MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 249


3 febbraio 1944

   Dice Gesù a me:
   «Quanto hai scritto il 30 gennaio potrebbe dare spunto ai diffidenti di mettere avanti i loro ma e se. Rispondo Io per te. Hai scritto: “…quando vedo così, le mie forze fisiche, e specie cardiache, hanno una grande dispersione”.
   Ci saranno certo i “dottori dell’impossibile” che diranno: “Ecco la prova che quanto avviene è umano, perché il soprannaturale dà sempre forza e non mai debolezza”.
   Mi spieghino allora perché i grandi estatici, dopo un’estasi nella quale hanno superato le potenze umane abolendo dolore, peso della materia, conseguenze di ferite interne e di imponenti emorragie, gioendo di una felicità che li fa belli anche fisicamente, restino, non appena l’estasi cessa, tramortiti al suolo in maniera da far pensare che l’anima si sia dipartita da essi.
   Mi spieghino anche perché, dopo poche ore della più atroce agonia che ripete la mia, quale è quella della mia serva Teresa[119], quale furono le agonie della mia santa Gemma e di molti altri spiriti che il mio amore e il loro amore fece degni di vivere la mia Passione, essi riprendano o riprendessero forza ed equilibrio fisico come le persone più sane non hanno.
   Io sono il Padrone della vita e della morte, della sanità e della malattia. Io uso dei miei servi nei modi che voglio, come userei di un morbido filo messo a trastullo nella mia mano.
   Il miracolo in te, uno dei miracoli, sta in questo. Che tu, nello stato fisico in cui sei – stato che è miracoloso che duri – possa andare a quella beatitudine senza morirne, portata in essa mentre sei in una prostrazione che in altri impedirebbe anche i pensieri più rudimentali. Il miracolo sta nella vitalità che rifluisce in te in quelle ore, come vi rifluisce in quelle in cui scrivi i miei dettati o quelli degli altri spiriti che ti portano la loro celeste parola. Il miracolo sta nel riacquistare di colpo la forza, dopo che la gioia ha consumato in te quella larva di vitalità che ti resta, per scrivere.
   Ma quella vitalità te la trasfondo Io. È come un sangue che da Me entri nelle tue vene esauste, è come un flutto che si riversi su una riva e la irrori di sé, e che dura irrorata sinché il flutto la bagna, poi resta di nuovo arsa fino al nuovo flutto, così come è uguale a un’operazione che ti svuoti del mio sangue sino alla nuova trasfusione.
   Tu per conto tuo non sei nulla. Sei un povero essere in agonia che campi perché Io voglio, per i miei fini; sei una povera creatura che vali unicamente per il tuo amore. Altri meriti non ne hai. Amore e desiderio di esser cagione d’altri amori per il tuo Dio, perciò sempre amore. Ciò è quello che giustifica il tuo essere e la mia benignità di conservarti la vita, mentre umanamente dovresti essere dissolta nella morte da tempo.
   Il tuo sentirti daccapo uno “straccio”, come dici tu, dopo che Io cesso di portarti con Me nei campi della contemplazione o di parlarti, è la prova, che Io do a te e agli altri, che tutto quanto avviene è per mio unico volere. E se qualcuno umanamente pensa che con lo stesso volere e amore potrei guarirti e che sarebbe la miglior prova di amore e di volere, rispondo che ho sempre conservato la vita ai miei servi sinché ho giudicato che la loro missione doveva continuare, ma che non ho mai dato ad essi una vita umanamente felice perché le missioni si compiono nel e col dolore, e i miei servi, d’altronde, non hanno che un desiderio simile al mio: “Soffrire per redimere”.
   Non dire dunque: “dispersione di forze”. Di’: “Dopo che la bontà di Gesù annulla in me il mio stato d’inferma per i suoi fini e per mia gioia, io torno quella che la sua bontà m’ha concesso d’essere: una crocifissa del suo e per il suo amore”.
   E ora va’ avanti con ubbidienza e amore.»

   [Seguono i brani 1-5 del capitolo 45 dell’opera L’EVANGELO]

[119] Teresa è Teresa Neumann, mistica, allora vivente (1898-1962); Gemma è Gemma Galgani, santa (1878-1903).