MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 334


11 giugno 1944

   Dice Gesù:
   «Per potere vivere con equilibrio la vita di vittime, bisogna mettersi risolutamente nel piano dello spirituale, dimenticando assolutamente quanto non è questo piano.
   Ho detto “equilibrio” perché nelle cose della Terra si usa questo termine per significare una cosa o una persona che è così giustamente posata sul suo asse tanto da non caderne per scosse di veruna sorta; e che se anche le riceve, perché è naturale le riceva, ne sopporta l’urto con un lieve ondeggiamento che non è debolezza, ma che è prova della sua stabilità, perché non si risolve in catastrofi, ma si risolve in un ritorno alla stessa posizione di prima.
   Lo stesso è per le cose non terrestri e perciò spirituali. L’anima giustamente posata sul suo asse non cade per urti che le possono venire impressi. Subisce l’assalto, ne soffre perché è irruzione di forze malvagie nell’atmosfera di soprannaturale pace che la circonda, perché è fragore di basse voci che per un attimo soverchiano le celesti armonie di cui essa si bea e, come stelo percosso da tempesta, ondeggia la sua corona fiorita, ma non si svelle, e passato l’assalto si ristabilizza nella sua pace tesa ad ascoltare le parole che l’amore di un Dio continuamente sussurra al suo spirito.
   Dove è il piano spirituale? Oh, molto in alto! Dove l’umanità non giunge. Essa è ancora nota, perché lo spirito non è cieco, né il vivere nella sua atmosfera vitale lo rende stolto. No, ché anzi aumenta la sua potenza di vedere e intendere. Ma ciò è perché esso vive già nell’atmosfera della Carità, essendo il piano spirituale l’anticamera del beato Paradiso: il Limbo attuale di coloro che non sono ancora nati alla Vita eterna, ma il cui spirito è già in attesa per entrarvi, pueri spirituali il cui battesimo avverrà nel bacio che l’Eterno darà loro quando, sciolti dal carcere della carne, come frecce di ardore, come colombe di fiamma liberate dall’arco o dalla tagliola, saetteranno a Dio, loro mèta, loro nido, ansia di tutta la loro sosta nell’esilio terreno.
   La Carità, ansiosa di unirsi a queste minori carità, appunta i suoi ardori su questo piano e lo impregna di Sé. Coloro che in esso vivono, di Essa se ne nutrono, l’assorbono con l’avidità del loro spirito. Sono bocche assetate che suggono ciò che è loro gioia e non cessano, neppure mentre suggono, di cantare la loro gioia; non cessano, mentre cantano, di pregare per i fratelli; non cessano, mentre pregano, di ripetere loro le parole che odono e che sono di Dio.
   Perché gli spiriti viventi nel piano dello spirito sono simili agli animali della Teofania362 di Ezechiele. Hanno quattro aspetti, perché è quadruplice il loro operare, e usano di quattro bocche. Guardano Dio, che è Sole, col loro volto d’aquila e ne cantano con esso le lodi. Se ne satollano come leoni perché Dio è la loro preda e di Essa sola essi appetiscono. Pazienti come bovi, non si stancano di pregare per i fratelli la cui conquista al regno dello spirito è opera paziente e instancabile. E colla loro bocca d’uomo ripetono agli uomini nel linguaggio dell’uomo ciò che, volando come aquile nel regno del Sole-Dio, hanno udito da Dio.
   La Carità è sempre attiva, e i viventi nella Carità sono attivi come essa. La Carità è multiforme e multioperante, ed essi hanno carità multiforme e multioperante. La Carità è ardente ed essi sono “carboni incandescenti” che Dio sempre più arroventa. La Carità è leggera e veloce, ed essi hanno ali per andare leggeri e veloci dove l’impeto della carità li porta. E “non si volgono indietro” a guardare ciò che lasciano.
   Ecco che ti ho ricondotto al punto primo. “Per potere vivere con equilibrio la vita delle vittime, bisogna mettersi risolutamente nel piano dello spirituale, dimenticando assolutamente quanto non è questo piano”. Ho detto così nel primo periodo di questo dettato. E così ripeto.
   Tu qui sei e qui resti. L’unica cosa che può farti uscire da questo equilibrio, che è perfetto perché in esso ti ho messa Io che sono perfetto nel mio operare, non è che la volontà tua. Tutto il resto ti potrà scuotere, ti potrà turbare, entrando col suo fragore e con la sua tempesta nell’atmosfera di cui sei circondata, ma non potrà levarti dal tuo centro. Non potrà se tu non vuoi.
   E non ti turbare se ti senti turbata. Lascia che il turbamento venga da altri – uomini o Satana che siano – ma non unirvi mai il tuo. Sarebbe il più lesivo. Perché il più interno.
