MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 128


23 settembre 1943

   Dice Gesù:
   «Torno ad una delle note dominanti del mio parlare. Due sono le note dominanti, Maria. Necessità dell’amore: la prima. Necessità della penitenza: la seconda.
   Veramente il Dio Uno e Trino - che vi ha creati dandovi un regno in cui tutti vi erano sudditi e da dove il dolore era sbandito, e morte non ci sarebbe stata a troncare fra spaventi dei morenti e gemiti dei superstiti le vite dei più cari, ma solo una dormizione, come quella di Maria, per valicare, fra le placide nebbie d’un sonno innocente, le porte che erano così facili ad aprirsi sul paradiso terrestre per inondarlo della luce del più alto Paradiso e della voce paterna del Signore, che trovava la gioia a star coi figli - veramente il vostro Iddio aveva messo per voi una necessità sola: quella dell’amore. Amore di figli al Padre, amore di sudditi al Re, amore di creati al Creatore Iddio.
   E, se non aveste corroso con l’acido della colpa le radici dell’amore, esso sarebbe cresciuto potente in voi, senza richiedervi nessuna fatica. Non fatica, ma gioia per voi, ma bisogno che dà sollievo quando lo si esplica, così come il respiro lo è per voi. Ed infatti l’amore era destinato che fosse il respiro del vostro spirito, il sangue del vostro spirito.
   Poi è venuta la colpa. Oh! la rovina della colpa!
   Voi che inorridite per le rovine dei vostri palazzi, dei vostri templi, dei vostri ponti, delle vostre città, e maledite gli esplosivi che frangono, polverizzano, lesionano tutto, non pensate quale rovina ha fatto la colpa nell’uomo? Nell’uomo, l’opera più perfetta della creazione[365], perché non fatto da mano umana, ma dall’Intelligenza eterna che, dirò così, vi ha colati, metallo senza scorie, nella forma sua stessa e ve ne ha tratto fatti a sua immagine e somiglianza, così belli e puri che l’occhio di Dio giubilò davanti alla sua opera e trasalirono i cieli di ammirazione e la Terra cantò con voce altissima, in mezzo all’armonia delle sfere, per la gloria d’esser il pianeta che, nelle origini dell’Universo, diveniva immensa reggia del re-uomo, figlio di Dio.
   La colpa, più nefasta d’ogni dinamite, ha sconvolto alle radici dell’uomo. E sai dove esse erano? Nel pensiero di Dio, che aveva fatto l’uomo.
   La colpa ha sconvolto, alle radici dell’uomo, quel complesso perfetto di carne e spirito, di carne non dissimile, in moti di sentimento, dallo spirito di cui era solo più pesante ma non contraria e tanto meno nemica; di spirito non prigioniero, e prigioniero vessato nella carcere della carne, ma di spirito giubilante nella docile carne che esso guidava a Dio poiché, molecola dello spirito di Dio, era attratto a Dio, come da calamita divina, mediante i rapporti d’amore fra il Creatore: il Tutto, e lo spirito: la parte.[366]
   La colpa ha sconvolto quell’armonico contorno che Dio aveva messo intorno al suo figlio perché fosse re, e re felice.
   Caduto l’amore dell’uomo verso Dio, cadde l’amore della Terra verso l’uomo. La ferocia si scatenò sulla Terra fra gli inferiori, fra gli inferiori e l’uomo e, orrore degli orrori, fra l’uomo e l’uomo. Quel sangue, che doveva esser caldo solo d’amore di Dio, si fece caldo d’odio e ribollì e gocciò, contaminando l’altare della Terra su cui Dio aveva messo i suoi primi perché lo amassero amandosi e insegnassero l’amore ai futuri: unico rito che Dio voleva da voi.
   Ed ecco allora che una pianta è nata dal seme della colpa; e fu una pianta di amaro frutto e di pungenti rami: il dolore.
