciò che non do alle masse. Insegnamenti e luci che sono beatitudine per le stesse anime e guida per anime sorelle, meno illuminate di esse perché meno fuse a Me di esse.
   Guai però se queste predilette mostrano avarizia o superbia del dono mio. Non amo gli avari e detesto i superbi.
   I primi mancano alla Carità perché economizzano per se stessi ciò che è di tutti, perché Io sono il Padre di tutti e i miei tesori li do agli amati perché siano i miei elemosinieri presso i poveri dello spirito e non perché tesaurizzino avidamente e anticaritatevolmente gli stessi tesori, uccidendo la carità e disubbidendo al volere di Dio. Il solo fatto di uccidere la carità spezza il canale per cui fluiscono ad essi le mie parole e spegne la luce per cui essi vedono la verità delle mie parole. Perciò decadono dalle loro missioni di portatori della mia Voce. Questo spiega perché certe anime, dianzi fari della Chiesa, periscono poi in un grigiore di nebbie perniciose.
   Riguardo ai superbi, poi, essi vengono privati inesorabilmente e immediatamente del mio dono. In essi la mia parola non si spegne piano come fiore che muore senz’acqua o uccello imprigionato in buio carcere, come avviene negli avari. Essa muore subito come creatura strangolata. La superbia è la quintessenza dell’anticarità, la perfezione dell’anticarità, e il suo veleno demoniaco uccide istantaneamente la Luce nel cuore.
   Mentre guardo con dolore e compassione le vostre debolezze, volgo altrove lo sguardo quando incontro un superbo. E sapete voi cosa è non avere più su di sé lo sguardo mio? È essere dei poveri ciechi, dei poveri folli, dei miseri ebbri che vanno brancolando, di pericolo in pericolo, e incontrano la morte. Ecco quello che è non avere più su di sé lo sguardo di Dio che vi protegge come nulla di più vi può proteggere.
   Alla santa e benedetta Madre mia fu concesso di esser Portatrice del Verbo non tanto per la sua natura immacolata quanto per la sua umiltà superperfetta. Tutte le umiltà umane non fanno il tesoro di umiltà della Umilissima che è rimasta tale; tale, capite, anche quando seppe il suo destino d’esser la più Alta di tutte le creature. Maria ha consolato le Tre divine Persone, rimaste ferite dalla superbia di Lucifero e della Prima Coppia (Adamo ed Eva)[327], con la sua umiltà, seconda solo a quella del Verbo.
   Cara Madre mia, nostra perenne gioia! La potessi [tu] vedere oggi[328] in Cielo mentre tutto il Paradiso la circonda del suo amore e osanna a Lei e al suo Nome di salute! Vedresti un abisso di gloria sprofondato in un superabisso di umiltà, e la luce inconcepibile di Maria sfavilla doppiamente per la sua castissima, verginale umiltà che si raccoglie in adorazione davanti a Noi e ci umilia tutti gli osanna celesti dicendo: “Domine, non sum digna”. Santa e prima Sacerdotessa! Non degna Lei per la quale creeremmo un secondo Paradiso perché avesse delle raddoppiate lodi!...
   Guarda, Maria. In questo giorno di Maria abbi la visione della luce in cui è la tua e la mia Madre. Hai visto[329] la Luce rutilante, inguardabile, del nostro triplice Fuoco. Guarda ora la luce soavissima di Maria. Abbeveratene, pascitene. Non sentirai mai nulla di più dolce scenderti in cuore. Guarda, fin che te lo concedo, questa fontana, questo astro di luce che è Maria, splendente in Cielo col suo corpo di candore che non poteva corrompersi perché è stato l’involucro santo del Dio fatto carne oltre che perché ha raggiunto la perfezione umana di ogni santità, e supersplendente per il suo spirito congiunto allo Spirito di Dio in nozze eterne.
   Vedi: l’azzurro dei Cieli circonda il Candore e lo tinge di celesti riflessi, e la luce di Maria rende luminosi i Cieli come per una soprumana alba d’aprile nella quale rida l’astro del mattino su un mondo vergine e fiorito.
   Guarda e ricorda la visione che gli angeli contemplano con un perenne riso di gioia. Sia (la visione di oggi)[330] la tua serenità, come la nostra (della Ss. Trinità del 1° luglio) è la tua forza.
   A te sono mostrate cose che sorpassano l’intelligenza del­l’uomo, e ciò per volere di Dio. Ma per averne sempre il dono impara da Maria a toccare i vertici dell’umiltà che abbassa la creta per portare lo spirito in alto.
   Ti ho serbato questo dono per il Nome di Maria. Per la Natività:[331] il sorriso di Maria, la Donna santa; per il Nome: la gloria di Maria, la Madre di Dio.»
   Ho visto, e non posso descrivere, la Madre nostra, nella sua dimora in Cielo. Come e, direi quasi, più ancora che per Iddio mi serve qui il paragone “luce” per parlare di Lei.
   Una luce confortevole, bianco-azzurra come quella del più terso raggio di luna moltiplicato per una intensità soprannaturale. Non distinguo neppure per bene il volto e il corpo di Maria. Troppo “luce” per essere distinti da occhio umano.
   E spiego: non una luce abbagliante che impedisca di guardare. Ma una luce che rende “luce” i contorni e le forme del corpo glorificato di Maria, per cui non posso dire i colori del medesimo.
   Potrei dire che, se si fossero rese luce montagne di perle, si avrebbe un paragone di ciò che è la Candidissima, beata in Cielo. E potrei anche dire che, se una visione avesse potere di cambiare il colore degli occhi umani, intridendo l’iride del colore emanato dalla visione, i miei occhi, color marrone scuro, dovrebbero essere ora di un azzurrino di pallido zaffiro liquido, come quello che si sprigiona da certe stelle nelle notti serene.
   Sono immersa nella commozione che mi fa colare lacrime di spirituale gioia… e non posso dire altro[332].

[327] (Adamo ed Eva) è stato aggiunto poi, a matita, dalla scrittrice.
[328] oggi, 12 settembre, giorno in cui la Chiesa celebrava la festa del Nome di Maria.
[329] Hai visto il 1° luglio.
[330] (la visione di oggi) e (della Ss. Trinità del 1° luglio) sono due aggiunte a matita, inserite successivamente dalla scrittrice.
[331] la Natività è stata il giorno 8 settembre.
[332] non posso dire altro. Su una copia dattiloscritta, la scrittrice aggiunge a matita: (l’altro… sarebbero le parole di M. Ss., che temo scrivere perché… ho paura degli uomini)