MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 331


1 giugno 1944

   Primo venerdì del mese

   Ieri non ho avuto particolare dettato. Ho soltanto sofferto sino a credermi in agonia.
   La sofferenza fisica è incominciata - così violenta, perché c’era già da un 24 ore ma era, per me che so sopportare molto, ancora sopportabile – la sera di mercoledì. Ed è andata crescendo con ritmo continuo sino a divenire insopportabile. Ho pensato ad una perforazione peritoneale, tanto il peritoneo era dolente e mi dava tutti i disturbi di una peritonite acuta. Ho sofferto sino ad essere inebetita. Non sapevo più che dire: “Signore, è per i miei poveri fratelli disperati”. Era ancora il mercoledì.347
   Ieri, continuando a soffrire, ho offerto tutto questo spasimo per gli idolatri. Non avevo che quello da offrire perché proprio non avevo forza d’altro e ho dovuto fare una vera fatica a compiere le mie solite penitenze. Poi sono rimasta tramortita sentendo solo lo spasimo della carne. Ma non importa. L’anima era in pace, fra le mani di Gesù… e allora nulla fa male!…
   Nel tardo pomeriggio è venuto il sacerdote di qui348 e mi ha trovata con una faccia da agonia. Mi ha voluto consolare perché è buono, in fondo. Ma un “buono” che serve solo a Maria creatura, non a Maria anima.
   Sento la dolorosa mancanza di chi mi dirige349, il quale dice che [egli] “non fa nulla”. Io invece dico che [egli] è l’aria del­l’anima mia. Mi manca all’anima come l’aria marina manca ai miei polmoni. E nonostante le infinite bontà di Gesù, mi manca quest’aiuto e ne soffro.
   Ieri sera volevo fare l’Ora di adorazione notturna. Ma mi fu impossibile. Non riuscivo a leggere né a pensare. E allora Gesù mi ha fatto… adorare dandomi una visione appropriata.
   Cerco descrivere l’ambiente, cosa difficile per me che in fatto di architettura valgo men che zero e che non ho mai messo piede in un monastero di clausura.
   Credo dunque d’essere nella chiesa interna di un monastero di stretta clausura. Vedo un arco molto alto e spazioso che dà luce sulla chiesa esterna. Dà luce per modo di dire, perché la fitta grata che lo empie tutto è resa ancor più impenetrabile da una cortina di stoffa rosso scura che scende dall’alto fino ad un metro e mezzo circa dal suolo, ossia fino al punto che un muro si eleva per sostenere l’inferriata.
   Nel centro della stessa vi è come una finestra, ossia un pezzo di inferriata mobile che gira come una porta sui suoi cardini. Questa non ha tenda rossa e lascia vedere fra le maglie della grata il tabernacolo che è nella chiesa esterna. Così le suore possono adorare e, credo, ricevere la S. Comunione stando inginocchiate nel banco che fa da balaustra davanti alla finestrella e che è sopraelevato su una predella di tre scalini, per renderlo comodo rispetto all’altezza della finestra. Della chiesa esterna non si vede nulla fuorché il tabernacolo. Forse sono fatti così i cori dei monasteri.
   Vi è poca luce. Dalle finestre alte e strette piove una luce crepuscolare; penso che deve essere o sera o alba, perché vi è molto poco chiarore. Il coro – lo chiamo così ma non so se dico bene – è vuoto. Solo vi sono gli stalli delle suore e il banco davanti alla grata. Una lampada ad olio mette una piccola stella gialla presso la grata.
   Entra una suora alta, e magra certo, perché nonostante l’ampio abito monacale il suo corpo è snello molto. Va ad inginocchiarsi alla bancata. Si solleva il velo che teneva calato sul viso e vedo un viso giovane, non bellissimo ma grazioso, pallidissimo, mite. Due occhi chiari – mi paiono di un castano-verdastro – splendono dolcemente quando li alza a guardare il tabernacolo, e la bocca sottile si schiude ad un soave sorriso. Il volto è di un ovale allungato fra le bende bianche, di poco più bianche di esso. Il velo nero scende fin sulla veste nera, di modo che nella figura inginocchiata non appaiono di color chiaro che il volto gentile, le mani lunghe e ben fatte congiunte in preghiera, e una croce d’argento che le splende sul petto oltre il largo soggolo. Prega fervorosamente con gli occhi fissi al tabernacolo.
