MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 239


19 gennaio 1944

   Dice Gesù:
   «Mia povera figlia così disgustata da quanto ti circonda, e nella casa e nella patria, ascoltami. Ieri sera ti sono stato vicino, conforto che non manca a chi soffre senza separarsi da Me.
   Se tutti sapessero – in luogo di imprecare soltanto per tutte le noie, le pene, le sventure della vita – se tutti sapessero venire a Me quando il prossimo offende, morde, nuoce, quando calunnia, quando disillude, quando avvilisce, quando colpisce con la sua indifferenza, anticarità, incomprensione, come con una spada, come sarebbe meglio! Soffrirebbero meno e acquisterebbero benedizioni divine. Invece l’imprecazione contro tutto e tutti, Me compreso, fiorisce sempre su queste labbra umane che si sentono stanche per pregare ma non stanche per insultare.
   E come posso Io andare a chi ha in sé odio che fermenta? E l’imprecazione non è forse odio che fermenta? Contro Me, contro il prossimo, contro la volontà di Dio, contro voi stessi. E sappiate che, se anche è contro voi stessi, è da Me riprovata perché Io abborro i cuori e le bocche che odiano, sia che odino Me, Dio, o i fratelli, creature di Dio, o loro stessi, opera di Dio.
   Chi poi odia un infelice – odiare per Me è non amare, e per non amare non c’è bisogno di uccidere, basta mancare a quel senso di paziente compassione che anche gli animali domestici sentono per il padrone che soffre – chi odia un infelice, facendogli sentire aspramente la sua condizione ed acutizzando le ferite che Io ho medicato col mio amore perché soffra meno, offende Me che ho detto:[81] “Beati i misericordiosi! Anche di un bicchiere d’acqua vi sarà data ricompensa”. E la parola buona è molto più ricompensata di un bicchiere d’acqua.
   Quando infine, con pensiero di scherno, si giudica male un mio servo e lo si turba al punto da renderlo fisicamente incapace di trascrivere la mia parola, allora si commette doppia offesa alla mia Persona. Perché solo Io posso ritirare la facoltà di ricevere in un mio servo, se costui manca a quella forma di vita che Io esigo da lui; e chi invece con arte umana me lo colpisce facen­done un povero ferito incapace di moto, sul quale Io devo cur­varmi, Samaritano[82] divino, a medicare le ferite e ristorare le forze col mio pietoso amore, si arroga un diritto che non ha e defrauda Dio di un suo diritto e di un suo strumento.
   In verità ti dico che, pur conoscendo quel cuore, ho dettato per esso una grande parola per spronarlo, per costringerlo al bene; per te l’ho fatto, e anche per lei, perché il ricordo della madre sua, vera cristiana, le fosse pungolo ad imitarne le virtù. Ma talvolta da un melo dolcissimo nascono selvatici frutti. E che tali restano perché non accolgono, con fede, la parola di Dio. Io sono quello che innesto in voi il Bene. Ma chi non mi accoglie rimane aspro e selvatico come frutto di selvatica pianta.
   Non è così, in verità, che si esercita “la carità verso il prossimo”. L’antica Marta[83] era molto migliore. Si affannava di troppe cose, ma non derideva l’amore della sorella, lieta anzi che ella fosse presa in tale amore, e non la turbava al punto da mettere fra lei e Me il velo amaro di una incomprensione fraterna che sempre turba.
   Io ho detto alla donna di Samaria:[84] “Chi beve di quest’acqua avrà ancora sete, ma chi beve dell’acqua da Me data non avrà più sete, anzi l’acqua da Me data diverrà in lui fontana d’acqua viva zampillante in vita eterna”.
   Ma se quello nel quale Io vengo, portando sotto le specie eucaristiche la divina fontana che ha in sé tutte le virtù e le grazie atte a far di un uomo un santo, rimane marmo che non si imbeve e con la sua non fede vera e non vera carità non solo resta bacino di marmo impenetrabile ma anche bacino perforato da questa sua non fede schietta e non carità, come posso Io divenire in lui fontana d’acqua viva zampillante in vita eterna? In verità ecco che Io sfuggirò da lui dopo esser venuto, perché non amo gli increduli e i non caritatevoli, e lo lascerò ogni volta vuoto e arido come prima.
   Tale il destino di chi pretende che Dio faccia tutto il miracolo e non mette di suo nessuno sforzo per migliorare se stesso.
   Come lavora Satana intorno a questi cuori! Se si vedessero tremerebbero. Come uccellini svagati, non ascoltano il richiamo paterno che li avverte del pericolo e che li chiama; non vedono, non vogliono vedere che l’uccellatore malefico sta colla rete in pugno per catturarli e farli infelici. E finiscono ad esserne preda e strumento di afflizione per i miei diletti.
   Il mondo è pieno di questi svagati. Essi sono i meno facili a convertirsi perché già superbia li tiene e non vi è in essi carità che li bonifichi. Mi fanno pietà. Abbi tu pure pietà e prega. Se la tua preghiera, come la mia grazia, non gioverà, tornerà a te come la grazia torna a Me, e tu ne avrai lo stesso merito come se essa avesse ottenuto la conversione di quel cuore.
   Supera il disgusto umano, Maria. Hai delle gioie che ti compensano di esso al centuplo.»

[81] ho detto in Matteo 5, 7; 10, 42; Marco 9, 41.
[82] Samaritano, come quello della parabola riferita in Luca 10, 29-37.
[83] L’antica Marta, quella dell’episodio riferito in Luca 10, 38-42.
[84] ho detto alla donna di Samaria, in Giovanni 4, 13-14.