MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 138


Notte fra il 4 e il 5 ottobre.

   Prima notte d’orfana

   Dice Gesù:
   «Quando si è in due a portare una pena, essa è più lieve. Io sono con te.
   Al mondo, questo non lasciarti quieta neppure in questa notte dolorosa, può parere una crudeltà. Ma lasciamo dire il mondo. Esso vede, giudica e parla male. La verità è un’altra e questa verità è anche una irrefutabile prova di chi è Colui che ti parla. Prova per gli infiniti Tommasi[399] del giorno d’oggi, che non sentono Me e la mia Voce nelle tue pagine.
   Solo Iddio giusto e santo può, in un’ora di dolore pari a questa, farti scrivere parole quali quelle che scriverai. Solo Iddio. E Io sono Quello.
   Una delle cose che più stupivano il mondo pagano e facevano nuovi e sempre più numerosi proseliti alla Chiesa, erano la calma, la serenità, la fortezza dei martiri durante l’ora del martirio. Solo da Dio poteva venire questa incrollabile e serena pace. Ma il martirio del cuore non è meno atroce di quello della carne, e solo Dio può comunicare agli straziati nel cuore l’eroismo di una rassegnazione che è veramente la quarta frase del “Pater”, vissuta con tutta la carne e l’anima, l’intelletto e lo spirito.
   Il mondo cieco potrà anche scambiare la tua calma eroica, dono del tuo Tutto, per indifferenza. Il mondo insudicia tutto quanto avvicina. Ma il sudicio non penetra in un blocco d’oro o di diamante. Vi si posa sopra e poi cade alla più piccola onda di pioggia o di vento.
   Lascia dunque che i ciechi del mondo non vedano. Gli altri, ai quali il mio Spirito è luce, leggono il mio Nome nel tuo coraggio di martirio. E tu, soffrendo con questo coraggio, sei più missionaria del tuo Gesù che non cento predicatori di parole non corroborate da un fatto.
   Vi è una mia parabola[400] che ti presento in quest’ora. È quella del fico sterile. Non piangere, Maria. Sai già a chi voglio alludere. Non piangere. Ho usato a tua madre le stesse cure del vignaiuolo per la pianta infingarda. Dàmmene lode, Maria, perché ho usato infinita misericordia all’anima che ti era tanto cara.
   La sua ora di giudizio era molto prima di ora. E sono venuto due volte nel corso di questi tuoi anni di dolore ad osservare questa pianta spirituale, che neppure il tuo pregare induceva a produrre frutti di vita eterna. E tutte e due le volte la scure era già nella mia Mano per abbattere quella vita che resisteva agli inviti della Grazia. E tutte e due le volte ho trattenuto il colpo per dar modo a quell’anima di non venire a Me nuda di opere buone, compiute con l’anima riconciliata con Me.
   Sono il Gesù misericordioso e avevo pietà di lei e di te che per lei ti struggevi.
   Ho predisposto i mezzi per un ultimo lavoro. Ho mandato un mio Servo[401] per compiere la mistica fertilizzazione di quell’anima attraverso il Sacramento, anzi i Sacramenti in cui il mio Sangue fluisce e la mia Carne si fa cibo per dare a voi salvezza, perdono e vita eterna.
   Ho tutto compiuto di quanto su quell’elemento si poteva compiere, per operare il miracolo di ornare di frutti quello spirito prossimo a presentarsi a Me. E tu mi hai aiutato.
   L’ho presa ora perché più di così non poteva dare e, lasciandola oltre, la ventata del sentimento umano avrebbe bruciato, col calore dei suoi risentimenti e dei suoi egoismi, i frutti provocati dal mio e dal tuo amore.
   Lei non t’ha detto “grazie”. Ma Io te lo dico per lei. E lei, ora, già te lo dice, perché la mia Luce le ha illuminato orizzonti che la sua umanità le velava.
   Figlia, non piangere. Il resto verrà poi. Continua a pregare e a soffrire per lei. E spera in Me.
   Va’ in pace, anima fedele. Io non ti abbandono. Sei fra le mie braccia che sono più dolci di quelle di tutte le madri.»

   Alba del 5 ottobre

   Dice Gesù:
   «Ho detto:[402] “A chi crede in Me farò sgorgare in cuore fontane di vita eterna”. Ma non faccio forse sin da questa vita sgorgare fontane di balsamo che medicano voi, attossicati dal dolore?
   Oh! venite a Me, voi tutti che piangete. Credete in Me, voi tutti che soffrite. Amatemi, voi tutti che siete derelitti.
   Come pane caduto in un barile di miele che lo penetra della sua dolcezza, sarà la vostra anima, che lotta e soffre sulla Terra, se crede fermamente in Me.
   Credere in Me vuol dire amare, vuol dire sperare, vuol dire vincere. Credere in Me vuol dire possedere.
   Possedere quaggiù le armi per la lotta contro il Male che si avanza da tutte le parti e che cerca di abbattervi con mille tranelli, e vuol dire possedere nel mio Regno quel premio che è Me stesso per tutta l’eternità.»

[399] Tommasi, cioè gli increduli, come in Giovanni 20, 24-25.
[400] parabola … del fico sterile, in Luca 13, 6-9.
[401] un mio Servo è Padre Migliorini, che nei giorni precedenti aveva dato la S. Comunione a Iside Fioravanzi, madre della scrittrice, deceduta a mezzogiorno del 4 ottobre, come abbiamo già annotato in calce allo scritto del 17 luglio. Il 30 giugno, in­vece, è stata ricordata la morte del padre della scrittrice, deceduto otto anni prima. Per il Padre Mi­gliorini rimandiamo al 22 aprile (una nota) e al 13 agosto (due note).
[402] Ho detto in Giovanni 7, 38.