   Ed ecco il bello della visione. La grata, tutta la grata splende come se oltre il velario si fosse acceso un fuoco vivissimo. La lampada, che prima pareva una stella di splendore, ora si annulla nella luce che cresce e che si fa sempre più di un bianco argento vivissimo. Tanto vivo che gli occhi non vedono più che essa. La grata si annulla nel vivissimo splendore. E nello splendore appare Gesù. Gesù ritto in piedi nel suo abito candido e nel suo manto rosso, sorridente, bellissimo.
   Chiama: “Margherita!” per scuotere la suora che è rimasta estatica a guardarlo. La chiama tre volte, sempre più dolcemente e sorridendo con sempre maggior intensità. Si avanza camminando alto dal suolo sul tappeto di luce che sta sotto a Lui. “Sono Io, Gesù che ami. Non temere”.
   Margherita Maria350 lo guarda beata e fra le lacrime dice: “Che vuoi da me, Signore? Perché mi appari?”.
   “Sono Gesù che ti ama, Margherita, e voglio che tu mi faccia amare”.
   “Come posso, Signore?”.
   “Guarda. E tutto potrai perché ciò che vedrai ti darà forza e voce per scuotere il mondo e portarlo a Me. Ecco il mio Cuore. Guarda. È quello che ha tanto amato gli uomini desiderando esserne amato. Ma amato non è. E in quest’amore sarebbe la salvezza dell’uman genere. Margherita, di’ al mondo che Io voglio sia amato il mio Cuore. Ho sete! Dammi da bere. Ho fame! Dammi da mangiare. Soffro! Consolami. Questa missione sarà la tua gioia e il tuo dolore. Ma ti chiedo di non rifiutarla. Vieni. Vieni a Me. Accostati a Me. Bacia il mio Cuore. Non avrai più paura di nulla…”.
   Margherita Maria si alza e cammina estatica verso Gesù. La grande luce le fa ancor più bianco il volto. Si prostra ai piedi di Gesù.
   Ma Egli la solleva e tenendola sorretta con la sinistra si apre la veste sul petto, e pare che con la veste si apra la carne, e il Cuore divino appare vivo, pulsante fra torrenti di luce che accendono il povero coro, che fanno il corpo umano della discepola diletta splendente come un corpo già spiritualizzato. Gesù piega a sé la sua amata e con amorosa violenza le porta il viso all’altezza del suo Cuore e se lo serra contro e sorregge l’estatica che per la gioia crollerebbe, e quando se la stacca la sorregge ancora, con dolce cura, e la riconduce al suolo – perché Margherita ha camminato nella scia di luce per giungere a Gesú – e non la lascia sinché non la vede sicura al suo posto. Allora dice: “Tornerò per dirti i miei voleri. Amami sempre più. Va’ in pace”.
   La luce lo assorbe come una nuvola e poi si attenua sempre più e infine scompare, e nel coro ormai buio splende solo la stellina gialla della lampada.
   Questo è quanto ho visto. E a me Gesù dice: “Hai fatto l’adorazione del giovedì, vigilia al primo venerdì. Che vuoi di meglio di questa?”. Sorride e mi lascia.
   Ora voglio dirle, perché credo che l’interessi, una piccola comunicazione avuta da Gesù il 29 maggio.
   Mi cadde sotto agli occhi un vecchio trafiletto di giornale in cui è l’annuncio di un libro di S. Caterina da Siena. Sono anni che ce l’ho351. E non avevo mai preso quel libro, parendomi in parte inutile perché mi pareva di non poter comprendere la mistica di S. Caterina. Troppo sublime per me. E in parte anche inutile farne ricerca dato che era un libro introvabile. L’avevo fatto cercare in un primo tempo e m’era stato riferito: “Non si può avere”. Mi ero rassegnata senza fatica a non averlo e non ci avevo pensato più.
   Il 29 maggio mi torna in mano questo pezzettino di giornale. Lo guardo e lo strappo indifferente. Sento Gesù che dice: “No. Prendi questo libro. Ora lo troverai subito, al primo negozio in cui sarà cercato. Ti aiuterà a persuaderti che una è la Voce che parla. Quella che parla a te e che ha parlato a Caterina. Prendilo, ché è il tempo di prenderlo”.
   Il trenta maggio, dovendo Marta andare a Lucca, le dico di cercarlo. Senza dirle altro. E infatti lo trova nel primo negozio librario in cui entra.
