MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 250


4 febbraio 1944

   [Precedono i brani 6-10 del capitolo 45 dell’opera L’EVANGELO]
   Oggi poi, leggendo il fascicolo[120], noto una frase di Gesù che le può essere di regola.
   Lei stamane diceva che non potrà rendere note le mie descrizioni per via dello stile; ed io, che di essere conosciuta ho una vera fobia, ne fui ben contenta. Ma non le pare che ciò sia contrario a ciò che dice[121] il Maestro nell’ultimo dettato del fascicolo? “Più sarai attenta ed esatta (nella descrizione di ciò che vedo) e più sarà numeroso il numero di coloro che vengono a Me”. Ciò implica che le descrizioni debbano esser note, altrimenti come può esservi numero di anime che in grazia ad esse vanno a Gesù?
   Le sottopongo questo punto e poi faccia lei ciò che le pare meglio, ché per me è indifferente. Anzi, umanamente, sono del suo stesso parere. Ma qui non siamo nel campo dell’umano, e anche l’umano del portavoce deve scomparire.
   Anche nel dettato di oggi[122] Gesù dice: “… nel mostrarti il Vangelo faccio un tentativo più forte di portare gli uomini a Me. Non mi limito più alla parola… Ricorro alla visione e la spiego per renderla più chiara e attraente”. E allora?
   Intanto, perché sono un povero nulla che da me sola mi ripiego subito su me stessa, le dico che la sua osservazione mi ha turbata – e l’Invidioso se ne giova – tanto turbata da farmi pensare di non scrivere più ciò che vedo e scrivere unicamente i dettati. Mi soffia in cuore: “Tanto, lo vedi? Non servono a un bel nulla le tue famose visioni! Solo a farti passare per pazza. Come sei, in verità. Cosa vedi? Le larve del tuo cervello turbato. Ci vuol ben altro per meritare di vedere il Cielo!”.
   È tutt’oggi che mi tiene sotto il getto corrosivo della sua tentazione. Le assicuro che non ho tanto sofferto del mio grande dolore fisico quanto ho sofferto e soffro per questo. Mi vuol far disperare. Il mio venerdì è oggi venerdì di tentazione spirituale. Penso a Gesù nel deserto e a Gesù nel Getsemani…
   Ma non mi do per vinta, per non farlo ridere questo demonio astuto; e lottando contro lui e contro il mio lato meno spirituale le scrivo la mia gioia d’oggi, assicurandole insieme che per conto mio sarei ben lieta se Gesù mi levasse questo dono di vedere che è la mia più alta gioia. Basta mi conservi il suo amore e la sua misericordia.
   Nel pomeriggio di oggi ho visto l’apparizione di Lourdes.
   Vedevo nitidamente la grotta che si incava nel monte con le sue protuberanze di sasso sul quale sono nate, approfittando di un poco di terra deposta nelle crepe, le pianticelle delle grotte. Erbe sottili, muschi, capperi, o meglio erba parietaria, edera selvatica dai rami penduli e, presso la parete di destra (rispetto a me), ai bordi della grotta, uno spinoso rosaio selvatico che stende i suoi rami ancora privi di foglie verso l’interno e l’alto, dove si trova una spaccatura nella roccia, una spaccatura che si interna come fosse un corridoio in salita, stretto e oscuro.
   La grotta – non rida del mio scarabocchio – è fatta così:

     