   Non dirti mai: “Non sono capace di fare bene ciò che faccio”, “Non so servire Dio con perfezione”, “Pecco invece di santificarmi”. Certo che non sai fare bene, che non sei perfetta nel servire, che hai ancora imperfezioni molteplici. E chi mai sa fare bene, alla perfezione, senza mai peccare, sinché è uomo? Chi è perfetto, se si paragona alla Perfezione?
   Ma la Perfezione, appunto perché è Perfezione, sa anche giudicare e vedere perfettamente, e perciò sa vedere la vostra intenzione, il vostro studio, il vostro sforzo di fare bene, di servire perfettamente, di non peccare, e con un sorriso annulla e perdona, con un sorriso compie ciò che voi non riuscite a compire.
   Nel piano dello spirituale deve morire ogni pensiero umano. Molto difficile questo. È perciò che si chiama eroicità la virtù dei santi e che i santi sono tanto pochi; perché gli eroi sono molto pochi. E questa eroicità è più grande, complessa e soprattutto più lunga di quella umana, la quale è un episodio nella vita di un uomo, mentre questa è la vita di un uomo.
   L’eroismo di un uomo è l’atto improvviso che si presenta e che non dà tempo alla carne di mettere avanti le sue voci pavide. L’eroismo di un uomo ha sempre, anche se egli non se ne accorge di averle, due grucce: l’impulsività del carattere e il desiderio della lode.
   Quello del santo non è un atto improvviso: è la vita. Tutta la vita. Da mattina a sera. Da sera a mattina. Da un mese all’altro. Da un anno all’altro. Per il caldo, per il freddo, per il lavoro, per il prossimo, per il riposo, per il dolore, per le malattie, per la povertà, per i lutti, per le offese. Una collana della quale ogni minuto è una perla aggiunta. Una perla che si è formata con le lacrime, la pazienza, la fatica. Non scende dal Cielo questo eroismo, come una manna. Deve nascere in voi. In voi soli. Il Cielo non vi dà più che non dia a tutti. Non è aiutato dal mondo. Anzi il mondo lo combatte e ostacola in tutti i modi.
   Vero è che il suo combattere è il migliore coefficiente di formazione, perché sopportare il mondo con pazienza e amarlo per l’odio che vi dà è il nucleo principale di questo eroismo; intorno ad esso si uniscono cellule di pazienza nella fame, sete, freddo, caldo, notti senza riposo, malattie, povertà, lutti. Ma il più è sempre sopportare il mondo e amarlo sovrannaturalmente.
   Nessun pensiero umano. L’amore di Dio, solo. L’interesse di Dio, solo. Ecco come pensa l’eroe dello spirito. Ecco come agisce colui che vive nell’equilibrio dello spirito. Io? che sono io? I miei dolori? Le mie fatiche? La mia povertà? Le noie che mi vengono dal prossimo? Nulla. Ciò che conta è Dio. Di questo, questo e quest’altro me ne servo per Lui e sono felice di avere questo, questo e quest’altro perché con questo, questo e quest’altro posso amare Dio, non perché mi preserva ma per puro amore; posso servire Dio, usando queste monete, per salvare il prossimo facendo così l’interesse di Dio.
   Credi tu, Maria, che non mi dolga di dovervi salare così col patire, voi che prediligo? Credi tu che se potessi non vorrei darvi tutta la gioia per la gioia che voi mi date?
   Ma non vi è altra via per salvare il mondo. Il dolore. Anche Io, che ero Dio, non ho trovato che questa per essere il Salvatore. La gioia diverrà Gioia per voi. Ma nell’altra vita. Qui non c’è, per voi vittime amate e care. Qui c’è la mia pace, qui c’è l’unione con Me, qui c’è il mio amore. Gioie dello spirito. Ma per la carne nulla. Per essa c’è il dolore. E non basta mai, perché sempre più cresce l’errore. Voi siete le riparatrici degli errori e non potete avere soste nel riparare, perché il Nemico continua a distruggere e bisogna continuare a edificare per mantenere al mondo ancora un aspetto umano e non completamente satanico.
   Il Cristo in Cielo non piange più. Ma soffre ancora perché, se è Dio, è anche l’Uomo ed ha un Cuore. E di che soffre questo mio Cuore, perfetto nelle sue passioni? Di vedersi disamato e di vedere soffrire, di dover lasciare che soffrano coloro che lo amano e che Esso ama.
   Oh! come ne soffro di vedervi soffrire per compiere in voi la redenzione dell’uomo! Come ne soffro! Ma, ad ogni palpito di dolore che risponde al vostro dolore, Io unisco un dono per il Cielo. Per il vostro Cielo. È vostro. Voi lo conquistate ora per ora, ed esso vi attende.
   Oh! che fulgori sono qui per voi! Oh! che amore vi attende! Oh! che ansia di darvelo! Alza gli occhi e guarda. Fra i mille fulgori di ciò che hai meritato ti splende e sorride la Faccia del tuo Dio. E ti benedice.
   Sì, ti benedico. Va’ in pace.»

[362] Teofania, la visione descritta in Ezechiele 1, 4-28.