   Poco ne ho letto, ma quel che ho visto mi ripete, nello stile medioevale, i concetti che odo nello stile attuale. Vado segnando, man mano che li trovo, i punti che già ho sentito dire a me. Questo mi dà pace, perché io ho sempre paura di un inganno.
   Gesù è molto, molto, troppo buono con me! Non solo mi ammaestra e mi consola con parole e visioni, ma le regola a seconda della mia debolezza fisica e sopperisce alla mia impossibilità di pregare, come avvenne ieri sera, facendomi adorare il suo Cuore insieme a Margherita Maria, e mi indica ciò che devo prendere per rassicurarmi nei miei timori.
   Riprendo più tardi per dirle questo che odo ora.
   Dice Gesù:
   «La fatica che si fa per strappare quell’anima alle sue idee è data dal fatto che è satura di esse.
   Per mettere in un vaso del liquido bisogna che il vaso sia preparato. Se è vuoto si può empire tutto di quel liquido che vogliamo, se è semipieno ne metteremo una metà, se ne manca un dito ad esser colmo potremo mettercene almeno un dito. Non sarà molto, ma servirà a mescolare qualcosa. Ma se è pieno sino all’orlo non possiamo mettere nulla. Nulla. Bisogna prima svuotarlo.
   Ciò è facile quando il vaso si lascia muovere. Ma se è fisso e perciò non movibile, come lo si può svuotare? Bisogna prosciugarlo o col calore del sole o con una paziente opera nostra di immersione di una spugna che ne aspiri il liquido sino ad ottenere il vuoto.
   Certi cuori sono vasi colmi sino all’orlo e inamovibili. La loro volontà li rende tali. Si tengono perciò dentro l’acqua che vi hanno messo e che non è quella che Io e che tu vorremmo avessero. E allora bisogna strappare con ardore di carità e con paziente costanza il loro contenuto.
   Ben più facile opera se si lasciassero rovesciare da un impeto d’amore. Ma più meritoria è di ardere tu di amore per svuotarli dal male e ad asciugarli da ogni male con sacrificio, sacrificio, sacrificio. E poi mettervi Dio. Mettervi il tuo Dio.
   Oh! Maria!…»
   Non dice altro. Questo breve dettato mi viene iniziato mentre io compio le mie devozioni e penitenze e, raccomandando questo e quello, penso ad un cuore che non si smuove dalle sue decisioni. Più ancorato ad esse di una nave ad un fondo scoglioso. Il più refrattario di tutti al mio pregare.
   Alla sera di questo primo venerdì, più ampia e bella mi si ripresenta la visione di Gesù dal Cuore radioso circondato da molti, molti santi. Vi sono molti uomini, ma in prima linea, e più radiose di tutte le altre figure come per una luce di privilegio, sono tre sante.
   Però in questa visione i corpi, per quanto comprenda che sono già corpi spiritualizzati, pure mi si mostrano coi loro abiti terreni, così come mi avviene nelle visioni della vita di Nostro Signore.
   Riconosco fra gli uomini S. Giovanni apostolo, che sta quasi alle spalle di Gesù e lo guarda e sorride. E poi vedo un francescano che non è S. Francesco ma non so chi sia. Ma quelle che mi attirano l’attenzione sono le tre sante che sono in prima fila.
   Una è Margherita Maria. La riconosco bene. L’altra è una piccola e bella suorina tutta vestita di bianco. Solo il velo è nero. Ha un viso intelligentissimo e radioso di gioia sovrannaturale. La terza è una cappuccina magra e austera dall’occhio serio e buono di chi ha molto sofferto e pianto: è la più anziana di tutte. Ora non piange. Ma mi guarda con tanta pietà.
   Gesù me le indica e dice:
   «Sono le mie Aralde. Sono quelle che non hanno serbato per sé l’amore vivissimo per il divino mio Cuore. Ma lo hanno diffuso nel mondo e a costo di ogni fatica e dolore.
   Questa è la prima in ordine di tempo. È la prima voce che parli della confidenza nel mio Cuore. Il mondo era tutto un rovo di ferocie umane e di restrizioni religiose quando Geltrude352 ha detto al mondo: “Ama e spera. Gesù ci assicura che siamo riconciliati al Padre. Il suo Cuore trafitto ce lo dice. Lavoriamo per la sua gloria. Facciamo la sua volontà per dargli gioia ed Egli farà per noi i miracoli della sua misericordia”. Ella aveva capito le parole che escono da questa mia Ferita.