   Quella specie di finestra è la spaccatura e quegli scarabocchi che dal suolo vanno ad essa vogliono mostrarle il rosaio selvatico. Quelle due linee dietro lo spacco, il percorso presumibile del corridoio petroso. Al suolo vi è della terra mista a sassi ed erba, la caratteristica erbetta corta e lucida di certi posti di montagna.
   Lo spacco si illumina ad un certo punto di un chiarore giallorosato dolcissimo, come se un raggio di sole fosse penetrato nella sua ombra a farla dorata, o una lampada nascosta l’avesse accesa del suo gioioso chiarore. È una luce che fa lieti.
   Poi dalla luce emerge la mia dolce Signora che amo tanto, la Mamma che ormai tanto bene conosco. Sorride col suo volto di giglio, con lo sguardo amoroso e pudico. È tutta vestita di bianco come quando l’ho vista in Paradiso[123], ma ha una lunga cintura di una splendida seta celeste, che le si annoda alla vita sotto il cuore e scende sin quasi all’orlo della veste lunghissima, dalla quale emergono le punte dei piedi sottili e rosei. Due rose sono puntate all’orlo della veste, sopra i piedini, due magnifiche rose che sembrano d’oro lavorato a filigrana. Un lungo velo, di una leggerezza che pure è compatta, la copre dal capo ai piedi. Alle mani congiunte è appoggiato un lungo rosario che sembra di perle legate in oro. Il rosario mi è parso completo: 15 poste.
   Dimenticavo dirle che, quando la luce si è fatta nella spaccatura della roccia, il ciuffo di rami del rosaio, che stava ai piedi e lungo la parete destra dello spacco, si agitò come se un vento piegasse i suoi rami spinosi e le sue superstiti foglie accartocciate dal gelo e di un color verde rosso, come arrugginito.
   Maria sorride senza parlare nel nimbo della sua luce d’oro che la fa parere ancor più nivea nella veste e nel colore delle mani, del collo e del purissimo volto di poco più che fanciulla. Le si darebbero non più di vent’anni, e anche di quelli ben portati.
   Maria scende verso l’apertura dello spacco, fin sul limite di esso. Vedo il suo passo lievemente ondeggiante, come già lo vidi nelle altre volte che la vidi camminare: il passo caratteristico di chi è uso ai sandali senza nessun rialzo di tacco. Giunta al limite dell’apertura, proprio sopra il rosaio, si ferma.
   Maria si fa il segno della croce. Mi insegna a fare il segno della croce. C’è da vergognarsi pensando come lo si fa noi! L’angelo della visione del Paradiso mi ha insegnato a dire: “Ave, Maria”. Maria mi insegna a dire: “In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo”.
   Ella separa le mani unite in preghiera, appoggia la sinistra sul cuore e con la destra, libera della corona, si tocca la fronte guardando al cielo, il petto, le spalle, e poi curva il capo, al “così sia”, riunendo le mani come prima, e sorride di nuovo. Prima, nel segnarsi, non era né seria né sorridente: era assorta in Dio.
   Il gesto è molto ampio e lento. Neppur lontano parente dei nostri che sembrano… scacciamosche e che sono mutilati nelle parole.
   Poi inizia a sgranare la sua corona. Lentamente, dicendo a voce alta, curvando fortemente il capo come per un inchino, il “Gloria Patri”. Mentre io dico le “Ave” e i “Pater”, sorride e tace. Il vento muove ogni tanto l’estremità della sua cintura di seta. Un lieve vento.
   Infine Ella apre le braccia e le protende verso il suolo, curvando il capo e la snella persona in un lieve inchino di umiltà, e dice con la sua inimitabile voce soavissima: “Io sono l’Immacolata Concezione”, e nel dirlo risolleva la testa e riunisce le mani una nuova volta, guardando il cielo con l’occhio umido di soprannaturale emozione.
   Non dice altro. Ma il suo gesto, il suo sorriso, il suo sguardo, mi fanno capire che Ella è “l’ancella di Dio”[124], si reputa sempre tale (questo coll’abbassare le braccia e il capo umilmente), lo è per grazia di Dio e non per suo merito proprio (ecco il significato del suo gesto iniziale) e lo è per il Signore a cui va data lode per averla donata al mondo come primo perdono alla umanità colpevole (ecco il significato della seconda parte del gesto in cui è lode, gratitudine e raccoglimento modesto).
   A dirlo non è nulla. Ma a vederlo, quante cose insegnava quel gesto soltanto!
   Poi si raccoglie come in interna preghiera con lo sguardo rapito in Dio che Ella vede, e si dissolve così, tornando al suo Paradiso, lasciando in me la luce, la musica, il profumo del suo candore e la spiritualità della sua preghiera.
   Ho scritto vincendo gli impacci che il Tentatore e la mia umanità creavano. Ed ora mi metto quieta col mio rosario fra le mani cercando imitare Maria, la Mamma-Maestra che è venuta per insegnarmi a pregare e a dar lode al Signore per tutto quanto Egli fa di noi.
   Nostra Signora di Lourdes, insegnami a pregare e proteggimi contro il demonio e me stessa. Così sia.

   [Segue, in data 5 febbraio, il capitolo 42 dell’opera L’EVANGELO]

[120] fascicolo è detto il dattiloscritto prodotto da Padre Migliorini copiando dai quaderni autografi della scrittrice. La presente edizione dei “Quaderni” riproduce direttamente il testo originale autografo.
[121] ciò che dice nel secondo “dettato” del 25 gennaio, alla fine.
[122] dettato di oggi, che è nel capitolo 45 dell’opera “L’Evangelo come mi è stato rivelato”.
[123] l’ho vista in Paradiso, il 10 gennaio.
[124] l’ancella di Dio, come in Luca 1, 38.