   Prima il dolore sofferto come l’uomo lo poteva soffrire nella sua embrionale spiritualità contaminata: un dolore animale fatto dei primi dolori della donna e delle prime ferite inferte alla carne fraterna, un dolore feroce di ululi e maledizioni, seme di sempre nuove vendette. Poi, raffinandosi nella ferocia ma non nel merito, anche il dolore si evolse divenendo più vasto e complicato.
   Io sono venuto a santificare il dolore, soffrendo il Dolore per voi e fondendo i vostri dolori relativi al Mio infinito. Dando così merito al dolore.
   Io sono venuto a confermare con la mia Vita e la mia Morte il monito dato più e più volte dai Profeti[367]: non è la materiale circoncisione ciò che richiede Dio per perdonare e benedire i suoi figli, sempre più, sempre più colpevoli, ma è la circoncisione dei cuori, dei sentimenti vostri, dei vostri stimoli che il germe del primo peccato rende sempre stimoli di carne e sangue o della più alta lussuria: quella della mente.
   È lì, o figli, che dovete lavorare di ferro e di fuoco per segnare nella vostra anima il segno che salva: quello di Dio. È lì, non col ferro e il fuoco delle vostre leggi feroci e delle vostre guerre maledette. È lì: nel posto dove leggi e guerre dell’uomo trovano formazione, perché è inutile dire il contrario. Se viveste nel segno del Signore, circoncisi spiritualmente per levare ciò che porta impurità di ogni specie, non sareste quelli che siete: degli insensati, per non dire delle belve. E, notalo, belve e insensati di poco differiscono, poiché in tutti e due non v’è la ragione, ossia quello che Dio ha messo nell’uomo per farlo re su tutti gli esseri della Terra.
   Due sono le necessità dell’uomo: l’amore e il dolore. L’amore che vi impedisce di commettere il male. Il dolore che ripara il male.
   Questa è la scienza da apprendere: sapere amare e sapere soffrire. Ma voi non sapete amare e non sapete soffrire: sapete far soffrire, ma ciò non è amore; è, anzi, odio.
   Perché siete sapienti nel male e tanto ignoranti nel bene? Perché? Non divenite mai sazi di odio e ferocia? E volete che Dio vi perdoni?
   Tornate all’amore, figli, e sappiate sopportare il dolore. Ché se non siete tanto miei figli da saper volere il dolore per espiare l’altrui peccare, come Io seppi e volli, siate almeno figli al punto da non maledirmi per il dolore che voi avete generato e di cui mi fate accusa.
   Giù la vostra stolta superbia! Imparate dal pubblicano[368] a riconoscere come siete indegni, come vi siete resi indegni di vivere sotto lo Sguardo che è protezione. Gettate lungi da voi le vane seti della Terra e accostatevi alla Fonte di Vita che da venti secoli fluisce per voi. Inoculatevi la Vita nei cuori che muoiono incancreniti nel peccato o intisichiti nell’indifferenza.
   Chiamatemi ai vostri sepolcri. Sono il Cristo, il Risuscitatore. Non chiedo che di essere chiamato per accorrere e dire[369]: “Vieni fuori”. Fuori dalla morte. Fuori dal male. Fuori dall’egoismo, fuori dalla lussuria, fuori dall’odio maledetto che vi consuma senza darvi gioia. Fuori da ciò che è orrore per entrare in Me, per entrare con Me nella Luce, per rinascere nell’Amore, per conoscere la vera Scienza, per conseguire la Pace e la Vita, che essendo mie hanno di Me l’eternità.»

[365] creazione che è narrata, inclusa la successiva “colpa”, in Genesi 1-3.
[366] parte, non nel significato di porzione, ma piuttosto in quello di partecipazione. Il concetto, già incontrato il 12 agosto, viene chiarito negli scritti del 17 agosto e del 1°, 7 e 10 ottobre.
[367] dai Profeti, per esempio: Geremia 4, 4 e 22, che è il rinvio che la scrittrice mette, a matita, alla fine del “dettato”.
[368] pubblicano, quello della parabola di Luca 18, 9-14.
[369] dire, come in Giovanni 11, 43.