MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 269


2 marzo 1944

   Dice Gesù:
   «I miei martiri hanno posseduto la Sapienza. E con essi i miei confessori. E la possiedono tutti quelli che veramente mi amano e fanno di questo amore lo scopo della loro vita.
   Agli occhi del mondo ciò non appare. Anzi, l’esser giusti sembra debolezza, sembra una cosa superata. Quasi che per volgere di secoli fossero avvenuti mutamenti nei rapporti fra Dio e fedeli.
   No. Se Io ho attenuato il rigore della legge mosaica e vi ho dato delle risorse di incalcolabile potenza per aiutarvi a praticare la Legge e giungere alla Perfezione, non è però mutato il dovere di rispetto e di ubbidienza che avete per il Signore Dio vostro. Se Egli si è fatto Buono al punto di dare Se stesso per farvi buoni, voi dovete ancor più esserlo e non dire: “Ci pensi Lui a salvarci. Noi godiamo”. Ciò non è sapienza: è stoltezza e bestemmia. Ciò è sapienza del mondo, ossia riprovevole, non sapienza divina.
   I miei martiri furono divinamente sapienti. Non hanno, come l’empio[173], detto a se stessi: “Godiamo l’oggi perché esso non torna e con la morte ogni gioia finisce. E per godere facciamo della prepotenza un diritto, ed estorcendo dai deboli e dai buoni ciò che non è lecito estorcere traiamo da queste estorsioni di che empire la borsa per empire poi il ventre e saziare concupiscenza di carne e di mente”. Non hanno, come l’empio, detto a se stessi: “Esser giusti è un sacrificio ed è fatica esserlo. Come è rimprovero vedere il giusto. E perciò leviamolo di mezzo perché la sua giustizia ci ricorda Dio e ci rimprovera del nostro vivere da bestie”.
   I miei martiri hanno invece capovolto la teoria del mondo ed hanno voluto unicamente seguire quella di Dio. Il mondo li ha perciò messi alla prova, li ha oltraggiati, tormentati, uccisi, sperando di turbare la loro virtù. E nella sua stoltezza non sapeva che ogni colpo dato per sgretolare la loro anima era simile a maglio che faceva penetrare loro in Me ed Io in loro con un amore di fusione perfetto, tanto che nelle carceri o nei circhi essi erano già in Cielo e vedevano Me così come, dopo l’attimo di dolore e di morte, mi avrebbero visto per la beata eternità.
   Non morti, non distrutti, non torturati, non disperati. Come non è morte il travaglio del parto, non è distruzione, non è tortura, non è disperazione, ma è vita che genera vita, ma è raddoppiamento di carne che era una e diviene due, ma è soddisfazione, ma è speranza di esser madre e di avere dalla maternità gioie ineffabili per tutta la vita, così quel dolore era per loro speranza, sicurezza, vita che li faceva beati.
   Il mondo non li poteva capire questi santi folli la cui follia era amare Dio con tutta la perfezione possibile alla creatura, facendo di sé delle volontarie sterili poiché uniche nozze erano quelle con Me Divino, facendo di sé eunuchi che per uno spirituale amore amputavano in sé la sensualità umana e vivevano casti come angeli. Non poteva capire questi pazzi sublimi che, consci delle dolcezze del talamo e della prole, sapevano rinunciare a questa e a quello e volare ai tormenti, dopo essersi volontariamente lacerato il cuore nel lasciare i figli e i consorti per amore di Me, loro amore.
   Ma il mondo è stato salvato da loro. Se siete divenuti le belve che siete, dopo tanto esempio e tanto lavacro di sangue purificatore, che sareste divenuti, e da quando, senza la generazione santa e benedetta dei martiri miei? Essi vi hanno trattenuto da precipitare in Satana molto prima del momento che le vostre libidini fomentavano. Essi vi invitano tuttora a fermarvi e a rimettervi sulla via che sale, lasciando il sentiero che precipita. Essi vi dicono parole di salute. Ve le dicono con le loro ferite, con le loro parole ai tiranni, con le loro carità, con la cura del loro pudore, con la loro pazienza, purezza, fede, costanza. Essi vi dicono che una sola è la scienza necessaria. Quella che sgorga dalla Sapienza eterna.
   Saggi ancor più di Salomone, essi preferirono questa Sapienza a tutti i troni e le ricchezze della Terra. E per ottenerla e conservarla sfidarono persecuzioni e tormenti, abbracciarono la morte per non perderla. L’amarono più della salute e della bellezza, e vollero averla per loro luce, perché il suo splendore viene direttamente da Dio e possederla vuol dire anticipare all’anima la Luce beatifica dell’eterno giorno. Con rettezza di cuore la impararono e con carità la comunicarono anche ai loro nemici. Non ebbero paura di rimanerne privi, perché ne facevano parte alle folle che ne erano prive, poiché Essa, vivente in loro, li istruiva che “dare è ricevere”[174] e che, più essi distribuivano le acque celesti che la Fonte divina riversava in loro, e più tali acque aumentavano sino a colmarli come calici di una Messa santa, consumata per il bene del mondo dal Sacerdote eterno.
   Il re sapiente fa l’enumerazione[175] delle doti della Sapienza il cui spirito è intelligente, santo, unico, molteplice, sottile… ma tutte queste qualità essi, i miei martiri, le hanno possedute. In loro era quello che Salomone chiama “vapore della virtù di Dio ed emanazione della gloria dell’Onnipotente”. Essi perciò rispecchiavano in sé Dio come nessuno al mondo, rispecchiavano Dio nelle sue qualità e Me Cristo-Salvatore nel mio olocausto.
   Oh! come si potrebbero mettere sulla bocca di ogni martire le parole di Salomone proclamante di avere amato e cercato dalla giovinezza la Sapienza e di averla voluta per sposa! Di averla voluta maestra e ricchezza! E come potete pensare, senza tema di errore, che sulle loro labbra fiorì quella preghiera per ottenere la Sapienza che è fiorita sulle labbra di Salomone!
   E come, soprattutto, dovreste sforzarvi, o voi che la cupidigia della carne ha arretrato a tenebre di paganesimo ben più profonde di quelle alle quali i miei martiri portarono la Luce, a farvi amanti, desiderosi della Sapienza, e a pregare perché vi venga data a guida nelle imprese singole e collettive, onde non siate più quelli che siete: dei maniaci crudeli che vi torturate a vicenda perdendo vita e sostanze, due cose alle quali tenete, e salvezza dello spirito, cosa alla quale tengo Io che sono morto per dare ai vostri spiriti salvezza.
   “È per la Sapienza” dice Salomone “che vengono raddrizzate le vie degli uomini ed essi sanno ciò che è gradito a Dio”. Ricordàtevelo. E sappiate che a Dio non è gradito altro che il vostro bene. Perciò, se voi lo conoscerete e seguirete questa via a Lui gradita, farete del bene a voi e nella Terra e nel Cielo.»

[173] come l’empio, in Sapienza 2.
[174] dare è ricevere, come in Luca 6, 38; Atti 20, 35.
[175] fa l’enumerazione in Sapienza 7, 22-30, che comprende la citazione testuale (v. 25). Successivi rinvii sono a Sapienza 8-9 (9,18 è la citazione finale).