   L’altra la conosci. L’hai vista ieri sera.
   La terza è Veronica353, clarissa cappuccina. La “voce” che diceva in Italia ciò che Margherita diceva in Francia. Le due che hanno vinto il filosofismo, nemico della Verità, più ancora che non lo abbia fatto la Chiesa con le sue condanne, e l’hanno vinto con la forza del loro amore che predicava la verità di quanto aveva udito e visto. Sono state tormentate per questo dagli uomini ciechi. E fra i ciechi quanti che avrebbero “dovuto vedere”! Quanti consacrati fra essi! Ma esse, le mie messaggere, le mie “voci”, erano state create per questo. E questo hanno fatto perché fare la volontà mia era la loro gioia.
   Sono più le sante, dei santi, le “voci” che parlano del mio Cuore. Perché è della donna la gentilezza d’amare. Giovanni, angelico, è fra i santi perché ebbe cuor di fanciulla in corpo di eroe. Egli è il primo nell’aver compreso il mio Cuore. Ma tutti i santi sono frutti del mio Cuore, dell’amore per il mio Cuore. Anche quelli che pare siano stati creati per farsi apostoli di altre devozioni, sono in realtà i frutti del mio Cuore e dell’amore ad Esso.
   Chi non ama non si santifica. È il cuore quello che ama. E che si ama nell’amato? Il suo cuore. Come in una madre si forma per primo nel seno il cuore della sua creatura, così in coloro che sono i portatori di Dio nel mondo si forma per primo in cuore il Cuore del loro Signore.
   Quando Esso vi palpita in seno, Gesù è già nato in voi e vi parla e carezza e vi porta il Padre e lo Spirito, perché dove è Uno gli altri Due non mancano. Voi siete perciò un Cielo nel quale si operano le meraviglie di Dio e dal quale trapelano fulgori ed escono parole che sono luci e parole del Dio che vi abita.
   Oh! beati voi che capite come vi amo! E che questo amore lo ridite al mondo per persuaderlo ad amarmi.
   Ti ho mostrato questa famiglia di santi, la cui passione fu il Cuore mio, perché tu sei una piccola sorella.
   Il Cuore del tuo Gesù e la sua Croce: le tue mete d’amore. Ma il Cuore di Gesù fu aperto354 sulla Croce. Nel massimo obbrobrio vi ottenne il supremo rifugio. Per dirvi che più uno accetta d’es­ser vilipeso per fare la volontà dell’Eterno, e più diviene per i suoi fratelli colpevoli salvezza e benedizione.
   Anche se il cuore si spacca per il dolore che gli uomini dànno ai miei araldi, non tremino e non arretrino questi miei diletti. Io sono con loro e qui, qui in questa Ferita è il nido per le mie colombe d’amore, ferite dagli sparvieri crudeli. Ed Io le chiamo e dico: “Vieni, venite, o mie colombe, a riposarvi presso chi vi ama. Venite al nido che vi ho preparato, dove asciugherò ogni vostro pianto e guarirò ogni vostra ferita, e vi nutrirò del frutto dell’albero di vita, e vi disseterò al fiume d’acqua viva che scaturisce da sotto al mio trono, e porterete in fronte il Nome mio e sul cuore il segno del mio Cuore, e regnerete in eterno perché con l’amore avete conquistato l’Amore”.»

[347] il mercoledì, che era il giorno dedicato, appunto, ai fratelli disperati, mentre per gli idolatri erano le sofferenze del giovedì, secondo il programma settimanale stabilito nel “dettato” del 29 maggio.
[348] il sacerdote di qui era Don Narciso Fava, parroco a Sant’Andrea di Còmpito, dove la scrittrice si trovava sfollata dal 24 aprile, come abbiamo spiegato in una lunga nota sotto quella data.
[349] chi mi dirige, cioè Padre Migliorini, rimasto a Viareggio.
[350] Margherita Maria è Margherita Maria Alacoque (1647-1690), religiosa della Visitazione di Paray-le-Monial (Francia), apostola della devozione al Sacro Cuore di Gesù, santa.
[351] ce l’ho, il trafiletto di giornale, non il libro.
[352] Geltrude è Geltrude di Helfta, detta “la grande” (1256-1301 circa), antesignana della devozione al Sacro Cuore di Gesù, santa.
[353] Veronica è Veronica Giuliani (1660-1727), clarissa cappuccina, santa.
[354] fu aperto, come si legge in Giovanni 19, 33-34.